L’annuncio vocazionale è annuncio di un amore
Premessa
L’annuncio è una comunicazione, per questo annunciare presuppone l’interazione fra due entità: colui che trasmette un messaggio e colui a cui quest’ultimo è destinato. La strategia comunicativa usata quotidianamente dai mass-media ci insegna che ogni comunicazione deve individuare sin dal suo nascere l’audience, i destinatari precisi che vuole raggiungere pena l’inadeguatezza e il fallimento del messaggio stesso.
Gli studi moderni in campo comunicativo possono aiutarci notevolmente nel trovare modalità nuove nell’annuncio del Vangelo. Preso atto di questo, risulta indispensabile conoscere nelle sue caratteristiche essenziali il giovane di oggi, colui che vive nella nostra società, nei nostri gruppi, nei nostri oratori, figlio del proprio tempo incarnato nella società del 2000. Sarebbe assurdo prescindere dalla realtà e perdersi nell’astratto, il nostro annuncio vocazionale non sarebbe mirato e si perderebbe nella sterilità del bombardamento informativo a cui tutti siamo sottoposti. Dopo questa premessa, passiamo ad analizzare il pianeta dei giovani nel quale il nostro messaggio d’amore deve penetrare e farsi vita.
Pianeta giovani
In un tempo, quale è il nostro, il giovane si sente disorientato e frammentato tra varie realtà e problemi di cui non riesce a trovare un punto fermo unificante e un parametro stabile sul quale far ruotare la propria vita e le proprie scelte.
Questo desiderio profondo non sempre trova il soggetto coerente nella assunzione di certezze definitive propostegli che risolverebbero il problema. I1 giovane di oggi oscilla in una contraddittorietà interiore che lo fa sbilanciare ora verso la scelta cristiana quale risoluzione ai suoi quesiti esistenziali, ora verso l’incredulità, il disimpegno, l’indifferenza. Anche i giovani che frequentano i nostri ambienti cattolici, pur avendo optato per Gesù Cristo, sono facili prede di queste oscillazioni soprattutto nei momenti di scoraggiamento o di fronte ad una scelta definitiva quale quella vocazionale. La nostra gioventù vuole essere libera da condizionamenti esterni, per questo tutto ciò che è istituzione viene guardato con diffidenza e sospetto e risulta difficile proporre la Chiesa così gerarchica e “precettuosa”.
Gli influssi di questa autonomia sono visibili nella fatica che anche i giovani, che hanno già scelto una vocazione, incontrano di fronte all’obbedienza alla Parola e al volere dei Superiori. Proporre un cammino vocazionale che richiede tappe precise, fedeltà, abbandono, preghiera, potrebbe sembrare anacronistico e comunque si deve concordare che si tratta di andare contro a una forma mentis che nel giro di 20 anni è cambiata vorticosamente in cui il seme della Parola e della vocazione sono soffocati da miriadi di stimolazioni, distrazioni e sollecitazioni provenienti da ogni dove.
La cultura di oggi sta stravolgendo l’ordine dei valori morali di cui non si ha più punto di riferimento e parametro di valutazione, mentre la filosofia consumistica “dell’usa e getta”, propostaci dai mass-media, spazia dal consumismo materiale ai rapporti interpersonali caratterizzati dall’interesse, dalla brevità e dallo stare insieme finché “ci troviamo bene”. La vera amicizia (oramai rara) e l’amore sono intaccati alle radici, la gratuità, il dono fanno sporadicamente una comparsa nella moralità soggettivistica che la coscienza privata ha stilato per sé. Riproporre i valori cristiani ex- novo è davvero impresa coraggiosa, ma quanto è difficile farli vivere anche nelle “nostre” comunità giovanili!
I giovani cattolici anche se impegnati e con un discreto cammino di fede alle spalle, faticano a sganciarsi da questa mentalità diffusa che in misura più o meno ampia è presente, proprio perché vivono inseriti in questo tempo. Questa panoramica potrebbe sembrare pessimista ma, al contrario, se letta nel giusto verso, può essere fonte di preziose rivelazioni estremamente positive sulle quali il nostro annuncio vocazionale può fare leva.
L’annuncio
L’annuncio dell’amore di Dio deve trovare in noi strumenti docili alla spirito e amanti del nostro tempo per poter arrivare al cuore di tanti giovani.
Si legge negli atti della Assemblea di Sichem[1]: “L’identità del giovane sembra contrassegnata da due esigenze: la comprensione della scelta di fede come orizzonte globale entro cui cogliere la totalità della vita personale e la volontà di essere cristiani senza rinunciare a restare giovani di questo tempo”.
L’annuncio di amore di Dio raggiunge il giovane nel tempo, è la rivelazione e la proposta di un dialogo che si realizza nella storia concreta di ognuno di noi. Questo che dà una risposta di totalità all’identità dell’Uomo si propone come interlocutore di un rapporto di amore al quale il giovane è invitato a rispondere e a scoprire, dopo un lungo cammino, il disegno che è stato progettato da sempre per lui; è il porsi faccia a faccia della nostra libertà a quella di Dio. L’annuncio vocazionale passa attraverso i bisogni reali degli uomini del nostro tempo, le nuove povertà materiali, spirituali e morali. Educare il giovane alla lettura attenta della realtà e far scoprire in essa il volto di Dio incarnato che chiama a un maggior coinvolgimento personale, significa porre la propria libertà in gioco per un Dio che “si rende presente per me”. Proporre un impegno sociale può divenire rischioso se, contemporaneamente, non si cerca di strutturare spiritualmente il soggetto rispondendo al suo bisogno di idoneità con l’annuncio di Cristo: risoluzione dei quesiti esistenziali e detentore di valori morali oggettivi che i giovani hanno perso ma di cui sono alla ricerca.
La catechesi fedele e perseverante è uno strumento essenziale per questo lavoro, se intesa in modo corretto.
Per usare le parole di F.G. Brambilla[2]: “La catechesi ha la funzione di strutturare il cammino della libertà e del desiderio fornendo dei criteri di giudizio e di discernimento pratico, in assenza dei quali le decisioni personali, le relazioni, le scelte del progetto di vita rimangono sospese ad uno sperimentalismo che finisce per reificare le istanze assolute dell’io”.
L’annuncio vocazionale si inserisce nella vita quotidiana del giovane, deve penetrare nelle pieghe più profonde del suo essere, non fermarsi alla sfera più esteriore del sentimentalismo e dell’emozione o scorrere superficialmente come su un terreno impermeabile. Questi ultimi effetti sarebbero probabili se la proposta vocazionale fosse “calata dall’alto” dei nostri pulpiti o da incontri, ma poi ripresa e resa viva da persone che se ne fanno carico. Colui che annuncia concretizza l’Amore e l’invito di cui è portavoce entrando in profondo dialogo con il giovane, dandogli fiducia, volendogli bene, ascoltandolo con pazienza, entrando nel suo mondo. Sono questi i bisogni del giovane di oggi a cui dobbiamo venire incontro per essere credibili, valorizzando al massimo le potenzialità del singolo, e del mondo giovanile in genere, e consegnando fiduciosamente responsabilità che facciano sperimentare loro di essere oggetti d’Amore e soggetti attivi del Suo prolungamento.
Giovane con i giovani
L’annunciatore deve sempre proporre con chiarezza la chiamata del Signore ma facendo sintesi e attualizzandola nella mentalità giovanile e nel mondo di oggi. Proporre una vocazione disincarnata dall’umanità che gioisce e soffre su questa terra è tradire quell’Amore per l’uomo che Dio ha mostrato mandando suo Figlio a salvarci. Rendiamo questi giovani responsabili nella costruzione di questa società che, barcollante nel buio, è incapace di vedere la luce di Cristo che apre a orizzonti immensi di pace. Diamo loro strumenti per valutare gli avvenimenti, diamo loro la capacità di utilizzare i Mass-media che non sono solo grosse macchine di depravazione ma, se ben utilizzate, si trasformano in preziose fonti di informazione e di cultura. Informarsi è conoscere, conoscere è amare.
Allora la presa di coscienza della situazione attuale dell’uomo, quale puzzle meraviglioso ma incapace di comporsi totalmente e armonicamente senza Dio autore del disegno, da sola interpellerà l’animo giovanile che troverà nel cammino di fede e nell’annuncio vocazionale, parallelamente propostogli, la risposta al futuro della sua vita. È la responsabilità di aver trovato la completa e ordinata sistemazione del suo puzzle che spronerà il giovane a giocare la sua esistenza perché, anche gli altri trovino la totalità della vita a cui sono stati chiamati.
Conclusione
Le considerazioni sopra riportate nascono dall’esperienza fatta nel campo dell’animazione vocazionale giovanile cui mi dedico, ma trovano maggiormente conferma nella storia della mia chiamata. Ho solo 25 anni e se da 3 faccio parte dell’Istituto Secolare delle piccole Apostole della Carità è perché ho incontrato il Signore tramite annunciatori che si sono serviti di questa “strategia comunicativa”.
Io, giovane consacrata, vedo germi di vocazione in tanti cuori che aspettano di essere raggiunti dalla luce per fiorire. Dobbiamo avere fiducia in questi giovani perché sono i germogli del nostro tempo, detentori di nuova freschezza e genuinità nella fede (cfr. 1Gv 2,14).
Note
[1] Sichem 88-89, Andate anche voi nella mia vigna, a cura del Centro Ambrosiano di Documentazione e Studi Religiosi. Atti dell’Assemblea.
[2] Autori vari, Educare i giovani alla fede, ed. Ancora.