La formazione dei seminaristi alla pastorale vocazionale unitaria
In questi anni si è registrato un fiorire di iniziative e proposte volte a generare una coscienza vocazionale nella comunità cristiana ed a sollecitare una risposta vocazionale in particolare tra gli adolescenti e giovani.
Gran parte degli educatori alla fede – dai genitori, ai catechisti, ai sacerdoti – hanno avvertito e si sono coinvolti nella responsabilità dell’annuncio del “Vangelo della Vocazione”.
I Vescovi in particolare – come ho constatato di persona tante volte, sia negli incontri personali sia seguendo con attenzione i loro orientamenti magisteriali – hanno sentito profondamente la responsabilità personale, inerente al ministero episcopale, di “primi responsabili delle vocazioni”[1] nelle loro chiese.
Questa loro sollecitudine per le vocazioni si è espressa e continua ad esprimersi in diversi modi: annunciando nella predicazione e negli altri atti di magistero la grazia dei ministeri e delle varie forme di vita consacrata, mantenendo vivo lo spirito di preghiera nelle comunità cristiane, invitando tutti i credenti a rispondere e ad essere fedeli alla propria chiamata, rivolgendo direttamente l’appello personale a coloro che sono disponibili specialmente ai giovani, intervenendo nelle varie realtà diocesane (consigli pastorali e presbiterali, parrocchie, gruppi e associazioni…) perché si prenda a cuore l’impegno per le vocazioni[2].
Una particolare cura, in quest’ultimo decennio, i Vescovi italiani l’hanno espressa anche animando, guidando, coordinando la pastorale delle vocazioni e costituendo, sostenendo il Centro Diocesano Vocazioni.
È noto come i “Centri per l’animazione della pastorale vocazionale devono essere unitari: a tutti i livelli (diocesani, regionali, nazionale), come precisano i documenti ecclesiali, e devono essere a servizio della pastorale unitaria…Questi organismi devono favorire la proposta chiara, efficace ed aperta a tutte le vocazioni di speciale consacrazione, evitando di ridurre la pastorale unitaria ad essere ‘unica’, cioè proposta ad es. solo della vocazione sacerdotale o ‘generica’, proponendo solo la vocazione battesimale”[3].
Alla luce del cammino percorso, al momento mi pare che sia opportuno intensificare nelle chiese locali questo servizio “unitario” per le vocazioni espresso dal Centro Diocesano Vocazioni – potenziandolo con persone e mezzi adeguati – senza perdere di vista l’ecclesiologia di comunione che la ispira e la motiva.
Alla luce dell’ecclesiologia di comunione si focalizza e si comprende meglio e in profondità la stessa identità del presbitero diocesano come “uomo di comunione”[4], servitore della comunione ecclesiale e, per sua natura, nella comunità ecclesiale “animatore di tutte le vocazioni”.
Questo specifico “ministero vocazionale” del presbitero a servizio di tutte le vocazioni nella comunità cristiana – di cui sarebbe interessante approfondire le radici teologiche a partire dalla consacrazione sacramentale mediante la quale “il sacerdote è configurato a Gesù Cristo in quanto capo e pastore della chiesa e riceve in dono un ‘potere spirituale’ che è partecipazione all’autorità con la quale Gesù Cristo mediante il suo Spirito guida la chiesa”[5] – ci fa comprendere maggiormente anche un certo rilievo dato nella pastorale vocazionale all’annuncio della vocazione sacerdotale.
Non si tratta di favorire l’annuncio della vocazione sacerdotale a scapito delle vocazioni di speciale consacrazione, ma di riconoscere questa vocazione come “vocazione fontale” di tutte le altre vocazioni nella comunità cristiana ed essenziale per l’annuncio e l’animazione di tutte le altre vocazioni che sono dono di Dio alla Chiesa.
Si tratta tuttavia di riscoprire sempre più da parte dei presbiteri diocesani questo specifico e irrinunciabile servizio di annuncio, proposta e accompagnamento di tutte le vocazioni nella comunità cristiana.
A questa sensibilità e consapevolezza di “primi responsabili delle vocazioni nella comunità cristiana” – per la partecipazione diretta al sacerdozio di Cristo e al ministero del Vescovo – vanno formati gli stessi aspiranti al sacerdozio.
Ecco quindi la necessità di una riflessione – che questo numero di ‘Vocazioni’ intende avviare – da una parte sulla formazione dei futuri presbiteri alla pastorale vocazionale unitaria e dall’altra dell’impegno in comunione con i Centri Diocesani Vocazioni, dei seminari alla medesima.
Mentre i contributi che seguono offrono specifici studi ed orientamenti in merito, da parte mia, desidero solo dar voce ad alcuni recenti orientamenti del Magistero che richiamano la “natura comunionale”[6] del sacerdozio e le componenti di base per la formazione remota del presbitero a servizio delle vocazioni.
Già i “Lineamenta” del Sinodo dei Vescovi su “La formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali” hanno offerto alcuni preziosi punti fermi. Si pensi alla formazione dei futuri presbiteri già in se stessa da comprendere come un “servizio alla grazia della vocazione”[7], nella sua origine soprannaturale e nella sua dimensione ecclesiale.
I quattro aspetti in cui di solito si distingue la formazione sacerdotale – spirituale, dottrinale, ad una disciplina di vita, pastorale[8]– sono finalizzati essenzialmente ad inverare e portare a maturazione la “grazia della vocazione”.
Di fatto “La formazione si può comprendere come educazione al senso del mistero, al servizio della comunione e alla missione”[9]. Questi aspetti della formazione se da una parte sono essenziali alla maturazione vocazionale dei candidati al sacerdozio, dall’altra rappresentano gli elementi caratteristici del futuro educatore alla fede e animatore vocazionale, qual è appunto per sua natura il sacerdote.
Il sacerdote è infatti chiamato a vivere e annunciare anzitutto “il senso del mistero”: “La formazione più fondamentale è quella dell’uomo di fede e di preghiera … Questa educazione suppone prima di tutto una fondamentale vita di preghiera che pervade il candidato al sacerdozio e accompagna il ministero sacro lungo tutta la sua vita… L’educazione al senso del mistero suppone una vita di preghiera personale e silenziosa”[10].
Il presbitero diocesano è inoltre per sua natura a “servizio della comunione”: “Non si insisterebbe mai abbastanza anche sulla necessità di formare i candidati ad una stretta collaborazione e ad una profonda unione fraterna tra i sacerdoti diocesani e i religiosi che lavorano e vivono la loro testimonianza nel medesimo contesto ecclesiale… La comunione ecclesiale che i sacerdoti vivono e servono, unisce non solo persone, ma anche carismi e funzioni differenti”[11].
Il sacerdote diocesano è infine animato da uno “spirito missionario”: “questa educazione allo spirito missionario non è un elemento sovrapposto all’insieme della formazione: essa è una dimensione essenziale della preparazione ad un sacerdozio apostolico”[12].
Questi orientamenti di base della formazione sacerdotale sono fondamentali perché il futuro presbitero possa essere naturalmente pronto, una volta inserito nel ministero, ad accompagnare la maturazione alla fede e alla vocazione delle persone che lo Spirito, attraverso la Chiesa, gli affida. In proposito il Vaticano II afferma “spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori alla fede, di curare che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica”[13].
A me pare tuttavia che, su tale formazione di base lungo l’itinerario di formazione dei candidati al sacerdozio sia opportuno esplicitare maggiormente lo specifico ministero di annuncio, proposta, accompagnamento e discernimento vocazionale, connaturale al ministero presbiterale e “motivato dalla spiritualità propria dell’identità presbiterale”[14].
Per il sacerdote diocesano essere “animatore vocazionale” non è un “qualcosa di più da fare” o un servizio lasciato alla libera scelta: accompagnare ogni membro della comunità cristiana, e in essa particolarmente le giovani generazioni, a vivere la comune vocazione alla santità e a discernere la vocazione personale cui Dio chiama ciascuno, è la finalità di un cammino di fede e quindi lo specifico servizio del presbitero preposto alla guida spirituale di una comunità cristiana.
Tutto questo, e sarà importante tenerlo costantemente presente nel tempo della formazione, “presuppone la conoscenza e la stima dei diversi doni e carismi, delle varie vocazioni e responsabilità che lo Spirito offre e affida ai membri del Corpo di Cristo”[15] ed “esige dei sacerdoti radicalmente e integralmente immersi nel mistero dei Cristo e capaci di realizzare un nuovo stile di pastorale… nel rispetto e nella promozione dei diversi ruoli, carismi e ministeri all’interno della comunità ecclesiale”[16].
Questa attenzione educativa mi sembra in crescita nell’itinerario formativo dei seminaristi. Ne sono conferma anche le diverse iniziative di animazione vocazionale che i seminari promuovono nelle chiese locali, in comunione con i Centri Diocesani Vocazioni, finalizzate non solo all’annuncio vocazionale nella comunità cristiana ma anche a far crescere nei seminaristi una specifica coscienza vocazionale.
Sono certo che il presente numero di ‘Vocazioni’ contribuirà a favorire maggiormente l’impegno dei seminari nella pastorale vocazionale unitaria e la formazione dei futuri presbiteri alla medesima.
Note
[1] Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, 2° Congresso Internazionale per le Vocazioni Documento Conclusivo, Roma, 1982, n. 29
[2] Idem, n.29
[3] CEI, Piano Pastorale per le Vocazioni, n. 51
[4] CEI, Seminari e vocazioni sacerdotali, Roma 1979, n.55. Cfr. Giovanni Paolo II, Pastores Dabo Vobis, n. 18.
[5] Giovanni Paolo II, Pastores Dabo Vobis, n. 21
[6] Idem, n.17.
[7] La formazione dei sacerdoti nelle circostanze atuali, Lineamenti del Sinodo dei Vescovi, n. 8.
[8] Idem, n. 25; cfr. O.T. n.4.
[9] Idem, n. 25.
[10] Idem, n. 26
[11] Idem, n. 27
[12] Idem, n. 28.
[13] Presbiterorum Ordinis, n. 11.
[14] CEI, Piano Pastorale per le Vocazioni, ‘Vocazioni nella Chiesa Italiana’, Roma 1985, n. 32.
[15] Giovanni Paolo II, Prastores Dabo Vobis, n. 59.
[16] Idem, n. 18.