Itinerario spirituale vocazionale per giovani
L’esperienza è la capacità di entrare nella vita e portarne alla luce tutta la dimensione di sapienza per noi e per la società. I giovani amano l’esperienza ed il linguaggio dell’esperienza proprio in forza del loro particolare sviluppo di vita e di vitalità che contraddistingue i loro anni. Fra giovani ed esperienza esiste una stretta correlazione e simpatia. Bisognerà stare attenti a non cadere o scadere nell’esperienzialismo e mantenere l’esperienza nella sua purezza di espressione.
La vita spirituale o meglio, come sottolineato nella serie di articoli precedenti, “nello Spirito”, deve dare il giusto posto a quanto l’esperienza-incarnazione richiede. Difatti la vita spirituale non può non essere incarnazione di vita, soprattutto ed in primo luogo nel contesto cristiano. I giovani vanno seguiti nel contesto della loro storia di giovani e della situazione dei giovani nella Chiesa di oggi interpellati dal Vangelo.
Un itinerario spirituale dovrà guidare a delineare una progettualità di vita da cui derivi la forza per scelte fiduciose e precise.
Dice il Vangelo: “Io vi ho scelti dal mondo” (Gv 15,19). “Dal mondo”, dall’essere inseriti in esso deve risaltare la possibilità di una scelta di senso profondo e diverso, rispetto al mondo stesso.
Condurre all’esperienza di una vita spirituale avrà la valenza di costruire dei giovani credenti che con franchezza e lealtà sono capaci di vivere nel mondo, senza clericalismi, in forza della conformazione sacramentale a Cristo. Il giovane credente è l’uomo giovane che santifica le persone, gli ambienti, le realtà che incontra e pertanto trasforma.
L’esperienza di un itinerario si costruisce attraverso un cammino. È accaduto ad Emmaus, dove un cammino di due persone, a cui si aggiunge Cristo Signore, si converte in itinerario spirituale – pasquale.
Itinerario
Il primo dato di un’esperienza vocazionale ecclesiale è stato la formazione di un gruppo di ricerca. Da soli non si costruisce un progetto di dialogo. L’accompagnamento di altri compagni, di altri discepoli diviene essenziale e si è costruita in tal modo una comunità in discernimento, il cui cammino è sostenuto da un presbitero.
L’atteggiamento comune è stato quello di attendere ad un progresso di crescita, significato in particolare non nell’assunzione di nuovi valori, quanto nella riflessione sul già vissuto, sull’esistente nella vita di ciascuno. Si potrebbe dire, un itinerario a ritroso, un itinerario di memoria per poter essere in grado di non sottovalutare nulla del vissuto presente o dell’immediato passato. La comunità è partita dall’opera di un Dio già artefice di vocazione.
Si è così creato un nuovo-giovane, un giovane che scruta con novità, e quindi con senso di scoperta, se stesso e gli altri ed il mondo. È stato l’evangelico “se non ritornerete come bambini” o del “rinascere” giovanneo e si è evitata già dall’inizio la pretenziosità di giovani arrivati.
In un mondo, come il nostro, in fortissima evoluzione sembra che troppo spesso, per contrasto e paradossalmente, ci sia un fermarsi, una lentezza spirituale dell’uomo, un sentirsi arrivati e già pieni.
Nel gruppo si è superato quel rapporto di identità che fa scambiare l’“avere tutto” di una società consumistica, in cui i giovani, come gli altri, sono immersi, con l’“essere tutto”. L’esperienza spirituale biblica dell’itinerario, dell’esodo e del deserto, dell’apertura dialogica con Dio, con l’altro, ad iniziare da sé, appare basilare per un inizio maturo.
Tempi di un itinerario
La fedeltà all’impegno assunto di camminare con la piccola comunità di dialogo che si è costituita è stato il passo successivo del fare esperienza vocazionale. La vocazione si illumina per un cammino di fedeltà perché è amore. Stare al passo non è sempre facile. Marciare al passo di una comune proposta e formazione non ha significato appiattirsi unilateralmente su un solo tipo di modello di vita e di missione; una autentica e precisa proposta che trova il terreno nel dialogo di una comunità amica rafforza tutti gli aspetti della stessa proposta e ne fa sprigionare anche più e vari impegni di vita.
Le scadenze concretamente si sono articolate nei tempi classici della formazione di scoperta vocazionale: ritiro spirituale mensile di due giorni, direzione personale, alcuni momenti di celebrazione dell’Eucaristia, adesione puntuale al sacramento della riconciliazione.
Per i giovani orientati all’interesse di una vita di consacrazione presbiterale è stato fondamentale e, direi, normale, l’inserimento nel corso della vita del Seminario, in alcuni momenti di forte richiamo spirituale o rituale, o in tempi completi di una settimana o più.
In questa prospettiva di interesse, all’interno del gruppo sono stati inseriti, oltre al direttore Spirituale, alcuni seminaristi proprio per rafforzare la dimensione dell’esperienza, che è condivisione.
Modi di un itinerario
L’accesso dei giovani alla vita spirituale ha necessità di testimoni. Una volta si diceva che bisognava leggere le vite dei santi. Oggi si aggiunge che va verificata la vita della santità attuale della Chiesa che si manifesta in particolare in alcuni suoi membri; la vita di santità eroica, ma anche la vita di santità battesimale nella sua riduzione alla testimonianza chiara ed integra quotidiana. Per questo la crescita vocazionale dei giovani vuole sfruttare tutti i luoghi dell’impegno cristiano.
La comunità vocazionale giovanile ama la modalità efficace dei luoghi di ritiro silenzioso, dove la vita consacrata religiosa o monastica attua la sua obbedienza di fede. Le case religiose ed i monasteri offrono una pace ecologica e spirituale che meraviglia, crea interrogativo, accresce il desiderio di pienezza nell’animo dei giovani. Il giovane sa cogliere il messaggio delle attenzioni e tensioni spirituali di questi luoghi e ne coglie la provocazione, al di là di facili entusiasmi euforici.
La vita di ricerca vocazionale si è dovuta confrontare anche con gli ambienti che, apparentemente in maniera meno intensa, sono agenti dell’incontro e della comunione con Dio e nella storia aiutano a scoprire la volontà di Dio sull’umanità. Tali ambienti sono la Parrocchia ed ogni altro luogo di attività ecclesiale. Non solo quindi i monasteri o le case di ritiro specifiche sono luogo di riflessione. Una vocazionalità si scopre nell’ambito della normale vita di una comunità cristiana in quanto è lì che si scopre come vocazione pratica al servizio del prossimo che ci è accanto e sperimenta tutte le forme di fatica che le Chiese pongono faticosamente in atto per l’evangelizzazione. La testimonianza delle Chiese, considerata non come organizzazione esterna, delinea un concreto itinerario spirituale vocazionale da non sottovalutare. Ecco che alcuni ritiri, tempi di impegno spirituale e dialogo con altri giovani si sono svolti in questi meno soliti ambienti. Il gruppo ha capito che la vita nello Spirito si costruisce nell’aderenza ad una spiritualità che non lascia sfuggire dalla storia ed in essa si impegna responsabilmente, guardando alla sensibilità ed alla cultura cristiana del tempo.
Contenuti dell’itinerario
Nell’articolato cammino e progetto vocazionale è stata posta in luce, come si accennava sopra, la solidarietà spirituale della comunità formatasi. Non si è fatto un gioco di èlite; il gruppo ha rivelato un’accettazione di ogni suo membro e di ogni suo dono e carattere diverso. L’itinerario spirituale deve essere specchio dell’itinerario ecclesiale, di una Chiesa che ha una fisionomia variegata, pur nell’unità della sua dottrina e morale. La vocazione dell’uno ha fatto spazio alla vocazione dell’altro ed al reciproco rispetto.
Questo valore della profonda e sincera accoglienza dell’altro, come Dio ci dà di averlo accanto, fa da sfondo all’apertura della vita nello Spirito.
L’elemento conseguente immediatamente, a partire da questa esperienza di solidarietà, è l’esperienza della Parola, dal gruppo vocazionale cercata nella forma di “lectio divina” Non è certo modernità, ma i giovani di oggi vengono educati più familiarmente a questo tipo di preghiera della Parola e di adesione ad essa. La stessa lectio si qualifica come un itinerario progressivo alla vitale compenetrazione alla volontà del Padre. La Parola si è fatta scuola e rivelazione per i giovani ad essa guidati ed ha richiesto carità in un cuore nuovo ed in una coscienza più esigente e radicale.
La Parola biblica meditata e resa vita ha mostrato la presenza e l’azione dello Spirito che fa sentire la gioia e la forza di una risposta spirituale alla chiamata e al discernimento. Già la possibilità di mettere insieme, con semplici e sincere parole umane, le ispirazioni e le risultanze dell’approfondimento della Parola e della preghiera, è apparsa una fattiva presenza dello Spirito che dà modo di comunione attraverso il linguaggio. Non si è trattato di parlare in lingue, ma di parlare delle risonanze della fede e di saperle accogliere e saperle dense del mistero di amore che Dio ha per ciascuno: un’esperienza di quanto Dio Padre è personale ed intimo a ciascuno e di quanto sa aiutare a fraternizzare e a donarsi per la salvezza, come Cristo, suo Figlio, il Prediletto.
La predilezione d’amore è il fattore determinante per cui un giovane non ha più remore alla generosità di legare liberamente, vocazionalmente la sua vita alla proposta di Cristo nella Chiesa. Questa carità di Dio ha fatto il suo ingresso nell’esperienza comune della comunità che è stata guidata dal presbitero e ha dato il frutto di grazia di vedere rinnovata e rinsaldata la fede di questo gruppo di giovani.
L’itinerario di vita spirituale è diventata una proposta di speranza alla disgregazione e al non senso perseguito da una cultura ancora pragmaticamente in sella ed ha mostrato il volto della donazione cristiana.