N.06
Novembre/Dicembre 1995

Vie di educazione all’amore verginale

Ci si è chiesti se è nelle possibilità umane il vivere la verginità. Qui ci chiediamo se è possibile educare alla verginità. La risposta alla prima domanda condiziona la seconda. Se è vero che essa è un dono straordinario che il Signore concede alla sua Chiesa mentre ancora cammina nel tempo, affinché inizi già a sperimentare e desiderare “le cose di lassù”, è vero anche che questo seme ha bisogno di un terreno che gli permetta di crescere.

 

 

 

Il dono

Il celibato per il Regno o l’essere vergini per il Signore (cfr. 1Cor 7,31-35) è dono misterioso e imprevedibile (“non tutti possono capirlo”: Mt 19,10-12) che solo il ricevente, che si fa piccolo, trova comprensibile dentro il suo rapporto di fede con il Signore morto e risorto; mentre al mondo con tutta la sua sapienza e intelligenza non è dato di capire una realtà che va a toccare la profondità dei misteri del Regno dei cieli. Nessuno può pensare di ottenere questo dono da Dio, né con una preghiera intensa o insistente, né con un comportamento perfettamente casto, anche di continenza assoluta (ne abbiamo dei casi nelle religioni orientali). Esso è un carisma che il Signore dà nella più pura gratuità a chi vuole lui, secondo i suoi pensieri. Nessun sforzo previo o nessuna opera buona ci sono chiesti per ottenerlo.

Questa realtà teologica, ha una conseguenza importante per l’annuncio del valore della Verginità e per l’educazione dei giovani (e degli adulti) a viverlo. Un conto è la castità, valore indispensabile per vivere il radicalismo evangelico, a cui tutti sono chiamati, in tutti gli stati di vita, cioè per seguire Cristo con un cuore come il suo, casto e unificato nell’amore del Padre. Essa è uno dei frutti più belli del Battesimo e della fede, che ci fa “otri nuovi” per il vino migliore che Cristo è venuto a portare trasformando la nostra incolore e insapore umanità. A questo valore devono essere educati tutti e fin dai primi anni di vita, là dove si manifestano quelle energie affettivo-sessuali (dentro le fasi di sviluppo della fanciullezza, dell’adolescenza, della giovinezza, fino alla maturità), che predispongono alle relazioni interpersonali in modo più o meno maturo. Un compito che spetta a tutti gli educatori: dai genitori, ai catechisti, alla comunità cristiana.

Un altro conto è la Verginità. Alla castità tutti sono chiamati e predisposti, qualsiasi vocazione particolare abbiano; alla Verginità non tutti sono chiamati e predisposti; anche numericamente sono pochi, solo un “fermento”, un “granello di senape”. Essa è radicata nella consacrazione del Battesimo, ma è dono nuovo e specifico, carisma dato alla Chiesa perché sia madre feconda anche nello Spirito. Alla Verginità si devono educare quindi specificamente questi chiamati. Essi, infatti, dovranno vivere, se rispondono alla vocazione, nella continenza perfetta; dovranno imparare ad amare tutti e indistintamente, con lo stesso cuore di Dio e di Gesù (ma anche di Maria), preferendo anzi i meno amabili e i meno amati umanamente; dovranno imparare (avendo come maestro interiore lo Spirito) a sacrificare tutto, corpo e spirito – compresa la predisposizione naturale alla vita matrimoniale -, alla attesa del Regno, per affrettarne la venuta. È il compito che di solito svolgono gli Istituti di vita consacrata e i Seminari con educatori, ambienti, esperienze e cammini già noti e diffusi.

La distinzione fatta sopra non deve divenire però una separazione: la chiamata a seguire Cristo nella castità o nella Verginità sono collegate, una è per l’altra, in modo diverso. Solo chi accoglie la grazia di una vita casta e la pratica con un amore puro verso tutti, è capace di accogliere il dono speciale e “nuovo” della Verginità per il Regno. D’altra parte la presenza nella vita della Chiesa di questo “vino nuovo” che è la Verginità, provoca, attira, rende credibile a tutti i cristiani una vita così diversa da quella del mondo come quella caratterizzata dalla castità.

 

 

 

Il compito

L’elemento centrale del cammino educativo che è comune a queste due realtà, è l’educazione all’amore casto che ha un riferimento obbligato nella vita di Gesù: egli ha amato da casto per tutta la vita; e da adulto non si è sposato, ma ha vissuto nella Verginità. La Chiesa ci chiama perciò, annunciando il Vangelo, ad “amarci come lui ci ha amati” e ci mette davanti gli esempi di schiere sempre crescenti di santi. Il cammino generale dell’educazione a questo valore (insieme dono e compito, nell’inestricabile relazione tra grazia e natura dove tutto è dono di Dio. Ma nulla avviene senza la partecipazione libera ed amante dell’uomo), va dall’interiorizzazione di esso fino a farlo divenire una delle caratteristiche dell’ideale di sé, alla sua espressione in una serie di atteggiamenti, che si concretizzeranno in una miriade di comportamenti.

– Essendo la castità naturale una realtà possibile (l’uomo in tutte le sue relazioni interpersonali è influenzato dal suo mondo emotivo conscio o inconscio, ma mai determinato), ma sempre ambivalente, il primo compito è l’annuncio del valore: far conoscere Gesù Cristo che sia relazione da casto con tutti: col Padre, con la sua famiglia umana, con i discepoli, con le donne, con i bambini, con i poveri… Poi si deve approfondire l’importanza missionaria di questa scelta di vita che autentica l’annuncio e la venuta del Regno. E qui inserire l’annuncio kerigmatico personale e diretto: “Gesù Cristo ama anche te, oggi, nello Spirito, con quello stesso amore”. Il cammino va dal ricevere l’annuncio dell’amore casto, all’essere e sentirsi amati, all’impegno di amare: per dare qualcosa di ciò che si è ricevuto gratuitamente.

 

– Allora emergono gli atteggiamenti dell’amore casto: qui Paolo, soprattutto nella parte esortativa delle sue lettere maggiori (Romani, Corinzi, Colossesi, ma anche Efesini) ci è maestro grande. Nessuno può dimenticare l’inno alla carità, le parole alle sue comunità, il suo amore casto e fortissimo per coloro che aveva generato alla fede, le parole agli sposi, ecc. L’elenco degli atteggiamenti che possono esprimere l’amore potrebbe essere lungo e dettagliato, basta una semplice ricerca biblica. L’educazione a questi atteggiamenti comunque sarà possibile se ben motivata dal valore finale già detto e se non sarà ridotta ad una semplice assunzione di comportamenti moralmente corretti: essi devono rimanere frutto dello Spirito, della Grazia e della fede, della preghiera e dei sacramenti. Altrimenti non sarà amore casto ma volontarismo, eroismo umano, autoimposizione destinata al fallimento.

 

– Certo un’attenzione grande dovrà essere data al fatto che naturalmente noi siamo predisposti a delle forme di amore umano, ma anche ci portiamo dentro le tendenze inquinate della concupiscenza (l’egoismo, l’orgoglio, la sensualità…), e il peccato può segnare e ostacolare lo sviluppo di questi atteggiamenti. La formazione non può fare a meno di un itinerario penitenziale e di riconciliazione continua con Dio, la comunità, se stessi (psiche e corpo).

 

– L’altra attenzione va data al fatto che alcune predisposizioni in noi sono potenzialmente favorevoli all’amore casto, ma altre no, anche senza che noi ne abbiamo sempre coscienza. Una parte della nostra affettività è in lotta contro i “desideri dello Spirito” e non è conciliabile. Non tutto può essere canalizzato o “sublimato” come vuole una visione ingenua, ottimistica dell’uomo (e smentita anche sperimentalmente). L’educazione alla lotta fa parte dell’educazione all’amore casto: senza drammatizzare, senza immettere scrupoli o ossessioni, senza pretendere perfezionismi, senza demonizzare tutte le energie sessuali, affettive, amicali; ma la lotta è necessaria. Perché ci è chiesta una rinuncia ad una gratificazione importante di alcune tendenze attraenti, senza compromessi e cedimenti; e non si può rinunciare a realtà così radicate nella nostra “carne” senza la Grazia, senza forti motivazioni evangeliche interiorizzate, senza una lotta costante e vigilante. La croce gloriosa di Cristo resta l’icona della chiamata ad amare oltre l’eros, oltre la filìa, nella caritas. Chi sa crocifiggere le sue passioni negative, avrà la gioia di sperimentare al vivo Cristo che vive in lui (Gal 5,24ss).

Una conoscenza profonda di sé, perché ciascuno ha le sue dinamiche e una sua storia da accettare e integrare nella risposta alla chiamata; un cammino personalizzato di direzione spirituale con un confronto a volte lacerante ed esigente; dentro un’educazione comunitaria all’amore, sono il mezzo ideale per questo obiettivo.

 

 

 

La Verginità

L’educazione all’amore casto predispone a scoprire e ad accogliere il dono della Verginità, se il Signore l’ha fatto.

– Se nella fanciullezza si può educare ai comportamenti rispettosi dell’amore casto in famiglia, utilizzando soprattutto l’esempio, il suggerimento, e l’obbedienza; nella preadolescenza si possono cominciare a proporre i grandi personaggi. Far conoscere i santi e le sante completamente dedicate all’amore dei piccoli, dei poveri, dei peccatori, favorisce l’imitazione dei modelli, anche se un po’ mitizzati. Anche le testimonianze quotidiane sono apprezzate. È solo nella adolescenza però che si può fare un annuncio completo della radicalità del Vangelo e della Verginità come una delle due grandi vie di realizzazione dell’amore. Ci dovrebbe essere in ogni comunità cristiana dentro un itinerario di formazione all’amore casto, l’annuncio, a parole e a fatti – con la presenza di consacrati che vivono con autenticità – del valore nuovo della Verginità per il Regno.

 

– La pura presenza di consacrati non è sufficiente però a far capire: c’è un annuncio di fede specifico, un “Vangelo della Verginità” che deve essere fatto conoscere: bisogna rendere ragione del tipo di vita che si fa con il suo vuoto (solitudine e desideri umani inappagati), che impressiona gli altri, e la sua pienezza (l’unione misteriosa che raggiunge il grado della sponsalità), che sfugge a chi non la sperimenta. Poi gli atteggiamenti che concretizzano l’accoglienza e la risposta a questa chiamata, anche in una vocazione di speciale consacrazione sono quelli tipici dell’amore casto prematrimoniale, sebbene con una motivazione diversa.

 

– Ma sui comportamenti concreti si fanno largo delle differenze evidenti rispetto all’amore casto matrimoniale. Il Vergine per il Regno rinuncia a tutti i comportamenti di avvicinamento, di ricerca, di intimità, di amicizia particolare, rinuncia a fare spazio ai sentimenti di innamoramento che tenderebbero a sorgere, e alle attrazioni sessuali per partners dell’altro sesso, poiché ha il cuore già pieno e in modo sovrabbondante dell’amore particolare del Signore. I suoi comportamenti sono di continenza perfetta. Ma per arrivare a questo obiettivo il cammino sarà ancora una volta lungo. Molto dipenderà dall’educazione ricevuta in famiglia o nella comunità cristiana, ma anche dai modelli presenti nella società. C’è chi parte da un ambiente puritano e sui comportamenti non ha molto da imparare, ma deve completamente cambiare le motivazioni della sua continenza; c’è chi parte da un ambiente lassista (la grande maggioranza oggi) e però quegli alcuni comportamenti casti che pratica magari sono conquistati personalmente e ben motivati; ognuno avrà un suo cammino personale da fare.

 

– Un cammino di ascesi-cristiana ben motivata evangelicamente e verificata da una gioia interiore e esteriore stabile, sembra necessario per una continenza perfetta. Con poche indicazioni sintetiche si potrebbe dire che occorrono quattro ascesi per una buona gestione della propria vitalità interiore (non solo riguardo alla sessualità, ma anche per ciò che riguarda tutta la vita affettiva e di relazioni). 

L’ascesi dei sensi: non ci si può permettere di vedere, ascoltare, avvicinare, gustare… tutto; le nostre emozioni continuamente stimolate ci porterebbero prima o poi a lasciarci andare (“che io non gusti i loro cibi deliziosi” dice il Salmo!).

L’ascesi della memoria: non si può rimuginare e rivivere episodi o sensazioni del passato non caste, pretendendo di rimanere impassibili.

L’ascesi dell’immaginazione: se non c’è vigilanza, facilmente si può ricorrere a questa grandissima e importantissima facoltà umana per ricavarne sogni, compensazioni, progetti di strumentalizzazione degli altri, pregustando già la gratificazione (“non desiderare…”).

L’ascesi delle valutazioni o del giudizio: anche i nostri giudizi che generano le scelte concrete di ogni giorno nel campo relazionale o affettivo o sessuale, devono essere purificati, illuminati, frutto di discernimento spirituale maturato alla luce della Parola, dell’insegnamento della Chiesa e con l’aiuto di qualche fratello maggiore nella fede.

Le decisioni concrete, i comportamenti importanti o le piccole azioni quotidiane, le piccole e le grandi fedeltà al dono della Verginità, ne saranno la conseguenza. Le quattro ascesi proposte permettono di mettere sotto il dominio dei desideri dello Spirito, anche le passioni (tutte le spinte emotive immediate o abituali) e di impedire che prendano il sopravvento portandoci all’infedeltà. Non avrebbe senso pretendere solo la continenza perfetta dei comportamenti esteriori, se il cuore (e la coscienza) alla radice non fosse purificato e unificato nell’amore di Dio.