N.02
Marzo/Aprile 1993

Estate: tempo di liturgia giovanile e vocazionale

Non manca una ricca fenomenologia delle esperienze di preghiera (anche a forte dimensione vocazionale) che i giovani sia singolarmente che in gruppo vivono nel periodo estivo. Campi scuola, esperienze di condivisione di vita e di preghiera in comunità monastiche e di vita apostolica, esercizi spirituali e mille altre iniziative sono ben presenti nelle proposte degli operatori di pastorale giovanile e vocazionale. Spesso queste iniziative sono associate (più o meno prevedibilmente) a momenti di particolare evoluzione e maturazione nel gruppo giovanile; non di rado hanno rappresentato il contesto in cui si è svelata una precisa apertura vocazionale. Va osservato, però, che simili esperienze non sono momenti magici che fanno lievitare, in ogni caso, la consistenza di un cammino di gruppo o personale. Troppo frettolosamente gli operatori pastorali sono consumatori di sussidi e di esperienze “forti” senza una adeguata capacità di discernimento critico. Questo contributo allora si muove su di una triplice pista. La prima, quella più ovvia, è di considerare le variabili in gioco. La seconda cercherà di evidenziare alcuni criteri generali attorno ai quali orientare le esperienze estive di preghiera e liturgia in connessione con un itinerario vocazionale. Un’ultima parte considererà in dettaglio alcune esperienze particolarmente proponibili per la loro risonanza vocazionale.

 

 

Le variabili in gioco

La partenza quasi obbligata è nella scomposizione degli elementi delle variabili che il titolo del contributo lascia intravedere. Mi sembra possano essere le seguenti:

 

– Una prima variabile è proprio quella dei giovani stessi. Essi esprimono esigenze, ricchezze e povertà analoghe più volte classificate in modelli e categorie[1]. Tali letture sintetiche sono elementi utili, ma non esaustivi in rapporto all’intervento educativo e vocazionale. L’ottica vocazionale richiama ad un appassionato e capillare lavoro di discernimento tendenzialmente personalizzante. In questo senso non esiste una proposta unica di liturgia estiva per i giovani. Lo spettro è molteplice ed il criterio conseguente non deve essere l’omologazione, ma l’attenzione alla concreta e personale situazione di ciascun giovane e di ciascun gruppo giovanile.

 

– Una seconda variabile in gioco è il tempo estivo. Un tempo liturgicamente vuoto di eventi celebrativi forti (Avvento-Natale; Quaresima-Pasqua), ma che, proprio nella sua ordinarietà, ben rappresenta la dimensione quotidiana del credere e del celebrare al di là di ogni motivazione e sostegno esterno. Si è scritto che la liturgia del tempo “per annum” è quella della festa cristiana allo stato puro ritmata dalla regolarità delle domeniche e null’altro. Non va dimenticata anche una “debolezza” propria del tempo estivo: quella di una certa dispersione della comunità cristiana. Indice di questa dispersione e mancanza di sostegno istituzionale è il fatto di una significativa diminuzione della partecipazione alla liturgia da parte dei giovani nel periodo della vacanza. L’estate, però, ha una ricchezza particolare su cui occorre riflettere. La maggior disponibilità di tempo, la possibilità di un contatto più coinvolgente con la natura, la possibilità di approfondire le relazioni umane, ma anche momenti di silenzio interiore rappresentano opportuni preamboli per una educazione alla liturgia e ad un senso di partecipazione consapevole e personale (e dunque “vocazionale”) alla preghiera della Chiesa.

 

– Una terza variabile in gioco è la liturgia stessa. Quale senso della liturgia hanno i giovani; quali costanti della preghiera liturgica, al di là delle evidenti modalità espressive sono state assimilate; quale capacità di essere soggetti creativi di liturgia e non solo passivi fruitori? Le domande potrebbero essere tante. Sono tutte plausibili e mettono in seria discussione non solo i giovani ed i loro animatori, ma anche gli stessi liturgisti. Non si tratta semplicemente di educare i giovani alla liturgia, ma anche di “educare” la liturgia ai giovani purificandola nelle sue proposte da “nostalgie” o facili schematismi. Occorre avere la chiara consapevolezza che la liturgia è indubbiamente unica (e tendenzialmente costante nelle sue strutture), ma anche varia nelle proposte in rapporto alla concreta assemblea che celebra. La proposta delle forme liturgiche deve essere diversificata a seconda del grado di assimilazione di queste da parte dei singoli giovani. Resta il fatto che i giovani orientati ad una crescita vocazionale sono portati a superare la logica di supporto dei segni con cui strutturiamo le nostre liturgie, per andare all’essenzialità, all’appello ad accogliere il mistero di amore di Dio e al cui interno i segni liturgici sono propriamente “simbolici”, cioè capaci di tenere insieme la domanda dell’uomo e la risposta di Dio. In tutte le situazioni la liturgia deve essere il luogo in cui si matura con esattezza il rapporto tra fede e vita. La liturgia diventa uno specchio di una fede presente, assente, in ricerca di stabilità o imperfetta e di una vita che tende ad organizzarsi in forma di vocazione. È evidente il caso della liturgia monastica in cui il legame tra fede e vita è coerentemente affermato. Dovrebbe essere tale anche per le nostre assemblee parrocchiali in genere e per le liturgie legate alle esperienze giovanili, con una capacità di elaborazione creativa del rapporto liturgia-fede-vita, al di là dei modelli consolidati dalla tradizione (si pensi ancora alla preghiera monastica) e mai immediatamente proponibili.

 

– Una quarta variabile in gioco, che offre il taglio particolare del nostro discorso è la dimensione vocazionale. La preghiera in genere e quella liturgica in particolare tocca ogni momento della proposta vocazionale, dalla pro-vocazione iniziale, attraverso tutto il cammino di in-vocazione ad un discernimento sulla propria vita, fino alla con-vocazione finale, cioè alla scoperta della propria vocazione come inserita nella vita della Chiesa, popolo convocato dall’amore di Dio per il mondo. In questo senso vocazione e consapevolezza nella preghiera liturgica crescono insieme, una accanto all’altra. La qualità del pregare e la domanda di crescere nella preghiera sono indici precisi di un’apertura vocazionale e sono un punto di chiarificazione decisivo nella crescita personale.

 

Il discorso sulle quattro variabili è appena abbozzato, ma credo ci consenta di andare alla ricerca di alcuni criteri che possono illuminare alcune prospettive vocazionali nelle esperienze di preghiera e di liturgia per i giovani nel tempo estivo.

 

 

 

La definizione di alcuni criteri

 

Le esperienze liturgiche a carattere vocazionale per i giovani nel tempo estivo devono lasciarsi guidare da alcuni criteri più o meno generali.

 

– Una prima attenzione va a delineare con chiarezza quale maturazione di sensibilità liturgica porta il singolo giovane o il gruppo alla vigilia di una esperienza estiva di preghiera. Questo deve essere già chiaro a livello di delineazione di un progetto in cui la componente della preghiera (liturgica e non) entri come dimensione strutturante e non marginale. Le esperienze liturgiche vanno progettate nell’economia di un itinerario di maturazione, con la stessa attenzione riservata ad incontri di catechesi e a tecniche di animazione. Questo criterio però deve superare due tentazioni. Una massimalista: quella di pretendere oltre misura dalla persona coinvolta nell’itinerario. Di fronte ad essa è necessario ri-esprimere la gradualità dell’itinerario, l’attenzione alla singola persona. Ma c’è anche una tentazione minimalista: quella di accontentarsi di una preghiera a basso profilo, che non sa crescere con la persona. Il giovane deve crescere nella direzione di un’appropriazione profonda e personale della liturgia. Questo spinge ad andare oltre il vissuto attuale. La crescita vocazionale nella preghiera non è esente da una legge di crisi e di rottura con sicurezze consolidate. Il tempo dell’estate può essere quello opportuno per questa salutare crisi di crescita, che non solo fa maturare nella preghiera, ma che contribuisce a creare uno spazio qualitativamente consistente per un appello vocazionale. La personalizzazione della preghiera, il sentirsi inseriti nella dinamica della preghiera fa prendere coscienza dell’appello personale che Dio fa a ciascuno e a prendere sul serio le esperienze vissute. La proposta di una preghiera estiva ricca di risonanza vocazionale si colloca precisamente nell’equilibrio di continuità e discontinuità, quale è il meccanismo di crescita di ogni dimensione personale.

 

– Un secondo criterio particolarmente evidenziabile nel periodo estivo, ed in situazioni particolari quali le varie esperienze estive è la necessità di ritornare in modo critico sulle esperienze di preghiera fatte e sulla loro ricaduta nella vita quotidiana e nella situazione normale di vita del giovane. Al di là della molteplicità e della superficialità occorre nelle esperienze estive favorire questo clima di verifica, spesso impedita nella trama della vita delle comunità cristiane. Discernimento critico sia a livello personale che di gruppo, che consenta di far crescere non solo nel momento dell’esperienza, ma anche dopo le esperienze stesse. La frequenza di questa verifica incide, poi, sulla capacità del giovane di lasciarsi coinvolgere effettivamente e non solo affettivamente dal dinamismo del celebrare.

 

– Un terzo criterio da privilegiare maggiormente nel periodo estivo è la proposta di una preghiera che, ad un livello più profondo rispetto al cammino ordinario, leghi le esigenze esistenziali e quanto la liturgia nella sua ricca tradizione può offrire. Un esempio illuminante è la riscoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana (pilastro di ogni esperienza vocazionale), opportunamente collocabile nel periodo e nelle esperienze estive. Si tratta dell’antica forma della mistagogia come ripresa della simbolica liturgica all’interno della vita cristiana, per una progressiva assimilazione del mistero celebrato che ha dato consistenza cristiana alla persona. La ripresa e la riattualizzazione dei sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia con le loro risonanze ecclesiali dovrebbero trovare nei cammini estivi opportuni spazi. Così anche la possibilità di approfondire la celebrazione del sacramento della Penitenza non come momento doveroso, ma come momento di verità e di raccordo tra il dono della Grazia e la libertà segnata dal peccato dell’uomo è un’ulteriore pista di crescita particolarmente percorribile nel periodo estivo. Questo può diventare il contesto per suscitare la domanda della direzione spirituale da portare avanti nel futuro, ponendo così i giovani in un deciso orientamento in senso vocazionale e non solo progettuale e volontaristico della propria vita.

 

– Un ulteriore criterio è l’attenzione da riservare nel periodo estivo ad una preghiera ricca di segni che consentano di stabilire un contatto profondo tra il giovane e la preghiera liturgica. In questo senso credo sia opportuna un’attenzione all’efficacia simbolica dei gesti più che alla loro ossessiva ripetizione e alla loro difficile interpretabilità. Il simbolo per il fatto stesso di essere posto rimanda sia ad una sua leggibilità immediata (oltre ogni logica di spiegazione che le è contraria) per la persona sia ad una sua dimensione di mistero che supera ogni comprensione attuale e che spinge verso una sintesi esistenziale più profonda. Le celebrazioni estive devono arricchirsi in simbolicità più che appesantirsi in una trama di segni che suscitano imbarazzo. Anche a questo livello è importante un’attenzione al vissuto concreto oltre ogni presunzione. Un simbolo ed una preghiera particolare può risultare un linguaggio impossibile da decodificare per il giovane, oltre ogni buona volontà da parte dell’educatore. Anche a questo riguardo l’attenta progettazione e lo studio della logica simbolica della liturgia[2] deve guidare ad una celebrazione attenta ai vari fattori in causa (il giovane, la dimensione vocazionale, la profondità del gesto, la sua collocazione temporale e spaziale ecc.). La vera simbolicità è il luogo della comunicazione (anche di un appello vocazionale); la proliferazione dei segni spesso contribuisce alla confusione e ad una loro insignificanza. La vera simbolicità libera la liturgia da un formalismo piatto e convenzionale, che la relega spesso all’insignificanza esistenziale, e da una considerazione troppo descrittivistica di essa alla dimensione orizzontale ed immanente del bisogno umano, che ultimativamente la banalizza.

 

– Connesso al tema della simbolicità credo si possa individuare un’altra attenzione da riservare alle esperienze estive di preghiera. Le celebrazioni estive, perché vissute al di là di rapporti convenzionali e stereotipati, consentono un’indubbia maturazione nell’attenzione di una creatività liturgica, quanto mai necessaria. Si tratta di ribadire in modo convinto che i giovani non sono solo oggetti di liturgia, fruitori di preghiera, ma che essi devono impadronirsi del linguaggio della liturgia e della preghiera perché essa sia espressiva della loro esperienza di fede. Si tratta di renderli soggetti di liturgia. L’opportunità singolare del tempo di estate per questa esperienza non è da disattendere. Creatività vuol dire anche conoscenza delle leggi strutturali del pregare cristiano, capacità di appropriazione dei linguaggi liturgici, attenzione a tradurli in forme comprensibili, ma che non appiattiscano il mistero ai bisogni del giovane, lasciando aperta la porta di un’autentica comunicazionerivelazione personale ricca di un sottofondo vocazionale.

 

– Un altro criterio da considerare è quello di favorire, nel tempo estivo, l’intreccio tra ascolto della parola, servizio all’uomo e preghiera offrendo un tessuto solido di maturazione nella fede cristiana. La preghiera non è un’isola felice della vita cristiana, ma è il respiro quotidiano di una fede che si incarna nell’amore. Solo una preghiera di questo tipo supera lo scoglio del devozionale e dell’emozionale e diventa chiaramente vocazionale. L’attenzione da avere è quella di alternare a momenti particolarmente intensi una trama quotidiana favorita dalla maggior disponibilità di tempo nel periodo estivo. È il passaggio dall’intensità delle esperienze (intensità che non sempre è solo genericamente emozionale) al consolidarsi della fedeltà quotidiana. È immediata la dimensione vocazionale di questa evoluzione. Ogni chiamata si sostanzia nell’intensità dell’appello e nella fedeltà alla sequela. In questo senso allora il cammino di preghiera (mai da improvvisare) può diventare un paradigma della dinamica vocazionale nella vita di una persona.

 

 

 

Analisi di alcune esperienze

 

Si tratta ora di analizzare, sia pur sommariamente, alcune tipiche esperienze estive in cui questi criteri possono essere applicati per una feconda risonanza vocazionale dell’esperienza del pregare cristiano.

 

– La proposta degli esercizi spirituali come un tempo di maturazione alla preghiera e alla disponibilità a lasciarsi decidere dall’incontro con la Parola, va commisurata alla luce dei criteri esposti. Si può pensare ad una forma diversificata e flessibile di proposta che tenga in seria considerazione la consistenza di fede e preghiera dei singoli giovani.

 

– La tradizione estiva dei campi scuola e dei campeggi deve essere rivitalizzata dall’interno come luogo di appropriazione creativa non solo della fede, ma dello stesso pregare. È il luogo in cui i giovani vivono la possibilità di diventare soggetti di liturgia ed in cui è possibile un’educazione ai valori portanti della liturgia. Si tratta di elaborare una proposta a ricco tenore simbolico, mai improvvisata o lasciata alla sola iniziativa dell’animatore e del sacerdote responsabile.

 

– Un’esperienza ulteriore e  particolare che esige un attento discernimento prima e dopo la sua attuazione per fare sì che essa diventi significativa oltre l’episodicità è la convivenza più o meno prolungata in comunità monastiche o di vita apostolica. Esperienze che rappresentano singolari “crisi”, ma che abbisognano di preparazione e attenta capacità di verifica. Esperienze da vivere non solo in gruppo, ma, più opportunamente, in modo individuale per consentire un’appropriazione più profonda e più chiaramente vocazionale.

 

– Non vanno tralasciate le iniziative diocesane che raggiungono fasce diverse di giovani, ma che non dovrebbero disattendere la sensibilità più spiccata di qualcuno attraverso la proposta di alcuni campi vocazionali[3] altrimenti di difficile attuazione per le singole comunità. 

 

– Un’attenzione va riservata anche ad alcuni appuntamenti tradizionali di tipo parrocchiale. La preparazione della festa patronale può consentire l’occasione per una proposta di preghiera attenta al discernimento individuale (es. preghiera con i nuovi animatori, catechisti, con le persone che si impegnano in un cammino di fede più profondo, o in un servizio di volontariato e che ricevono in questa occasione il loro “mandato”).

 

– Va valutata anche l’esperienza dei gruppi di animazione estiva dell’oratorio. Si tratta di una forma di convivenza giovanile prolungata (da due a quattro settimane), generalmente all’inizio o alla fine dell’estate in cui accanto alla preponderante dimensione della animazione del gioco si può collocare, particolarmente per i giovani animatori, una preghiera che accompagni e legga da dentro la loro esperienza di servizio.

 

– Non va anche dimenticata una forma di esperienza estiva che ha preso piede in questi anni: il pellegrinaggio. Ripensato nelle sue forme e nei suoi contenuti per i giovani ha rappresentato una forma di forte aggregazione, anche internazionale (si pensi a quelli del Papa in occasione delle Giornate per la gioventù, fino a Denver ‘93). La forma del pellegrinaggio con il suo ricco sottofondo spirituale può diventare un vero itinerario di educazione alla preghiera e alla disponibilità vocazionale. Un particolare rilievo può essere dato a quei pellegrinaggi (ad es. quelli a Lourdes) in cui si evidenzia la dimensione del servizio all’uomo e della crescita spirituale all’interno di un’esperienza di condivisione di vita.

 

– Infine la preghiera quotidiana personale può essere per ciascun giovane, durante il periodo estivo, il momento di contatto, nella dispersione delle vacanze, e di fedeltà (oltre il gruppo) all’impegno di crescita personale ed ecclesiale. La proposta di un itinerario personale di preghiera nella diaspora estiva rappresenta un valido contributo a maturare la fedeltà all’appuntamento con Dio, al di là di ogni sostegno di strutture, creando uno spazio personale vocazionalmente aperto, perché fortemente responsabilizzato.

 

 

 

 

 

Note

[1] Uno studio sintetico e documentato al nostro tema è: R. MION, Giovani e vita liturgica: una lettura socio-religiosa, in: “Rivista Liturgica”, 79 (1992) 3, 285-314. Si rinvia a tutto il fascicolo di “Rivista liturgica” dedicato al tema: “Liturgia e giovani” ed in particolare ai contributi che stanno da sfondo al nostro discorso: D. SIGALINI, Giovani e vita liturgica: problemi e attese nelle Chiese locali, 315-329; M. SODI, Giovani e liturgia: un rapporto provocante, 350-380. Un contributo ulteriore a tutta la problematica è rintracciabile anche nella voce “Giovani” del Nuovo dizionario di Liturgia (Paoline, Roma 1984, 642-651) a firma di W. RUSPI.

[2] Ci permettiamo di rinviare a due contributi particolarmente interessanti: L. M. CHAUVET, Simbolo e sacramento. Una rilettura sacramentale dell’esistenza cristiana, LDC, Torino-Leumann 1990; A.N. TERRIN, Leitourgia: Dimensione fenomenologica e aspetti semiotici, Morcelliana, Brescia 1988.

[3] Una ricca offerta esemplificativa si può rintracciare nella collana curata dal CNV in collaborazione con le Suore Apostoline. La proposta per l’anno 1993 sul tema “Ti ha dato tutto” prevede tre campi per ragazzi, giovani, adolescenti: collana “Campi Se vuoi” nn. 18-19-20.