Un catechista e la preparazione alla cresima dei ragazzi a lui affidati:un itinerario vocazionale
L’uomo entra e si inserisce inizialmente nella storia della salvezza dicendo il suo sì a Dio. Ciò significa lasciarsi “assorbire” da Cristo. “Iniziare” vuol dire introdurre l’uomo in una realtà, in una vita che fino allora gli era rimasta preclusa.
L’iniziazione cristiana è introduzione, per mezzo della chiesa, nella vita stessa di Dio, è inserimento nel dinamismo della grazia e partecipazione alla sua vita. Essa non dà solo il diritto di appartenenza, ma implica un’esperienza che deve essere vissuta progressivamente dall’iniziato fino a raggiungere la piena maturità di Cristo.
I Sacramenti dell’iniziazione portano i fedeli a quella maturità che fa compiere, nella chiesa e nel mondo, la missione propria del “popolo di Dio”. Mediante l’iniziazione i fedeli hanno optato per Cristo.
“Ma l’opzione fondamentale non è ancora realizzata effettivamente in tutta la sua virtualità. L’uomo si conferma in quello che ha scelto, solo progressivamente, e la riforma delle zone periferiche della propria personalità, è compito da realizzarsi nel tempo, per atti successivi. L’opzione progressivamente si realizza nella storia, nelle varie situazioni in cui il cristiano viene a trovarsi e in cui reagisce alle loro sfide, come conviene a un figlio di Dio”. (M. Flik, Presenza Pastorale, 9/1972, p. 21).
Con l’iniziazione cristiana si pone e si risolve il problema dell’opzione di fondo per Cristo e il suo mistero. Ma come realizzare concretamente questo obiettivo?
Quale itinerario vocazionale proporre al ragazzo per aiutarlo ad assumere decisioni stabili e definitive? Per meglio definire la direzione di un itinerario vocazionale può essere utile partire da quanto l’itinerario stesso propone: condurre a scoprire e a maturare una mentalità di fede, secondo il pensiero di Cristo.
La fedeltà ai contenuti di un autentico cammino vocazionale, per ragazzi dai 12 ai 14 anni, deve condurre il catechista a porsi anzitutto una domanda: qual’è la loro realtà concreta da interpretare e illuminare secondo il pensiero di Cristo?
La semplice presa di coscienza non è evidentemente sufficiente: è necessario che la catechesi guidi a scoprire il significato delle azioni e delle diverse esperienze del ragazzo: il senso della vita, il significato di tutto quello che sta maturando dentro la persona.
L’incontro con Gesù Cristo, Signore della vita, è l’elemento più significativo e decisivo del cammino. Si tratta di favorire l’incontro con una persona viva, presente, vicina, dentro la vita; e la strada maestra per questo incontro è la “PAROLA DI DIO”. Il D.B. presenta i criteri per un adeguato annuncio: bisogna presentare Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio, e attraverso la sua umanità (sentimenti, dimensioni della sua personalità, gioie, fatiche, angosce, attese, scelte), giungere a scoprirlo e ad accoglierlo in tutta la sua divinità (cfr. 59-60).
Una presentazione di Cristo, non tanto come ideale esterno, ma come persona che dall’interno dell’umanità e della vita stessa del ragazzo possa essere avvertito e accolto come il “Signore della vita”.
Compito della catechesi, e quindi della comunità, è introdurre il ragazzo alla comprensione della Parola e della sua vita nel mutuo rapporto che ne deriva.
Sarà opportuno scegliere testi di tipo narrativo, privilegiare i Vangeli sinottici e un linguaggio concreto, un’adozione non semplicemente “quantitativa” dei testi biblici ma “qualitativa”, favorendo una lettura semplice ma profonda. La preadolescenza è l’età in cui è maggiore la distanza fra ciò che si esprime esteriormente e ciò che si vive interiormente, per cui giudicare in base agli atteggiamenti esterni crea, a volte, un clima di vera incomunicabilità.
Lo sa bene l’esperienza della famiglia quando i figli raggiungono questa età. La famiglia ha un potenziale formativo notevole, ma non sufficiente. Essa ha bisogno di essere accompagnata e sostenuta, soprattutto perché esistono problemi in cui essa da sola non è più in grado di rispondere.
È importante perciò stabilire un rapporto confidenziale, aperto e sincero tra la famiglia e la comunità parrocchiale.
Probabilmente molti fallimenti, nell’educazione alla fede dei nostri ragazzi, nascono dalla mancanza di tale dialogo. Il bisogno di ritrovarsi, che emerge sensibilmente verso la fine della preadolescenza è legato alla ripresa della crescita: il ragazzo si pone di fronte al problema di precisare la propria identità, per risolvere il quale è essenziale il rapporto con gli altri.
Conviene a questo proposito fare subito due osservazioni:
– innanzitutto non si tratta, per la comunità, di difendere un “itinerario” ma di mostrare la forza vitale della proposta cristiana e quindi la validità di assumerla per la vita;
– inoltre la fede non va proposta come fosse il solco più sicuro per vivere tranquilli, ma il tessuto vitale che, dispiegando il mistero della vita, ne afferma la verità e il significato stesso dell’esistenza. Alla luce di queste osservazioni, si comprende che l’opzione fondamentale, prima ancora di essere spiegata va testimoniata; che la testimonianza è un “vivere accanto”, che i testimoni devono essere diversi e tenere conto della originalità di ciascuno, la quale appare, per certi aspetti imperscrutabile.
Dobbiamo a questo punto chiederci dove concentrare gli sforzi per aiutare i ragazzi a concepire il loro cammino vocazionale. Le risposte a questo interrogativo non suggeriscono una strategia astratta perché i ragazzi non sono dei contenitori da riempire ma persone che hanno diritto ad un orientamento dialogico e concreto.
Sotto questo profilo la definizione dei modelli deve sempre fare i conti con la soggettività del singolo.
Perciò nulla vale di più del contatto personale, del dialogo paziente e di un’amicizia autentica e sincera.
L’organizzazione, le iniziative, gli stimoli sono necessari, ma non hanno senso se un ragazzo non avverte anzitutto di essere accolto come persona, valorizzato come soggetto, riconosciuto come entità originale, capace di proporre qualcosa di nuovo.
Il catechista può avere un ruolo di grande importanza in questa delicata fase della vita del ragazzo, se lo accompagna con amore e discrezione e lo aiuta a capire che certi disagi sono legati all’età; molti ragazzi, invece, cercano di scoprire, le cause autonomamente con una conseguente sfiducia di sé.
Un altro elemento molto importante, nel cammino vocazionale, è l’incontro con l’esperienza della chiesa. La via pedagogica da percorrere non deve essere suggerita tanto dalla preoccupazione di un contatto immediato con la struttura istituzionale, quanto piuttosto dalla scoperta della chiesa come luogo di interlocuzione gratuita e nuova, al centro del quale la persona è accettata anche con i suoi limiti, perdonata per i suoi errori, valorizzata per i suoi doni.
Per questo è importante una rilettura della prima comunità, in cui le strutture non sono la prima necessità della chiesa, ma si formano gradualmente in funzione del servizio che svolgono.
Sull’esempio di questa esperienza, dei suoi modelli concreti di relazioni gratuite, si tratterà di aiutare i ragazzi a maturare le relazioni nella vita del proprio gruppo e, in senso più ampio, della comunità.
Indubbiamente la posta in gioco è altissima perché si tratta di assicurare le condizioni tra la verità della fede – Gesù Cristo – e il soggetto al quale si testimonia tale verità.
La formazione del ragazzo all’esperienza liturgico – sacramentale è di grande importanza nel cammino vocazionale, in quanto i Sacramenti fanno parte dell’economia della salvezza come momenti attualizzanti e applicativi della medesima nel tempo e nello spazio.
La salvezza si concentra in un punto. Cristo. I Sacramenti rendono Cristo presente e attivo dove la chiesa li celebra.
Ne consegue che fede e Sacramenti si compenetrano e si fecondano a vicenda. La realtà sacramentale va presentata, fatta percepire come profondamente legata alla loro vita.
Forse lo stesso “morire” e “rinascere” alla vita, che il ragazzo vive come momento di esperienza, potrebbe in qualche modo favorire l’approfondimento del dinamismo sacramentale del Battesimo, come realtà in atto e realizzante la novità della vita nuova in Cristo.
Il sacramento della Penitenza può essere riscoperto e sperimentato come momento di ricomposizione in se stesso e nella relazione con Dio e con gli altri; come momento in cui in ragazzo si sente accolto e accettato con i suoi limiti e il suo peccato.
Il senso della gratuità, del dono e della condivisione potranno favorire la comprensione dell’Eucaristia come sorgente di relazioni nuove e aperte, di comunione e fraternità, di servizio e di dono.
La Confermazione viene presentata come il sacramento della “maturità”. Lo Spirito Santo, mediante l’unzione crismale, opera una particolare investitura del cristiano come costruttore della Chiesa e quindi come testimone. Così il sigillo dello Spirito, che gli sarà dato in dono, dopo averlo arricchito personalmente, lo spingerà ad arricchire, a sua volta, la chiesa e la comunità.
Oltre alla fede, l’esperienza della chiesa primitiva e i sacramenti si profila un quarto criterio che è dato dai tempi liturgici. La chiesa vive un’esperienza particolare per ciascuno di questi tempi.
È da sottolineare che il valore dell’esperienza cristiana, in un dato tempo liturgico, non è tanto quello di delimitarlo cronologicamente, quanto, piuttosto, la possibilità di evidenziare i contenuti, in modo che il carattere particolare del momento vissuto entri a far parte dell’esperienza la quale, a sua volta, avvia ad una partecipazione più consapevole del mistero celebrato.
Con l’iniziazione cristiana si risolve il problema dell’opzione di fondo. Dopo l’iniziazione l’obiettivo, sempre presente e suscettibile di infiniti sviluppi, è quello del consolidamento e perfezionamento dell’opzione stessa. Da ciò scaturisce l’importanza di un itinerario vocazionale che, mediante una scelta decisiva, darà alla vita del giovane una precisa indicazione secondo il progetto del Creatore.