Quaresima-Pasqua: itinerario di conversione verso la scelta vocazionale
La Chiesa offre ai suoi figli nel a corso dell’anno liturgico nel tempo di Quaresima – Pasqua un periodo unitario e ricco di vita cristiana. È un tempo di salvezza che ha come asse portante il mistero della Pasqua, centro della fede, del culto e della vita; in modo più preciso questo tempo si realizza attorno ai tre momenti dell’unica Pasqua, celebrati nel Triduo Pasquale o Triduo sacro che comprende in maniera unitaria il mistero della cena pasquale (giovedì santo), del sacrificio pasquale della croce (venerdì santo), dell’esodo pasquale di Gesù da questo mondo al Padre nella risurrezione (veglia pasquale e domenica di Pasqua). La Pasqua ha la sua continuità nella cinquantina pasquale, fino alla domenica di Pentecoste. Ed ha la sua preparazione, quasi in una simmetria di giorni, nella quaresima, cammino di Gesù e della Chiesa verso la Pasqua.
Chi celebra attentamente questo periodo non può non rendersi conto della portata vocazionale delle celebrazioni liturgiche, sia in merito ad una formazione e maturazione della chiamata, sia in vista di una sempre più viva consapevolezza delle esigenze del discepolato.
Tracciare qui in poche righe questo itinerario dello Spirito è semplicemente ricordare la consonanza che esiste fra la esperienza evangelica dei discepoli di Gesù nel momento culminante del suo insegnamento e della sua missione, e la corrispondente celebrazione di questi momenti della salvezza da parte della chiesa nell’anno liturgico. E ciò con lo stupore che viene da una autentica teologia della celebrazione dell’anno liturgico che rende “presenti” ogni anno ad ogni generazione lo stesso mistero di Cristo, affinché possa essere rivissuto dai fedeli in ogni generazione fino al suo ritorno[1].
Quaresima: camminare con Gesù verso la Pasqua
Il tempo di Quaresima è la celebrazione del cammino di Gesù verso la Pasqua. In questo senso la Quaresima ha un tipico senso cristocentrico, espresso dalla colletta della prima domenica come un itinerario di crescita “nella conoscenza del mistero di Cristo”. Egli infatti è al centro dell’attenzione della chiesa, specialmente nelle due prime domeniche nelle quali si presenta, con una tematica comune ai tre cicli, tentato dal diavolo nel deserto, vincitore delle sue insidie, e trasfigurato nel Tabor, in una anticipazione della sua futura glorificazione.
Il discepolo segue il cammino del Maestro verso la Pasqua. Come un perenne “catecumeno” è in ascolto della parola di Dio e come uno chiamato alla continua “conversione” o metanoia segue da vicino le orme del Maestro divino.
La proposta della parola di Dio nel Lezionario feriale della Quaresima illustra profondamente il cammino della conversione, l’itinerario verso la scelta vocazionale che ha bisogno di maturare ed essere portato a compimento nel triduo pasquale e nel tempo della cinquantina pasquale. Dal mercoledì delle ceneri fino al sabato della terza settimana di Quaresima i brani evangelici propongono chiaramente un itinerario della sequela di Cristo, una sintesi degli insegnamenti più preziosi di Gesù per un autentico discepolato. Dal lunedì della quarta settimana, la lettura del Vangelo di Giovanni traccia l’itinerario di Gesù verso la sua passione in un conflitto sempre più arduo con i suoi avversari ed in una consapevolezza sempre più grande della sua missione di salvezza affidatagli dal Padre, per riunire tutti i dispersi figli di Dio con il sacrificio libero e volontario della sua morte. Un’attenta lettura della parola di Dio porta quindi ad una maturazione della fede battesimale e del progetto della sequela.
Una meditazione parallela e complementare delle grandi tematiche battesimali che formano il tracciato dell’itinerario catecumenale del “tempo della purificazione e della illuminazione” nel Lezionario Domenicale portano a compiere i tre incontri con Cristo che sono alla base della catechesi fondamentale della iniziazione cristiana e che corrispondono ai Vangeli delle Domeniche III-V del ciclo A: l’incontro con la Samaritana, la guarigione del cieco di nascita, la risurrezione di Lazzaro[2].
Nella misura in cui ogni vocazione è una maturazione della chiamata battesimale e dell’itinerario “discepolare”, la grazia della Quaresima con il suo cammino nel deserto, apre il cuore di ogni chiamato a maturare, nel deserto della tentazione e nel cammino verso la Pasqua del Signore, una scelta decisa e coraggiosa per Cristo e per il suo Vangelo.
Al centro della vocazione la celebrazione del ministero pasquale
Un discorso vocazionale non può avere il suo momento culminante nella Pasqua del Signore, nella prospettiva unitaria della triplice celebrazione: la cena, la croce, la risurrezione. L’evocazione evangelica degli episodi e la effettiva presenza del mistero celebrato rende i fedeli “contemporanei” di quello che è avvenuto in quei giorni. A livello vocazionale, la attenzione privilegia la considerazione dell’atteggiamento dei discepoli attorno al Maestro, la fedeltà e le infedeltà, lo stupore e lo smarrimento della croce e la gioia impensata della risurrezione con l’incontro rinnovatore del Signore Risorto.
Non si può rivivere il giovedì santo della cena del Signore senza entrare profondamente nelle dense evocazioni dei Sinottici e di Giovanni attorno al mistero della Cena, alla istituzione dell’Eucaristia, ai discorsi di addio. La sera del giovedì santo con la celebrazione eucaristica e la adorazione del Santissimo sacramento è giornata vocazionale per eccellenza. Il confronto con il Maestro, l’ascolto delle sue parole, l’identificazione spontanea con i discepoli nell’amore e nelle possibili infedeltà rende vivo il confronto con Cristo, il dialogo personale, il rischio della chiamata e della risposta. La preghiera davanti al Santissimo che evoca insieme in discorsi di intimità di Gesù con i discepoli e l’inizio della sua agonia nell’orto degli ulivi invitano al confronto e al rinnovamento della decisione per Cristo.
La celebrazione della passione del Signore ricorda a tutti i chiamati la scelta di Cristo e di Cristo Crocifisso. Una scelta lucida che rinnova la consapevolezza della vocazione e del destino di ognuno che segue Gesù ma anche la prova alla quale sono stati sottoposti i discepoli, lo scandalo della croce. La prova si prolunga nel sabato santo, giorno del silenzio e della speranza, una giornata che evoca il bisogno di credere alle promesse del Maestro “fino al terzo giorno”, un terzo giorno che talvolta non sembra arrivi mai nell’ora della prova e nell’attesa della risurrezione.
Dalla Pasqua nascono tutte le vocazioni. Nella veglia pasquale tutto si rinnova. La tradizione della Chiesa ci ha conservato il profondo senso gioioso dei canti e delle omelie pasquali dei Padri. È il gaudio pasquale e il fremito della speranza che non si può non provare quando si celebra con una comunità viva e con profondo senso di fede la risurrezione di Gesù. Dalla lettura della storia, alla luce della Pasqua, nasce la forza vitale della vocazione. E ogni chiamato riceve attraverso le parole, le preghiere, i gesti sacramentali dell’incontro con il Risorto il senso più profondo della sua chiamata, quello, cioè, di essere un “testimone del Cristo Risorto”. È la prima e la più definitiva delle vocazioni, perché la Risurrezione del Signore e il Cristo Risorto sono il fondamento stesso di ogni chiamata, la motivazione finale di ogni impegno, il sostegno di ogni scelta definitiva e consapevole. Il grido della risurrezione nel mattino di Pasqua (“Cristo mia speranza è risorto!”) o la significativa lettura dell’episodio delle apparizioni del Risorto ai discepoli di Emmaus (Lc 24), nella sera di quel giorno, offrono a tutti i discepoli la certezza di essere stati chiamati ed inviati per nome, la consapevolezza che il Cristo Risorto viene a richiamare i discepoli nel giorno del suo trionfo, con un saluto di pace, l’offerta del perdono, la spiegazione delle Scritture e la frazione del pane, e finalmente con il dono dello Spirito e l’impegno della missione, come racconta Giovanni nel cap. 20 del suo Vangelo.
Maturare la scelta vocazionale nel tempo della presenza del Signore Risorto e del dono dello Spirito
La cinquantina pasquale, tempo del Signore Risorto presente in mezzo ai suoi discepoli, ha una tipica valenza vocazionale. È il tempo che rinnova nella Chiesa la certezza della risurrezione come mistero di “presenza” del Signore con i suoi discepoli e di definitiva “rivelazione” del Signore ai suoi con il dono della parola e dello Spirito, effuso nella croce dal cuore squarciato, donato nella sera della Risurrezione dal soffio del Risorto.
Alcuni elementi della liturgia sottolineano questo carattere. La lettura del Lezionario feriale con la narrazione semicontinua degli Atti degli Apostoli ci fa vedere all’opera la Chiesa, con tutta la sua vitalità e la sua ministerialità, animata dallo Spirito della Pentecoste. La lettura del vangelo di Giovanni lungo i sentieri dei simbolisacramenti fino ai discorsi di addio nella Cena, ripercorre, alla luce della pasqua l’itinerario di Cristo verso il Padre nella luce della sua parola di vita e nel dono dei suoi misteri.
Ma un itinerario di fede è tracciato nelle letture domenicali. Ricordiamo prima di tutto la scelta dei Vangeli della seconda e terza domenica di pasqua come narrazioni delle apparizioni del Risorto. Nel cenacolo di Gerusalemme o nel cammino di Emmaus, o ancora vicino al mare di Tiberiade, le apparizioni del Risorto danno il senso di una continuità degli insegnamenti di Gesù. Sono una rievocazione delle parole e dei fatti della precedente esperienza con il Maestro, ma ora attraverso la luce splendente della risurrezione. Sarebbe sufficiente evocare la forte carica emotiva dell’incontro di Gesù con i discepoli vicino al lago di Tiberiade (Gv 21) per scoprire una delle più belle catechesi vocazionali del Risorto. Là, sullo stesso mare degli inizi, nel ricordo della prima pesca miracolosa e della prima chiamata, di nuovo avviene la conferma della vocazione dei discepoli e del ministero di Pietro, ma ormai con una prospettiva di futuro[3].
Il Vangelo della quarta domenica che riprende l’immagine del Buon Pastore illustra la motivazione della grande giornata vocazionale della Chiesa. È Cristo, buon Pastore, vivo e risorto, presente nella Chiesa che segna con la sua chiamata personale il senso più profondo di ogni vocazione come scelta per nome, invito a seguire le orme del buon Pastore fino a dare la vita.
I Vangeli delle altre domeniche, fino alla Pentecoste, sono tratti nei tre cicli dai discorsi di Gesù nella cena, secondo il vangelo di Giovanni. Parole di intimità, promesse di verità e di vita; impegni di servizio e di amore; preghiera al Padre per l’unità dei discepoli. Ogni chiamato si sente interpellato nel suo cammino di fedeltà a Cristo e di servizio ecclesiale.
Alla fine del ciclo pasquale abbiamo le due grandi feste dei chiamati. L’Ascensione, fra lo smarrimento dei discepoli per l’assenza di Gesù che ritorna glorioso al Padre e la proiezione della loro chiamata verso la storia e il mondo, fino al ritorno del Signore. Il discepolo, ogni chiamato, rivive la sua condizione di essere qualcuno che è stato raggiunto misteriosamente da Cristo nella sua intimità, nella sua personalità e si sente attirato da colui che ora è in cielo. La vocazione è come un invito a renderlo presente, a continuare la sua opera di evangelizzazione nel tempo fra l’Ascensione e la Parusìa, il ritorno definitivo del Signore. La celebrazione dell’attesa della Pentecoste è l’esperienza liturgica e spirituale della speranza, della povertà, della vocazione come comunione perseverante con gli altri discepoli e con Maria, la madre di Gesù e la madre dei discepoli di Gesù. È il tempo in cui liturgicamente si riscopre la dimensione “materna” di Maria in ogni vocazione cristiana, come l’hanno riscoperto i discepoli. Nel tempo in cui Cristo non c’è più visibilmente e lo Spirito promesso non è ancora venuto, Maria evoca la presenza del Figlio ed è garanzia del dono dello Spirito ed esercita un ruolo materno per educare alla preghiera unanime e perseverante (At 1,14). Madre dei discepoli e dei futuri apostoli Maria prepara la accoglienza del dono dello Spirito.
Pentecoste, “metropoli di tutte le feste”, effusione dello Spirito santo è la festa della vocazione come “consacrazione”, unzione, invio, universalità della chiamata ed apertura universale della missione. La celebrazione della Pentecoste ricorda il mistero del sacramento della confermazione, radice assieme al battesimo di ogni vocazione nella Chiesa come chiamata peculiare al servizio e al dono, alla collaborazione con lo Spirito Santo, alla necessaria comunione ecclesiale con tutti, per tutti coloro che sono chiamati. Tutti, infatti, portano nel cuore l’unica fiamma dello Spirito della Pentecoste, fiamma personale ed irrepetibile e dono peculiare e carismatico di ogni chiamata al servizio missionario nell’unità del disegno salvifico dello Spirito.
Il periodo della Quaresima e della Pasqua, con le indicazioni della liturgia della Chiesa e con appropriate celebrazioni vocazionali, può aiutare a maturare nel cuore la grazia della vocazione al totale servizio di colui che ha dato tutto se stesso per noi e a compiere la scelta definitiva per Cristo e per i fratelli. Una scelta illuminata dallo splendore del mistero pasquale dal dono della vita e dalla speranza della risurrezione, dalla certezza della presenza del Risorto nella Chiesa e dalla possente azione del suo Spirito, Spirito della missione universale e della trasformazione del mondo.
Note
[1] Per una migliore illustrazione dei tema ci permettiamo di rimandare al nostro libro L’anno liturgico. Memoriale di Cristo e mistagogia della Chiesa con Maria Madre di Gesù, Roma, Centro di cultura mariana “Madre della Chiesa” 1991, 2a edizione. Cfr. anche per questo tempo specifico AA.VV., Il cammino della Pasqua. Spiritualità e pastorale della Quaresima e della Settimana Santa, Libreria Editrice Vaticana 1992.
[2] Su questi tre incontri abbiamo esposto la nostra lettura antropologica cristologica e battesimale nel testo citato alla nota 1: Il cammino della Pasqua, pp. 40-48, con una ricca prospettiva vocazionale.
[3] Su questo episodio cfr. il bel libro di un corso di esercizi ai seminaristi del Card. C.M. MARTINI, È il Signore! (Gv 21, 7), Milano, FIES, 1983.