N.06
Novembre/Dicembre 1995

La mia via all’amore verginale

 

Un ricordo: “l’amore verginale è impossibile”

Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso (Mt 19,11)

 

Come succede con le fotografie, che fissano insieme all’immagine i dettagli e le emozioni di una certa situazione anche molto lontana nel tempo e la fanno rivivere nella memoria, così mi accade quando ricordo questo assioma ben radicato nella mia mente alle soglie della maggiore età. Nella sua semplicità e assolutezza infatti, rende assai bene la schiavitù nella terra di Egitto dalla quale il Signore mi ha fatto uscire fino a convincermi lungo questi anni, e soprattutto a farmi vivere oggi dell’esatto contrario, con una semplicità e naturalezza assolutamente inimmaginabile allora. Volutamente dico: “naturalezza”  perché a quel tempo pensavo che per un uomo l’amore verginale fosse “contro natura” come l’omosessualità, o nascostamente soddisfacevano i loro “bisogni sessuali naturali” come di fatto la cronaca dei giornali talvolta con crudezza o ironia riportava.

Mi rendo perfettamente conto che tale teorema con i suoi corollari, soprattutto agli orecchi di chi è consacrato da parecchi anni, suona come una ingenuità tipica del periodo adolescenziale. Purtroppo però si tratta di una “ingenuità” molto diffusa anche tra i giovani e le persone adulte che ho successivamente incontrato… È una menzogna che psicologi e psicoanalisti non cattolici continuano a divulgare introducendo, perfino nella cultura teologica, il concetto di bontà e necessità del matrimonio per i sacerdoti o della liceità morale della masturbazione per il consacrato che deve superare un momentaneo periodo di stress (si vedano le recenti affermazioni di alcuni teologi tedeschi abbagliati dalle parzialissime conclusioni umane di queste scienze che studiano la psiche).

Adesso che sto per essere ordinato presbitero della Diocesi di Roma e ho “rinunciato” all’amore di una ragazza che amavo veramente più della mia vita e con la quale sono stato fidanzato per circa sette anni di continua crescita nell’amore, se penso a ciò che credevo e alla gioia e alla pace che provo oggi, con la viva coscienza di aver risposto ad un Amore più grande che mi chiamava e mi chiedeva l’offerta di tutto me stesso (più che una qualche rinuncia a qualcuno o a qualcosa), non riesco a non stupirmi dei prodigi che il Signore ha operato dentro di me, e sento il bisogno di testimoniarlo e di benedire anch’io il Padre che ha tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli… Il Dio che aprì il Mar Rosso davanti a Israele, ha aperto davanti ai miei occhi un mare di superbia e impurità. Egli è Colui per il quale “l’impossibile è possibile”… Colui che sa “vendicarsi” sempre e solo sovrabbondando in un amore Onnipotente che prima ti lascia libero di sbagliare, poi permette che provi la fame perché tu possa rientrare in te stesso e intuendo la verità desiderare di cambiare. Infine ti cambia e si conquista uno “che per l’innanzi era tutto l’opposto, mentre ora va annunziando questa buona notizia del suo Amore concreto ed efficace”, con l’evidenza della propria trasformazione.

Così, quando i ragazzi, che incontro nelle scuole o in parrocchia mi fanno le inevitabili domande sulla vocazione e in particolare sul celibato dei preti o sulla castità in se stessa, verso la quale nutrono infiniti dubbi o riserve per ciò che riguarda il suo reale esercizio e gli effetti sulla persona e di cui comunque non capiscono il senso e la finalità… proprio a me che pensavo esattamente come loro e che progettando della mia vita dicevo con sicurezza: non sarò mai e poi mai un prete a causa della verginità richiesta nonché per il grandissimo desiderio di avere una moglie e dei figli da amare e da cui essere amato… Proprio a me il Signore ha fatto questo “scherzo da prete”: sperimentare il suo Amore verginale e onnipotente al punto da non desiderare altro che vivere per viverlo a mia volta e per testimoniarlo a chiunque Egli in qualche modo aveva già legato nella fede e dall’eterno alla mia risposta di amore a Lui.

 

 

 

Il fidanzamento: scuola di amore verginale

Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno (Rm 8,28)

 

Sembra paradossale, ma è proprio quello che è successo. Il Signore si è servito di circostanze e persone diverse, ma soprattutto del periodo di fidanzamento per condurmi all’amore verginale. È stato per mezzo di una ragazza perfetta che il “Padre di tutti, presente in tutti, che agisce per mezzo di tutti” mi ha donato nell’ordine: la continenza nel corpo, la purezza dei pensieri nella mente, la castità del cuore. Quest’ultima in particolare – che a mio avviso è strettamente legata alla fedeltà verso l’amato – è venuta in modo curioso: attraverso una terribile gelosia, davvero patologica, di colei di cui ero innamorato. La sua sofferenza infatti per qualsiasi persona di sesso femminile che con abiti succinti potesse attirare anche solo un mio sguardo (compresi i cartelloni pubblicitari), il malessere che la colpiva per qualsiasi amico o compagno di studi che concentrasse il mio interesse o trascorresse un maggior tempo con me di quanto ne poteva trascorrere lei… mi spinse a poco a poco, per amor suo, a controllare e dominare ogni possibile “concupiscenza degli occhi e della carne” come anche a vigilare sulla purezza di tutte le relazioni con le persone che avevo accanto. Fu così che accettando lei incondizionatamente, pur cercando di capire le cause di questa difficile situazione attraverso il dialogo sincero (sempre tenacemente cercato ed esigito dall’amore vero), lei finì per guarire dalla sua gelosia, e io da quella impurità interiore che i ragazzi purtroppo acquisiscono fin dalle scuole medie tramite discorsi, giornali, immagini, testi di canzoni e programmi televisivi abilmente promossi e diretti dal “principe di questo mondo” e “nemico dell’umana natura” per dirla pure con S. Ignazio di Loyola.

Il giungere all’amore verginale non è stato quindi come dare un colpo di bacchetta magica! E per questo che vorrei anche qui far notare la consistenza del termine utilizzato: “fidanzamento” … il quale appunto indica uno stato di cose (relazioni, progetti ecc.) ben diversi dal semplice “stare insieme” finché và come sono abituato a sentire. Significa un andare al di là dell’innamoramento e delle emozioni che esso inizialmente procura, e le quali prima o poi passano, per impegnare invece tutto se stessi fin dall’inizio… Implica una “volontà” di amare che richiede donazione e rispetto della persona germinalmente amata, che costa anche sacrificio ma che ripaga oltre qualsiasi ipotizzabile misura. Essere fidanzati vuol dire concepirsi all’interno di un dinamismo che ha ben chiaro sullo sfondo il matrimonio cristiano e in qualche modo già lo rende presente gettandone le fondamenta. Così infatti accade con il progetto di un qualsiasi edificio e la sua realizzazione materiale, così come l’Incarnazione contiene già il Natale e il Natale di Gesù è in vista della sua Pasqua e della nostra santificazione. Fidanzarsi nel Signore significa fidarsi dell’insegnamento della sua Chiesa e ritenere le norme che i suoi pastori danno nell’ambito della sessualità come provenienti da Lui stesso, al solo fine di rendere felici coloro che furono e sono creati “maschio e femmina” perché fossero “una sola carne” e formassero una sola comunione d’amore feconda ad immagine della SS. Trinità.

Dunque, è soltanto attraverso questo tipo di fidanzamento che ho gradatamente imparato ad amare… cioè ad accettare, ad accogliere e a donarmi (senza condizioni o pretesa di retribuzioni), prima colei che avevo vicino e successivamente in famiglia, in parrocchia, all’università. Più crescevo nella purezza dell’amore più mi rendevo conto di amare veramente, e che l’amore fra me e la mia fidanzata cresceva di qualità e d’intensità nonostante gli alti e i bassi dell’umore e le normali difficoltà quotidiane. Attorno a noi invece coppie collaudate si esaurivano e si sfasciavano avendo consumato in anticipo ciò che, solo quando è maturo e benedetto da Dio, diventa una nuova generazione o fonte di rigenerazione continua dell’amore e perciò possibile e doveroso da consumare.

Così mentre vivevo questo granello di senapa di un tipo nuovo di amore… “puro” appunto, ne contemplavo la forza nella sua piccolezza e vi riflettevo sopra; ero inoltre contemporaneamente nutrito dell’Amore purissimo in Persona che è Dio nella sua Parola, nei Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione. Avevo anche ricevuto la grazia di una seria direzione spirituale, e sforzandomi ogni giorno di rimanere nel suo amore tramite la preghiera personale, quella comunitaria, e il servizio in parrocchia, mi succedeva di amare sempre di più la mia fidanzata ma molto di più Colui dal quale ogni vero amore proviene. E cominciai allora a intuire cosa può succedere in chi si fa eunuco per il Regno dei cieli. Per la prima volta sorgeva in me stesso il problema e il desiderio di consultare il Signore circa i miei progetti, di conoscere e di fare il suo volere a qualsiasi costo, anche a quello di sacrificare l’amore che avevo per la mia fidanzata. La fiducia in un Dio che ormai sperimentavo essere veramente Padre Onnipotente, l’esempio di Abramo nostro padre nella fede pronto a sacrificare la persona che più amava, erano ragioni del cuore che la ragione cercava anch’essa di comprendere: “Considerate le generazioni passate a riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi ha perseverato nel suo timore e fu abbandonato? O chi lo ha invocato ed è stato da Lui trascurato?” (Sir 2,10).

Una sera pregai il “Padre nostro” con una sofferenza e una intensità di fede, speranza e amore che non avevo mai provato prima di quella volta, poiché mettevo in quel “sia fatta la tua volontà” tutti i miei desideri ed il futuro con la persona che amavo. Da allora credo di aver cominciato ad essere una terra vergine… e se tutto questo sembrasse a chi legge ancora troppo strano, non mi rimane che appellarmi a quelle parole del Maestro che indicano la presenza e il confine di un mistero legato a Lui: “Chi può capire, capisca” (Mt 19,12).

Tramite il fidanzamento però ho capito, e soprattutto sperimentato, che l’amore di Cristo per la sua Chiesa è l’amore di uno “sposo” (quanto è ben sottolineato dal Papa nella Pastores dabo vobis la dimensione sponsale del presbitero!)… un amore verginale e puro che nell’Incarnazione nel grembo “verginale” di Maria è unitivo della sua natura divina e della nostra natura umana, mentre nella donazione di se stesso fino alla morte sulla croce è amore verginale fecondo. Grazie al fidanzamento con la ragazza suddetta ho potuto immaginare in seguito cosa debba essere la gelosia di Dio, cosa significa cioè in concreto che noi apparteniamo a un “Dio geloso”, e che il nostro corpo è “tempio dello Spirito Santo” … ho perfino riscoperto e maggiormente apprezzato, nel suo amore verginale, la grandezza e il ruolo di S. Giuseppe: capo/servitore, responsabile e custode della Chiesa nascente pur essendo parte integrante di essa; educatore del Gesù bambino presente in tutti i battezzati che sono veri figli dell’Unico Vero Padre; sposo castissimo della Vergine Maria la quale è immagine e modello della Chiesa che genera i figli di Dio per opera dello Spirito Santo… S. Giuseppe è patrono della Chiesa universale (sebbene sia molto dimenticato) nonché grande modello e intercessore per i sacerdoti e tutti i vergini del Regno dei cieli. Se lo si disturbasse maggiormente nella preghiera forse non avremmo tanti scandali di preti e di vescovi che lasciano il ministero sacerdotale a causa della purezza!

Per rendere omaggio fino in fondo alla fedeltà del Signore, devo dire infine che terminando tale cammino di maturità umana e di fede nel fidanzamento, e appurata la consistenza e la verità della mia chiamata all’amore verginale nel sacerdozio, la ragazza perfetta di cui vi ho accennato non solo ha “capito”, ma nonostante l’inevitabile e immediata sofferenza ha anche “accettato”, e poi “accolto” attivamente questa rinuncia che, il Padre di entrambi, in qualche modo rivolgeva non solo al sottoscritto ma pure a lei. La sua gioia e serenità sono risultate ai nostri comuni amici più strabilianti del mio ingresso in Seminario, e il nostro amore di fidanzati già crocifisso, morto, sepolto e “nascosto con Cristo in Dio” è risorto con Lui il terzo giorno in un modo completamente nuovo, sublimato e trasfigurato tanto che io stesso non trovo le parole per descrivere o definire che tipo di amore puro è. Queste sono le parole che mi ha scritto di recente in un biglietto augurale per il Natale ‘94: “Anche se non più uniti, insieme ci avviamo in questo cammino di abbandono alla Divina Provvidenza… È straordinario come tutto cresca ancora malgrado in due giardini diversi. Ecco, io mi sento un po’ così: un seme posto nello stesso vaso in cui eri stato seminato anche tu, cresciuto e curato insieme a te e fortificato dalla tua presenza; diventato fiore come te, una coppia profumata e colorata grazie alle premure del nostro Giardiniere il quale, al momento giusto, ha operato la difficile scelta di separarci per piantarci in due luoghi diversi e donare ad altri quello che abbiamo ricevuto e che ci siamo scambiati per lungo tempo. A me piace molto il tuo giardino… spero che anche il mio presto smetta di essere un cantiere. Comunque, non smetto di schiudermi al mattino e di donare il mio profumo e i miei colori a chi mi circonda, pensando che anche tu stai facendo lo stesso. Con un mondo di bene BUON NATALE”. Mi vengono alla mente (e non posso fare a meno di ammirarne la profondità alla luce di quanto sopra) le parole del Papa nella sua lettera ai sacerdoti nel Giovedì Santo 1995, quando si esprime a proposito del ruolo della donna nella vita del sacerdote e in particolare del suo essere “sorella” nella relazione con lui… Forse si tratta di questo tipo di amore quello che ora sperimento? Non credo di ingannarmi a pensare che sia veramente così.

 

 

 

Lo Spirito Santo: Oggetto e Soggetto dell’amore verginale

Sapendo che non avrei ottenuto la capacità di essere casto, se Dio non me l’avesse concessa – ed era proprio dell’intelligenza sapere da chi viene tale dono – mi rivolsi al Signore e lo pregai (Sap 8,21 nel Com. delle vergini)

 

Mi sono maggiormente soffermato sull’esperienza del fidanzamento perché esso ha avuto una grande importanza “relativa” al mio cammino, tuttavia questo non vuol significare affatto una precedenza nell’ordine della cronologia o dell’importanza “assoluta” rispetto alla maturazione verso l’amore verginale. Ci sono state infatti anche delle persone concrete che senza saperlo mi hanno testimoniato la piena “realizzazione umana” dei vergini consacrati, e hanno così contribuito all’abbattimento di molti muri. Ma guardando oggettivamente e realisticamente alle cose accadute vedo come il primato spetta decisamente alla preghiera costante ed insistente, e dunque a Colui che pregando dentro di noi “con gemiti inesprimibili” , ne è allo stesso tempo l’“Artefice e il Dono-Persona” (cfr. Dominum et vivificantem) che si riceve; lo Spirito Santo… il “Dito” di Dio Padre promesso ed effuso dal Signore per rendere idonei i suoi Discepoli a svolgere il ministero affidatogli e per testimoniare l’Amore-Sorgente del Padre, l’Amore-Incarnato nel Figlio, l’Amore che unisce il Padre e il Figlio informando di se tutte le cose, conformando l’uomo all’immagine del vero uomo e vero Dio, trasformando un figlio d’uomo in un vero figlio di Dio.

Sotto l’influsso di tale “Ospite dolce dell’anima” ho cominciato a chiedere dapprima “cose buone” (grazie materiali o spirituali per attuare il Vangelo nella mia vita), in seguito “ciò che è buono” (la santità che Dio ordina a tutti i battezzati), e quindi il “Sommo Bene” cioè lo Spirito Santo stesso, la Grazia increata con la quale riceviamo tutto il resto. È il “resto” , compresa la castità e la scelta dell’amore verginale, è veramente venuto quasi da solo, anche se gradatamente e senza che mi fosse risparmiata la fatica della mia collaborazione. Considerando infatti lo sforzo che ho prodotto da me solo (e che se la Grazia non avesse provocato, accompagnato e sostenuto neanche ci sarebbe potuto essere) e la situazione finale, rispetto a quella di partenza e a quella venutasi a creare con il fidanzamento… io da laureato in ingegneria qual sono non riesco a spiegarmi come tutto ciò sia potuto succedere e realizzarsi sotto i miei occhi se non credessi alle parole del Maestro sull’efficacia della preghiera nonché nell’azione delicata ma irresistibile dello Spirito Santo. Nessuno potrebbe mai vivere un amore verginale e perfino capirne qualcosa e parlarne a mio avviso, se non fosse per l’intervento dello Spirito Santo che è ad un tempo: l’Amore Onnisciente col quale Cristo prega e intercede dentro di noi perché possiamo ricevere l’Amore in Persona, lo Spirito del Padre e del Figlio appunto cioè “l’Amore-Persona” che li unisce e li fa essere una cosa sola (“l’Amante, l’Amato, l’Amore”) e che costituisce la loro stessa Vita… Eterna. Egli quindi è il “segreto dell’amore verginale” dei chiamati per questa via da Dio, ed è il vero “direttore spirituale” del loro cammino incontro al Padre nella totale assimilazione alla verginità di Cristo a cui è legata anche quella di Maria SS. Regina delle Vergini. Non voglio allontanarmi dal tema della vicenda personale… ma questa è davvero parte integrante e anzi fondante della mia esperienza di crescita verso l’amore verginale! Il senso e la radice della vita, come della verginità per il regno dei cieli e di quant’altro di buono esiste, è la SS. Trinità:… il Padre la radice, il Cristo la condizione di possibilità e il modello, lo Spirito Santo l’operatore e il perfezionatore, l’uomo un collaboratore tramite l’umiltà della preghiera, l’assiduità ai Sacramenti, la buona volontà di mettere in pratica i suggerimenti della Parola. In altri termini a me sembra semplicemente di essere stato mosso nella mia coscienza dallo Spirito a bussare con la preghiera alla “porta” che è il Figlio, e di aver ottenuto in dono dal Padre la capacità di un amore naturalmente (cioè nella sua normalità) casto. Per quanto mi riguarda, il celibato dei preti non è dunque soltanto una “prassi” – peraltro importante – né una “legge ecclesiastica”, anche se concretamente molto utile; tantomeno una “limitazione frustrante” o qualche altra simile definizione il cui concetto purtroppo è largamente diffuso; né un’ascesi fine a se stessa o finalizzata ad una imitazione di Cristo decisa da sé perché “superiore” al matrimonio. La mia esperienza personale me l’ha mostrata come la conseguenza pacifica di un “dono” …che il Signore fa a “quelli che Lui volle” e chiama, per renderli capaci di amare tutti senza appartenere a nessuno all’infuori di Lui, e per renderli capaci di ricevere tutto dalle sue mani e riversarlo su tutti quelli che la sua Provvidenza ha disposto di unire alla loro felicità e salvezza.