Una pista per la vita. L’educazione vocazionale nella branca Lupetti-Coccinelle dell’AGESCI
Dalla Promessa alla Partenza
Sin dalle sue origini nell’Inghilterra del fondatore Baden Powell (1857-1941), lo scoutismo, il movimento che da oltre 80 anni vive una costante crescita e diffusione in ogni parte del mondo, appare connotato da una genuina spiritualità cristiana, che tuttavia non gli impedisce di mettere radici anche in contesti culturali e religiosi assai diversi. Il segreto di questa presa universale sta nella concretezza di un cammino educativo basato su di un’osservazione attentissima delle risorse e delle attese di ogni età della vita dell’uomo: lo stupore, l’ammirazione per l’adulto e lo spirito di gioco proprio del fanciullo, la voglia di avventura, di libertà e di compagnia con gli amici che caratterizza il preadolescente, la ricerca sempre più profonda di felicità e senso, ossia di una strada per la vita, da parte del giovane.
La pedagogia scout, dunque, prima ancora di incontrare il mondo cattolico e riceverne un ulteriore apporto di spiritualità e di mistero, mira alla crescita della persona nella sua irripetibile originalità in vista del dono di sé: l’efficienza del corpo, l’abilità manuale e la vita all’aperto culminano nello spirito di servizio, autentico distintivo dello scout: “Il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri”[1].
L’AGESCI, l’Associazione che oggi raccoglie in Italia circa 155.000 ragazzi dagli 8 ai 21 anni, affiancandoli con oltre 27.000 adulti e sacerdoti, sta sviluppando un notevole sforzo di riflessione pedagogica e di formazione degli educatori, per garantire al ragazzo che sceglie di vivere il “grande gioco” scout un percorso di crescita unitario e armonico, dalla “promessa” (il momento dell’adesione libera alla comunità e al suo spirito) alla “partenza” (l’esito dell’intero cammino educativo, quando circa a 21 anni il giovane verifica con i capi di essere pronto alle scelte e alle responsabilità della vita adulta, nella società e nella Chiesa). Non è un “arrivo” ma, appunto, una partenza, un nuovo inizio, in stile di rinnovata disponibilità all’impegno, secondo le chiamate che la vita riserva ogni giorno a ciascuno, prima tra tutte la chiamata di Dio ad un particolare stato di vita.
L’Associazione ha dedicato espressa attenzione al tema dell’educare alle scelte vocazionali nel Convegno Nazionale Assistenti del 1985, presentando lo strumento educativo della progressione personale come strada maestra per la vocazione: il fanciullo, il ragazzo e il giovane, in maniera commisurata all’età, vengono resi protagonisti della propria crescita, secondo il principio dell’autoeducazione tanto bene espresso dall’immagine coniata da Baden Powell: “guida la tua canoa”[2].
“Eccomi… del nostro meglio!”
All’interno di tale unico progetto educativo, che localmente è realizzato nel dialogo e nella corresponsabilità tra gli educatori del medesimo gruppo (comprensivo delle diverse fasce di età), si colloca la proposta che la branca Lupetti-Coccinelle rivolge ai fanciulli dai 7/8 agli 11/12 anni. Giocando in un clima di “famiglia felice” che viene creato e sorretto dall’uso dell’ambiente fantastico della giungla di Kipling o del bosco delle coccinelle, i bambini entrano con naturalezza e gioia in una dinamica educativa che li coinvolge sempre più in un percorso caratterizzato da impegni concreti e obiettivi da raggiungere, che viene chiamato “pista”.
Il bambino vuole “diventare grande” e lo scoutismo coglie questa legittima ambizione offrendo innanzitutto rispetto e gratuità nei rapporti interpersonali, proponendo cose grandi e valori controcorrente (come la verità e il bene, mediati nell’orientamento all’accoglienza e alla condivisione, alla fiducia, alla gratuità e all’essenzialità, alla fedeltà, alla condivisione e alla partecipazione, alla libertà dello spirito e all’universalità) attraverso un gioco concreto che li rende percepibili, creando buone abitudini che preparano la strada alle grandi virtù. Non a caso questo clima educativo è sintetizzato nei due motti tipici della tradizione del Coccinellismo (“eccomi”) e del Lupettismo (“del nostro meglio”): stimoli alla disponibilità, all’impegno per una competenza maggiore, perché il saper far bene le cose sia utile agli altri, a servire i quali il fanciullo si prepara attraverso il gioco della “buona azione” quotidiana. Stimoli al coinvolgimento personale ed al senso di appartenenza, offerti sempre con realismo ed ottimismo, per cui ciò che conta è dare il meglio di sé, piuttosto che i risultati materialmente raggiunti. I valori così si interiorizzano non attraverso le prediche, ma nell’esperienza diretta, specie con i più piccoli. Impadronendosi gradualmente, nel costante dialogo con gli educatori, del gioco della propria pista personale, il fanciullo impara a progettarsi, cioè a vivere con una tensione al domani, al di là degli ostacoli che spesso impediscono di scegliere e di muoversi[3], maturando atteggiamenti di fiducia e di disponibilità senza i quali nessuna chiamata potrebbe attecchire. Senza sottolineare oltre l’attualità e l’urgenza di tali stimoli all’impegno, alla fatica e al coraggio, per le generazioni che, spesso fin troppo fragili e frammentate, oggi si affacciano alla vita.
In ogni stagione della sua crescita, lo scout è chiamato a vivere esperienze che, ad uno sguardo non superficiale, evocano le grandi tappe della pedagogia biblica: dall’ascolto alla promessa che immette nell’avventura della vita, all’impegno sempre più consapevole, come una vera e propria alleanza, fino a sentire il bisogno di comunicare, donare agli altri nel servizio quanto si è accolto con disponibilità e passione[4]. Un’autentica parabola di fede, un’esistenza improntata all’accoglienza del Mistero che rinnova la vita.
Sulle tracce di Gesù
Dentro una prassi educativa già tanto ricca di valori umani e religiosi, di spinte alla generosità personale e all’impegno per gli altri, l’annuncio del Vangelo e l’esperienza cristiana liberano ulteriori energie spirituali e chiedono al ragazzo di confrontarsi con Cristo e di accogliere la sua chiamata.
La branca Lupetti-Coccinelle dell’AGESCI, affiancando nella verità dei contesti pastorali l’offerta catechistica delle comunità parrocchiali, integra il cammino dell’iniziazione cristiana dei fanciulli presentandosi come opportunità di approfondimento educativo, nell’esperienza della progressione personale e della vita comunitaria, di quei valori e di quei contenuti che la catechesi sistematica già offre ai medesimi destinatari.
In quest’ottica vanno visti i recenti sussidi della collana Sulle tracce di Gesù[5]: suggerimenti per itinerari ed esperienze di catechesi armonizzata con il metodo scout, che i capi possono liberamente utilizzare, nel quadro della loro concreta progettazione educativa, anche per stimolare i singoli fanciulli ad assumersi impegni personali di crescita nella fede. Seguendo uno dei tre personaggi-guida: Samuele, Aronne e Francesco, il fanciullo può infatti orientare la propria sensibilità religiosa della dimensione dell’ascolto della Parola, della preghiera e della celebrazione, dell’impegno morale.
Attraverso le “specialità”, concreto strumento metodologico con cui gli stimoli alla crescita vengono calibrati su interessi e talenti di ogni bambino e concretizzati in uno specifico impegno personale nel settore prescelto d’intesa coi capi, si mantiene tutto in una cornice di gioco, seppur di gioco per la vita e per la vita spirituale.
In sintonia con la pedagogia religiosa dei catechismi CEI, tali sussidi vogliono stimolare a una maggior cura per la dimensione soprannaturale dell’esperienza di crescita e di comunione, di scoperta e di dialogo, che i bambini vivono nel gruppo scout, specie quando educatori laici e sacerdote assistente sanno sfruttare pienamente le potenzialità del metodo per giungere al cuore del ragazzo. L’educazione vocazionale, la cura delle sensibilità che possono rivelarsi anche in tale età esigono infatti la presenza di educatori maturi e capaci, sulla cui formazione l’Associazione sta investendo oggi notevoli energie.
Baden Powell aveva individuato con estrema chiarezza il fondamento di tutto il metodo educativo scout nel rapporto caporagazzo, chiedendo all’adulto di essere nello stesso tempo “fratello maggiore” ed “eroe” dei suoi ragazzi, per favorirne sia l’imitazione che la confidenza. Sin dagli anni della fanciullezza è necessario incontrare adulti significativi, maturi e sereni testimoni delle proprie scelte di vita e – tra essi -fare anche l’esperienza di un sacerdote presente e discreto, paterno ed amico.
Il gioco scout offre ai presbiteri – e agli altri educatori nella fede – una preziosa opportunità per inserirsi con naturalezza e vitalità nella trama di relazioni educative di cui i bambini sono protagonisti entusiasti. Tenerla presente e valorizzarla, pur tra le molteplici attività che riempiono le giornate dei preti, potrebbe essere il primo, ma decisivo, passo di una proposta vocazionale assai più diffusa ed articolata.
Note
[1] BADEN POWELL R., Ultimo messaggio agli esploratori, in Scoutismo per ragazzi, Ancora, Milano 1983, p. 418.
[2] Cfr. AA.VV., Educare alle scelte vocazionali, Borla, Roma 1985.
[3] Cfr. La progressione personale, in Scout – proposta educativa, 1992/10, pp. 27-38.
[4] Cfr. Progetto unitario di catechesi, Ancora, Milano 1983, cap. III.
[5] NAPOLIONI A., Sulle tracce di Gesù, vol. 1; Con Samuele, Fiordaliso, Roma 1990; vol. 2; Con Aronne, Fiordaliso, Roma 1991, vol. 3; Con Francesco, Fiordaliso, Roma 1992.