Il Sinodo Africano e i giovani: un dialogo di speranza
Per capire in modo giusto la risposta del Sinodo Africano ai giovani del Continente, è importante notare le quattro caratteristiche particolari dello stesso Sinodo.
È stato un Sinodo con una forte preoccupazione pastorale
Il titolo: “La Chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice, verso l’anno 2000” riassume benissimo questa preoccupazione, sottintesa in tutti i documenti preparatori e gli interventi nell’aula sinodale, nelle Proposizioni presentate al Santo Padre e nel Messaggio Finale del Sinodo. È stato questo, in primo luogo, un raduno di pastori che cercavano, con onestà e passione risposte adeguate alle principali sfide pastorali con le quali si confrontano le Chiese affidate alla loro cura.
È stato un Sinodo concreto e realista
C’è stato uno sforzo genuino di studiare attentamente e ponderatamente la realtà globale dell’Africa e di dare un nome ai suoi diversi mali, come anche alle sue molte benedizioni. Le fasi del processo sinodale – e in particolare, forse, gli interventi – dimostrano al riguardo un’onestà veramente impressionante.
È stato un Sinodo pieno di speranza
I membri di quest’Assemblea Speciale sentivano profondamente la chiamata e la responsabilità di proclamare la presenza del Signore Risorto al cuore della realtà africana, illuminando dal di dentro questa realtà, e, con la sua presenza, rendendo possibile ogni genere di cose nuove: “Fin dalla prima seduta (il Sinodo) riceveva da Cristo in persona il suo significato profondo: Sinodo della Risurrezione, Sinodo della Speranza”[1].
È stato un Sinodo del dialogo
Il dialogo, oltre ad essere uno dei cinque temi studiati dal Sinodo, è stato identificato dai partecipanti come aspetto essenziale di quel modello di Chiesa che intendevano proporre come componente del loro messaggio alla comunità ecclesiale: “L’appello a vivere il dialogo… è stato una delle preoccupazioni fondamentali del Sinodo”; “La Chiesa-Famiglia ha la sua fonte nella Santa Trinità, dentro la quale lo Spirito Santo è la Relazione di Comunione. Essa sa che la qualità di relazione che permette una comunità è espressione del suo valore intrinseco. Questo Sinodo lancia un appello pressante a favore del dialogo all’interno della Chiesa e fra le religioni”[2].
Piena consapevolezza sui giovani dell’Africa
Queste quattro note – preoccupazione pastorale, concretezza, speranza, atteggiamento di dialogo – caratterizzano in modo chiaro anche la presa di posizione del Sinodo riguardo alla realtà dei giovani del continente africano[3].
In primo luogo, il Sinodo ha riconosciuto liberamente che, data la presenza massiccia dei giovani in Africa, qualsiasi progetto d’evangelizzazione che si rispetta deve assolutamente tenere conto di questi giovani: “Rappresentate più della metà della popolazione del Continente… Il sinodo auspica che si trovi una soluzione in seno ai singoli Paesi alla vostra impazienza di partecipare alla vita della nazione e della Chiesa”[4].
Ancora, qualsiasi piano pastorale basato sul modello Sinodale della Chiesa-Famiglia di Dio deve dare grande importanza alla “grande forza numerica” dei giovani, “Segno della benedizione divina su questa Africa che ama la vita e che la trasmette volentieri alle generazioni future”[5]. Il Sinodo era profondamente convinto di questo.
Secondo: il Sinodo ha preso sul serio la realtà concreta dei giovani in Africa. Notando con riconoscenza che la gioventù è una grandissima forza potenziale di bene, non ha distolto lo sguardo dai molti fattori che spesso operano insieme per frustrare lo sviluppo di quel potenziale: per esempio, lo sfacelo della famiglia, specialmente nell’ambiente urbano; l’effetto negativo di molti dei falsi valori proposti proprio ai giovani dai mass-media; un livello ancora alto d’analfabetismo, di disoccupazione; zone di denutrizione e d’abuso di stupefacenti; gli effetti del militarismo o del reclutamento dei giovani in fazioni o gruppi armati; problemi seri nel campo dell’educazione.
Il Sinodo ha identificato come maggiore responsabile della mancanza di sviluppo dei giovani in Africa “l’attuale modello economicista e materialista della società”[6]. In questo contesto ha offerto una parola di comprensione a “tutti i giovani africani dispersi a studiare nei Paesi del Nord e che, a causa della disoccupazione, non possono rientrare per mettere le loro capacità a disposizione del loro Paese d’origine”[7].
Terzo: il Sinodo ha pronunciato una parola di speranza su questa realtà: “Al cuore di tutte queste tempeste, la speranza per noi di uscirne risiede nel Redentore dell’Umanità che ci dona il suo Spirito affinché ci prendiamo risolutamente in mano”[8]. Ha riconosciuto nei giovani questa presenza di Cristo, facendo di loro “una fonte di dinamismo e di rinnovamento” per la Chiesa in Africa e per il continente[9].
Tale dinamismo si esprime, nota il Sinodo, in forme diverse: nel desiderio di partecipare, nel senso di responsabilità, nel fatto che i giovani si sentono chiamati ora ad essere soggetti, e non soltanto oggetto, dell’evangelizzazione del Continente: “I compiti dell’annuncio, dell’inculturazione, del dialogo, della giustizia, della pace e della comunicazione sociale che hanno richiamato in modo particolare l’attenzione del Sinodo, non possono essere realizzati appieno senza la generosità del vostro impegno”[10]. O, come ha insistito il cardinale Pironio nel suo intervento, citando l’Instrumentum Laboris del Sinodo, i giovani “sono infatti… protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale… Sono già una presenza attiva nella Chiesa e nel mondo d’oggi”.
Quarto: il Sinodo si è impegnato a stabilire, facilitare ed incoraggiare un dialogo continuato con i giovani, affinché possano “da subito… farsi carico dello sviluppo delle vostre nazioni, amare la cultura del vostro popolo e lavorare alla sua rivitalizzazione tramite la fedeltà alla vostra eredità culturale”[11].
Le risposte che emergono dal Sinodo
Su questo sfondo, quali sono state le risposte fondamentali offerte dal Sinodo nel suo dialogo con la presenza eloquente dei giovani in tutto il Continente Africano?
La visione di base che ha ispirato le risposte del Sinodo era: ogni persona giovane è chiamata alla santità[12]: perciò la priorità è annunciare il Vangelo in modo che i giovani siano portati ad un’esperienza profonda e personale dell’incontro con il Signore. “Il primo annuncio deve mirare a fare questa esperienza sconvolgente ed entusiasmante di Gesù Cristo che chiama e trascina al seguito in un’avventura di fede… La certezza di aver scoperto in Gesù ‘la gemma preziosa’ del regno di Dio opera una trasformazione che comporta una vita nuova”[13].
Il Sinodo ha presentato questa chiamata alla santità senza esitazioni: “L’esigenza primordiale alla vigilia del XXI secolo, in cui la nostra identità è come stritolata nella morsa di una storia impietosa, è che si facciano avanti dei profeti che parlino a nome di Dio della speranza per la creazione di una nuova identità. L’Africa ha bisogno di santi profeti”[14].
“Un’evangelizzazione che comportasse solo la dimensione dell’annuncio – aggiunge il Sinodo – sarebbe snaturata, poiché essa è un dialogo d’Amore dove l’inculturazione del Messaggio è il secondo momento necessario”[15]. Il Sinodo sentiva vivamente che l’inculturazione pone delle sfide particolarmente acute ed urgenti davanti ai giovani, specialmente quando – come spesso succede – sono avviluppati nelle contraddizioni e nelle confusioni create dal processo sempre più incalzante dell’urbanizzazione[16]. Alla preoccupazione per un adeguata inculturazione del Vangelo tra i giovani, il Sinodo associava l’importanza che attribuisce ai centri culturali e di ricerca, le università e gli istituti superiori d’educazione[17].
Per realizzare questa strategia d’evangelizzazione dei giovani tramite un annuncio adeguatamente inculturato, il Sinodo ha auspicato la preparazione di “piani pastorali globali” a livello di diocesi e di parrocchia[18]. Nell’ambito di tali piani, grande importanza deve essere data alla formazione dei giovani: una formazione che miri a portare i giovani a “scoprire presto l’importanza della generosità nella donazione di sé”[19] e di esser “uomini pienamente tali, perfettamente inseriti nel loro ambiente”[20]. Deve incoraggiarli ad impegnarsi per la giustizia e la pace (e per questo scopo si raccomanda calorosamente lo studio contestualizzato dell’insegnamento sociale della Chiesa) e ad esser presenti “nella nuova cultura che forma l’universo dei mass-media”[21].
I membri del Sinodo hanno anche dato un’importanza particolare ai seguenti elementi, nel rinnovamento degli atteggiamenti pastorali verso i giovani: la presenza, ritenuta ancora un punto di contatto significativo tra il Vangelo e il mondo dei giovani, della Chiesa nelle scuole; l’apostolato di sostegno e di promozione della famiglia cristiana, “che deve essere un luogo di crescita umana e spirituale per genitori, bambini, giovani ed anziani”[22]; coscientizzare i giovani laici riguardo ai loro diritti e doveri verso il bene comune[23] e ad essere presenti nel foro politico, perché “ci vogliono dei profeti per la nostra epoca, e tutta la Chiesa deve diventare profetica”[24].
Le vocazioni consacrate nella Terra Africana
Il Sinodo Africano situa l’approccio pastorale a quei giovani che sentono la chiamata alla vita religiosa e/o sacerdotale in questo contesto della vocazione universale alla santità, e della chiamata conseguente a tutti i giovani ad impegnarsi come soggetti nell’opera dell’evangelizzazione. Ovviamente, il Sinodo era conscio e grato della risposta generosa della gioventù africana al riguardo, e ringraziava volentieri il Signore per tale generosità. Allo stesso tempo, però, il Sinodo ha largamente manifestato la convinzione che questa grazia abbondante è, parimenti, una grave responsabilità di tutta la Chiesa africana. Prova di questa responsabilità riconoscente sono le numerose proposte ed indicazioni riguardanti tutto il processo di discernimento e d’accompagnamento vocazionale in Africa.
Riguardo al discernimento delle vocazioni il Sinodo ha insistito che deve essere sempre più serio ed effettivo. Ecco alcune delle principali tra le molte proposte fatte: rivedere gli attuali metodi e forme di discernimento vocazionale, facendo particolare attenzione a renderli più atti ad identificare e ad approfondire le motivazioni di un giovane nel considerare la vocazione religiosa o sacerdotale; tenere ben presenti nel processo di discernimento i fattori importanti come l’ambiente familiare del candidato, gli studi fatti, l’opinione del parroco e della comunità cristiana del candidato; riguardo alle vocazioni “adulte”, si propone un atteggiamento d’apertura assieme ad un discernimento particolarmente accurato.
Sono emerse delle proposte anche riguardanti la preparazione immediata all’entrata in una comunità religiosa o nel seminario maggiore: ci vorrebbe, per esempio, un consenso su un criterio nazionale riguardo al grado fondamentale d’educazione richiesto per l’ammissione alle strutture formative, e anche sull’istituzione di un periodo propedeutico inteso ad impartire una formazione cristiana di base.
I membri del Sinodo hanno invitato le comunità religiose ad un nuovo impegno d’autenticità, affinché la stessa testimonianza della loro vita divenga uno strumento effettivo di promozione vocazionale. In particolare, certi istituti religiosi, fondati semplicemente per rispondere ad un bisogno pastorale locale e specifico, sono stati chiamati a definire e a vivere più profondamente il vero carisma di fondazione[25]. Le comunità religiose sono state invitate, inoltre, a rivedere il loro modo di vivere il voto di povertà, in quanto la testimonianza alla semplicità è importante per la credibilità della vita religiosa in Africa. Questa preoccupazione è emersa di nuovo e con insistenza negli interventi dei vescovi africani al Sinodo sulla Vita Consacrata.
Il Sinodo ha richiamato l’attenzione sul bisogno di uno sforzo speciale di promozione vocazionale riguardo a due aspetti specifici della vita religiosa. Memori delle radici storiche in Africa della vita contemplativa, e della sua importanza contemporanea per l’evangelizzazione, i padri sinodali hanno richiesto ai vescovi di sostenere, con attenzione particolare, la vita contemplativa nelle loro diocesi. In secondo luogo – adombrando così un punto messo in risalto dal Sinodo sulla Vita consacrata – il Sinodo ha richiesto una nuova stima della vocazione del Fratello religioso, con il suo proprio carisma e servizio nella Chiesa[26].
Importante per il processo di promozione e discernimento vocazionale è stata l’insistenza del Sinodo sulla necessità di rafforzare il rapporto tra l’ambiente della casa di formazione e le radici e l’ambiente familiare del candidato. È stato proposto, per esempio, che il modo di vivere nei seminari sia modellato su quello delle comunità cristiane di base; ed è stata richiesta una semplicità maggiore nello stile di vita del seminario, raccomandando esplicitamente che i seminaristi si impegnino nel lavoro manuale, come segno effettivo della loro solidarietà con la loro gente[27]. Sulla stessa linea, i vescovi della Conferenza Episcopale del Kenya hanno richiesto la presenza di donne nel processo di discernimento e di formazione, sia come insegnanti sia come membri delle varie commissioni[28].
L’ora missionaria delle Chiese d’Africa
Uno dei risultati di più grande rilievo del Sinodo Africano – e che, bisogna dirlo, non è stato notato da molti commentatori – è stato il rendersi conto, con chiarezza e vigore, che il momento storico attuale è “l’ora missionaria” delle Chiese africane. Segno della loro maturità ecclesiale crescente, queste Chiese sentono sempre più forte la chiamata ad assumere la loro parte di responsabilità nella missione “ad gentes” della Chiesa universale.
La missione esplicita “ad gentes” è, secondo il Sinodo, frutto necessario di un incontro autentico con Cristo: “La fede porta in sé un’esigenza missionaria… che provoca uno strappo, destabilizza e immette sul cammino della missione verso l’interno e verso l’esterno fino ai confini della terra… (Lo Spirito di Cristo) spinge verso l’annuncio a tutti i popoli… Le nostre Chiese Locali devono bruciare tutte d’ardore missionario”[29].
Il Sinodo nota compiaciuto ed incoraggia le iniziative responsabili di promozione vocazionale svolte in Africa dagli Istituti Internazionali di Vita Religiosa, che condividono in questo modo il loro carisma “ad gentes”. E auspica il giorno in cui le Chiese dell’Africa “vedranno emergere dal loro seno nuovi istituti che dimostrino la loro sollecitudine per tutta la Chiesa”. Naturalmente, c’era anche un’espressione di dubbio e d’inquietudine riguardo alla promozione vocazionale inadeguata da parte di Istituti che non hanno una tradizione e/o qualche impegno apostolico in Africa; è stato ribadito che, specialmente in questi casi, la promozione vocazionale in una Chiesa Locale deve seguire un dialogo con l’Ordinario[30].
L’aspetto missionario della promozione vocazionale, secondo il modo di vedere del Sinodo, non si limita assolutamente alla sola vita religiosa. I partecipanti al Sinodo hanno chiesto, nella Proposizione n. 10, che siano coinvolti dei sacerdoti (diocesani) e laici africani nella missione ad extra nei paesi dell’Africa che hanno bisogno di agenti pastorali, come in altre parti del mondo. È significativo che per il Sinodo prendere sul serio il modello di Chiesa-Famiglia di Dio vuol dire anche una formazione sacerdotale che aiuti i candidati al sacerdozio diocesano ad essere aperti al servizio oltre i confini della propria diocesi[31].
Mentre scriviamo queste righe aspettiamo la pubblicazione dell’Esortazione Apostolica post-sinodale. Ma solo da questa breve presentazione, il processo sinodale fino a questo momento offre una base, ci sembra, per un dialogo ricco e fruttuoso tra le Chiese locali dell’Africa e il mondo dei giovani.
Note
[1] Messaggio finale del Sinodo, n. 2.
[2] Ivi, nn. 63 e 20.
[3] Ivi, n. 62.
[4] Ivi, n. 63.
[5] Ivi, n. 62.
[6] Ivi, n. 64.
[7] Ivi.
[8] Ivi, n. 31.
[9] Ivi, n. 62.
[10] Ivi, n. 63.
[11] Ivi.
[12] Ivi, nn. 14, 15, 49.
[13] Ivi, n. 9.
[14] Ivi, n. 15.
[15] Ivi, n. 13.
[16] Cfr. Propositiones, n. 16.
[17] Cfr. Messaggio finale del Sinodo, n. 53.
[18] Ivi.
[19] Propositiones, n. 15.
[20] Messaggio finale del Sinodo, n. 49.
[21] Ivi. nn. 49-50.
[22] Propositiones, n. 14.
[23] Messaggio finale del Sinodo, n. 34.
[24] Ivi, n. 33.
[25] Cfr. Propositiones, n. 16d.
[26] Ivi, n. 16 a) e c).
[27] Cfr. Messaggio finale del Sinodo, n. 61.
[28] Cfr. l’intervento di Mons. J. Njve.
[29] Messaggio finale del Sinodo, nn. 9 e 12.
[30] Cfr. Propositiones n. 16 e).
[31] Ivi, n. 8.