N.04
Luglio/Agosto 1995

Giovani e fede

Le trasformazioni del mondo giovanile, oggi: il punto su “giovani e vocazioni”

 

Una tradizione educativa incrinata

 

I dati delle recenti ricerche

Se stiamo alle ricerche sociologiche, i dati più recenti offrono un quadro complesso[1]. Da una parte l’adesione al sistema di credenze religiose proprie della tradizione ecclesiale tende a calare. Soprattutto talune pratiche religiose risultano disattese dai giovani. E tuttavia l’adesione ad aggregazioni e a movimenti ecclesiali resta alta e rilevante (Malizia-Frisanco, 1993).

Recentemente è sembrato pertinente il definire “religione di scenario” il complesso di manifestazioni che accompagnano riti e pratiche di vaste zone dell’Italia. Una “religione diffusa” (Cipriani, 1988), ramificata e pervasiva subentra ad una pratica tradizionale più organizzata e condivisa. La secolarizzazione ha incrinato la consuetudine, non sembra aver scalfito l’esigenza: la religione cerca nuovi spazi, per lo più disancorati dalle strutture tradizionali. Percorre filoni e diramazioni inedite; si avvale dei movimenti; aggrega da condizioni umane diverse; predilige situazioni emotivamente cariche, ma religiosamente generiche (Garelli, 1993).

 

Qualche osservazione preliminare

Oltre le analisi e i dati statistici che i sociologi offrono con una certa frequenza, per lo più a conferma della valutazione richiamata, propongo alcune considerazioni.

a) Nell’insieme la pratica religiosa dei giovani non è minore rispetto alle altre categorie di credenti. Risulta invece sempre più clamoroso lo scollamento fra la loro ricerca religiosa e l’adesione alle “pratiche tradizionali” e alle direttive morali del magistero.

b) I giovani appaiono portatori di un’istanza religiosa che non manca di sincerità e di freschezza: tuttavia non si riconoscono nel quadro della consuetudine tradizionale cristiana; sembrano alla ricerca di una nuova cornice in cui situare la loro disponibilità. In altre parole sembra che i giovani vivano una aspirazione religiosa che non incrocia la proposta cristiana: la sentono esteriore e formale; distante dai richiami più profondi e irrinunciabili che attraversano la loro esperienza.

c) Cosicché il vero problema educativo non sembra tanto situarsi nel persuaderli della proposta così come la consuetudine recente l’ha elaborata e la consegna agli educatori, ma piuttosto nel verificare se la proposta stessa interpreta autenticamente le aspirazioni e le attese di un mondo giovanile, in cui l’aspirazione religiosa sembra riaffiorare, ma con connotati distanti e talora perfino incompatibili con l’elaborazione che la Chiesa va proponendo.

 

Indicazioni interpretative

C’è intanto una prima constatazione di ordine generale. La tradizione educativa, riportata allo sfondo pedagogico, cui si alimentava, aveva una propria logica, sperimentata da una consuetudine assai lontana; si può dire secolare. La risorsa educativa faceva perno su alcune piste privilegiate: la memorizzazione di elementi essenziali della dottrina; il racconto concentrato sulla storia sacra e le grandi figure che l’avevano popolata; l’esemplarità di figure eminenti nella storia della Chiesa risultavano modelli cui ispirarsi e da imitare.

Una pedagogia tutto sommato convincente: muoveva da un’esperienza di fatto vissuta e tenuta in alta considerazione nel contesto ecclesiale; la catechesi ne dava la chiave interpretativa nelle formule consacrate da lunga consuetudine; celebrava modelli che ne offrivano incarnazioni credibili. Dunque una proposta coerente che era andata man mano verificando e definendo la propria articolazione attraverso un periodo lungo, che poteva risalire, nella sua remota ispirazione, addirittura al Concilio di Trento.

I fattori che hanno intaccato questo modello sono molti, complessi, non sempre chiaramente identificati; riguardano non solo e forse non tanto l’esperienza ecclesiale, quanto un progressivo mutamento culturale e pedagogico che finalmente l’hanno reso incredibile e ne hanno evidenziato l’inefficacia.

Non è il caso dì analizzarli in dettaglio: è però importante richiamare alcune delle istanze educative che si sono venute man mano imponendo: il fervore innovativo attorno ai procedimenti pedagogico-didattici; l’analisi sempre più attenta e consapevole dei processi di apprendimento e di maturazione, sollecitati anche dalla ricerca psicologica; una più consapevole dinamica delle stesse leggi di maturazione religiosa in ambito specificamente antropologico; il significato umanizzante delle tradizioni religiose e le loro molteplici “vie” e “tecniche” di appropriazione.

In sintesi si può dire che la riscoperta del soggetto, la progressiva consapevolezza dei dinamismi interiori, la percezione che la stessa esperienza religiosa non corre su binari privilegiati o alternativi; che i processi di crescita vanno interpretati e assecondati, hanno innescato la spinta innovativa, pure nell’ambito dell’educazione religiosa.

Anche più profondi e insidiosi per la tradizione appaiono aspetti culturali che vanno caratterizzando il nostro tempo: una diversa concezione della stessa religione-secolarizzazione; una verifica del rapporto fra Chiesa e mondo contemporaneo, perseguita dal Concilio; un più aperto confronto con la tradizione religiosa universale, inducono a ripensare il significato dell’appartenenza alla Chiesa.

 

 

 

Verso una nuova strategia educativa

 

Riscoprire la funzione della religione nella maturazione del giovane

Il processo di secolarizzazione in atto ha spostato il fuoco del confronto. L’esperienza credente non viene verificata sulla sua ragionevolezza e intrinseca coerenza: caso mai sulla sua significatività esistenziale. Il rischio, in una sensibilità centrata sui valori terreni, è che la proposta cristiana sia disattesa, non venga presa neppure in considerazione, perché “sospettata” o ritenuta irrilevante[2].

Di fronte a questo pericolo recentemente si profilano alcune chances singolarmente sollecitanti.

a) La prima concerne una sensibilità culturalmente avvertita dell’apporto insostituibile della religione nell’interpretazione dell’esperienza umana. Ricerche storico-fenomenologiche e psicosociologiche hanno rivendicato il ruolo centrale della religione nella vita individuale e collettiva, da Eliade a Luckmann.

b) Inoltre il vuoto lasciato dalla caduta delle opposte ideologie porta l’attenzione e l’interesse sulla religione come fonte e matrice di valore e di significato. Religione e fede non appaiono più antagoniste delle scelte ideologiche; cade il “sospetto” sulla loro spinta alienante e disumanizzante; vengono prese in considerazione per il ruolo e la funzione che esercitano in ambito personale e sociale: sono appunto verificate nella loro significatività. Tuttavia a partire da un’attenzione e un interesse che le ricupera dall’indifferenza e dall’emarginazione, cui la mentalità secolare sembra condannarle.

c) Secondo la nuova accentuazione ermeneutica l’esperienza è a perno di ogni elaborazione culturale. La proposta credente”non è tanto considerata per la sua oggettiva verità, quanto per il significato esistenziale che sottende. Va dunque verificata nella sua funzione esistenziale e promozionale. L’unità fra fede ed esperienza, fra fede e cultura non è un problema astratto; tanto meno si può realizzare in forma esteriore e sovrapposta: deve risultare intrinseca e costitutiva. La fede cioè deve mostrare dove e in che modo alimenta e fermenta l’esistenza.

d) Le considerazioni esposte tendono tuttavia ad evidenziare un problema più profondo e condizionante. Il pericolo maggiore sta proprio nel concentrare lo sforzo educativo su problemi di didattica spicciola o di revisione settoriale.

È in atto un radicale cambiamento culturale: la religione è guardata con crescente interesse, sia a livello di ricerca culturale, che di istanza esistenziale. Ma precisamente una comprensione profonda della cultura e un’interpretazione credibile dell’esistenza collettiva e individuale è oggi a monte dell’attenzione alla religione e non la proposta religiosa in se stessa.

L’ipotesi educativa passa quindi obbligatoriamente per il significato che la religione assume per la cultura e per l’esperienza personale: a questo livello la religione si qualifica o si squalifica; si propone come fatto rilevante e forse irrinunciabile o come una delle tante opzioni di cui una piccola minoranza continua “incredibilmente” a preoccuparsi.

 

Impegnare le risorse della religione nel secondare il processo di maturazione giovanile

L’intero arco della giovinezza costituisce un processo di maturazione nella sua delicata fase di consapevolezza e di responsabilizzazione. Perché la religione sappia promuoverlo correttamente sarà bene tener presenti alcune considerazioni.

a) Innanzitutto il giovane tende a prender le distanze sia dalla proposta di fede che da quanti gliel’hanno comunicata. Cerca un suo spazio di verifica e di opzione anche di fronte alla fede: non è più disposto a subire l’autorità; caso mai si lascia persuadere dall’autorevolezza della proposta e dei testimoni che la portano.

b) In quanto poi, un po’ a tentoni, va elaborando un proprio progetto di vita, esige che la fede vi giochi un ruolo sufficientemente definito e sollecitante. Anzi, dato che il giovane cerca una motivazione unitaria ed è indotto a farla propria con radicalità, la fede o viene assunta come asse portante dell’intero progetto esistenziale – e quindi vissuta con notevole intensità emotiva e abbracciata con passione – o viene considerata un bagaglio ponderoso e superfluo, che ben presto butta via, liberandosene (Trenti, 1985). Perciò l’annuncio religioso deve pervenire all’adolescente in tutta la sua purezza, prima di tutto con la sua carica persuasiva: che è certo anche esigente, ma l’esigenza morale affiora e s’impone come intrinseca conseguenza d’una proposta che lo ha persuaso e l’appassiona (Trenti, 1993).

c) Deve dunque risultargli una fede liberante, in grado di spalancare orizzonti alla vita in pieno fermento e rigoglio; che non s’impone per autorità e arbitrarietà, non crea segrete ribellioni e persistenti sensi di colpa: sollecita ad una pienezza ambita. E quindi una fede matura. L’adolescente in particolare stabilisce il primo confronto, spesso rude e sofferto, con le dimensioni peculiari della maturità personale: la definizione di una propria fisionomia umana, il dominio di sé, specie nella sfera sessuale, il rapporto libero con gli altri, la propria collocazione in ambito operativo, professionale e politico. La fede, di fronte a tutte queste provocazioni, deve avere una parola seria e illuminante da dire; il giovane deve accorgersi che la sua fede offre un apporto prezioso senza di cui la sua stessa esperienza si impoverisce e degrada.

d) La fede dovrebbe apparirgli con chiarezza nel suo ruolo umanizzante. L’interesse specifico della fede non è sulla scelta situata e concreta: è piuttosto sull’elaborazione dell’idealità: si avvale del simbolo, chiama in causa l’emotività e la fantasia, crea gli spazi del futuro e definisce la prospettiva. È un terreno sollecitante; se si vuole, in parte evasivo e sognante; suscita tuttavia emozioni profonde, capaci di alimentare le scelte fondamentali della giovinezza e l’impegno della maturità per portarle a compimento.

e) La complementarietà fra il richiamo a fare i conti con l’esperienza concreta, quotidiana e lo spazio alla simbolizzazione e all’idealità è importante. Valorizza il ruolo specifico della religione che elabora le motivazioni: contemporaneamente preserva dall’astrattezza e dall’illusorietà incombenti, dove manca la presa sull’esperienza concreta. La fede risulta così in grado di unificare progressivamente l’esistenza. Di cooptare attorno ad un’unica motivazione scelte e interessi parziali, organizzandoli in una gerarchizzazione interiore e consapevole, integrandoli in una visione unitaria saldamente motivata.

f) In questa prospettiva il richiamo a Dio quale testimone fedele di un itinerario faticoso e credibile, alla figura di Cristo nella sua esemplarità illuminante possono riuscire risolutivi. Soprattutto la prima giovinezza è alla ricerca di modelli cui ispirarsi, cui configurare un’identità personale, di cui va faticosamente componendo i connotati. Gesù risulta modello di vita, singolarmente persuasivo: per la libertà degli atteggiamenti; la novità della proposta; la radicalità della risposta che richiede.

 

 

 

In sintesi

 

La giovinezza è l’età dei sogni e delle aspirazioni. Lo sollecita e spesso lo appassiona il futuro che gli sta davanti: quale strada intraprendere, quale obiettivo realizzare. Le stesse energie interiori che urgono e lo rendono inquieto – non di rado anche insofferente – esigono che venga dato nome e figura ad una speranza che sia in grado di polarizzarle.

La ricerca e l’identificazione della speranza – dell’idealità – attorno a cui concentrare le sue risorse è decisiva per la sua equilibrata e piena maturazione; rappresenta la promessa che l’intera esistenza ha il compito di realizzare.

L’incontro con la proposta cristiana come orizzonte di valore e di significato, intuiti nella persona di Gesù, espressi nella fonte biblica o incarnati nell’esperienza di chiesa – soprattutto in figure singolarmente significative di credenti – può dare unità e risolutezza al progetto di vita che il giovane va, magari a fatica, perseguendo.

 

 

 

 

 

 

 

Note

[1] Il sociologo Franco Garelli presenta a Roma i primi risultati di una ricerca condotta dall’Università Cattolica sulla fede in Italia. Cfr. Repubblica, 9 maggio 1995.

[2] Ulteriori approfondimenti, in proposito, sono possibili e preziosi a partire dai seguenti contributi: Cipriani R., La religione diffusa, Roma, Borla, 1988; Couliano I.P. – Eliade M. (ed.), Religioni, Milano, Jaca Book, 1992; Fowler J.W., Stages of Faith: The psychology of Human Development and the Quest for Meaning, San Francisco, Harper-Row, 1981; Garelli F., Incongruenza e differenziazione della religiosità in Italia, in Il Regno (a cura della redazione de), Chiesa in Italia, Bologna, Dehoniane, 1993; Geffrè C., Le Christianisme au risque de 1’interprétation, Paris, Cerf, 1983; Malizia G. – Frisanco R., I giovani di una società stanca e inquieta, Tutto giovani Notizie, 8 (1993) 30, pp. 6-18; Panikkar R., Il dialogo intrareligioso, Assisi, Cittadella, 1988; Trenti Z., Giovani e proposta cristiana, Leumann, Elle Di Ci, 1985; Invocazione. Opzione religiosa e dignità umana, Roma, LAS, 1993; Vergote A., Psicologia religiosa, Torino, Borla, 1967.