Il cammino della soggettività giovanile nei programmi e nei progetti della Pubblica Istruzione:i giovani alla ricerca di se stessi
Nella nostra scuola sono presenti due mentalità e due strumentazioni programmatiche e organizzative: la prima finalizzata a far apprendere con lezioni collettive e compiti e valutazioni individuali, contenuti e tecniche secondo programmi, modi, orari, ritmi e rimozioni di problemi esistenziali; la seconda caratterizzata invece dalla volontà di far emergere, di far crescere, di sviluppare, di inventare ciò che serve ad affrontare le sfide dell’elaborazione della soggettività giovanile, in un contesto relazionale, ambientale, culturale sempre più complesso e frastornante.
Un’educazione che rischia di perdersi in un’attività marginale e separata è indotta così a convivere con un’istruzione che rischia di inaridirsi e di burocratizzarsi.
Il maggior problema della pedagogia scolastica del nostro tempo, ma forse di tutti i tempi, è quello di promuovere da un lato un’educazione seria, che disponga di motivazioni, di competenze, di risorse e di una struttura organizzativa coerente e ben integrata con l’apparato scolastico; dall’altro un’istruzione che sia provvista di senso, di umanità, di motivazione all’apprendimento. È soltanto in questo modo che ragazzi diversamente dotati e diversamente orientati potranno essere aiutati ad affrontare il futuro e a riuscire a scuola, nella vita e nel mondo.
Fra le iniziative assunte di recente dall’Amministrazione per facilitare un incontro educativo fra docenti e studenti merita d’essere attentamente considerato il Progetto Giovani ‘93, del quale è opportuno fornire una presentazione sintetica.
Progetto Giovani ‘93
Il PG ‘93 è un’iniziativa di durata pluriennale, promossa e monitorata dal Ministero della P.I. alla scopo di aiutare le scuole secondarie superiori ad affrontare la problematica educativa posta dalla società contemporanea. Esso intende in particolare offrire ai giovani l’opportunità di essere promotori di analisi e protagonisti d’interventi, al fine di migliorare la qualità della vita scolastica, con particolare riferimento allo sviluppo del proprio equilibrio psicofisico e sociale, e di promuovere su questa base un’immagine reale e positiva dei giovani, al di là della cultura dell’emergenza, assecondando il loro impegno culturale e civile, nel quadro delle finalità formative della scuola.
Lanciato e sostenuto da una serie di circolari ministeriali, a partire dalla 246 del 15/7/1989, il PG ‘93 impegna tutta l’Amministrazione della P.I. e invita tutte le scuole a favorire un ripensamento dei fini, dei contenuti e degli ambiti operativi della scuola, alla luce di due nuclei problematici e valoriali che vengono proposti come polarità di risignificazione e di riorganizzazione della vita scolastica: essi sono la salute e lo sviluppo, o, in altri termini, l’identità personale e la solidarietà mondiale.
In senso generale l’iniziativa intende offrire una pista per avvicinare la scuola alla cultura del nostro tempo e alla vita: il punto di vista con cui si tenta questa operazione è quello di una lettura integrata della problematica giovanile e della problematica epocale che il nostro Paese deve affrontare, in un contesto nazionale, europeo e mondiale.
La presa di coscienza delle differenti forme di disagio personale e sociale non dovrebbe essere disgiunta dalle iniziative volte ad identificare e in qualche modo a mobilitare le risorse utili a venirne a capo.
È a questo scopo che s’invitano gli organi collegiali e i singoli docenti a ripensare il curricolo scolastico e a concordare con gli studenti i contenuti e i modi delle assemblee e delle attività integrative alla luce di questi concetti e a favorire su questa base il sorgere di autonome iniziative capaci di promuovere fra i giovani un protagonismo creativo e responsabile.
Per aiutare ed orientare l’esercizio di simili funzionari sono stati proposti:
1) enunciati propositivi e problematici per guidare la ricerca di ciascuno degli anni precedenti il ‘93, appuntamento simbolo della integrazione europea. Gli slogan sono: star bene con se stessi, in un mondo che stia meglio (1990-91); star bene con gli altri, nella propria cultura, in dialogo con le altre culture (1991-92); star bene nelle istituzioni, in un’Europa che conduca verso il mondo (1992-93); questi temi sono ciclicamente riproposti e rilanciati, anche se, dopo la conclusione del primo triennio, non si è ritenuto opportuno vincolare le singole scuole alla rigorosa sequenza dei temi proposti;
2) una serie di incontri seminariali e di convegni a livello d’istituto, di distretto, di regione, di nazione, nel febbraio del ‘93, con una conclusione prevista a livello europeo, nell’ottobre del ‘94, in dialogo con tutte le autorità ritenute significative per affrontare in modo pertinente e corretto i problemi individuati e approfonditi;
3) gruppi di lavoro, a livello nazionale e provinciale, per alimentare e organizzare le iniziative ai diversi livelli, in collaborazione con le più significative forze dell’extrascuola, pubbliche e private.
Una legge dello Stato, la cosiddetta Jervolino-Vassalli (L. 162/1990, conosciuta come legge antidroga, ora raccolta in testo unico dal DPR 9-10/90 n. 309), che affida al Ministero della P.I. il compito di coordinare e promuovere attività di educazione alla salute nelle scuole di ogni ordine e grado, ha previsto l’erogazione, attraverso i provveditorati agli studi, a cui vanno proposti i vari progetti elaborati dalle singole scuole, di non trascurabili risorse economiche per questo obiettivo generale. Il Ministero ha evidenziato le valenze preventive del Progetto Giovani ‘93, considerandolo come concreta modalità di perseguimento delle finalità previste dalla legge.
Con la CM del 2/8/1991 si è esteso anche alla scuola elementare e alla media, con le opportune variazioni, col Progetto Ragazzi 2000, l’impianto pedagogico e organizzativo previsto per i giovani delle scuole superiori; la CM 20/2/1992 n. 47 ha introdotto, coerentemente, anche un Progetto Genitori, legando chiaramente le iniziative e le risorse antidroga previste dalla legge a problematiche più ampiamente pedagogico-scolastiche; la CM 22/12/1992 n. 362 ha fornito un quadro generale pedagogico e organizzativo per collocare in una prospettiva realistica l’educazione alla salute e i relativi progetti.
L’ultima CM in proposito, firmata il 9 aprile 1994 n. 120, rilancia l’iniziativa per i giovani, battezzandola Progetto Giovani 2000, estende anche ai più piccoli della scuola dell’infanzia queste prospettive e queste opportunità, con il Progetto Arcobaleno, e prevede anche la possibilità di accesso alle risorse ripartite dai provveditorati agli studi per gli studenti delle scuole non statali.
Le risorse economiche servono non solo a finanziare le singole iniziative, ma anche, sia pure in modo quasi simbolico e insufficiente, a rendere possibile la costruzione di quel capitale umano, che ora si muove in gran parte sul piano del volontariato, e che dovrà essere sempre più considerato risorsa strategica per lo sviluppo di una scuola serena e produttiva, sul piano dell’efficacia formativa e dell’efficienza del servizio.
In particolare si sta attivando, con momenti di entusiasmo e con momenti di depressione e di protesta nei riguardi delle carenze normative, una rete di docenti designati dai rispettivi capi d’istituto, sentiti i collegi dei docenti chiamati “referenti per l’educazione alla salute”, per svolgere una delicata funzione di raccordo e di animazione, in vista dell’attuazione di quanto previsto dalla legge e dai progetti elaborati dal Ministero.
Verso una nuova identità della scuola
In applicazione di questa legge e per rispondere alle istanze di tipo esistenziale del nostro tempo, che vede nella perdita di motivazioni, di senso, di fiducia, la radice di patologie come la tossicodipendenza, la violenza, la delinquenza, le malattie epidemiche, si va ridisegnando la carta d’identità della scuola, che deve trovare nuovi equilibri tra antico e nuovo, tra educare e istruire, fra efficacia ed efficienza. Bisogna tenere conto, sia per prepararsi alle obiezioni di coloro che vogliono semplificare ad oltranza la complessità del compito, sia per ottenere nelle diverse sedi, associative, sindacali, contrattuali, politiche, il profilo di una scuola fatta per favorire e non per ostacolare l’incontro fra docenti e studenti che vogliono “star bene”, senza però rinunciare alla fatica necessaria per crescere.
Va sottolineata in particolare la scelta di identificare i nuclei problematici e valoriali propri dell’attuale condizione giovanile da un lato nella salute, intesa come benessere psicofisico proiettato verso alti livelli di autorealizzazione personale e dotato di senso, e dall’altro nello sviluppo, inteso come processo di cooperazione, orientato a metter tutti nelle condizioni di godere della salute nel significato indicato.
Questa scelta ministeriale può prestarsi a confusioni e a mistificazioni, se non si distingue fra i bisogni profondi e le domande esplicite o implicite dei giovani, e se non si distingue fra le finalità valoriali fatte proprie dal Ministero, nella prospettiva dell’attualizzazione nel nostro tempo dei valori costituzionali, e le richieste che vengono dalla società frammentata, consumistica ed efficientista che caratterizza il nostro Paese in questi anni di fine Millennio. In sostanza questa scelta di condurre una lettura del mondo giovanile fra bisogni e valori, dimensioni genericamente apprezzate, ma assai poco approfondite nelle loro dinamiche e nelle loro implicazioni, comporta rischi e fatica, non meno che soddisfazioni intense.
Il materiale che comincia ora a rendersi disponibile sulle prime esperienze del Progetto Giovani ‘93 mostra un’insospettata ricchezza di risposta, da parte degli studenti e di quei docenti che hanno saputo solidarizzare con loro, e applicare le norme, senza perdere la fiducia e la collaborazione o almeno la tolleranza dei loro colleghi.
L’incontro con gli adolescenti insomma non avviene nella giungla, ma nemmeno sotto una campana di vetro. I valori non sono “dati” dall’istituzione, ma nemmeno “proibiti”: sono “proposti”, perché i professionisti della scuola e i giovani facciano in merito la loro parte, alla ricerca di un incontro che significhi non solo tensione, sospetto, paura, ma anche speranza, gioia, progetto. Il che però presuppone, come si accennava, la considerazione degli studenti come possibili protagonisti della loro originale esperienza.
Il “protagonismo” giovanile
Lo studente entra in possesso di una crescente capacità d’intervenire da protagonista nel suo processo di conoscenza. È lui che, in ultima analisi, decide del suo tempo, delle risorse da dedicare allo studio in senso stretto e alla vita scolastica in senso lato, in rapporto al prezzo che è disposto a pagare, per i risultati che intende perseguire.
È indubbio che nell’incontro, sempre in qualche modo artificiale e burocratico, fra il desiderio più o meno intenso e spontaneo dei giovani di affermarsi e di conoscere e il bisogno più o meno razionale dei docenti, di controllare e di dirigere questo processo, in modo da renderlo conforme alle attese sociali, vi sia una buona dose di complessità, di arbitrio e di sofferenza, a cui si possono ricondurre non poche delle forme patologiche che caratterizzano la vita scolastica.
E tuttavia si dovrebbe fare ogni sforzo per valorizzare l’energia originaria che “a parte discipuli” sorregge la relazione educativa e la stessa istituzione scolastica: la forza dello studere come desiderare, cercare, domandare, mettersi in relazione, intrufolarsi nella realtà e nei rapporti umani, per capire e per imparare di più, ma anche per essere accettati e riconosciuti per quello che si è e per quello che si sa.
La parola d’ordine che in questi anni ‘90 si ripete, a proposito degli adolescenti e dei giovani, riguarda il protagonismo. Il termine si presta a interpretazioni narcisistiche e ad un presenzialismo effimero, che la scuola da sempre ha cercato di combattere, strumentalizzando la sintassi per far capire quanto sia melius esse quam videri bonus. L’istanza è tuttavia più profonda e trae le sue ragioni dagli stessi limiti di una partecipazione illusoria, più proclamata che praticata e dal rifiuto del ruolo di semplici comparse, sulla scena della vita e della scuola.
Essere protagonisti significa essere al centro di una storia in cui si pensa, si agisce con uno scopo, si percepisce se stessi e si è percepiti come valore. Tutto ciò non è in contrasto con la pazienza e l’obbedienza che si chiedono tradizionalmente agli studenti? E non è in contrasto con i nuovi programmi previsti per le scuole secondarie superiori?
I programmi “Brocca” e finalità della scuola
La Commissione ministeriale presieduta da Beniamino Brocca, che ha elaborato i nuovi programmi sperimentali per la scuola secondaria superiore, ha sintetizzato questi concetti con un’ardita definizione delle finalità educative. Per finalità educative essa intende non tanto i compiti assegnati alla scuola, quanto piuttosto “il sistema di disposizioni (qualità rilevanti, positive e permanenti), che, in quanto realizzazione del proprio dover essere, ogni studente è personalmente impegnato a costruire. La scuola e i docenti hanno il compito di creare le condizioni ottimali e di utilizzare al meglio i mezzi disponibili. Perché ciò sia reso possibile”.
Nuova centralità del ruolo dello studente, che deve essere partecipe della programmazione e della valutazione e “contratto formativo”, costituiscono le condizioni per il perseguimento di queste finalità, che il documento precisa in questo modo in riferimento alla personalità dell’adolescente: “la crescita armonica della propria corporeità, la capacità di comunicazione e di auto-espressione, la conoscenza e la comprensione della natura e della società, lo sviluppo della auto-consapevolezza e dello spirito critico, la capacità di orientamento e di conferimento di senso alla propria esistenza e alla realtà, l’iniziale ricerca di un’identità professionale e sociale, la strutturazione delle relazioni interpersonali, la formazione dei valori”.
Il testo dice chiaramente che queste finalità non sono tutte raggiungibili attraverso le discipline scolastiche, anche bilanciate e contrattate fra i diversi esperti, secondo le esigenze dell’unitarietà e della differenziazione, che deve caratterizzare il nuovo impianto scolastico. Ad alcune di queste finalità risponde infatti “l’ambiente che si crea nella scuola (organizzazione, metodi di lavoro, clima relazionale, comportamenti ecc.). Esso è educativo se dà valore ad alcune essenziali qualità (disposizioni): il rispetto per tutti, l’atteggiamento collaborativo, il senso di responsabilità, l’impegno serio e costante, la ricerca di valori comuni. In esso l’adolescente cresce bene solo se prova sensazioni di benessere e di coinvolgimento, non di indifferenza, di diffidenza e di delusione”.
Nell’ambito dell’Ufficio Studi del Ministero della Pubblica Istruzione, si è costituito un apposito settore per i problemi della condizione giovanile, che da qualche anno si avvale di alcuni precari terminali nei Provveditorati agli Studi e che dovrebbe dar vita, nella prevista ristrutturazione del Ministero, ad un apposito dipartimento.
Vi si prendono in considerazione i problemi della salute, con particolare riguardo alla droga e all’AIDS, i problemi dell’insuccesso scolastico, quelli dell’orientamento, quelli dell’handicap, quelli della partecipazione scolastica, quelli dell’educazione sessuale, quelli dell’integrazione europea e della cooperazione internazionale, quelli della sicurezza stradale. Ci si pone, anche se non in modo sistematico come sarebbe giusto, in contatto con la un po’ smagliata rete dei docenti comandati presso i provveditorati e le sovrintendenze, che hanno lo scopo di aiutare le singole scuole, perché queste possano affrontare problemi che hanno una chiara rilevanza educativa e che non si riducono a questioni di tipo informativo.
La salute che interessa l’educazione e la scuola e il futuro dei giovani è una salute che sa confrontarsi con l’etica, con la cultura e con la politica: una salute che da queste sa ricavare motivazioni, problemi e prospettive, e che a queste sa fornire la verifica di un’esistenza capace di misurare nell’interiorità, e non solo nei laboratori di analisi, la qualità della vita.
Del resto anche per uno psicologo dell’acutezza di Erikson il concetto d’identità si riferisce ad un “ego ben organizzato nel quadro della realtà sociale”: il che presuppone non solo coerenza e continuità interna, ma anche capacità di raccordarsi in modo congruente con la realtà esterna, realizzandosi nell’interazione con gli altri e col mondo.
Il salto tra il polo individuale e il polo mondiale indubbiamente è grande, anche se sta diventando quasi un luogo comune parlare dell’interdipendenza tra gli uomini e tra l’uomo e l’ambiente. Per questo occorre ridare consistenza storica, ideale e affettiva alle diverse appartenenze che mediano fra l’io e i tutti. Si allude ai piccoli gruppi, alla scuola, alla città, alla regione, alla nazione, all’Europa, se si vuole pensare al Globo e agli indios in termini di appartenenza e di fratellanza. È a questo salto che l’istituzione scolastica, non sempre unanime e non sempre coerente, chiama i ragazzi d’oggi. Alcuni hanno risposto in maniera entusiasmante, altri con iniziative serie e convinte, altri con indifferenza e scetticismo. La sfida continua.
Per un ulteriore approfondimento
AA.VV., Educazione e giovani tra scuola e società, Brescia, La Scuola, 1990.
AA.VV., Educare nella società complessa, Brescia, La Scuola, 1991.
AA.VV., Progetto Giovani ‘93: non solo utopia, Roma, n. 4/1992 della collana Quaderni di Vita Italiana della Presidenza del Consiglio, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, e del MPI, Ufficio Studi e Programmazione, 1993 (dopo alcuni saggi introduttivi, presenta 14 progetti di altrettante scuole secondarie superiori).
BERTAGNA, C. CHECCACCI, Penelope e gli indovini, Roma, UCIIM, 1991.
CAIMI, Giovani e educazione nell’Italia del secondo dopoguerra, Milano, ISU Università Cattolica, 1991.
CALONGHI (ed.) Nel bosco di Chirone. Contributi per l’identificazione della ricerca didattica, Napoli, Tecnodid, 1993.
CORRADINI, Educare nella scuola. Cultura comunità curricolo, Brescia, La Scuola,1987 (3); Id., La scuola e i giovani verso il Duemila. Teramo, Giunti e Lisciani, 1986; Id., La legge 162/90 e il Progetto Giovani ‘93 del MPI, in Nuova Paideia, n. 6, 1991, pp. 9-18; Id. Educare alla partecipazione fra identità e solidarietà, in V. ORLANDO (ed.), Educazione solidarietà sviluppo, Bari, Levante, 1991, pp. 113-131; Id., Innovazione prevenzione partecipazione nel PG ‘93, in V. ORLANDO (ed.), Educazione innovazione sviluppo, Bari, Levante, 1992, pp. 241262; Id. (ed.), Identità e solidarietà nel vissuto giovanile, La documentazione educativa n. 8 (con scritti di M. Castoldi, P.G. Castoldi, A. Rovetta, G. Bertagna) Roma, Ministero della P.I., Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1991; Id. Agio e disagio nella scuola: per una pedagogia della salute, in G. PANSERI (ed.), Salute e lavoro. Le forme del fare e dello star bene, IRRSAE Lombardia, Milano 1992, pp. 111-136; Id. La scuola fra disagi e progetti, in Pedagogia e vita, 1994, 3, pp. 95-113.
DAMIANO, La gioia del sapere. Indagine su alcune teorie della scuola, fra vecchi e nuovi paradigmi, in Pedagogia e Vita, n. 3, 1992, pp. 39-64.
FRABBONI, Il sistema formativo integrato, Teramo, EIT, 1989.
GALLI, Educazione ai valori nella scuola del preadolescente, in Pedagogia e Vita, n. 2, marzo-aprile 1993, pp. 15-31.
LONGO CARMINATI, R. GHIDELLI, Adolescenza sfida e risorsa della famiglia, Milano, Vita e Pensiero, 1993.
MASSA. D. DEMETRIO (ed.) Le vite normali. Una ricerca sulle storie di formazione dei giovani, Milano, UNICOPLI, 1991.
Osservatorio Permanente sui Giovani e l’alcool, Indagine Doxa, 2 voli., Roma, OTET 1992.