N.03
Maggio/Giugno 1994

La vocazione ospedaliera oggi: un carisma e una proposta vocazionale attuale

I precedenti risalgono fino a prima di Gesù: la ospitalità, l’accoglienza del forestiero, il sollievo del povero, la cura del sofferente, la difesa del debole. Gesù ha aggiunto nuovi motivi, ha abbinato insegnamento ed esempio di azione. La cura dei bisognosi e degli infermi si è stabilita costante nella Chiesa fin dalle origini. Poi è continuata in tempi difficili per quantità di malattia (pestilenze, guerre, carestie…), per bisogno di qualità di assistenza (abbandono, maltrattamento…), per convergenza tra costume sociale e motivazione cristiana e religiosa, fino quasi a un monopolio.

Nel Medioevo la cura si è fissata in comunità di fratelli e sorelle, dotate di statuti e di professione religiosa. Non tutte, molte. Fu sempre forte la prevalenza femminile. Il movimento canonicale aprì alla ospitalità dei pellegrini. Gli Ordini religiosi ospitalieri medioevali hanno propri ospizi e ospedali o prestano servizi nelle strutture civili. Curano direttamente la vita spirituale (religiosa) dei malati attraverso propri sacerdoti, lasciando le prestazioni al personale medico e stipendiato esterno.

Nella Controriforma gli Ordini ospedalieri si posero come fine specifico anche il lavoro diretto con gli infermi, sia in ospedali propri che nei civili o pubblici, conservando le motivazioni e le finalità religiose.

1. Giovanni di Dio (portoghese, 1495-1550) e il suo Ordine Ospedaliero, in Italia Fatebenefratelli e Fatebenesorelle, accolgono nella propria casa per meglio curare il corpo e guarire l’anima. Sono veri precorritori della assistenza umanizzata specialmente nel campo delicato e esigente (ieri come oggi) della psichiatria, nella cura degli abbandonati perché infermi e pazzi. Offrono tutti i servizi, anche i più umili e con pericolo della vita.

2. Camillo de Lellis (italiano, 1550-1614), dopo vita e conversione tumultuosa, testimone di epidemie, stragi, miserie inenarrabili, fatti di cannibalismo, fino all’abbrutimento, rientra in se stesso fino a consacrarsi agli inferni con carità di madre. Fatto sacerdote entra in ospedali di Roma, poi fonda la Compagnia dei Ministri degli infermi, anche appestati. Precorre la effettiva umanizzazione dell’accostamento, della cura, della organizzazione degli ospedali pubblici e dell’ordine.

Dal 1600 aumentano le fondazioni ospedaliere diocesane e interdiocesane, maschili e specialmente femminili, seguite da espansioni e crisi, riprese europee e missionarie. La presenza femminile è stata sempre forte.

 

 

L’attualità che testimonia e attira

In Italia operano nel campo sanitario più di 10.000 religiose in 1.100 strutture: Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli (4.000), Suore della Carità di S. Giovanna Antida Touret (3.200), Sorelle della Misericordia di Verona (1.600), Figlie di S. Anna (1.000), Suore di S.G. Cottolengo (3.300), Figlie di San Camillo, Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù (ammalati mentali, minorati fisici e psichici in servizi propri e civili)…

La presenza maschile vede in Italia l’Ordine ospedaliero di S. Giovanni di Dio (150), i Camilliani (400, con altri 150 in missione), il Cottolengo (40, ma con 14 meravigliosi novizi!), l’Opera di Don Guanella…

Il carisma ospedaliero è sentito anche da Ordini e Congregazioni maschili e femminili di più largo intento: Suore di Maria Bambina, Canossiane, Orionini e Piccole Suore della Carità… (chiedo scusa, vorrei ricordare tutti e tutte, quanti solo Dio conosce). Sono senza numero gli aloni di Amici, Volontari continui o periodici, missionari, collaboratori, gruppi di preghiera, spiritualità e sostegno, Misericordie… È capillare la vocazione ospedaliera del clero diocesano per specifici servizi. Sono disponibili Istituti Secolari, Società di Vita Apostolica, l’Opus Dei, Gruppi e Movimenti.

La situazione oggi vede presenze e assenze, difficoltà e sofferenze, riduzione drastica di numeri, necessità di adattamenti e di creatività. È trasformata l’assistenza sanitaria e perciò la missione specifica delle vocazioni Ospedaliere, anche in risposta a una serie di sfide alla loro missione.

Dopo tempi neppure troppo lontani di religiose al 50-60% del personale infermieristico, con largo lavoro spirituale, medico e di assistenza, con valori di presenza attiva ben riconosciuta, sono venuti il misconoscimento, il sospetto, l’assegnazione a incarichi di disciplina e controllo, di economia, è venuta la gestione e direzione di cliniche private dai volti molto problematici. Le persone e le comunità hanno subito un calo di spiritualità, di umanità, di motivazione e di capacità apostolica presso degenti, parenti, medici, infermieri. Intanto il mondo sanitario si è secolarizzato, materializzato, allontanato dal capire e impegnare l’autenticità delle religiose. Il mondo giovanile femminile cristiano si è rivolto altrove, indifferente, sospettoso, incerto per la proposta sanitaria. Sono rimasti pochi e poche, segno e fermento.

Il programma è ormai passato dal supplire assenze e carenze pubbliche, alla offerta di qualità di modelli e strutture, modi di gestire o integrare l’assistenza al malato, ispirandosi a valori profondamente umani e evangelici. Ma qui la nostra sicurezza è scarsa e la ricerca è ancora molta.

 

 

Un futuro che chiama

Invecchiamento, ritirata, resa o fuga? O vie nuove di vita, di presenza e azione, perciò di annuncio e proposta? Quali saranno le tappe? Non certo il vecchio reclutamento, ma le vie della rifondazione totale, del rinnovamento profondo degli istituti e dei singoli membri, delle comunità, delle presenze e prestazioni spirituali e assistenziali. Le vie del bisogno e dello Spirito. Nel 1987, il Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari pubblicava il documento significativo: I religiosi nel mondo della sofferenza e della salute. Il linguaggio è realistico, ma anche propositivo.

Religiosi/e si trovano in stato di disagio, perfino di smarrimento, tentati al disimpegno, alla dicotomia tra consacrazione e attività professionale. Per servire gli ammalati per sé non è necessaria la consacrazione religiosa. Perciò è decisivo sapere che cosa aggiunge la vocazione alla professione e perfino alla dedizione pastorale e caritativa sanitaria. La prospettiva è vivere la consacrazione incarnandola nella attività sanitaria di oggi, proprio quando e dove la realtà sanitaria si è totalmente secolarizzata, socializzata, laicizzata, quasi tecnicizzata, mercificata.

Oggi si presenta per ancora religiosi/religiose in sede sanitaria una gamma appassionante di prestazioni e missioni. Infermi bisognosi e poveri di ogni tipo, ammalati lungodegenti, anziani, day hospital per la riabilitazione dei malati e degli handicappati, case famiglia per ex malati mentali dopo le riforme psichiatriche. Gestione o collaborazione significativa in centri di cura e assistenza, in attività protette e comunità per tossicodipendenti e ultimamente per malati di AIDS. Servizi sociali sanitari di consultorio e ambulatori, ecc. Esercizio professionale della medicina, assistenza e cura infermieristica in ospedali pubblici e cliniche private, in case di riposo e convalescenziari, servizi di psichiatria, istituti medico-pedagogici, case penitenziarie, puericultrici e ausiliari di puericultura, cura domestica. Gestione, direzione e amministrazione, docenza, monitorato in scuole di formazione del personale infermieristico. Assistenza pastorale mediante sacramenti, eucaristia, confessione, unzione, liturgia, evangelizzazione e catechesi, accompagnamento religioso e affettivo della degenza e suoi andamenti. Azione cristiana sul personale medico, infermieristico, ausiliario, parenti… Collaborare integrando i sacerdoti…

 

 

Presso i giovani?

Ogni vero consacrato al Signore può essere testimone e invito valido e efficace. Giovanni di Dio, Camillo, Teresa, fondatori e fondatrici, esempi e inviti locali, trasmettono ai giovani l’immagine attraente di chi in nome di Dio accoglie i fratelli bisognosi, sofferenti, malati, perfino martoriati, con il segno di quella umanizzazione che è stata anticipata come profezia oggi vivibile non a parole, ma in spirito e atti. L’uomo carne di Dio, al primo posto, l’Ospedale come “casa famiglia”. Una stretta alleanza con la persona che soffre. Vedere l’aspetto divino dell’uomo. Dare risposte integrate ai bisogni del malato… In belle comunità di fratelli e sorelle.

Nuove problematiche e valori esigono per i giovani in ricerca di proposte, vie di vocazione personale chiara e forte che motivino attrazione e formazione, competenza, perseveranza crescente. Che aprano cammini ascendenti di attenzione, informazione, comprensione, sensibilità, responsabilità, competenza, azione, collaborazione, impegno. Vie che sostengano le attitudini psicologiche, affettive, mentali, scientifiche, tecniche, le qualità umane personali, sociali, morali umane, l’amore per realizzarsi e donarsi nel mondo dell’assistenza sanitaria. Vie che meritino la forma consacrata.

Viene per prima la via della testimonianza credibile, chiara, forte, motivante, attraente, adeguata alla evoluzione dei ruoli, offerta con abbondanza dai consacrati nelle istituzioni sanitarie, impegnati oggi con compiti spirituali pastorali, assistenziali, umanistici, curativi. Segue la via della proposta di presenze motivate in ambienti nuovi e con le prestazioni nuove elencate sopra.

È decisiva la via teologica, cristologica, ecclesiologica, pastorale. Parte dalla esperienza personale e comunitaria chiara e forte del Dio della carità di Gesù Cristo, evangelica e eucaristica, in relazione al mondo della infelicità e della malattia e della sua cura integrale. Testimoni, profeti artefici della salvezza totale.

Vale la via sociale, umana, culturale delle “voci” di chiamata dal mondo del bisogno, della sofferenza difficile, accogliendone invocazioni e sfide.

È invitante anche la via della attrattiva della professione sanitaria vista con tutti i suoi aspetti antichi e nuovi, corporei, psichici, spirituali, a tutti i livelli della realtà, perfino della difficoltà.

La via del volontariato si presenta ancora promettente, sebbene in troppi casi largamente delusoria, apertura presto di nuovo indebolita e richiusa. Ma resta possibilità immediata e progressiva di esperienza e partecipazione, di risposta alle tensioni giovanili di restituzione e distribuzione al bisogno dei doni personali, affettive e emotive, ma anche razionali, sociali, morali, religiose, valido sbocco della obiezione di coscienza.

Cose valide per il volontariato socio-sanitario contiene il documento della CEI. La pastorale della salute nella Chiesa italiana (1989). Dice bene cosa osservare, rilevare, coltivare, incanalare nei giovani, fatti veri “esperti in umanità”: la gratuità nelle prestazioni, la disponibilità verso gli ammalati, lo spirito di servizio, il rispetto della professionalità, l’inserimento armonico nell’organizzazione dei servizi sanitari, la continuità delle prestazioni.

Non c’è spazio per il facile entusiasmo idealistico e smisurato. Invece viene garantita la resistenza vincente contro la stagnazione della ripetizione, contro la frustrazione di difficoltà, discussioni, scarsi esiti, incomprensioni, ostacoli. Nessuna apatia. Accettando le forme e gli stili cari ai giovani.

Bisognerà ammettere nuove distribuzioni delle vocazioni consacrate sanitarie maschili e femminili, con varietà di forme di consacrazione e di nuovi impegni apostolici, con apertura a presenze sanitarie di laici cristiani, vocazioni in senso più largo, secolari, apostoli liberi, volontari.

Le vocazioni sono chiamate sia a salire a Dio dal realismo della sofferenza, sia a scendere dall’amore di Dio verso chi soffre, convergendo nella sintesi spirituale e pastorale, insieme evangelizzatrice e umanizzatrice.

Per le vocazioni sanitarie femminili (oggi in crollo numerico preoccupante e senza ricambio) non è indifferente l’offerta di modi di realizzazione della femminilità al servizio del Regno in un impegno che, mentre serve Cristo nei malati, esprima le migliori qualità femminili: l’amore, la dedizione, la tenerezza, la disponibilità, il dono, la sicurezza, la profezia della gioia, della consolazione, della cura, della fedeltà, la speranza, l’esperienza del senso e valore della vita che nasce, guarisce, muore. Ma anche la dignità e l’esercizio della maturità della propria persona a ogni livello e ruolo.

Giornate e settimane, campiscuola, campi di lavoro, ritiri, incontri di ricerca, proposta, orientamento, preghiera, non dovranno mai mancare della componente sanitaria, umana e pastorale, sempre vocazionale e missionaria.