Affettività, sessualità, vocazione
Il problema della maturità affettiva e sessuale dei giovani che si avvicinano alla vocazione diventa sempre più urgente da affrontare e, a volte, risulta preoccupante per i formatori1. Non è, tuttavia, uno dei problemi più facili da affrontare. Spesso non ci si sente pronti ad offrire un aiuto competente. Soprattutto sembra difficile fare un discernimento sufficientemente sicuro sulla maturità affettivo-sessuale di coloro che chiedono di essere accettati in vocazione o di emettere voti.
Maturità affettivo-sessuale
La divulgazione attuale tende ad affermare un concetto piuttosto ristretto di sessualità, tale da non risultare utile ai nostri scopi di una valutazione della maturità del soggetto in prospettiva vocazionale. Si tende infatti a pensare la sessualità in relazione solo a due fattori: il sesso biologico (quello per cui uno è maschio o è femmina) e il comportamento sessuale, spesso inteso solo come comportamento genitale. In questa luce maturità sessuale corrisponderebbe a comportamento corretto in relazione al proprio sesso biologico, quindi tendenza eterosessuale nel candidato alla vocazione e assenza di attività sessuale sia masturbatoria che omo od eterosessuale.
Ciò che viene dimenticato è la dimensione psicologica della sessualità. Essa permette di valutare la motivazione sia della presenza di alcuni comportamenti che la loro eventuale assenza. È ormai da accettare che la sessualità umana può essere influenzata da molti e differenti aspetti o disordini della personalità. Ogni forza motivazionale, ogni conflitto della personalità, può usare la sessualità come mezzo di espressione: sia come gratificazione di particolari momenti di tensione, sia come difesa della persona, sia come espressione dei suoi ideali trascendenti di vita (questo è il caso della castità per es.).
Considerandola in questa luce più ampia, si può capire perché la sessualità acquisisca un grande significato simbolico per la persona: ciò spiega, per esempio, la grande accentuazione che la nostra società mette su di essa.
La conclusione è che un buon discernimento circa la maturità sessuale della persona non può essere separato da un discernimento del modo generale di funzionare della personalità: quali sono i suoi conflitti e come questi si esprimono o non si esprimono nella sessualità. Ad esempio: una difficoltà della persona circa la masturbazione può essere semplicemente una espressione del suo senso di inferiorità, o di un forte bisogno di dipendenza affettiva. Non necessariamente l’origine di queste difficoltà sono conscie al soggetto: può cioè trattarsi di motivazioni subconscie. Il soggetto è però sempre conscio dei comportamenti sessuali non accettabili. Finché non se ne è compresa esattamente l’origine, non si può valutare bene il tipo di immaturità che la suddetta masturbazione esprime e, quindi, non si può offrire l’aiuto necessario e adeguato. Un discernimento sbagliato può addirittura portare ad aggravare il senso di inferiorità e, quindi, a una manifestazione sintomatica più preoccupante.
La maturità sessuale è quindi collegata alla maturità psicodinamica di tutta la persona. La sessualità certamente ha una sua forza specifica e, quindi, rappresenta un’area specifica di sviluppo dell’individuo, la cui maturità è da valutare in base alla capacità che il soggetto ha di orientare e dilazionare i propri impulsi in ordine a fini e valori scelti.
La situazione del giovane rispetto alla maturità sessuale
Il giovane è ancora un soggetto che sta formando la sua personalità, questo per definizione oltre che per i dati delle ricerche psico-sociologiche. Non si può pretendere da lui la maturità di una persona adulta, neppure in campo sessuale (si intende qui evidentemente riferirsi non a livello di comportamenti corretti, i quali sono possibili anche al bambino, quanto alla maturità psicodinamica).
L’affermata completa assenza di problemi in questo campo da parte del giovane potrebbe già indicare che forse essi sono negati e, quindi, che costituiscono un vero problema che il soggetto non riesce ad affrontare apertamente. La mancanza assoluta di problemi dovrebbe far sospettare fortemente la presenza di una repressione massiccia.
La capacità del giovane di formulare le sue difficoltà e incertezze è un buon punto di partenza, in genere, per un cammino successivo di maturazione e per poter offrire un aiuto adeguato. Ci sono infatti le condizioni perché tale aiuto sia accettato, ma è anche il segno che il giovane non ricorre a forme di repressione dei problemi inerenti la maturità affettivo-sessuale.
Il giovane sta ancora, soprattutto nella prima giovinezza, considerando il suo posto nell’insieme dell’universo umano e il modo più adeguato di relazionarsi con le sue varie dimensioni, compreso il come vivere la propria sessualità in modo significativo in tali relazioni. Sta, quindi, ancora costruendo la sua identità sessuale, se con essa intendiamo non tanto la sua sicurezza di essere maschio o femmina, quanto la sua sicurezza nel porsi in relazione con l’altro e nell’accettare la relazione con un mondo sessuato.
Come accompagnare il giovane verso una maturità sessuale
Da quanto detto, emerge che bisogna avere un occhio attento a tutta la personalità del giovane. L’accompagnamento dovrà tenere presente il modo generale e la sicurezza/insicurezza con la quale egli si rapporta alle altre persone. Una dipendenza eccessiva, con un’incapacità di prendere posizione, è indice di difficoltà molto gravi nel campo della relazione che possono avere ripercussioni notevoli sulla sessualità, fino a problemi di omosessualità aperta o latente.
In modo analogo, una sicurezza di sé e una dominazione sugli altri, basata su un modo difensivo di relazionarsi, è indice di difficoltà emotivo-affettive che possono investire anche la sessualità.
Si tenga presente che non necessariamente, nelle situazioni emblematiche appena descritte, le difficoltà sessuali sono attualmente manifeste nel comportamento della persona, possono tuttavia apparire in seguito, magari non appena terminato il periodo formativo.
L’accompagnamento verso la maturità sessuale, non può fare a meno di verificare e sostenere le relazioni interpersonali libere, oltre che sviluppare un controllo non repressivo delle pulsioni e delle emozioni. Con “controllo non repressivo delle pulsioni” si intende qui la capacità di riconoscerne la presenza e di parlarne, ma nello stesso tempo di prenderne le distanze orientandole in un contesto di valori proclamati e vissuti.
La sessualità non riassume tutta l’emotività della persona certamente, ma vi è strettamente collegata. La capacità di controllo emotivo non può che influire beneficamente su un controllo significativo delle pulsioni sessuali.
Vocazione e amicizie eterosessuali
La presenza di amicizie eterosessuali nel presente o nel passato della persona non può, di per sé, essere presa come segno sicuro di un orientamento sessuale maturo. Nello stesso tempo, il favorire esperienze di amicizia eterosessuale, di per sé, non favorisce una maturazione della affettività e della sessualità. Ciò che è importante è il modo, il contenuto (ciò che è vissuto) e le motivazioni che reggono quelle relazioni. Più che il favorire relazioni di amicizia eterosessuale, sembra utile, anche per il superamento delle debolezze sessuali (masturbazione, omosessualità, eterosessualità), aiutare l’individuo a verificarne la dinamica motivazionale e la sua adeguatezza nel contesto di vita e delle relazioni effettivamente possibili alla persona.
In tale lavoro diventano fondamentali i valori ispiratori della vita del soggetto in generale e la loro capacità di essere talmente attrattivi alla persona da offrire energie per una risistemazione delle spinte motivazionali.
Patologia della sessualità
Non bisogna dimenticare che la sessualità e le sue manifestazioni a volte sono segno di una patologia ben più grave nella personalità: segno di debolezze strutturali tali da non poter essere risolte significativamente neppure a livello di psicoterapia e, quindi, tali da rendere inadatta la persona a vivere liberamente la vocazione e la castità che essa richiede.
Anche in questo caso c’è bisogno di una valutazione della personalità nella sua globalità, onde fare un discernimento capace di essere di vero aiuto alla persona innanzitutto e all’istituto religioso poi.
Note
[1] Data l’ampiezza del tema sono possibili in questo contributo soltanto alcuni accenni introduttivi. Oltre ai contributi proposti negli articoli precedenti rimando pertanto volentieri ai seguenti testi: Ridick J., I voti. Un tesoro in vasi d’argilla. Riflessioni psicologico-spirituali, Piemme, Roma 1983, pp. 29-84. Bresciani C., Personalismo e morale sessuale. Aspetti teologici e psicologici, Piemme, Roma 1983.