N.05
Settembre/Ottobre 1994

L’esperienza della “Route” nei percorsi giovanili di ricerca vocazionale

 

“A giugno c’è la Route”.

“Si sa” nei gruppi giovanili. È un appuntamento fisso da più di 25 anni, dalla fine degli anni ‘60.

“Si sa” anche in molte famiglie, quelle in cui papà o mamma, magari anche tutti e due, 20-25 anni fa erano i giovani della Route.

“Si sa”, anche tra i preti, a volte in difficoltà a memorizzare e a far passare iniziative diocesane.

È questo “si sa” che traduce con immediatezza una tradizione ormai consolidata e nello stesso tempo lascia trasparire un’attesa sempre nuova.

Tradizione consolidata, perché da un quarto di secolo Route è cammino, Route è proposta e confronto, è ricerca, preghiera, festa. Tutto questo in un giorno, in una domenica di inizio giugno, appena le scuole chiudono i battenti. Di buon mattino il ritrovo festoso, poi la proposta sul tema programmato (con linguaggi diversi di volta in volta: dalla testimonianza al recital, dalla riflessione di un esperto alla lectio del Vescovo – metodo, questo ultimo, seguito nelle più recenti edizioni); il cammino a gruppi suddivisi per fasce di età con la guida di un animatore e con il sussidio di un’apposita traccia, conclude la mattinata; è, questo, lo spazio che i giovani sentono maggiormente come proprio, occasione, oltre che per approfondire il tema proposto, per allargare le conoscenze e confrontare le diverse esperienze in atto nei vari oratori o gruppi giovanili, uno spazio che, in sede di verifica, viene sempre giudicato troppo breve.

Lo stacco per il pranzo al sacco, poi la giornata prevede altri due momenti: la festa, tutti insieme, sempre coinvolgente, animata di volta in volta da gruppi diversi (quest’anno, ad esempio, è stata all’insegna dei balli popolari di diverse nazioni) e la Messa conclusiva presieduta dal Vescovo e concelebrata da molti sacerdoti che normalmente, durante l’anno, seguono i gruppi o sono responsabili degli oratori.

Attesa nuova perché ogni edizione è occasione per conoscere nuovi amici, e poi nuovo è il luogo dello svolgimento della Route, nuovo è il tema, visualizzato su un poster (che viene poi donato ad ogni partecipante) ripreso anche dal linguaggio musicale nel “canto della Route”, che fa poi da sigla agli incontri diocesani durante l’anno.

 

Introduce un anno

Una bella giornata fine a se stessa, dunque, il cui ricordo dura quanto il tempo di sviluppare un rullino di foto e vederle subito dopo, insieme, in pizzeria? La “bella giornata” è finalizzata ad avviare un “buon anno pastorale”; almeno questo è la motivazione dichiarata in questi ultimi 5-6 anni (anche perché nel lungo volgere di un quarto di secolo la Route ha avuto finalità e sbocchi diversi); proprio così: a giugno la Route fa da trampolino di lancio per gli obiettivi da centrare, gli itinerari da seguire, i contenuti da sviluppare nei mesi successivi. E, sempre in riferimento a questi ultimi anni, c’è un “filo rosso” che collega le varie edizioni della Route e quindi i successivi cammini annuali: il “Progetto Emmaus”.

 

Il Progetto Emmaus

Sarà il caso di ricordare che il recente XX Sinodo Diocesano (1988-1990) è impostato sulla icona di Emmaus che permette di guardare al cammino pastorale diocesano soprattutto attorno a quattro grandi tappe o pilastri (che sono poi anche i titoli dei quattro capitoli del Libro Sinodale, qui di seguito citati tra virgolette).

La prima tappa consiste nel guardare alla vita come cammino e come cammino “in compagnia dell’uomo” (i due discepoli infatti erano in cammino e Gesù si è fatto loro compagno di viaggio – Lc 24,13-15). 

La seconda tappa presta attenzione alla “Parola che convoca e converte la Comunità ecclesiale” (Gesù, infatti, ha parlato ai due discepoli e tutto il cammino è diventato per loro ascolto di quella Parola – Lc 24,32). 

La terza tappa porta a considerare “l’Eucaristia centro e fondamento dell’attività pastorale” (Emmaus è il luogo dove lo spezzare il pane diventa il vertice dell’incontro con il Signore Gesù – Lc 30). La quarta tappa infine segue i due discepoli che corrono a Gerusalemme per annunciare il Risorto (Lc 24,35) ed è delineata nel capitolo sinodale “Chiesa, comunità missionaria”.

La Pastorale giovanile ha assunto l’icona di Emmaus come tela di fondo di tutto il proprio lavoro. I quattro capitoli sinodali (o le quattro sequenze del brano di Emmaus) sono diventati il punto di riferimento per progettare un itinerario quadriennale di pastorale giovanile denominato appunto “Progetto Emmaus”.

Nell’arco di un quadriennio, da un punto di vista dei contenuti, i gruppi giovanili sono stati via via invitati a prendere in considerazione la vita come cammino (1989-90), l’ascolto della Parola (1990-91), la centralità dell’Eucaristia (1991-92) la testimonianza (1992-93). E poi? Nel ‘93-‘94 si è ricominciato da capo, variando le accentuazioni, considerando anche la mobilità giovanile nell’arco dei quattro anni. E sempre, “a giugno, si sa, c’è la Route” a fare da apripista al nuovo anno pastorale.

 

E la proposta vocazionale?

A questo punto la domanda: come questa particolare annuale festa dei giovani che è la Route può rappresentare una tappa nei percorsi giovanili della ricerca vocazionale?

1. Occorre anzitutto fare riferimento all’“esperienza forte” che ogni Route rappresenta per molti giovani; le provocazioni dei testimoni, oppure i puntuali inviti alla riflessione che arrivano dalla “lectio” del Vescovo, il confronto in gruppo, l’incontrarsi numerosi in un clima di festa (è, questo, un dato da non sottovalutare per giovani che sovente vivono più la dispersione che l’aggregazione, soprattutto nei molti paesi piccoli, o respirano un’esperienza ecclesiale non sempre dal timbro di una gioiosa appartenenza), i momenti silenziosi di preghiera personale (c’è sempre alla Route lo spazio per l’adorazione eucaristica al quale ognuno può liberamente accedere, con la possibilità di trovare i sacerdoti per un colloquio o per la confessione) tutto sollecita a puntare diritto sul senso della vita, sulle scelte di fede sulla partecipazione ecclesiale sulle domande vocazionali “chi sei Signore” “che cosa vuoi che io faccia?”.

2. Altre volte la ricerca vocazionale è ulteriormente sollecitata, in modo più diretto, dal tema della Route come, ad esempio, nella edizione di quest’anno: nel solco della seconda tappa del progetto Emmaus “l’ascolto della Parola” una traccia ha sviluppato in modo esplicito il tema vocazionale (accanto a quello dell’ascolto e della preghiera) anzi lo stesso slogan della Route “Ascolta… e la musica cambia” ha un timbro marcatamente vocazionale e anche il canto della Route ‘94 fa riferimento a diverse chiamate dell’Antico e del Nuovo Testamento.

3. Ma non essendo la Route una giornata fine a se stessa, quanto piuttosto avvio di un percorso a più lunga gittata, occorre considerare la ricaduta vocazionale sull’intero cammino annuale o addirittura di più anni.

a. La stessa idea di progettualità sottesa alla dicitura “Progetto Emmaus” con la proposta di itinerari, di cammini progressivi nell’arco di più anni, ha una stretta attinenza con la dimensione vocazionale che per sua natura è discernimento di un progetto di vita su tempi lunghi.

b. E poi i contenuti sottesi al “Progetto Emmaus” (la vita come cammino, l’ascolto della Parola. L’Eucaristia, la testimonianza e l’annuncio) non sono altrettanti punti forti anche per un itinerario dichiaratamente vocazionale?

c. Il cammino a livello diocesano, inoltre (senza considerare la variegata attività di base dei gruppi) da tre anni prevede la ripresa del tema annuale negli incontri mensili in stile di lectio (dapprima proposti direttamente dal Vescovo, poi, in questo ultimo anno, gestiti negli otto vicariati); gli incontri, per il clima di ascolto e di preghiera, per le proposte forti hanno un’evidente ricaduta vocazionale nell’invito ad ogni giovane a prendere sul serio la vita come chiamatarisposta; alcuni esiti molto positivi vanno nella direzione di serie risposte alla vocazione matrimoniale o di speciale consacrazione (e diversi giovani, recentemente approdati in seminario o in Istituti religiosi, hanno esplicitamente fatto risalire alla lectio mensile l’inizio o il consolidamento del cammino di discernimento vocazionale). Inoltre il tema dell’anno ispira anche gli “incontri di orientamento” proposti dal CDV ogni due mesi a giovani già più sensibili al discorso vocazionale.

d. Infine, lo stile del “misterioso compagno di viaggio sulla strada di Emmaus” che si avvicina ai due in cammino, ascolta, pone domande, condivide la fatica del cammino, porta l’annuncio della Parola e spezza il Pane, non dovrebbe forse essere l’atteggiamento di ogni guida spirituale nell’accompagnare i giovani nel discernimento vocazionale?

 

Primo obiettivo: l’attenzione vocazionale

Vale la pena di citare, in conclusione, un brano del progetto di pastorale giovanile, elaborato dal recente Sinodo diocesano, che prevede, come primo obiettivo pastorale, l’attenzione vocazionale “nell’aiutare i giovani a cogliere il senso della vita nella dinamica ‘chiamata di Dio – risposta dell’uomo’ in ogni avvenimento, a dare spazio a un giornaliero e personale impegno di preghiera, a scoprire l’importanza della direzione spirituale e del sacramento della Riconciliazione ricevuto con una certa frequenza. L’attenzione vocazionale – continua il Progetto sinodale – si alimenta anche con forti esperienze di spiritualità (esercizi spirituali, scuola di preghiera) organizzati in collaborazione con il Centro Diocesano Vocazioni”.