La comunità ecclesiale responsabile dell’annuncio della vocazione consacrata
Il milione e più di consacrati, uomini e donne, che percorrono le vie splendide e tragiche del mondo contemporaneo testimoniando, in forme molteplici, radicali e sempre nuove, l’amore per Dio e per l’uomo erano, un giorno, piccoli bambini e bambine nelle nostre parrocchie.
Le varie tappe ed esperienze catechistiche, liturgiche e caritative della iniziazione cristiana, insieme all’opera determinante delle loro famiglie, li hanno fatti maturare finché hanno percepito nel cuore il desiderio e l’impegno, la gioia e la volontà di consacrarsi totalmente a Dio.
Possiamo serenamente e sicuramente affermare che senza l’opera educativa della comunità ecclesiale, privati del tessuto di fede consapevole e di carità vissuta che ogni piccola o grande parrocchia tenta di realizzare, difficilmente gli attuali consacrati sarebbero giunti a scoprire e realizzare la chiamata del Signore alla vita religiosa.
Veramente la comunità cristiana, mediatrice di tutte le vocazioni, è e deve essere tale anche per la vocazione alla vita consacrata. Veramente la comunità ecclesiale è e deve sentirsi responsabile della promozione della vocazione consacrata. “Promuovere” non significa “suscitare” le vocazioni di speciale consacrazione. Chi “suscita” è il Signore che chiama: è Lui l’attore primo e principale. Promuovere, da parte nostra, significa “accogliere”, cioè creare il clima adatto affinché tutti riescano ad accogliere la chiamata del Signore[1].
A quali condizioni allora la comunità ecclesiale si rende concretamente responsabile della promozione della vocazione consacrata? In che modo si riesce a creare il clima adatto e indispensabile per la maturazione delle vocazioni consacrate?
La “Cultura vocazionale”
Prima di tutto, come sollecita Giovanni Paolo II nel messaggio per la XXX giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, è urgente “coltivare quelli che possiamo chiamare gli ‘atteggiamenti vocazionali di fondo’ i quali danno vita ad un’autentica “cultura vocazionale”. Tali elementi sono: la formazione delle coscienze, la sensibilità ai valori spirituali e morali, la promozione e la difesa degli ideali della fratellanza umana, della sacralità della vita, della solidarietà sociale e dell’ordine civile. Si tratta di una cultura che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, riappropriandosi dei valori superiori d’amore, d’amicizia, di preghiera e di contemplazione” (n. 2).
La realizzazione di questa “cultura vocazionale” non è un fardello da imporre sulle spalle dei soli consacrati o dei soli “addetti al lavoro” delle vocazioni di speciale consacrazione. La cultura vocazionale è un’opera di base cui devono attendere, ciascuno secondo il suo ruolo specifico, tutti i membri della comunità ecclesiale. Tutti devono aver chiare alcune idee e atteggiamenti vocazionali di fondo e devono cercare, per la loro parte, di diffonderli. Non è difficile però intuire che i più determinanti in questa opera di base risultano le famiglie, i presbiteri, i catechisti.
Bisogna che i presbiteri e i catechisti sentano tutta la feconda bellezza del “Vangelo della vocazione”[2] e lo annunzino continuamente soprattutto ai genitori che, nella loro opera educativa, dovranno coltivare nei figli la ricerca, la scoperta, la realizzazione della chiamata divina. Si tratta di suscitare la consapevolezza della vocazione universale; della vita come vocazione; della fede come itinerario di risposta alla chiamata del Padre in Cristo; della santità come dono e meta per tutti; della carità come vocazione ineludibile di ogni persona e della Chiesa tutta. Si tratta di promuovere l’annuncio e la proposta delle varie vocazioni che corrispondono ai vari stati di vita, carismi, ministeri suscitati dallo Spirito nella Chiesa
La “simpatia ecclesiale” per la vocazione consacrata
Della cultura vocazionale fa parte integrante la conoscenza e la stima di tutte le vocazioni presenti nella Chiesa, quindi anche della vocazione consacrata. Mi voglio soffermare su alcune osservazioni concrete e realistiche riguardanti la nostra comunità ecclesiale.
– Ci sono dei genitori che ritengono una “sciagura” il fatto o anche solo la possibilità che il loro figlio/a si faccia religioso/a. Tante famiglie, anche vicine alla comunità ecclesiale, nutrono questo ansioso timore della vita consacrata.
– Ci sono dei parroci che resistono alla partenza per il convento della brava ragazza catechista, per paura di perdere i suoi molteplici servizi. Come dicono con un argomento un tantino superiore, perché ella potrebbe metter su una buona famiglia in parrocchia.
– Ci sono giovani di gruppi, movimenti, associazioni che sanno imbastire dotti e complicati discorsi sui più svariati argomenti ma non sanno metter su una frase dietro un’altra che dicano qualcosa di vero e di bello sulla vita consacrata e sul suo profondo significato per la Chiesa e per il Mondo.
C’è davvero poca “simpatia” per la vita consacrata nella comunità ecclesiale, nelle parrocchie, nelle famiglie, nelle associazioni; talvolta manca addirittura il rispetto… Bisogna generarla e diffonderla questa “simpatia”, che non indica tanto attrazione spontanea e irresistibile, quanto, secondo l’etimologia greca, un profondo e motivato “sentire d’anima” riguardo agli autentici valori che risplendono e ci sono donati nella vita consacrata.
Bisogna attivare molteplici canali d’annuncio attraverso i quali sgorghi nelle nostre comunità la genuina teologia e l’esaltante “vangelo della vocazione” consacrata.
Un dono prezioso della grazia
Non voglio e non mi è possibile fare qui una sintesi anche minima della teologia della vita consacrata; accenno soltanto ai valori più forti della identità dei consacrati che devono diventare i più “simpatici” per la comunità ecclesiale, nonché meravigliare e stupire positivamente il mondo. Essi sono un “dono prezioso della grazia” di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili e che non possiamo non annunciare.
I “professionisti” di Dio e di Cristo
I consacrati, attraverso lo stile di vita sereno e generoso espresso dai consigli evangelici di povertà –castità – obbedienza, assumono come loro specifica “professione” la testimonianza del primato di Dio e di un amore indiviso a Cristo. Sono nella chiesa, davanti al mondo i “professionisti” dell’amore di Dio e di Cristo, diventando così un sostegno essenziale per la crescita e la pienezza della vita cristiana di tutta la comunità ecclesiale.
Comunità – oasi di fraternità e di servizio
I consacrati, radunandosi in piccole o grandi comunità, si impegnano a incarnare e vivere i grandi atteggiamenti della comunione fraterna e del servizio ai fratelli, con l’opzione preferenziale per gli ultimi. Sono nella chiesa e davanti al mondo “comunità-oasi” di fraternità e di servizio.
Lucerne di eternità
I consacrati, infine, per lo speciale tenore di vita che conducono (voti, vita di comunità fondata su Dio…) tendono a relativizzare il valore spesso ingombrante e assoluto dei beni presenti, temporali, “penultimi”, e testimoniano il superiore valore, spesso dimenticato, dei beni futuri, gli “ultimi”, quelli cosiddetti “escatologici”. Così i consacrati diventano “lucerne di eternità” per i tanti che, immersi nello scorrere di un tempo senza sbocchi, “stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”.
La Domenica dell’annunzio della vocazione consacrata
Vorrei concludere con il suggerimento di un’iniziativa pastorale nella quale concretamente esprimere, in maniera germinale e simbolica, l’ineludibile responsabilità della comunità ecclesiale riguardo all’annuncio della vocazione consacrata.
Perché non dedicare una delle domeniche di gennaio, dopo quella del Battesimo del Signore, all’annuncio della vocazione consacrata in tutte le parrocchie della Diocesi?
Partendo dalla tematica vocazionale della liturgia della Parola di tali domeniche, tutti i consacrati presenti in Diocesi si organizzano e vanno ad offrire alle comunità l’annuncio dei valori più grandi della loro vita. Le esperienze fatte testimoniano della fecondità dell’iniziativa, giacché tutta la comunità ecclesiale, nel momento più forte e significativo di incontro, riflette e prega sulla e per la vocazione consacrata.
Si gettano così piccoli ma fecondi semi per la fioritura di quella “cultura vocazionale” e di quella “simpatia ecclesiale” che, come abbiamo detto, sono indispensabili obiettivi e mete di una comunità cristiana che voglia concretamente realizzare la sua responsabilità verso la vocazione consacrata.
Note
[1] L. GIOVANNETTI in ‘Vocazioni’ 3/90 p. 24.
[2] Cfr. Pastores dabo vobis, n. 34.