N.04
Luglio/Agosto 1995

La Marcia Francescana dei giovani verso Assisi

La Marcia verso Assisi, legata all’indulgenza della Porziuncola, il 2 agosto, è un appuntamento che da oltre quindici anni i Frati Minori Francescani offrono, attraverso i loro animatori vocazionali, ai giovani di tutta Italia, ma anche a piccoli gruppi di altre nazionalità. Nacque nel 1980 dall’intraprendenza di P. Rodolfo Cetoloni, e lo slogan era molto esplicito: “A piedi per le strade di Francesco dalla Verna ad Assisi”.

Vi parteciparono inizialmente solo un centinaio di giovani, ma tale fu l’entusiasmo per la novità ed il fascino dell’esperienza, che tutti i promotori decisero di farla propria. Si arrivò ben presto ad una partecipazione di più di mille persone – oggi circa duemila – e nel decimo anniversario ci fu l’incontro dei marciatori con il Papa a Castelgandolfo, per testimoniare la volontà di essere “pietre vive” lo slogan di quell’anno non a caso era: “Con Francesco serviamo la Chiesa”.

Nonostante la fatica dei “pionieri”, la marcia venne portata avanti come un servizio per i nuovi arrivati, tenendo conto del suo altissimo valore pedagogico teso a favorire il passaggio da una vita infantile a delle opzioni adulte; infatti, è risaputo che ogni stato di vita, matrimonio, vita consacrata e missionaria, sacerdozio ministeriale, non nasce a caso, ma è frutto di un paziente itinerario spirituale che matura in diverse tappe il cammino di fede.

Vivendo per alcuni giorni da “pellegrini e forestieri” i giovani hanno la possibilità di conoscere Francesco d’Assisi – da alcuni anni anche Chiara – ed alla luce della loro spiritualità, possono ripensare la loro vita, i loro progetti, la loro vocazione… per scoprire il loro posto nel mistero di Cristo e della Chiesa.

Noi Francescani già impegnati in questa spiritualità, vogliamo condividerla con tutti coloro che sono on the road, in ricerca, attraverso un’esperienza di fraternità dove l’itineranza, l’essenzialità, la preghiera, l’annuncio, il perdono e la gioia diverranno progetto che va oltre i giorni della Marcia e si concretizza nell’impegno di maturare nella fede una precisa scelta di vita.

 

 

 

Non si può aspettare l’occasione favorevole… bisogna crearla

Se una linea di disagio percorre i sogni di un giovane non c’è da preoccuparsi! È buon segno: c’è ancora in lui “fame e sete di giustizia” che è anelito ad essere di più, a vivere felice. Chi sente di star bene non cerca più, sopravvive, si ferma a consumare tutto finché si trova a sua volta consumato.

La Marcia Francescana verso Assisi è un modo di lasciarsi “inquietare” da Dio, lasciarsi mettere in cammino, lasciarsi lavorare, sollecitare… che molte migliaia di giovani hanno già sperimentato, funzionante al superlativo, per cambiare, crescere, avere risposte, passare dalle idee astratte al pratico, dai sogni alla realtà e portare a soluzione problemi che appesantiscono l’esistenza.

Francesco d’Assisi è un maestro; alla sua scuola si scopre il segreto della felicità: camminare nei suoi passi equivale a lasciarsi guidare da “una scia di luce”.

Lui, lui solo ha cantato sempre, ha cantato tutto: la vita, la creazione, il Creatore, persino… la morte, e siccome la gioia è il criterio ultimo di tutte le cose di lui ci si può fidare. Come i genitori di oggi anche Pietro di Bernardone non faceva mancare nulla a suo figlio: denaro, divertimenti e prestigio sociale… Ma Francesco insoddisfatto “fa una marcia” e scopre la truffa: quel segreto veleno che inquina la sorgente di ogni gioia.

Ecco la novità: ci vuole una marcia, magari una marcia in più, cioè un’esperienza forte con altri giovani per riappropriarsi del gusto della vita, del rischio, dell’avventura.

Come Abramo, come Mosè, come tutti anche i nostri giovani sono chiamati ad uscire dalla loro terra, dal loro Egitto, dalla loro condizione servile per raggiungere la terra promessa della maturità umana e cristiana dove possono fiorire la libertà, la gioia, l’amore… la vita eterna.

Bisogna liberarsi da tutto quel bagaglio di idee, convinzioni e mode che ci sovrastano e fanno tristi i nostri volti, dopo aver innescato una strana bramosia di bruciare la vita.

“Esci dalla tua terra… e t’indicherò” è la voce di Dio che sollecita colui che lo ascolta; è il soffio dall’alto che fa avvertire il peso delle catene, che spinge ad uscire da questo Egitto, terra di egoismi, di profitto e di esasperata competitività. È il soffio dello Spirito che svela una realtà già intaccata da germi di morte e mette a nudo il progetto del Faraone di pianificare la vita fin nei dettagli, espropriandoci della natura, delle nostre risorse, del nostro futuro.

Urge un’alternativa: l’unico destino degno di essere cercato da un giovane è, quello del gabbiano Jonathan: abbandonare lo stormo “buon appetito” perché ha scoperto di essere stato creato a immagine e somiglianza del “Grande Gabbiano”. Marciando con Francesco si scopre finalmente in lui il compagno da sempre cercato. Questa volta non si resterà delusi.

 

 

 

Nelle scarpe dei marciatori

La marcia ha una spiritualità, riscritta anno dopo anno dalla testimonianza di tutti i giovani che hanno risposto all’invito e hanno intrapreso l’itinerario di ricerca di se stessi e di Dio, aiutati da frate Francesco: ascoltiamo qualcuno di loro.

– Rileggevo alcuni giorni fa, i Racconti di un pellegrino russo. Da una frase che lo “meravigliò” si decise tutta la sua vita: questa divenne un itinerario dietro e intorno a quella frase. Fu come un “inseguire” e “essere” in qualcosa che ti è entrato dentro, ti riempie e nello stesso tempo ti trascina continuamente, tifa uscire alla scoperta di questo mistero che ti ha preso. Un po’ come una malia, o un innamoramento, una fissazione… Nella nostra vita accade qualcosa di vero, di bello, quando si apre (per ricerca o per dono?) una breccia su qualcosa o qualcuno che sia capace di risucchiare la nostra esperienza, di tirarla fuori da sé, di farla diventare come un “inseguimento”, una “sequela”.

– Via via che sei dentro la marcia la senti come dimensione naturale dell’uomo: l’uomo non ha radici abbarbicate come le piante, l’uomo è un nomade, un itinerante. Queste realtà non le viviamo più molto sulla nostra pelle, e anche se ci muoviamo molto di più, lo facciamo con dei mezzi meccanici, standovi seduti dentro (auto, treno, aereo…). Sperimentare questo di persona relativizza tanti valori imposti dalla vita stabile e sedentaria (dalla poltrona, alle mura, alle proprietà private…). In questo lasciare le sicurezze e tendere verso una meta ritroviamo una delle più antiche formule di fede del popolo di Israele: “Mio padre era un arameo errante” (Dt 26,5). Anche il Nuovo Testamento parla dei cristiani come di “stranieri e pellegrini” (1 Pt 2,11). La nostra vita è un esodo, un uscire continuo da una realtà per entrare in una realtà nuova: usciamo dal seno di nostra madre per entrare nel deserto del mondo, usciamo da un istante per entrare nel successivo, usciremo dalla vita per entrare nella luce di Cristo.

La marcia è una fatica feconda che, forse perché gratuita, fa ritrovare il senso positivo del sacrificio e fa uscire dalla “fatica di vivere”, da quelle tante fatiche senza sbocco che ci schiacciano e non ci fanno crescere. È esperienza di farsi fratello-sorella, nella piena condivisione. Questa all’inizio è un po’ “costretta e sopportata” ma poi via via diventa “goduta”: si condivide il tempo, il cibo, la fatica, le parole e la… Parola. È l’esperienza del popolo d’Israele che diviene comunità camminando nel deserto; è l’esperienza del singolo, il quale scopre che l’essere nella comunità è vitale.

È l’esperienza di essenzialità: come ci accorgiamo di avere troppe cose negli armadi e nei cassetti quando si deve preparare lo zaino, e come ci si accorge di esserci sempre portati dietro troppa roba! È essenzialità anche interiore: la marcia spesso riesce a “smontare”, ti fa venire a galla come sei attraverso l’accettazione degli altri verso di te, attraverso la fatica che fai… E l’esperienza di riflessione e di formazione che ogni anno ha alcuni punti fermi ed una linea di sviluppo unitario.

– Tra le costanti di quest’esperienza ricordiamo: la riconciliazione, il perdono, il Tau, i luoghi santi francescani, il silenzio, la gioia, il canto, il rapporto con la Parola, i testimoni … ma anche l’avventura, l’inatteso, la precarietà. È un po’ anche una “carta d’identità”, ai nostri incontri capita tante volte che uno si presenti così: “Ho fatto una, due, tre marce…”. È un po’ una malattia, o un marchio: un sigillo… Quelli del Tau! Quelli della Marcia! Vi sarebbero altre cose che descrivono la marcia: i problemi organizzativi, logistici, medici, liturgici … la traccia preparata ogni anno che fa da itinerario spirituale a tutti i gruppi e lega fra loro, intorno ad un unico tema, esperienze diversissime. Nessuna di queste cose è meno importante di quelle già dette.

– Vi sono esperienze personali che via via hanno trovato nella marcia un seme o il terreno adatto per germogliare: scoperta o chiarificazione della propria vocazione; crisi della propria vita e inizio di conversione; incontro che è diventato amicizia profonda e talvolta vita di coppia. Tutte queste realtà hanno però uno “strano” marchio comune: anche se personalissime… non ci hanno staccato dai compagni di cammino.

– Da sottolineare il contatto-esperienza con la spiritualità francescana, che è avvenuto usando le preghiere ed i testi francescani, ma specialmente attraverso alcune categorie tipicamente “nostre”: l’itineranza, la precarietà, la fraternità, la letizia… Non se ne è parlato: si sono vissute! Fondamentale è anche l’impatto con la vita contemplativa: giungere ad un monastero e vivere il senso dell’oasi, della sosta che complementa, accoglie e arricchisce il cammino.

– La marcia è di per sé una missione: questo piccolo popolo in cammino è esso stesso un segno, un annuncio; tuttavia sa anche ricevere e comunicare la Parola in un rapporto di ascolto, di meditazione e di annuncio esplicito, sia all’interno della marcia che come suo sviluppo quando si è chiamati a partecipare ad un saggio di “missione al popolo” durante qualche tappa nell’incontro con le comunità locali (paesi, parrocchie, istituti). La marcia è accorgersi di non essere soli nella strada verso il Padre, ma di essere un piccolo popolo amato dal Signore dietro a Francesco sulle orme di Gesù Cristo.