N.06
Novembre/Dicembre 2021

Le lacrime, secondo battesimo 

Un testo di Teofane il Recluso 

Nella spiritualità orientale, ma direi cristiana in generale, le lacrime hanno un luogo assai importante. Un grande studioso gesuita che ha fatto conoscere per primo i grandi tesori della spiritualità orientale al mondo accademico e degli studiosi, I. Hausherr SJ (1891-1978) scrisse, tra molte altre, un’opera dedicata proprio alle lacrime nei Padri: Penthos. La dottrina della compunzione nell’Oriente cristiano. Tra i vari motivi che illustrano l’importanza delle lacrime vi è certamente il fatto che esse sono il segno tangibile del pentimento. Padre Hausherr mostra come vi siano essenzialmente due tipi di lacrime di cui parlano i Padri: vi sono le lacrime “non buone”, quelle di un pianto che porta alla disperazione, quelle che indicano sì il dolore di un peccato commesso, ma che chiudono la persona dentro un pericoloso circolo chiuso di rimorso, in quanto sono più dolore per “non essere stati irreprensibili” che per il vero senso del peccato. E poi, invece, ci sono le lacrime del penthos, lacrime che sono sì segno di dolore per aver ferito l’amore di Dio, ma che al contempo dicono l’immensa allegria e lo stupore per la misericordia che Dio ha nei nostri confronti. Questa volta vorrei farvi conoscere una storia antica, che ha le sue radici probabilmente in ambienti persiani e che un grande direttore di anime, il vescovo russo Teofane il Recluso (1815-1894) consiglia come lettura a una sua figlia spirituale. È una variante narrativa splendida della verità sull’importanza del vero pentimento di cui i Padri hanno sempre parlato.

 

 

“Quando sarete al monastero, non dimenticate di confessarvi e di comunicarvi. La fatica del viaggio prenderà il posto di quella del digiuno. Non vi sarà difficile confessarvi, dopo l’ultima confessione, fatta così dettagliatamente. Non nascondete nulla di quanto la coscienza non approva, piccolo o grande che sia, ma non dimenticate la cosa più importante: le lacrime della contrizione. Una piccola lacrima e sarà come se vi foste lavata in bagno. 

Riguardo a questa piccola lacrima volevo anche prima scrivere qualcosa ma mi sono dimenticato. Ve lo scrivo ora. Guardate i libri di lettura, nella biblioteca. Prendete Žukovskij e leggete l’articolo “Peri e l’angelo”. Mi sembra che sia nel quinto volume. È molto edificante ed è pure lungo. Ve lo racconto brevemente. Peri è uno degli spiriti che si distaccarono da Dio. In seguito si ricredette e tornò in Paradiso. Ma volando verso le sue porte le trovò chiuse. L’angelo di guardia gli disse “Puoi entrare solo portandomi un regalo che te lo faccia meritare”. Peri volò sulla terra. Vide una battaglia. Stava morendo un valoroso guerriero, mentre in lacrime, prima di morire, pregava Dio per la patria. Peri, prese queste lacrime e le portò. Ma le porte non si aprirono. L’angelo gli disse: “E’ un buon regalo, ma non è così potente da aprirti le porte del paradiso”. Questo significa che tutte le virtù civili sono buone, ma da sole non aprono il paradiso. Peri volò di nuovo sulla terra. Vide un’epidemia. Stava morendo un uomo bellissimo. La sua fidanzata lo assisteva con abnegazione, ma anche lei, così, aveva contratto la malattia. Quando lui morì, ella fece appena in tempo a chiudergli gli occhi, che gli cadde morta sul petto. Anche in questo caso erano state versate lacrime. Peri ne prese una e la portò, ma, anche questa volta, le porte del paradiso non si aprirono. L’angelo gli disse “è un buon regalo, ma da solo non basta per aprirti il cielo”. Questo significa che le virtù familiari da sole non portano in paradiso. “Cerca -  disse l’angelo – c’è una speranza”. Peri fu di nuovo sulla terra. Trovò uno che faceva penitenza. Gli prese una lacrima e la portò con sé. E prima che raggiungesse il paradiso, tutte le porte erano già aperte per lui. Ecco quale lacrima dovrete portare al Signore.  Vi è gioia in cielo quando c’è qualcuno che piange e si addolora, sentendosi peccatore. E questo è il cammino più sicuro: fate penitenza e credete al Vangelo. Vi benedica il Signore!

 

(Tratto da: Teofane il Recluso, La vita spirituale. Lettere, Roma: Città Nuova, 1996 (2a ed.), 219-20)