N.01
Gennaio/Febbraio 1994

La vocazione della Chiesa alla gratuità

Nell’eterna gratuità dell’amore di Dio, dell’amore che Dio è, si fonda finalmente la stessa vocazione della Chiesa alla gratuità. La Chiesa come realtà misteriosa, pienezza del mistero di Cristo, Verbo Incarnato, ha in questa sua identificazione con Cristo la radicale gratuità del suo essere e della sua identità più profonda.

Tutto è dono nella Chiesa, tutto è dono gratuito, tutto è dono che trabocca dalla carità eterna di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e solo intendendola così ci si avvicina alla comprensione del mistero che la Chiesa è. Infatti la Chiesa come pienezza del Cristo, come pienezza della sua Incarnazione di Verbo, come pienezza della sua missione di Salvatore del mondo, la Chiesa ha la coscienza di dover rimanere essenzialmente dono gratuito e di esserlo nei confronti di ogni uomo.

Questa gratuità della Chiesa, che è nello stesso tempo la genetica più profonda del suo essere, è anche il vertice della sua vocazione. Cristo ha voluto la Chiesa come pienezza di Sé; ha realizzato la Chiesa come suo Corpo Mistico; ha affidato alla Chiesa il proseguimento della sua missione redentiva; ha dotato la Chiesa dei mezzi e dei dinamismi misteriosamente fecondi per la redenzione dell’uomo e per la promozione del Regno di Dio. Tutto questo che la Chiesa ha ricevuto dal Suo Sposo Cristo Gesù, l’ha ricevuto gratuitamente, e gratuitamente è chiamata a distribuirlo nella storia del mondo. Allora la vocazione della Chiesa ad essere distributrice del dono salvifico, è una vocazione che rende la Chiesa ministra dell’amore eterno di Dio, che nel Verbo di Dio si incarna e diventa quel mistero di salvezza nel quale tutti siamo radicati, nel quale tutti troviamo la nostra realizzazione di Figli di Dio e di eredi del Regno.

È giusto sottolineare che, proprio a livello della Chiesa come mistero – e quindi come realtà trascendente di verità e di grazia – sta la gratuità fondamentale della Chiesa stessa. Ma quando la Chiesa, dal suo essere mistero diventa storia; quando la Chiesa dal suo essere mistero diventa incarnazione quotidiana, anche allora l’esigenza della fedeltà alla gratuità del dono emerge prepotente nelle consegne che Cristo ha fatto alla sua Chiesa e nei doveri che la Chiesa ha nell’essere fedele alla missione ricevuta da Cristo stesso.

La Chiesa non persegue interessi propri; non ha suoi progetti, ma la Chiesa è piuttosto la realizzazione di un progetto divino, affidato a Cristo, Verbo Incarnato, che attraverso la Chiesa si attua, non nell’interesse della Chiesa, ma nell’interesse di Dio che va glorificato e benedetto, nell’interesse degli uomini che vanno salvati.

La stessa esigenza della Chiesa di diventare popolo eletto, la stessa missione della Chiesa di convocare a salvezza le anime, e soprattutto di ricondurre i peccatori all’ovile di Cristo, è una missione che la Chiesa deve esercitare continuamente nella gratuità del dono. E questo spiega perché coloro che in qualunque modo incarnano la Chiesa che evangelizza, la Chiesa che santifica, la Chiesa che esercita la carità, sono chiamati a farlo, non con l’interesse personale o con tornaconto in qualche modo privato, ma devono operare nella gratuità della carità, nella gratuità della fede e nella gratuità della speranza cristiana.

C’è un abbandono che la Chiesa deve vivere: è l’abbandono ai disegni di Dio; è la speranza che il Signore compia le sue opere, nonostante la povertà, nonostante l’insipienza, nonostante la miseria delle creature.

C’è un rapporto tra l’umiltà della Chiesa e la gratuità della sua missione. C’è un rapporto tra il disinteresse della Chiesa e l’umiltà dei suoi comportamenti. Soprattutto c’è un rapporto tra il suo essere servizio sacramentale di vita eterna, senza insuperbirsi, senza farla da padrona della grazia e del Vangelo, ma rimanendo del Vangelo umile servitrice con l’annuncio, e della grazia fedele distributrice col sacramento.

Questa umiltà gratuita, questa gratuità umile, caratterizza i ministeri della Chiesa.

Non a caso si chiamano ministeri, e bisogna anche dire che la caratteristica di ministerialità, che investe sempre più profondamente tutte le responsabilità ecclesiali, dal suo vertice alla più umile delle mansioni, è una ministerialità che incarna il ministero di Cristo-Servo, che fa del suo servizio la regola della vita e il tessuto della storia: il tessuto della storia della salvezza, il tessuto della redenzione del mondo, il tessuto di quel cammino verso il Regno che gli uomini nella Chiesa e attraverso l’amore della Chiesa, sono chiamati a realizzare. Non si tratta quindi di una gratuità inerte, di una gratuità fredda, di una gratuità che non conosce sentimenti ed emozioni. La gratuità della Chiesa è una gratuità amante; e la gratuità della Chiesa deriva dalla sovrabbondanza della carità. E bisogna che questo rapporto tra gratuità e carità venga sempre più percepito da coloro che sono chiesa, che per la Chiesa lavorano. Gratuità e carità. Gratuità e umiltà. Gratuità e dedizione. L’esempio di Cristo rimane quindi l’esempio da imitare in ogni momento; il mistero da vivere e realizzare in ogni circostanza; il mistero a cui dare compimento, anche nel concreto della nostra vita quotidiana. Quanto più il ministero della Chiesa sarà espressione di questo amore gratuito, tanto più sarà fecondo, tanto più sarà credibile, tanto più sarà accolto dagli uomini che attendono salvezza e, soprattutto, dai peccatori che attendono misericordia.

“Gratis avete ricevuto, gratuitamente date” dice il Signore. È una parola che trabocca d’amore; una parola intrisa di misericordia; una parola che dilata lo spirito e il cuore alle realtà dell’eternità, dove la beatitudine del cielo è il coronamento, nella vita dell’uomo, della stessa gratuità del Signore, il Signore della gloria.

La gratuità del mistero della Chiesa viene considerata qui anche come una vocazione della Chiesa stessa. Perché parlare di vocazione della Chiesa alla gratuità? Perché la Chiesa è fatta di uomini, di uomini convocati nell’unità del Cristo, ma sempre uomini, e nell’esperienza degli uomini la gratuità non è un automatismo che si possa in qualche modo garantire, ma è piuttosto un valore che va scoperto e anzi, per un cristiano bisogna dire che la gratuità è un valore che va scoperto autenticamente come dono superno, derivante dalla fede, dalla speranza, dalla carità. C’è quindi una vocazione; l’invito ad un cammino; l’invito ad una scelta; l’invito ad una fedeltà. E quando ci mettiamo in questa prospettiva il nostro discorso non è più così sereno e così pacifico come potrebbe sembrare. Facciamo fatica ad entrare nella logica della gratuità. E questo fare fatica che dipende dal radicale egoismo dell’uomo, va continuamente superato attraverso una sforzo di fedeltà che colora la vocazione alla gratuità come un servizio ascetico particolarmente importante e particolarmente fondamentale. Dobbiamo progredire nel ricevere il dono della gratuità e nel valorizzarlo; renderci conto che al dono bisogna essere fedeli, ma soprattutto renderci conto che senza uno sforzo ed un superamento continuo, c’è sempre il rischio di un’appropriazione indebita di ciò che il Signore gratuitamente ci dà e di ciò che ci affida, non per il nostro interesse e tornaconto, ma per gli interessi del Regno che è suo, per il bene delle anime, che devono essere salvate.

L’ascesi della gratuità è un discorso che ci porterebbe molto lontano, ma è un discorso che la Chiesa continuamente fa e rinnova con la sua disciplina sacramentale, col suo ministero della parola di Dio, con le sue iniziative di carità.

Garantire a questi momenti di gratuità ecclesiale l’autenticità anche della coerenza umana, è una responsabilità che dobbiamo sentire ed è anche un progresso che dobbiamo promuovere. Non si è mai compiutamente gratuiti, non si è mai compiutamente capaci di trasmettere totalmente ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto. E la fatica della fedeltà piena, e la coerenza della gratuità assoluta, può diventare per un cristiano, soprattutto se ministro del Signore, un cruccio interiore che rende inquieti, qualche volta tormenta, un tormento salutare, alla cui grazia bisogna abbandonarci, alla cui efficacia bisogna credere e alla cui necessità bisogna con umiltà inchinarci.

La gratuità infinita di Dio ha bisogno di una testimonianza che gli rendiamo nel quotidiano della vita, magari attraverso le piccole vicende dell’esistenza terrena, ma sempre però in vista del Regno, in vista della comunione in Cristo, che di tutti fa un corpo solo, di tutti fa un cuore solo, un cuore all’unisono con il cuore di Dio, dove tutti gli egoismi scompaiono e dove tutte le generosità fioriscono nel tempo e nell’eternità.