La maturazione affettiva e vocazionale nel gruppo giovanile parrocchiale
Quale gruppo?
Penso anzitutto al gruppo non etichettato, non inserito in uno dei movimenti ormai classici nel panorama ecclesiale contemporaneo; il gruppo di cui stiamo parlando non è neppure, solitamente, il gruppo di un’associazione (Azione Cattolica, Agesci, ecc.,…), sostenuto e guidato da una struttura e da una metodologia che trascendono la Comunità parrocchiale. Non che questa non possa favorire o ostacolare il cammino di maturazione affettiva e vocazionale di tali gruppi: se si tratta di una comunità parrocchiale viva, arricchita dalla presenza sollecita dei vari carismi e ministeri, ed in primo luogo da una presenza presbiterale saggia (e paziente…), il cammino di tali gruppi riceverà sicuramente un notevole aiuto; in caso contrario, il gruppo facente parte di un movimento accentuerà la propria tendenza centrifuga, e quello di un’associazione troverà normalmente sufficienti punti d’appoggio nella struttura e nella metodologia associativa, benché questo secondo tipo di gruppi di solito risenta maggiormente delle carenze e delle contro-testimonianze incontrate nella parrocchia.
Vorrei puntare maggiormente l’attenzione sul tipico gruppo parrocchiale nato per i motivi più diversi[1], che può avere come leader il vice parroco ma anche il parroco, oppure un laico, spesso un giovane stesso, gruppo che si riunisce per animare il canto della liturgia o per compiere un servizio in parrocchia o nel quartiere, e quando avanza lungo un cammino di maturazione giunge gradualmente a vivere i tre momenti caratteristici di un itinerario cristiano: ascoltare la Parola di Dio, celebrare la liturgia e servire i fratelli più poveri.
In quale parrocchia?
Per Comunità parrocchiale poi intendo tutta la comunità dei cristiani adulti, che vivono nell’una o più parrocchie da cui emerge il gruppo, con i loro cammini di fede differenziati. Questo per evitare di parlare di una comunità parrocchiale astratta, o di identificarla solo con il gruppo degli assidui. Specialmente per una maturazione vocazionale è importante il coinvolgimento di tutta la comunità cristiana, ai vari livelli, stimolando il piccolo o grande contributo che ognuno può dare.
Nella comunità parrocchiale così intesa si intrecciano anzitutto i rapporti ecclesiali e quelli famigliari: la famiglia ricca di valori umani e cristiani, in seno alla quale sboccia una vocazione, non è detto che appartenga in partenza alla cerchia dei membri più attivi, ma se tutta la parrocchia viene saggiamente coinvolta nel problema vocazionale la famiglia direttamente interessata ne riceve sostegno e incoraggiamento.
Una indispensabile interazione
Il confronto con la realtà così variegata e composita della parrocchia è un primo elemento importante nel cammino di maturazione del gruppo giovanile: essa offre al gruppo uno spaccato di Popolo di Dio non troppo selezionato, messo insieme dalla storia, con le sue povertà ma anche con i suoi carismi. Lì si fanno visibili le varie vocazioni, vissute nella realtà quotidiana: è importante che gli adulti accettino di confrontarsi con il gruppo giovanile, offrendosi alle domande e alle critiche, ascoltando, offrendo spazio e fiducia, prendendo sul serio i giovani, singolarmente e come gruppo, i quali hanno bisogno di poter vedere da vicino, direi quasi di sviscerare, le diverse vocazioni presenti nel popolo di Dio. Hanno bisogno di poter entrare nella vita del presbitero, di conoscere un po’ la storia della sua vocazione, delle sue difficoltà e delle sue gioie: che la casa del parroco sia aperta e accogliente è indispensabile, ma questa è solo l’atrio della vera casa in cui i giovani vogliono entrare a vedere. La stessa cosa vale per i religiosi; non basta che questi offrano campi vocazionali con esperienza di preghiera e testimonianze ben preparate: tutto questo potrebbe risultare ancora artefatto, se i giovani non hanno le possibilità di guardare veramente dentro alla vita di chi ha compiuto una certa scelta.
Questi incontri devono allargarsi anche ad altri tipi di vocazione: la giovane coppia che vive cristianamente il proprio matrimonio, e magari ha maturato una disponibilità ad accogliere un figlio in più, in affidamento o in adozione, la persona celibe che ha riempito la propria vita di servizio, nella Chiesa e nella società, senza un particolare impegno di consacrazione; oppure il consacrato o la consacrata che ha trovato in un Istituto Secolare una spiritualità ed un legame ecclesiale che li aiutano a vivere in pienezza il Battesimo.
Possibili “iniziative”
Oltre a questo contatto in presa diretta tra il gruppo e il resto della comunità parrocchiale, esistono iniziative pastorali che a prima vista sembrerebbero solo tangenti al problema della maturazione vocazionale del gruppo giovanile. Ne ricordo tre: i corsi di preparazione al matrimonio, le iniziative per le famiglie (ad es. la giornata degli anniversari, i gruppi famigliari, ecc.), gli incontri specifici per i genitori (dei candidati alla prima comunione, alla cresima, o in generale).
Anzitutto i corsi prematrimoniali: mi pare sempre più urgente andare verso uno sdoppiamento di tale iniziativa, prevedendo corsi di orientamento vocazionale (dunque non solo alla vocazione matrimoniale) e incontri più specifici per i fidanzati che fanno la preparazione prossima al matrimonio. Oggi molto spesso si finisce per concentrare tutto in un unico corso, di solito breve, che propone, quasi solo ai fidanzati, temi di fondo che nella prossimità del matrimonio non si riesce ad approfondire come si vorrebbe. La crescente partecipazione attiva dei giovani ai corsi pre-matrimoniali mi pare un invito a osare, proponendo con fiducia un itinerario vero e proprio di orientamento vocazionale.
Le iniziative per le famiglie, anche se la maggioranza ha ormai i figli adulti e sistemati (ma esistono i nipotini…), il discorso vocazionale resta fondamentale: le vocazioni di speciale consacrazione, ad es., come sono realmente valutate e comprese in famiglia, quando se ne parla lontano dalle orecchie del parroco? Su questo argomento la famiglia è ancora capace di creare una mentalità.
Gli incontri specifici per i genitori: qui l’aggancio è più evidente, poiché si tratta, prima ancora che di offrire un aiuto pedagogico, di far passare l’idea di fondo che i figli non sono loro proprietà, e che il primo compito degli educatori è quello di collaborare per la ricerca del piano di Dio su ciascun giovane.
Dimensione permanente
Un’attenzione particolare infine la comunità parrocchiale deve avere oggi al tema della vocazione alla verginità e al celibato per il Regno di Dio. È una vocazione che si può accompagnare con altre vocazioni (presbiterato, diaconato, scelta di un Istituto di vita consacrata) oppure che si sviluppa in modo indipendente. È importante anzitutto aiutare a capire che si tratta di una vera e propria vocazione, e non solo di una condizione previa per poter accedere ad es. al presbiterato.
Occorre che questo tema sia affrontato capillarmente per evitare che diventi un argomento tabù, con il risultato che ne parlino solo coloro che non l’hanno capito. È importante che questa vocazione sia compresa sempre più come una grande chance per vivere una dimensione nuova dell’amore, ma è altrettanto importante che i membri di una comunità parrocchiale che vivono tale vocazione siano disponibili a parlarne, a lasciarsi interrogare, a testimoniare sulle difficoltà ma anche sulle gioie incontrate. Oggi nelle comunità parrocchiali sono ancora presenti, grazie a Dio, varie persone impegnate nella vita consacrata: invece di continuare a piangere sull’età media che sale e sui numeri che scendono, vale forse la pena ravvivare la grazia del dono ricevuto e deporlo con fiducia nel territorio dei giovani che il Signore mette sul nostro cammino.
È importante poi che questa dimensione vocazionale sia vista sì come il segno dell’appartenenza totale al Signore, appartenenza totale cui ogni vocazione deve portare, ma proprio per questo la vocazione alla verginità consacrata o al celibato per il Regno di Dio va compresa e presentata come via per una condivisione più profonda delle “gioie e delle speranze, delle sofferenze e delle angosce” dei fratelli, e quindi per aiutare tutta la comunità cristiana ad essere comunità missionaria.
Note
[1] Mi si consenta di rimandare per un utile approfondimento su tutta la tematica ai seguenti contributi: AA.VV., Incontrare Cristo Risorto nella Chiesa, Borla, Roma 1991; AA.VV., Educare alle scelte vocazionali, Borla, Roma 1985; F. Peradotto, Annuncio e proposta vocazionale, Rogate, Roma 1991; AA.VV., Educare i giovani alla fede, Ancora, Milano 1990; cop, Orientamenti Pastorali, 1991 (12).