Elogio della gratuità
Si può accostare il tema della gratuità – dell’amore di Dio come dell’amore dell’uomo – in diversi modi. Privilegio il cammino biblico. Siccome, poi, non è possibile articolare qui questo cammino nelle sue varie parti, procedo per semplici cenni, che il lettore non avrà difficoltà ad approfondire personalmente.
Nel mondo di Dio
Il luogo originario dell’amore non è il mondo dell’uomo, ma di Dio. E il mondo di Dio si è svelato nell’evento storico di Gesù. Si legge nella prima lettera di Giovanni: “Da questo siamo giunti a conoscere l’amore: dal fatto che Lui ha dato la sua vita per noi” (3,16; cfr. 4,10). Non dalla nostra esperienza lasciata a se stessa apprendiamo che cosa sia l’amore, ma dalla Croce di Gesù. Nel nostro amore si possono trovare tracce e istanze, ma queste si comprendono appieno dopo aver contemplato la Croce, non prima.
Chi guarda la Croce non può non vedere la sorprendente gratuità dell’amore – che non è un gesto, ma una logica di vita -: un amore che rimane fermo, totale, anche di fronte al rifiuto, e che appare come una conclusione di una vita spesa nella gratuità. I passanti deridono il Crocifisso: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso” (Mc 15,31). Lo deridono, ma a loro insaputa dicono la profonda verità di Gesù: il Crocifisso è proteso verso gli altri, non verso di sé: lo è stato in ogni gesto della sua vita, lo è anche nella sua morte. Lo spettacolo (cfr. Lc 23,48) della Croce – per chi sa vedere e comprendere – è la rivelazione di un volto di Dio che ha i tratti del dono di sé e della gratuità: un amore gratuito che incontra (come spesso anche il nostro amore) il rifiuto e la sconfitta (la Croce), ma che proprio nell’apparente sconfitta manifesta la sua verità e la sua forza (la risurrezione).
“Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi”, si legge nel vangelo di Giovanni (15,9). Come – così: partendo dal così si può risalire al come. La Croce di Gesù (“così io ho amato voi”) ci apre uno spiraglio sull’intimo mistero di Dio (come il Padre ama il Figlio), che per quanto ci è dato vedere appare come un mistero di amore, di dono di sé, di gratuità: il Padre, il Figlio e lo Spirito sono tre persone che reciprocamente si amano e reciprocamente si donano., Una reciprocità di amore che non si chiude in se stessa, ma si apre per farsi dono e condivisione: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Gv 3,16).
Come io ho amato voi
Nell’imminenza della sua passione, Gesù dona ai discepoli il comandamento nuovo: “Come io ho amato voi, così amatevi a vicenda” (Gv 13,34-35). Gesù insiste sulla “reciprocità” dell’amore, ma al tempo stesso la sconvolge, perché a modello e fondamento dell’amore reciproco pone il “come io ho amato voi”, cioè la Croce, dunque la gratuità. La reciprocità cristiana nasce dalla gratuità. L’amore cristiano è asimmetrico: il dare e il ricevere non sono sullo stesso piano. La reciprocità evangelica non è il semplice scambio. La nota che la caratterizza è la gratuità.
La gratuità è la verità dell’amor di Dio, ed è al tempo stesso la verità del nostro amore. Certo l’amore – quello di Dio come quello dell’uomo – tende alla reciprocità: la costruisce. Ma la reciprocità non è la sua radice né la sua misura. Se ami nella misura in cui sei ricambiato, il tuo non è vero amore. E se sei amato solo nella misura in cui dai, non ti senti veramente amato. Soltanto chi comprende questa gratuità nativa, originaria, dell’amore è in condizione di comprendere Dio e se stesso.
Paradossalmente è proprio la gratuità – che parrebbe un tratto dell’amore di Dio, impossibile però per l’uomo – il punto della coincidenza fra l’amore di Dio e l’amore dell’uomo. L’uomo è fatto per donarsi gratuitamente totalmente: qui, nel farsi gratuità, trova la verità di se stesso, qui tocca il suo essere “immagine” di Dio: “Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4,7).
Volgersi totalmente e gratuitamente agli altri (l’imperativo della carità) non è semplice comandamento, ma “vocazione”. È in gioco la realizzazione della propria vita, non solo l’obbedienza al Signore. Infatti è nella gioia di essere gratuitamente amati e, al tempo stesso, nella gioia (e nella fatica) di gratuitamente donarci e di servire, che attingiamo la verità di Dio e di noi stessi: “Nessuno mai ha visto Dio: se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di Lui è perfetto in noi” (1 Gv 4,12).
…Gratuitamente date
Per lo stesso motivo, la gratuità decide dell’annuncio del vangelo. Non c’è vero annuncio, se questo non è accompagnato dalla gratuità. La gratuità del nostro amore e del nostro servizio è la “figura” (l’unica possibile e convincente!), il risvolto umano visibile, tangibile, di come Dio ci guarda e di come noi troviamo, in questo sguardo, la nostra consistenza. Il vangelo è l’annuncio di come Dio guarda l’uomo.
La gratuità include una seconda nota dell’amore di Dio e dell’uomo: la definitività. È la gratuità che rende stabile l’amore. Anche se l’altro ti abbandona, il tuo amore verso di lui non viene meno. Soffri, ma non viene meno. È come l’amore del Crocifisso: rifiutato, dona la vita per chi lo rifiuta.
Se mi è concesso terminare questi pensieri in libertà con un cenno alla vita consacrata, dirò che mi piace leggerla come una forma più trasparente della gratuità. E difatti è un modo di amare tirandosi da parte. Chi vive la consacrazione sceglie di amare e di donarsi totalmente, come è nella natura di ogni vero amore, ma lo fa tirandosi da parte. A chi lo ama e vorrebbe porlo al centro, egli ricorda: non io sono il tuo centro, ma Dio. E se qualcuno vuole occupare il centro della sua vita, quasi vantando una priorità del suo amore, egli ricorda: non sei tu il centro della mia vita, ma Dio. Porre al centro Dio, e a Lui sempre rinviare, anche quando si amano gli uomini, non è indebolire l’amore, ma rendere più trasparente la sua verità: “Come io ho amato voi” (Gv 13,34).