La nuova evangelizzazione dell’Europa oggi
“Sento venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione ‘ad gentes’. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli”.
Sono parole di Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio (n. 3). Ancora una volta, e con sempre maggiore precisione e fermezza, il Papa indica alla Chiesa il grande compito che l’attende in questo scorcio del secondo millennio dell’era cristiana, e, soprattutto, all’alba del terzo millennio. Ma cosa significa questa espressione coniata appositamente da Giovanni Paolo II per dire la missione della Chiesa nel nostro tempo: “nuova evangelizzazione”? È vero che già Paolo VI, nella sua magna charta dell’evangelizzazione nel tempo moderno, la Evangelii nuntiandi, aveva riaffermato l’assoluta necessità per la Chiesa dell’evangelizzazione: “evangelizzare – egli scriveva – è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda” (n. 14). Ma, ad approfondire questo concetto e questo imperativo per il nostro tempo, Giovanni Paolo Il ha significativamente accostato alla parola “evangelizzazione” l’aggettivo “nuova”, per esprimere la peculiarità di questo compito nell’attuale congiuntura storica[1].
Unità e pluriformità della “nuova evangelizzazione”
Quando Giovanni Paolo II parla di novità a proposito dell’evangelizzazione, in continuità con tutta la tradizione della Chiesa, guarda a un novum che si presenta su due distinti e diversi versanti, anche se alla fine chiamati ad essere coniugati intimamente l’uno con l’altro. Novità, innanzi tutto, sul versante del vangelo di Cristo: è questa la prima e sempre nuova novità, secondo l’espressione agostiniana per cui Cristo “omnem novitatem attulit semetipsum afferens”. E poi novità sul versante delle “res novae” del nostro tempo, con la loro complessità, le loro contraddizioni, le loro ricchezze, le loro chances e le loro sfide.
Riprendendo il suggestivo testo della prima lettera di Giovanni, in cui l’apostolo annuncia “ciò che noi abbiamo udito, visto, contemplato e toccato con mano: il Verbo della Vita” (cfr. 1 Gv 1,1-3), il Papa ha sottolineato che questo brano “ha la forza e la dinamicità dell’evangelizzazione che si rinnova sempre: è nuova perché l’annuncio di Cristo è una grazia, un dono che viene dal Padre e non una nostra creazione; è nuova per la meraviglia che nasce dall’incontro con il mistero di Cristo, Salvatore del mondo, un incontro destinato ad ogni generazione e a ogni persona; è nuova per questa parola che racchiude la ricchezza del vangelo di Dio e che risponde alla povertà intrinseca all’uomo e all’umanità: la Vita”[2].
D’altra parte, Giovanni Paolo II ha più volte e in più luoghi sottolineato come la novità dell’evangelizzazione, se è vero che da un lato sgorga dalla novità di Cristo contemporanea ad ogni tempo, dall’altro, nasce anche dall’esigenza diversa di ogni tempo e di ogni luogo in cui il vangelo deve essere annunciato e, per dir così, innervato ed incarnato nella storia. Nella Christifideles Laici ha affermato che “la Chiesa deve fare oggi un grande passo in avanti nella sua evangelizzazione, deve entrare in una nuova tappa storica del suo dinamismo missionario” (n. 35). E nella recente Redemptoris Missio per la prima volta, e con grande chiarezza, ha offerto a grandi linee una mappa della evangelizzazione oggi nelle varie aree geografico – culturali del nostro mondo, così sempre più uno, ma anche, allo stesso tempo, così variegato e differenziato.
“Le differenze nell’attività all’interno dell’unica missione della Chiesa – ha spiegato il Papa – nascono non da ragioni intrinseche alla missione stessa, ma dalle diverse circostanze in cui essa si svolge. Guardando al mondo d’oggi, dal punto di vista dell’evangelizzazione, si possono distinguere tre situazioni. Anzitutto, quella a cui si rivolge l’attività missionaria della Chiesa: popoli, gruppi umani, contesti socio -culturali in cui Cristo e il suo vangelo non sono conosciuti, o in cui mancano comunità cristiane abbastanza mature da poter incarnare la fede nel proprio ambiente ed annunziarla ad altri gruppi. È, questa, propriamente la missione ad gentes. Ci sono, poi, comunità cristiane che hanno adeguate e solide strutture ecclesiali, sono ferventi di fede e di vita, irradiano la testimonianza del vangelo nel loro ambiente e sentono l’impegno della missione universale. In esse si svolge l’attività, o cura pastorale della Chiesa. Esiste, infine, una situazione intermedia, specie nei paesi di antica cristianità, ma a volte anche nelle Chiese più giovani, dove interi gruppi di battezzati hanno perduto il senso vivo della fede, o addirittura non si riconoscono più come membri della Chiesa, conducendo un’esistenza lontana da Cristo e dal Suo vangelo. In questo caso, c’è bisogno di una ‘nuova evangelizzazione’, o ‘rievangelizzazione’” (n. 33).
In tal senso, se è vero che la nuova evangelizzazione è un compito che, in senso lato, investe tutta la Chiesa a tutte le latitudini geografiche e socio – culturali, in senso proprio e preciso – come ha precisato anche il Card. Martini, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee – essa si presenta come “la sfida tipica rivolta all’Europa alla vigilia del terzo millennio”[3].
La “nuova evangelizzazione” dell’Europa oggi
In realtà, il magistero di Giovanni Paolo Il è stato ricco di indicazioni per contestualizzare il compito della “nuova evangelizzazione” alla situazione della Chiesa in Europa. Innanzi tutto, ha sottolineato che essa deve, da un lato, porsi “in continuità organica e dinamica con la prima evangelizzazione”, in quanto “occorre essere consapevoli dell’importanza di innestare la rinnovata evangelizzazione sulle radici comuni dell’Europa”[4]; e, dall’altro, deve presentarsi in una forma rinnovata ed inedita. Infatti, “alle profonde e complesse trasformazioni culturali, politiche, etico – spirituali che hanno finito per dare una nuova configurazione al tessuto della società europea, deve corrispondere una nuova qualità di evangelizzazione, che sappia riproporre in termini convincenti all’uomo d’oggi il perenne messaggio della salvezza”[5]. L’evangelizzazione dell’Europa deve essere dunque “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nella sua espressione”[6].
Queste indicazioni di Giovanni Paolo Il sono state fatte proprie, in primo luogo, dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, che, tra l’altro, ha maturato l’idea di riprendere i testi e i dati emersi nei sette Simposi celebrati in questi ultimi anni, “così da giungere quasi ad una carta dell’evangelizzazione dell’Europa per il terzo millennio”[7]. Di decisiva importanza sarà poi, in questo senso, l’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi sul tema: “Ut testes simus Christi qui nos liberavit”. Significativo, infine, in prospettiva ecumenica, il fatto che il V Incontro Ecumenico Continentale fra il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e la Conferenza delle Chiese Europee, che si svolgerà in novembre a Santiago di Compostela, avrà come tema: “Missione ed evangelizzazione in Europa oggi”.
Anche le Conferenze Episcopali Nazionali stanno sempre più chiaramente muovendosi in questa prospettiva, contestualizzando alle loro proprie tradizioni e alle loro specifiche situazioni, il compito della “nuova evangelizzazione” in Europa. Gli Orientamenti Pastorali per gli anni ‘90 della CEI, ad esempio, convergono nell’avvio di “una nuova evangelizzazione che abbia come suo cuore il vangelo della carità” (ETC n. 25). “Una delle mete pastorali dell’attuale decennio – scrivono i Vescovi italiani – sarà proprio quella di mettere in più chiara luce, nella coscienza e nella vita dei credenti, l’intimo nesso che unisce verità cristiana e sua realizzazione nella carità, secondo il detto paolino ‘fare la verità nella carità’ (Ef 4,15). La ‘nuova evangelizzazione’, a cui Giovanni Paolo II chiama con insistenza la Chiesa, consiste anzi tutto nell’accompagnare chi viene toccato dalla testimonianza dell’amore a percorrere l’itinerario che conduce, non arbitrariamente ma per logica interna dello stesso amore cristiano, alla confessione esplicita della fede e all’appartenenza piena alla Chiesa” (ETC n. 10)[8].
Alcune caratteristiche e alcuni obiettivi
Lasciando da parte le specificità delle diverse situazioni nazionali, è possibile individuare, in particolare a partire dal Magistero di Giovanni Paolo II, sia pure a grandi linee, alcune caratteristiche e alcuni obiettivi fondamentali della “nuova evangelizzazione” per l’Europa.
Innanzi tutto, ci si deve interrogare sul modo e sul metodo attraverso cui la Chiesa in Europa è chiamata oggi ad offrire un’anima alla cultura di un continente, che getta le sue radici nella fede cristiana, e che oggi è avviato sempre più decisamente verso l’unificazione sociale, economica ed anche politica. “Quest’anima – ha detto Giovanni Paolo II al VI Simposio dei Vescovi europei – la Chiesa deve infonderla non dal di sopra o dal di fuori, ma passando al di dentro, facendosi prossima dell’uomo di oggi. S’impone, quindi, la presenza attiva e la partecipazione intensa alla vita dell’uomo”[9]. Una Chiesa, dunque, che evangelizza facendosi “il buon samaritano dell’uomo oggi – sono sempre parole di Giovanni Paolo II nello stesso discorso – avendo consapevolezza, da un lato, del dono gratuito della verità di Cristo di cui è custode e dispensatrice, e, dall’altro, dell’impegno a individuare i semina Verbi per coltivarli e portarli a maturazione”[10]. Una Chiesa che non si trincera di fronte alla sfida del secolarismo e dell’ateismo indifferente, oggi imperante dopo il crollo dell’ateismo marxista, né si lascia abbagliare dalla facile e impossibile impresa di ricostituire lo stato perduto della “cristianità”: ma che, partendo ancora una volta dalla consapevolezza dell’originalità del suo messaggio, dialoga con quella cultura europea allontanatasi dalla fede, ma che in ogni caso in questa fede ha gettato e getta le sue radici, e che solo in questa fede può trovare soluzione alle impegnative sfide che le vengono dal prossimo futuro. “Quando regna la libertà civile e si trova pienamente garantita la libertà religiosa – ha lucidamente e coraggiosamente sottolineato Giovanni Paolo II – la fede non può che guadagnare in vigore raccogliendo la sfida che deriva dalla non credenza, e l’ateismo non può che misurare i suoi limiti di fronte alla sfida che la fede impone”[11]. In questo contesto – come hanno sottolineato i vescovi italiani – “Le parole di Giovanni Paolo II alla Chiesa in Italia, riunita a Convegno a Loreto, hanno una sicura validità anche a livello europeo. Anche e particolarmente in una società pluralistica e parzialmente scristianizzata, la Chiesa è chiamata a operare con umile coraggio e piena fiducia nel Signore, affinché la fede cristiana abbia, o recuperi, un ruolo-guida e un’efficacia trainante, nel cammino verso il futuro”[12]
Su questa precisa base metodologica e concreta prospettiva pastorale, si innestano le linee portanti della “nuova evangelizzazione” in Europa: la riscoperta e la riproposizione del centro del kerigma evangelico in tutta la sua dirompente semplicità e coinvolgente novità; la presentazione di quel nuovo volto di Dio come Amore trinitario e dell’uomo come “immagine e somiglianza” di Lui nella sua vocazione ad essere persona in una intersoggettività libera e comunionale, che Cristo ci rivela nel suo mistero ‘di morte e resurrezione (cfr. GS, nn. 21 e 24); l’obiettivo di “passare da una fede di consuetudine, pur apprezzabile, a una fede che sia scelta personale, illuminata, convinta, testimoniante”[13], e di “rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” (CfL n. 34); l’impegno prioritario “per la ricostituzione della Chiesa di Cristo una e indivisa”, proprio perché “l’Europa è stata la culla della divisione fra i cristiani”[14]; la consapevolezza che “la ‘nuova evangelizzazione’ deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa” (CA, n. 5.54; cfr. Srs, n. 35), con la conseguente “scelta preferenziale per i poveri” (cfr. Srs, n. 42; CA, n. 58; ETC, n. 39.47); l’integrazione della parte occidentale con quella orientale del continente, a livello economico e politico, ma anche e soprattutto spirituale e culturale: una prospettiva realistica e ineludibile dopo gli avvenimenti dell’89; l’autocoscienza che anche “il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa” (RM, n. 55), sia di fronte al fenomeno dei nuovi immigrati in Europa, che nella prospettiva del rapporto con le diverse culture e i diversi universi religiosi extra-europei; e, infine, il confronto sulle grandi sfide planetarie della giustizia, della pace, della salvaguardia del creato[15]…
Questi – in estrema sintesi – alcuni dei principali obiettivi della “nuova evangelizzazione” che le Chiese in Europa sono chiamate ad assumere creativamente e a realizzare coraggiosamente nei prossimi anni, per rispondere al kairós dello Spirito[16] nella storia del nostro tempo.
Note
[1] L’espressione è stata usata per la prima volta in modo programmatico da Giovanni Paolo II nel discorso ai Vescovi del CELAM, riuniti a Porto Principe, il 9.3.1983.
[2] Lettera del Papa per la XV Assemblea Generale Ordinaria dei Religiosi del Brasile, in “L’Osservatore Romano”, 30.8.89, p. 4.
[3] C.M. MARTINI, L’Europa interpellata dalla “Redemptoris Missio”, in “L’Osservatore Romano”, 18.5.91, p. 4.
[4] Discorso al VI Simposio dei Vescovi europei, in AAS 78 (1986) p. 179-180.
[5] Lettera ai presidenti delle Conferenze Episcopali Europee del 2.1.1986, in AAS 78 (1986), p. 457.
[6] Cfr. discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi del CELAM o.c.
[7] Cfr. C.M. MARTINI, L’Europa interpellata dalla “Redemptoris Missio”, o.c.
[8] Cfr. anche Dichiarazione del Consiglio Permanente della CEI, L’impegno per l’unità europea, 16.3.1989.
[9] Discorso al VI Simposio dei Vescovi europei, o.c., pag. 185.
[10] Ibidem.
[11] Discorso al Parlamento Europeo, 11.10.1988, in “L’Osservatore Romano”, supplemento, 11.10.1988, p. XX.
[12] Cfr. L’impegno per l’unità europea, cit., n. 8.
[13] C.M. Martini, L’Europa interpellata dalla “Redemptoris Missio”, o.c.
[14] Ibidem.
[15] Cfr. Rassemblement oecuménique européen de Bâle, Paix et Justice pour la création entière, Cerf, Paris 1989.
[16] Cfr. Traccia per la riflessione previa, dell’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, in “L’Osservatore Romano”, 17.4.91, p. 4.