Quaresima: itinerari vocazionali per giovani
La prima immagine che il termine “Quaresima” evoca è quella presente nell’A.T.: l’Esodo. Il cammino del popolo di Dio dalla terra di schiavitù alla terra promessa.
Nel N.T. “Quaresima” ci fa pensare alla vocazione iniziale di Gesù, alla sua scelta di essere accanto all’uomo per prenderlo per mano e condurlo verso la piena vita di Dio. Infatti dopo il riconoscimento dall’alto: “Tu sei il Figlio mio, tu sei il Diletto mio, tu sei il Compiacimento mio”, Gesù tentato in tutto e vittorioso in tutto, salva la sua filiazione battesimale con la fedeltà al Padre e alla volontà del Padre espressa nelle Sacre Scritture, e si incammina, facendo le “opere del Regno” verso il dono totale di sé: “non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.
Per i discepoli di Cristo quindi, essa diviene, e non potrebbe essere altrimenti proposta di ascoltare Lui, obbedire a Lui, seguire Lui fino alla Croce. Ecco perché la quaresima è stata sempre vista come un cammino vocazionale (e di conseguenza catecumenale) che ha come meta la Pasqua: con lui noi “conmoriamo”, siamo “con-sepolti”, ma “con-resuscitiamo”, e siamo “con-glorificati” ed insieme con lui “con-regnamo” per l’eternità.
Come aiutare, però, il popolo di Dio, soprattutto il mondo giovanile, a vivere la quaresima in chiave vocazionale? È la domanda alla quale tento di dare risposta con l’esperienza di una parrocchia, che cerca, alla stregua di tante altre, di proporre il messaggio della quaresima come “memoria” del Battesimo.
Faccio una premessa: oggi siamo tutti consci che la vita è vissuta freneticamente, non ci basta il tempo, siamo allo stress. Non solo. Siamo “consumati” dall’agire e l’impegno personale non basta più in un mondo dove, data la complessità sociale, le connessioni relazionali sono ineludibili.
Da queste semplici riflessioni è scaturito, per la nostra parrocchia, un impegno operativo. Ci siamo detti: è necessario fermarci, riflettere, metterci in comunione con Dio, trovare spazi per la preghiera, sentirci impegnati comunitariamente per gli altri. Così ogni mercoledì si ferma qualunque tipo di attività. Niente catechesi, niente gruppi di animazione, l’oratorio rimane vuoto. Solo la chiesa è aperta dalle 16, e i sacerdoti sono a disposizione per la riconciliazione e per la direzione spirituale: è un segno tangibile del primato dell’ascolto e della preghiera. Alle ore 20, poi, inizia la celebrazione Eucaristica: è preghiera della comunità che offre al Padre il Figlio e domanda lo Spirito per essere conformi a lui e camminare con lui verso la Pasqua; è approfondimento di tematiche vocazionali di supporto ai grandi temi che la liturgia domenicale ci offre nella quaresima; è condivisione con i fratelli più poveri. Non si cena nella propria casa, ma con “Cristo e con i fratelli” e il corrispettivo in denaro della propria cena è offerto per quella degli ultimi.
Quale l’itinerario vocazionale proposto? Vorrei esemplificarne uno.
– La vita di fede inizia con il Battesimo: è dono.
– Si sviluppa nel venire in contatto con Cristo e con la Chiesa. La figura di Cristo non può essere tangenziale. Ognuno di noi deve saper rispondere alla domanda … “e tu chi dici che io sia?”.
– La risposta che non può fermarsi su un piano teorico, se è affermativa cambia la mia vita. Mi accorgo di essere coinvolto nella Sua storia. La fede in Gesù non si matura se non nella mia “situazione” personale: da dono si trasforma in virtù. Cioè diviene in me un atteggiamento che mi rende capace di operare, di agire in un certo modo, di organizzare la mia vita secondo un piano, un progetto.
– Progetto di chi? Noi diciamo: “Credo in Dio, Padre onnipotente creatore del cielo e della terra…” È difficile poter con la propria fantasia immaginare questo atto di Dio. Genialità possenti come quella di Michelangelo hanno tentato di descrivercelo figurativamente questo Dio che partecipa ad Adamo la “sua” vita. È difficile immaginarlo, ma tuttavia è percepibile. Scrive F. durante la “Veglia alle stelle”, (esperienza di campo estivo, 30 giugno 1991): “Il paesaggio meraviglioso che si estende davanti ai miei occhi stupefatti, costituito dalle varie vette dell’Appennino abruzzese, mi rende curioso e mi fa pensare che a creare tutto ciò debba essere stato qualcuno che ci è vicino e ci ama; questo qualcuno è Dio: un essere superiore che è esistito da sempre e che ha creato questo mondo per noi uomini e per tutti gli esseri che lo abitano”.
Quando dico “Credo in Dio…” io dico, allora, credo che il mio essere, unico e irripetibile nella storia dell’umanità è opera di Dio. Io sono il termine, il punto di approdo di un’azione divina. Sono tanto importante per Dio che tutta la storia della precedente creazione: le galassie, i sistemi solari, le meraviglie della natura messe insieme non sono per Dio altrettanto importanti quanto lo sono io. Ecco ancora le sensazioni di un altro giovane: “Tira un vento fortissimo, c’è la luna, e qualcuno è presente oltre a noi. Mi sento solo, tagliato fuori e disperato… Comincio a capire che Dio non si rivela a noi sotto sollecitazione o stimolo alla riflessione, ma che è presente in ogni cosa che accettiamo con naturalezza, sulla quale ci interroghiamo… non mi chiedo chi sia Colui… LO SENTO…”.
– È la mia “prima chiamata”, la mia “prima vocazione”. Tuttavia esiste, nel piano di Dio, un disegno di salvezza che egli realizza per mezzo di Cristo. Sarà allora nell’approfondimento, nella scoperta del mio Battesimo che mi unisce a Cristo e mi fa una sola cosa con lui che io scoprirò e realizzerò il piano di Dio. Scoprirò che Dio ha bisogno di me perché “gli uomini vengano a conoscenza della verità” e “perché siano salvi”.
Scrive una ragazza: “Vorrei che il fuoco che ho dentro di me possa ardere e riscaldare gli altri come questo stupendo fuoco che mi arde davanti ed illumina la ‘mia’ notte…”. “Vorrei anche chiedere al Signore un dono molto grande: di permettere cioè a me ed ai miei compagni di dare un senso alla nostra vita, imparando a donarci agli altri come Cristo; desiderio che in questa settimana si è fatto sentire in ogni momento sempre più forte…”.
– Il piano, il disegno di Dio non passa, quindi, attraverso un’umanità astratta, ma attraverso la mia umanità. Dio ha avuto bisogno del carattere di S. Paolo, di S. Agostino, di Papa Giovanni, di Francesca, di Maurizio ecc… “Signore la mia preghiera è così povera, così rara… Tu lo sai. Ho sempre tanto bisogno di parole, di fare, che non ho tempo per parlare con Te. Fuggo da te per fuggire da me stesso, così come un bambino che si sente in colpa cerca di evitare il proprio Padre,… ma io sono tuo figlio”. L’intero “corpo di Gesù Cristo”, il “Cristo totale” non si può realizzare se io non mi realizzo come vera e autentica parte del suo corpo. Io sono responsabile del Corpo intero di Cristo: “Signore insegnaci – dice una ragazza seduta intorno al fuoco – che le nostre esistenze sono come quelle di questi pezzi di legna che bruciano: diversi tra loro, con una storia ed una radice differente, ma che insieme servono ad alimentare la stessa fiamma…”.
– Dio vuole che il suo disegno di salvezza raggiunga tutti gli uomini. Ma non li vuole salvare gli uni isolati dagli altri, ciascuno per conto suo. Dio salva quelli che appartengono alla sua famiglia, al suo popolo, alla sua Chiesa, al Corpo Mistico di suo Figlio che ha posto come Mediatore, Redentore e Modello di vita. Ecco la conclusione: devi realizzare la tua personalità umana e cristiana non solo per se stessa, ma per la Comunità. E i giovani lo percepiscono: “In questa serata particolare vorrei ringraziare il Signore per gli splendidi e cari doni che ci ha fatto mediante la natura, come la luna e le stelle che ravvivano il cielo di una così fredda notte. Voglio anche ringraziare il Signore per i ragazzi che ha dato al mondo con me, e che stanno vivendo questa indimenticabile esperienza del campo; voglio anche ringraziarlo per tutte le persone del mondo, anche se non le conosco, perché anche senza una di loro la mia vita non avrebbe senso, essendo loro indispensabili a me, come io lo sono per il Signore; anche il fuoco che mi sta di fronte è un segno della presenza e dell’amore di Dio, che so che resterà con me ancora di più con lo Spirito dopo la Cresima. E so che egli mi aiuterà ad essere vero cristiano, soprattutto nell’agire…”. “Non solo quello che hai, ma quello che sei, come totalità lo devi mettere a servizio dei fratelli”.
Questo il cammino proposto, il cristianesimo in cui vogliamo credere e che vogliamo realizzare. Essere cristiani, “essere Cristo” è accettare di voler vivere per gli altri, voler dare la vita per gli altri. Volere che la vita sia un unico grande gesto di donazione: una vita che realmente, come totalità, viene messa al servizio e donata per il mondo.