N.03
Maggio/Giugno 1991

Il discernimento vocazionale alla vocazione presbiterale

Quanto andrò dicendo in questa “esperienza”, potrebbe anche avere il sapore di una specie di racconto… autobiografico e in quanto tale essere legato ad una pura esperienza personale, seppur a lungo confrontata e verificata con altri amici della Diocesi e, “in primis”, del Seminario di Vicenza. La Comunità di accoglienza vocazionale “Il Mandorlo”, non è… fiorita per incanto e all’improvviso. Il suo periodo di gestazione è stato abbastanza lungo e talvolta anche travagliato, nel senso di avere già sperimentato, in anni precedenti, il tentativo di costituire una comunità vocazionale giovanile che fosse punto di riferimento per quei giovani che si ponevano seriamente la domanda se impegnarsi radicalmente nel seguire il Signore Gesù come presbiteri, non solo in una Chiesa diocesana ma, se opportuno, in tutta la Chiesa.

Tentativi andati a vuoto o perché male impostati negli obiettivi di fondo a cui dare priorità, o per criteri di discernimento non sempre chiari, o per le persone stesse che probabilmente non erano le più adatte a portare avanti questo tipo di esperienza, o anche, e non è stata una causa di poco conto, per avere semplicemente sbagliato la… “collocazione logistica” della comunità (magari troppo lontana o troppo decentrata dal Seminario stesso).

Facendo tesoro di queste vicende passate, 5 anni fa, su precisa richiesta del Vescovo, si decideva di riprovare a costituire una Comunità Giovanile per il Discernimento Vocazionale in vista della scelta presbiterale (o di altra scelta vocazionale qualora fossero emersi gli elementi per appoggiarla; dico questo perché altrimenti si diventerebbe un po settari ed esclusivisti a voler coltivare solo le piante del proprio orticello…, modalità vocazionale non ancora caduta in disuso).

 

 

Perché questa Comunità?

Chi lavora in mezzo ai giovani, e i lettori di questa Rivista è assai probabile che lo facciano in prima persona, sa benissimo come imperversi ai nostri giorni, quasi come una tormenta, un particolare tipo di cultura, che potremo definire “post-adolescenziale”.

Questo tipo di cultura evidenzia con sempre maggior chiarezza come la fase adolescenziale, con i suoi dubbi, le sue incertezze, la difficoltà di autodefinirsi in una propria identità, il rischio di scelte che impegnino in maniera pressoché definitiva, la capacità di entrare in un intimo coinvolgimento con gli altri, il distacco da un ambiente familiare in cui si trova tutto pronto… a poco prezzo, insomma tutte queste realtà che erano parte integrante del tunnel adolescenziale e che, superate, portavano alla creatività feconda della giovinezza, adesso come adesso, per i giovani con cui abbiamo a che fare, sono una vera e propria utopia il pensarle tranquillamente superate.

Ciò significa un aumento del tasso di insicurezza e di indecisione nelle scelte; un procrastinare in avanti gli impegni di vita; una nidificazione (la sindrome del nesting) allinterno della famiglia o del gruppo già di per se stessi appaganti e gratificanti; un accavallare esperienza su esperienza senza però tirare le fila, con il conseguente rischio di non arrivare mai a nessuna conclusione.

Non si tratta di essere pessimisti, ma certamente i tempi della maturazione e della scelta hanno dei ritmi di latenza più lunghi e in quanto tali vanno accettati, interpretati e, possibilmente, aiutati.

A partire da queste considerazioni, si è visto con sempre maggior evidenza che anche la scelta vocazionale (sia nellambito del presbiterato che in quello di ogni altra scelta alla Vita Consacrata), domandava un tipo di aiuto diverso da quello a cui si era abituati fino ad appena un decennio fa, o giù di lì, e quindi anche strutture, modalità di aiuto e supporto ai giovani che potessero venire incontro ad una situazione oggettivamente diversa.

 

 

Gli obiettivi

Il primo obiettivo che in questo contesto era naturale porsi di fronte, lo potrei formulare con una stupenda frase di Saint-Exupéry: creare un clima di amicizia per aiutare questi giovani a rientrare dolcemente in se stessi.

Ciò significa favorire uno stile di vita che permetta di riflettere e pensare, in una società a cui il riflettere e il pensare interessa poco o niente; significa creare uno stile di rapporti che non siano di particolare pressione ma, in quanto propositivi suggeriscano vie valoriali che poi divengono calamitanti per una vita che vuole spendersi bene; significa anche modellare spazi di ascolto, di calma, di serenità perché quanto matura possa trovare un terreno fecondo per crescere in libertà e per venire interiorizzato, in un mondo che invece ci costringe allinfantilismo, perché sottoposti alla continua vessazione di mille cose da fare, da dire o di tanti spazi da riempire. Questo significa concretamente porrete basi di un discernimento vocazionale oggettivo e disincantato e mettere la persona in una situazione di libertà di scelta.

 

Il secondo obiettivo della nostra Comunità (ma penso lo possa essere anche di altre comunità vocazionali), è stato quello di mettere a punto un itinerario formativo di supporto al lavoro della Direzione spirituale e del Discernimento.

Questo si articola, concretamente, in due fasi: la prima consiste nel dedicare, in ogni settimana, una giornata ad un tempo di ritiro, di preghiera e di riflessione, in cui mettere a fuoco i punti salienti di una spiritualità vocazionale e presbiterale: il senso della Sequela di Cristo (non dando per scontato che i nostri giovani amici che entrano in comunità animati dai più buoni e saggi propositi, abbiano sempre le idee chiare sulla figura di Gesù e sul senso del discepolato…); il primato della Parola e dellEucaristia nella vita di un prete, come realtà fatte proprie, vissute e annunciate; il senso dellessere servi per Amore, che poi culmina concretamente con il primo passo dellOrdine Sacro, cioè il Diaconato (diakonia = servizio); il senso di una Missione che si estende non solo alla Chiesa locale, ma a tutta la Chiesa universale (credo che la disponibilità ad essere preti “fidei donum”, quindi disposti a lavorare per il Regno del Signore a seconda delle necessità e urgenze della Chiesa e di una più equilibrata ripartizione del Clero, questa disponibilità appunto non si improvvisa…).

A questo momento forte di itinerario e di vita spirituale, fa da supporto un anno scolastico, che abbiamo definito pre-teologico, in cui integrare quanto non si è potuto fare nella Scuola Superiore e che invece si vede necessario per una più serena e completa assimilazione dello studio nel Sessennio Teologico e per aiutare (e qui i tempi potrebbero allungarsi) chi proviene dal mondo del lavoro ad acquisire una cultura di base adeguata per sostenere poi i contenuti della assimilazione teologica.

 

Il terzo obiettivo è presto detto: dove ci sono giovani, arrivano altri giovani, per una loro naturale tendenza alla aggregazione. Quindi la Comunità deve essere aperta come punto di riferimento costante per laccoglienza, per incontri e momenti di preghiera con altri giovani che, seppur in ricerca, non hanno ancora maturato la scelta di un passo di avvicinamento già piuttosto impegnativo. Tuttavia si è potuto toccare con mano come lo stimolo e la compagnia di altri giovani in ricerca vocazionale possa essere una valida molla che fa superare le ultime resistenze e fa dire a più di qualche giovane: Perché non faccio anchio la loro esperienza?”.

 

 

Discernimento vocazionale

Vorrei subito fare una premessa: in un discernimento, prima che puntare allo specifico di una scelta (prete, religiosa, religioso, monaco ecc.), è importante valutare e decodificare se cè unadesione di fondo ai Valori ultimi e terminali di una vita donata al Signore: il volerlo seguire per le vie ripide e strette del Suo Amore e il voler concretamente impegnarsi a dare se stessi per la causa del Regno.

Poste queste due precondizioni, che non sono solo frutto di una teorizzazione razionale o di una verbalizzazione più o meno elaborata, ma domandano un reale coinvolgimento di mente, cuore e volontà, allora si può cercare di fare qualche passaggio che aiuti il giovane a confrontarsi con sincerità e docilità.

Personalmente ritengo ci sia parecchio da dubitare in chi si presenta con la assoluta certezza che lui deve andare prete e che questa sicuramente è la sua strada. Le cose troppo certe non permettono di fare un vero cammino, in cui ci si mette in discussione e spesso celano delle personalità assai rigide e immature, molto difensiviste.

Una vocazione nata nel giro di 24 ore è quantomeno da prendere con le pinze; non sarò certo io a negare che le vocazioni… alla S. Paolo non possono esistere; ci sono, ci saranno sempre nella Chiesa, ma non sono la via ordinaria attraverso la quale il Signore chiama; quindi, in casi simili, (e in questi anni ne è capitato più di uno…), è opportuno saggiare la consistenza del terreno e della tenuta di questa improvvisa vampata, perché anziché un braciere che arde non sia un fuoco dartificio, dai molti colori, carichi di fantasia, ma che lascia il tempo che trova…

Normalmente posso dire che dei segni vocazionali, anche nelle vocazioni giovanili o dei giovani adulti, si rintracciano già in qualche momento precedente di vita, addirittura in fasi di infanzia o di adolescenza. Poi magari sono stati repressi per situazioni legate al soggetto stesso o allambiente in cui si è trovato.

Un altro passo significativo sulla via del discernimento è dato dalla presa di coscienza della propria identità, del proprio modo di essere, della struttura della propria personalità. Ciò aiuta a vedere quanto è possibile cambiare per migliorare e quanto invece si deve accettare così comè, perché inossidabile a forme di intervento esterno; quanto cammino di riconciliazione con se stessi occorre fare, per fondare le proprie scelte su una corretta stima di sé, non troppo idealizzata né troppo svalutata.

In questo senso (ma non vorrei fare il Cicero pro domo sua…), laiuto di una consulenza psicologica può delineare dei tratti assai utili per il successivo cammino formativo e di Direzione Spirituale.

Un altro aspetto essenziale è la verifica della capacità di distacco e di rinuncia” sono due condizioni estremamente evangeliche, ma rifiutate totalmente dalla cultura imperante dellautorealizzazione, che si tura gli orecchi per non sentire proferire queste parole.

In fondo qui si basa anche la capacità di una vita secondo lo stile dei consigli evangelici della Povertà, Castità e Obbedienza; qui si gioca un rapporto non possessivo con le persone e le cose; è in ballo la qualità della propria maturazione psico-affettiva; si valuta la disponibilità ad una vita espropriata per il bene degli altri e un servizio per e nella Chiesa.

Un ulteriore criterio di valutazione di un giovane che intraprende questo cammino è dato dalla qualità della sua esperienza di Fede e di Preghiera: quanto cioè essa coinvolga in maniera esistenziale e radicale la sua vita. Non si pretende di porre come punto di partenza quello che è un punto di arrivo, ma di verificare insieme lincidenza e limportanza della vita spirituale nelle scelte di tutti i giorni.

Questo chiama in causa anche lAmore alla Parola di Dio, che agli inizi è magari solo embrionale, (non è raro il caso di giovani che non sanno proprio destreggiarsi neppure con le pagine dei libri biblici…), ma che pian piano può diventare il punto di orientamento, la stella polare a cui guardare per indirizzare la rotta della propria vita.

Da ultimo, mai criteri potrebbero continuare ancora parecchio, credo sia importante fare una zoomata sul senso ecclesiale di un giovane.

Ci sono dei giovani che arrivano in Comunità come dei… chierichetti un po cresciuti e che pensano allambito ecclesiale solo come espressione di qualche cerimonia liturgica.

Sarebbe un po poco… e una tiratina di orecchi, per usare una frase alla Mike Bongiorno, andrebbe data anche a quei preti che vedono in queste situazioni di infantilismo liturgico dei segni di vocazione.

Certo, qualcuno può crescere, ma qualcun altro ha identificato il prete solo con il ruolo liturgico che può ricoprire, e magari con forme di espressione liturgica che di postconciliare hanno tanto poco; tutto il resto non interessa.

Se è vero che il presbitero è presidente di una comunità che celebra la Liturgia, non è solo questo e, in ogni caso, usando una frase del padre gesuita André Godin, dellIstituto di Lovanio, il presbitero è chiamato a fare un grosso passaggio nella sua esistenza: da personaggio deve diventare … persona.

Non credo di aver certamente esaurito qui i criteri di un buon discernimento vocazionale al presbiterato; anzi, forse quello che ho portato è solo una piccola parte di un cammino che non è né facile né gratificante; tuttavia è essenziale, perché a servire il Signore non arrivino dei bravi…Narcisi, ma piuttosto dei poveri Pietro con tante fragilità umane e spirituali, ma capaci di dire, nella loro passione per il Signore: Tu sai tutto, Signore, tu sai che io ti amo davvero.