L’ascesi, esigenza dell’uomo

Dio viene creando ogni uomo in un atto d’amore. Il suo operare è tutto e solo amore. Egli, creando, si autocomunica. Ma il suo dono perfetto e infinito non viene integralmente accolto dall’uomo, poiché è creatura limitata con aspetti manchevoli. Tuttavia Dio, poiché ama l’uomo nei suoi stessi aspetti imperfetti, cerca di promuoverlo in relazione al suo stato personale. Lo rende progressivamente capace di autoperfezionarsi. Imprimendo la sua immagine nell’intimo della persona umana, le conferisce la possibilità di essere con lui concreatrice non solo verso il creato ma pure verso se stesso.

 

 

Il senso dell’ascesi umana

La possibilità che l’uomo ha di concreare perfezionando se stesso, viene comunemente denominata ascesi. È una capacità inscritta nell’intimo dell’uomo; è la facoltà ad autorealizzarsi in armonia al disegno dell’amore creativo divino usufruendo della grazia del Signore. L’uomo nella sua autorealizzazione si esprime proteso verso Dio; ama mostrarsi operoso in amore con il Signore e nel Signore; manifesta in forme svariate come l’opera creatrice divina potrebbe attuarsi; mostra che Dio è grande all’interno delle stesse debolezze delle creature. L’ascesi è stata data da Dio non primariamente per riparare alla nostra fragile peccaminosità. Anche senza il peccato originale, essa sarebbe stata quotidianamente richiesta. Non necessariamente viene esercitata per distoglierci da una nostra triste esperienza di peccato. Neppure si limita a farci rivolgere suppliche a Dio allo scopo di ottenere misericordia per le nostre defezioni. Essa, nell’ordine provvidenziale della creazione, ci invita a ringraziare Dio per averci chiamati a essere concreatori con lui; mette in luce la bontà di un nostro possibile autoperfezionamento; ci impegna nel renderci amabili di fronte a Dio e ai fratelli; ci sprona a correggerci non tanto per scancellare le proprie mancanze, ma per costruirci migliori. Si potrebbe dire che l’intento primario dell’ascesi presenta anche in chi è umanamente onesto, il desiderio ardente di rendersi uomo adulto e onorabile fra vicendevoli rapporti amichevoli.

 

Ascesi nel contesto culturale odierno

L’evo moderno è venuto costituendosi sulla certezza di un possibile progresso continuo e sulla fiducia che la scienza fosse espressione dell’abilità umana capace di risolvere in bene tutti i problemi e difficoltà che si affacciassero. L’esperienza ci ha resi inquietamente problematici. Il progresso e la scienza vengono diffondendo un senso di incertezza. Sembra che il postmoderno sia irrorato di disincanto verso il progresso sognato. Si nota che per lo più si preferisce cercare di penetrare la propria intimità interiore che non autoesaltarsi nelle conquiste clamorosamente scientifiche. Non si indagano prospettive globali, né in esse ci si immerge. Ognuno si rassegna a dimorare entro la propria fattualità senza indagare sul fondamento ultimo della realtà. Coglie l’attimo col suo frammento di soddisfacimento e non programma un ideale lontano tutto ben armonizzato su saldo fondamento. Il filosofo odierno si diletta nello scandagliare il diffuso pensiero debole. Scruta la fragilità dell’uomo comune; lo sollecita ad appagarsi fra rinnovate offerte di parziale benessere che appaiono attuabili. E così si verifica un fenomeno assai strano. Mentre ci si affanna per favorire il rinascere perpetuo di benefici effimeri, di fatto si dimentica che Dio ci ha destinato alla felicità definitiva. Unicamente questa riuscirebbe realmente appagante. S. Massimo il Confessore confidava: “L’unica natura umana si è frantumata in innumerevoli frammenti e noi, pur essendo della stessa natura, siam diventati scempio gli uni agli altri come animali striscianti” (PG 90, 255B). L’educazione attuale è chiamata a rendere i singoli coscienti di doversi immettere in un’ineliminabile quotidiana ascesi per elevare il nostro vissuto socio-personale in uno stato dignitoso. Un’esigenza fondamentale che saprà rendere la propria personalità adulta, dimorante fra gli abiti virtuosi arricchenti il proprio vissuto quotidiano, capace di suscitare serenità gioviale nella comunità fraterna. Macario l’Egiziano ricordava che il cammino quotidiano umano è chiamato a rendere il soggetto tutto personale (PG 34, 452). Nello stesso tempo questa ascesi nobilitante non deve esaurirsi in compiacenza su noi stessi. Essa si snoda in forma autentica solo se asseconda l’apertura comunitaria insita nella nostra natura. Asceticamente si diventa adulti virtuosi al fine di renderci utili agli altri; per saper recare ad essi un conforto benefico; per trasformare amabile il comune ambiente sociale. Dio ci ha resi concreatori per renderci capaci di offrirci in dono ai fratelli. Atteggiamento altruistico così elevatamente testimoniato da Dio stesso nella sua creazione.

 

Ascesi nell’attuale contesto cristiano

Il contesto cristiano attuale spontaneamente non inclina ad apprezzare la pratica ascetica. A suo riguardo esiste una diffusa diffidenza teologica. Si osserva che l’entusiasmo del secolo scorso in relazione al vissuto ascetico-devozionale in modo implicito si riduceva a ritenere di sapersi perfezionare con forze proprie; equivaleva a dichiarare alquanto superflua la grazia salvifica e santificante dello Spirito di Cristo; pensava di acquisire il diritto di ricevere la vita beata a motivo dei propri sforzi virtuosi. Tutto ciò suona offesa a Dio. Sia la perfezione personale che la vita beata sono doni dell’amore misericordioso di Dio. La nostra attività virtuosa è semplice disponibilità a ricevere la grazia santificante di Dio. J.H. Newman confidava: “Benché io avessi la costante abitudine di riferire tosto alla volontà di Dio, (spesso) le mie azioni procedevano piuttosto da una certa coscienza che mi impediva di fare altrimenti, da un senso di rettitudine, dalla percezione di ciò che era a me conveniente, di modo che, agendo, io sono stato fedele piuttosto a me stesso, più di quanto non abbia agito per fede e carità”. Oggi, non solo si è più coscienti che l’ascesi è solo integrativa della grazia di Dio, ma si amerebbe inoltrarci in un’esperienza prettamente spirituale mistica senza attardarci fra sforzi ascetici; si ambisce avere il proprio animo inondato dalla grazia-luce della carità pasquale dello Spirito di Cristo senza dimorare fra preoccupazioni devozionali ascetiche.

Su questo contesto cristiano in evoluzione si affacciano taluni problemi. Innanzitutto il contesto ascetico di ieri, che trascurava l’elevazione spirituale mistica, rimaneva al di fuori del vivere nello Spirito di Cristo? Lo Spirito santo è tutto intento a comunicare la partecipazione al vissuto pasquale caritativo di Cristo, ove ritiene possibile. Allorché vede un’anima impegnata in esercizio ascetico virtuoso, anche se non praticato in forma perfetta, vi comunica la grazia pasquale caritativa del Signore. Così che di fatto non esiste vita ascetica che non sia anche spirituale mistica per dono dello Spirito di Cristo. La persona ascetica, sia pure che non sia cosciente dell’azione spirituale che lo Spirito svolge nel suo intimo, è sempre un cristiano spirituale mistico. Per questa unione inscindibile dell’ascetico virtuoso dallo spirituale mistico, ogni sforzo ascetico è meritevole della salvezza eterna, perché nel suo intimo implica il dono carismatico caritativo pasquale donato dallo Spirito di Cristo. Il contesto culturale cristiano odierno amerebbe raccogliersi in esperienza mistica, magari alquanto trascurando lo sforzo ascetico soprattutto prolungato. È possibile intrattenersi in un’esperienza mistica priva di vissuto ascetico? La vita spirituale non si esaurisce entro l’esclusivo dono dello Spirito di Cristo. Essa abbisogna di una perseverante e continua animazione da parte della pratica ascetica. Un’integrazione assai lodevole, giacché conferma che lo Spirito apprezza la nostra azione virtuosa, viene intrecciando il dono carismatico con il nostro impegno di bene; intende presentare in noi e con noi una lode d’amore a Dio Padre, la quale specchi quella teandrica (cioè divino-umana) di Gesù Cristo nostro Signore.

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