N.01
Gennaio/Febbraio 1992

La comunità cristiana educa a cammini di fedeltà

Recentemente l’attrice americana Liz Taylor, di anni 59, si è “accoppiata” con l’ottavo uomo. Il fatto è indubbiamente squallido e meriterebbe soltanto compassione; invece la stampa e la televisione hanno dato grande risalto all’avvenimento, come se si trattasse di un autentico “primato”.

 

 

La fedeltà, oggi, è una perla sotterrata

Evidentemente il modo di dare la notizia nasconde una cultura: la cultura che ha rinnegato la fedeltà, considerandola una pastoia per la libertà. Noi cristiani siamo convinti che questa cultura poggia su una fatale menzogna riguardo all’uomo e quindi non farà altro che accrescere il disagio, l’inquietudine, il disprezzo della vita e, di conseguenza, la violenza; però non possiamo chiudere gli occhi davanti al fatto che, oggi, questa cultura è diventata mentalità diffusa.

E i giovani? I giovani respirano questo clima che privilegia il provvisorio e teme tutto ciò che è definitivo; essi, soprattutto guardando i messaggi che vengono dal mondo del cosiddetto “successo”, sono portati a pensare che non esista nessun impegno all’infuori di quello di soddisfare se stessi: così dicono e così fanno gli “idoli”del momento!

E i “personaggi del successo”, per un procedimento di conformismo e di seduzione, generalmente diventano anche i modelli morali dei giovani: e le conseguenze ben le conosciamo! Che cosa dobbiamo fare?

Innanzi tutto dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Oggi chi vuole educare i giovani deve sapere che essi portano addosso la convinzione che la vita non ha una trama logica, ma tutto è frammentario: pertanto, per molti giovani, la fedeltà è roba arcaica, mentre l’infedeltà è l’ultima conquista della civiltà.

Bisogna coraggiosamente partire da questo “reale” per andare verso “l’ideale”.

Ed è possibile, nonostante tutto, andare verso l’ideale, perché “non si è accorciata la mano di Dio” e “non prende sonno il Pastore di Israele”!

 

 

La fedeltà è un valore

Va detto con forza e senza complessi che, per noi cristiani, la fedeltà è un bene irrinunciabile: la fedeltà, infatti, è l’anima della serietà della vita ed è in rapporto diretto con la responsabilità e con il senso del dovere.

Togliete serietà alla vita: tutto immediatamente diventa banale: dal concepimento alla nascita, dalla vita alla morte. Lo spettacolo è davanti ai nostri occhi: ma chi ha il coraggio e l’onestà di dire che questi comportamenti sono “frutto” di una visione della vita che ha fatto della libertà un capriccio e, di conseguenza, ha ridotto le cose serie in giochetti banali?

Togliete la responsabilità e il senso del dovere: finisce subito ogni forma di solidarietà ed ogni possibilità di poter contare su qualcuno: i genitori stessi non possono più contare sui propri figli ed i figli non possono più contare sui propri genitori. Tutto questo perché è saltata la fedeltà, anima della serietà della vita e degli impegni in cui si esprime la vita.

 

 

Dio è Fedeltà

Perché la fedeltà è così importante? La fedeltà, per noi cristiani, si identifica con Dio: Dio è “il Fedele”! Il brevissimo salmo 117 dice tutto quello che il cristianesimo sa riguardo a Dio e – lasciatemelo dire – è meraviglioso:

 

Lodate il Signore, popoli tutti, 

voi tutte nazioni, dateGli gloria;

poiché forte è il suo amore per noi 

e la fedeltà del Signore dura in eterno.

 

Dio è Amore Fedele: l’Amore, infatti, se non è fedele non è Amore, ma soltanto una caricatura dell’Amore. Dio è Amore Fedele: l’uomo, creato ad immagine di Dio, porta dentro di sé la vocazione alla fedeltà, attraverso la quale egli arriva ad amare e quindi ad essere autenticamente se stesso.

Perdendo la fedeltà l’uomo perde l’Amore; e perdendo l’Amore l’uomo perde Dio; ma perdendo Dio, l’uomo perde il senso di se stesso e non può più assaporare la bellezza della vita.

 

 

La famiglia: primo ambito di educazione alla fedeltà

L’uomo – e l’esperienza ce lo insegna – gravita verso l’egoismo e quindi gravita verso l’infedeltà. È necessario allora un cammino, un itinerario, una educazione alla fedeltà: e – notatelo bene – l’educazione alla fedeltà si identifica con l’educazione all’amore.

A chi spetta questa meravigliosa quanto insostituibile missione? Innanzi tutto alla famiglia.

I genitori sono il primo impatto del bambino con la società: per tanto tempo essi sono per il bambino “tutto il suo mondo”. Nessuna meraviglia, allora, che sia proprio la famiglia il primo ambito di educazione alla fedeltà.

E come avviene questa educazione? L’educazione alla fedeltà avviene, innanzi tutto, attraverso l’esperienza della fedeltà del babbo e della mamma. Il bambino scopre nell’amore fedele dei genitori il vero volto dell’amore: e questa scoperta non solo gli dà sicurezza, ma gli dà anche l’orientamento giusto per il suo itinerario di formazione umana.

Molte tragedie giovanili iniziano in famiglia e nei primissimi anni di vita del bambino. Infatti i genitori che mettono al mondo i figli e poi spezzano l’unità che ha fatto nascere i figli, introducono una lacerazione nella psicologia del bambino ed aprono una ferita che difficilmente potrà cicatrizzarsi.

Ricordo l’emozione che suscitò in me la lettura di un biglietto trovato tra gli appunti di un giovane di sedici anni, morto per incidente stradale. Il giovane viveva nel collegio dei Salesiani ad Arese ed era stato abbandonato dai genitori nei primi giorni di vita: l’infedeltà dei genitori aveva bloccato questo giovane e gli aveva precluso la strada che conduce all’amore, pur sentendone nel cuore una struggente nostalgia. Egli aveva scritto sotto forma di preghiera:

 

Signore,

mi dicono che il sole, il mare, i monti sono un segno di Te:

ma io non so vederTi!

Mi dicono anche che l’Amore è un segno della Tua presenza:

forse è per questo che non Ti ho mai incontrato perché non sono stato mai amato!

Fammi incontrare un Amore vero, 

un Amore disinteressato, 

un Amore generoso che mi conduca a Te.

 

Perché questo dramma? Perché questa tristezza negli anni in cui la vita è una esplosione di gioia?

Perché è mancata la famiglia come prima e insostituibile esperienza di amore fedele!

I genitori che, giorno per giorno nelle mutevoli situazioni della vita, presentano il volto gioioso della loro fedeltà, danno ai figli una sicurezza interiore e un orientamento morale che resterà scolpito nella loro coscienza.

La famiglia va educata a sentire con lucidità questa missione; la famiglia va preparata a vivere la fedeltà, perché la fedeltà non si improvvisa – questo va detto ai giovani – ma si acquisisce con un lungo e paziente cammino. Ecco allora il dovere pastorale di offrire ai giovani degli “itinerari di educazione alla fedeltà”; ecco allora l’importanza di una evangelizzazione dei giovani proprio in merito ai contenuti dell’Amore vero, riproponendo la purezza del cuore come condizione per arrivare ad un amore fedele ed oblativo.

In questo campo c’è spazio per tante iniziative: mettiamoci al lavoro. con l’entusiasmo che deve avere chi sa che cos’è l’Amore.

 

 

Dalla famiglia alla comunità

Evidentemente il “figlio” nasce nella famiglia, ma nasce per il mondo intero: nell’andare verso il mondo egli ha bisogno di un riferimento intermedio, che è il gruppo e la comunità.

Che cosa deve fare la comunità? E che cosa deve fare il gruppo, che altro non è se non una articolazione della comunità? Innanzi tutto più che chiederci che cosa deve fare la comunità, dobbiamo chiederci che cosa deve essere la comunità.

La comunità deve essere il luogo della fedeltà amata, anche se talvolta sofferta; la comunità deve essere il luogo dell’annuncio e dell’esperienza di Dio Fedele, al punto tale che il giovane deve trovare logico sentir chiamare il cristiano con il nome di “fedele”, in quanto chiamato a vivere la Fedeltà stessa di Dio; la comunità deve essere anche il luogo dell’esperienza della fatica della fedeltà per imparare a guardare sempre alla Fedeltà di Dio e a motivare nella Fedeltà di Dio la ragione della nostra fedeltà: gli uomini, infatti, possono tutti mancare alla fedeltà, ma questo non deve mettere in crisi la fedeltà del cristiano perché essa poggia sulla roccia della Fedeltà di Dio.

Il profeta Isaia (49,14-16) mette sulle labbra di Dio questa risposta per l’uomo portato a mettere in dubbio anche la Fedeltà di Dio:

 

Sion ha detto:

Il Signore mi ha abbandonato,

il Signore mi ha dimenticato. 

Si dimentica forse una donna del suo bambino, 

così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? 

Anche se queste donne si dimenticassero io invece

non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato

sulle palme delle mie mani…

 

Chi parla così è Dio!

La comunità cristiana deve far conoscere al giovane questo Volto di Dio e lo deve entusiasmare a seguirLo attraverso molteplici iniziative tendenti ad educare alla fedeltà: la fedeltà ad un impegno, la fedeltà ad una parola data, la fedeltà all’amicizia, la fedeltà ad un appuntamento, la fedeltà alla vita della comunità, la fedeltà alla stessa Messa domenicale… tutto rientra in una grande pedagogia di fedeltà.

È così che il giovane si prepara a dire il “sì” della fedeltà alla propria vocazione: nel matrimonio o nel sacerdozio o nella vita religiosa.

È guardando Dio che il giovane scopre la serietà della vita e si accorge che la vita non è un fascio di istinti ma un progetto di amore: e l’amore vero è amore fedele.

È guardando Cristo, Dio fatto uomo, che il giovane trova il modello meraviglioso della sua esistenza e, con l’apostolo Paolo, può esclamare con fierezza: “Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo predicato tra voi, io Silvano e Timoteo, non fu ‘sì’ e ‘no’ ma in Lui c’è stato il ‘sì’” (2 Cor 1,19).