Vocazione: parola assente o parola nascosta nella scuola?
Quali vie si aprono all’universo “vocazione” nelle “Premesse” ai programmi della scuola media inferiore e superiore ed in altre indicazioni ministeriali o comunque legislativi?
È questo l’ambito entro cui viene ad essere concretamente circoscritta la verifica dell’interrogativo posto a titolo del mio intervento. Esso parte dall’ipotesi che l’assenza del termine “vocazione” nei testi programmatici ed amministrativi della scuola media inferiore e superiore non significhi totale esclusione di questo “esistenziale” umano dal campo di considerazione e di intervento della scuola stessa: almeno come possibilità.
La via che si percorrerà è quella di approfondire le implicazioni presenti nelle indicazioni che vengono date relativamente ai principi e fini generali assegnati alla scuola media inferiore e superiore.
A me paiono individuabili tre luoghi scolastici particolari in cui l’universo “vocazione” può trovare, non dico cittadinanza, ma almeno un terreno di germinazione possibile:
1. quello collegato con la funzione scolastica dell’orientamento;
2. quello collegato con la promozione di una realistica presa di coscienza di essere nel mondo, nel tempo, con gli altri nella vita sociale;
3. quello della formazione alla partecipazione e all’impegno di condivisione civile e democratica.
L’autorientamento
Parlare di orientamento e di educazione nella scuola venti/venticinque anni fa, sarebbe stato subito visto come indottrinamento, plagio, omologazione conformistica.
Il pluralismo, la complessità, il cambio strutturale e culturale in atto, le innovazioni tecnologiche, le esigenze del mercato e del futuro sociale nazionale, internazionale e mondiale, la caduta delle evidenze etiche e dei grandi “miti” ideologici del recente passato, hanno fatto diventare urgenti e inderogabili tali aspetti dell’azione formativa.
Una lettura in sequenza temporale degli atti e dei documenti che il Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato in tema di orientamento mostra che si è passati da una concezione diagnostica attitudinale dell’orientamento ad una più largamente sociale, socio-economica, formativa. Ed è pure dato notare un processo di chiarificazione e di specificazione: dall’orientamento in genere si è passati all’aggiunta degli aggettivi “scolastico e professionale”; si è resa presente la dimensione più largamente esistenziale e progettuale; si è precisata la caratterizzazione processuale (in cui assume un suo preciso significato la stimolazione educativa). L’intervento orientativo si è venuto così configurando come stimolo variegato e coestensivo all’azione scolastica in vista di una fondamentale capacità di progressiva chiarificazione del progetto personale di vita.
Per parte loro i programmi della scuola dell’obbligo e delle superiori sanciscono la natura orientativa del sistema scolastico di base. Indubbiamente è centrale la prospettiva individuale autorientativa.
Nella “Premessa” dei programmi della media (del ‘79) si afferma ad esempio che la “scuola media è orientativa in quanto favorisce l’iniziativa del soggetto per il proprio sviluppo… “ (I parte, 3, c).
Parimenti nel Progetto della cosiddetta Commissione Brocca per il biennio delle superiori si ribadisce che “la realizzazione di una dimensione orientativa della scuola secondaria superiore è importante perché è specialmente in questa fascia di età e di scolarità che il processo orientativo, lungo e continuo, raggiunge un punto culminante”; e si riconducono le finalità generali dell’orientamento nella secondaria superiore alla “maturazione dell’identità personale e sociale e della capacità decisionale” alla “chiarificazione” e alla “pianificazione del futuro professionale alla luce di un personale progetto di vita” (nn. 1.5.3. e 1.5.4.).
Affermazioni simili (seppure più determinate) si ritrovano anche nel Testo proposto dalla 7a Commissione del Senato, relativo alla ristrutturazione dell’Ordinamento della scuola media superiore (comunicato alla Presidenza il 22 febbraio 1992, relatore Mezzapesa), all’art. 4 (intitolato “Attività di orientamento”).
Nel “Nuovo modello di Scheda di Valutazione per gli alunni della scuola media” (D.M. 5 maggio 1993), illustrando il Quadro 1 (che dovrebbe rilevare la situazione di partenza dell’apprendimento, per determinarne finalità e strategie), si parla di valutazione formativa e si ribadisce che “la valutazione scolastica non è da intendersi come un giudizio sanzionatorio fine a se stesso, ma ha il duplice scopo di regolare il processo di formazione (…) e di guidare l’alunno a conoscere e sviluppare, nel miglior modo, le proprie potenzialità”.
E nell’illustrazione del Quadro 2 (riguardante le attività atte a favorire l’apprendimento, lo sviluppo personale e l’orientamento), si dichiara che “per un corretto concetto di orientamento, inteso come acquisizione della capacità di autorientarsi, l’alunno, attraverso l’attività scolastica, va aiutato, in relazione all’età e alle sue possibilità, a guardare dentro di sé, a verificare i suoi interessi e le proprie attitudini ancora in via di definizione e la fattibilità dei propri progetti, a prendere delle decisioni nella consapevolezza delle possibili conseguenze”.
Questo guardare dentro di sé, questo verificare interessi, abitudini, progetti personali, questo imparare a prendere decisioni responsabili non potrà anche aiutare o addirittura essere anche il luogo della scoperta di una chiamata ad essere in uno specifico modo, a saper rispondere in maniera personalissima ed “interpellanze” interiori e circostanti, che invocano una risposta, una presa di posizione, impegni di vita, a cominciare dalla chiamata insieme misteriosa e interiorissima di Dio?
Il pensiero religioso e la tradizione spirituale hanno esaltato, in ordine alla vocazione, le capacità interiori di ascolto e le personali abitudini a saper leggere i segni dei tempi che si vivono. L’attività scolastica non potrà collaborare all’instaurarsi, al consolidamento e all’affinamento di tali atteggiamenti e capacità?
La collocazione personale nella vita sociale e nel mondo
Se la dimensione dell’autorientamento è primaria, si deve pur dire che nella funzione orientativa della scuola viene fatto rientrare anche l’obiettivo di un aiuto all’identità sociale e al senso di inserimento nella vita comunitaria e nel mondo, che richiede conoscenza, giudizio, capacità di scelte e di impegno partecipativo.
Nella “Premessa” dei programmi del ‘79 si afferma che la scuola media “favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva” (in concreto la scelta del tipo di scuola superiore o la scelta dei tempi e modi dell’inserimento nel mondo professionale). Più sotto si esprime la convinzione circa “il consolidamento di una capacità decisionale, che si fonda su una verificata conoscenza di sé”. Ma è interessante l’allusione ad “un progetto di vita personale” a cui non si deve “rinunciare” nell’“operare scelte realistiche nell’immediato e nel futuro”.
E sempre in tema di scuola orientativa si dice che la scuola media è tale in quanto “pone in condizione di conquistare la propria identità di fronte al contesto sociale tramite un processo formativo continuo”.
Tali affermazioni si comprendono meglio se si collegano con i paragrafi che immediatamente precedono. In essi si parla della scuola media come di una “scuola che colloca nel mondo”; che “aiuta l’alunno ad acquisire progressivamente un’immagine sempre più chiara ed approfondita della realtà sociale, a riconoscere le attività con cui l’uomo provvede alla propria sopravvivenza e trasforma le proprie condizioni di vita, a comprendere il rapporto che intercorre fra le vicende storiche ed economiche, le strutture, le aggregazioni sociali e la vita e le decisioni del singolo”
E ancor poco più sopra si afferma che la scuola media “favorisce, anche mediante l’acquisizione di conoscenze fondamentali specifiche, la conquista di abilità logiche, scientifiche operative e delle corrispondenti abilità e la progressiva maturazione della coscienza di sé e del proprio rapporto con il mondo esterno”.
Nel “Nuovo modello di Scheda di Valutazione per la scuola media”, sempre a proposito di valutazione formativa (fine Quadro 1) si afferma che la valutazione “ha riflessi positivi sull’intero processo di maturazione della personalità se mira a concorrere alla costruzione di un concetto realistico di sé e di conseguenza a favorire un’equilibrata vita di relazione ed a orientare e motivare verso future scelte personali”. Concetti simili sono ripresi anche nell’illustrazione del Quadro 2, dove si dà per chiarito che “La scuola secondaria di I grado non prepara ad un immediato inserimento professionale” e che quindi “l’orientamento nell’arco della scuola dell’obbligo va inteso fondamentalmente come educazione a scelte consapevoli e responsabili, creando dunque le basi per un ulteriore e necessario periodo di esplorazione di sé e delle opportunità formativo-professionali”. In questo contesto si esprime pure la convinzione che “attraverso l’esercizio della padronanza di specifiche abilità si accrescerà nell’educando il suo grado di autonomia, si rafforzerà con ciò la fiducia in sé che a sua volta favorisce un atteggiamento di maggiore apertura e collaborazione”.
Si può pensare che in tal modo si intendano evitare slittamenti narcisistici e si voglia promuovere un proficuo realismo. Ma contemporaneamente si pongono le premesse per una concezione larga della vita personale, in cui diventa fondamentale il rapporto con l’alterità del tempo, del mondo, delle persone, della società, delle istituzioni.
Aver di fronte, porsi di fronte, affrontare, operare scelte, porsi in atteggiamento di apertura alla ulteriorità della vita diventa così un ambito formativo basilare. Non è qui che si potrà collocare anche l’universo della “vocazione”?
Partecipare e contribuire
Tra le finalità della scuola di ogni ordine e grado vi è sempre quella di contribuire a porre almeno le basi cognitive, emotive ed operative per un’attiva e fattiva partecipazione alla vita comunitaria. Meglio che altri testi (meno espliciti in proposito), la “Premessa” dei programmi della scuola media dichiara che “la scuola media risponde al principio democratico di elevare il livello di educazione e di istruzione personale di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano “,- e che in questo orizzonte di senso ‘potenzia la capacità di partecipare ai valori della cultura, della civiltà e della convivenza sociale e di contribuire al loro sviluppo”.
E richiamandosi alla legge istitutiva del 31 dicembre 1962, n. 1859, si ricorda che la scuola media “concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi della Costituzione”; offrendo – come si afferma più sotto – “occasioni di sviluppo della personalità in tutte le direzioni (etiche, religiose, sociali, intellettive, affettive, operative, creative ecc.)” (I Parte 3, a).
Mi paiono questi accenni interessanti per sviluppi “vocazionali”, limitatamente alle possibilità di una scuola pubblica. Come si dice nella Premessa delle elementari, essa “non ha un proprio credo da proporre né un agnosticismo da privilegiare”.
Ma ha chiaramente una “fede democratica” da realizzare e principi di valori umani e civili da promuovere, facendo appello a tutti e ciascuno degli alunni, studenti, alunne e studentesse per la cui formazione è socialmente deputata. Non potrà qui innestarsi lo sviluppo di processi vocazionali?