Seminario e CDV: collaborazioni e differenziazioni
Il “matrimonio” tra Seminario e CDV sembra essere, a prima vista, se non proprio irrealizzabile, estremamente difficile. Lì dove il Rettore del Seminario è anche Direttore del CDV, facilmente si può scivolare nell’identificazione, a scapito della stessa sopravvivenza di una delle due realtà; il più delle volte è quella del CDV a rimetterci le penne. Dove, al contrario, i due incarichi sono ricoperti da due persone diverse, si può correre il rischio che camminino su strade parallele, ignorandosi del tutto, senza alcuna possibilità di incontro. Cosa fare per evitare questi due pericoli, che l’osservazione della realtà ci dice non essere del tutto ipotetici? Quali strategie porre in atto perché si raggiunga tra il Seminario e il CDV quell’equilibrio così necessario per realizzare una corretta collaborazione salvaguardando le dovute differenziazioni?
Seminario e CDV: dalla contrapposizione alla collaborazione
Qualcuno crede, in modo superficiale, che tutte le difficoltà si risolverebbero facilmente chiedendo ai Vescovi di non affidare alla stessa persona l’incarico di Rettore del Seminario e quello di Direttore del CDV. Dobbiamo essere, però, estremamente realisti: quale Vescovo, sia delle Diocesi più piccole come anche di quelle più grandi, ha a sua disposizione tanti sacerdoti da poter affidare loro un solo incarico? Chi di noi non conosce le fantasiose acrobazie compiute a volte dei Vescovi per poter “coprire” tutti gli ambiti della pastorale che con il passare del tempo si va sempre più specializzando e frantumando in una miriade di settori, tutti a parere degli “esperti” indispensabili?
Allora, cerchiamo di restare con i piedi per terra e prospettiamo delle soluzioni che siano non solo belle, ma soprattutto realizzabili. Certamente l’ideale sarebbe che vi fosse un Direttore del CDV a tempo pieno. Ma questo credo sia pressoché impossibile. Se allora deve necessariamente avere altro incarico, io sarei del parere che sia in qualche modo legato al Seminario. Escluderei quello di Rettore, perché è una figura istituzionale e perché facilmente, in questo caso, tutte le iniziative vocazionali potrebbero essere identificate con il Seminario; è questione di “limpidezza”, di “immagine” come si ama dire oggi. Non sarei, però del tutto contrario che fosse un Vicerettore o un Padre spirituale.
L’impegno nel Seminario contribuisce a tenere sempre viva l’attenzione alla realtà vocazionale: permette di acquisire, con il passare del tempo, una competenza nella problematica vocazionale frutto non solo dello studio, ma anche delle osservazioni “sul campo”; e favorisce una capacità di discernimento vocazionale indispensabile per chiunque voglia svolgere un serio lavoro vocazionale in Diocesi. Mi chiedo: tutto ciò sarebbe garantito se la responsabilità del CDV fosse affidata anziché ad un sacerdote del Seminario ad un parroco? Ho le mie perplessità! Forse la si potrebbe affidare all’incaricato della pastorale giovanile.
Non dimentichiamo, però, che il più delle volte i Vescovi affidano questo incarico a sacerdoti giovani, se non proprio giovanissimi: tutti sappiamo quanto sia necessaria, nell’animazione vocazionale (se non la si vuole ridurre semplicemente a delle iniziative da realizzare), una buona esperienza pastorale, una serena valutazione dell’animo umano e una conoscenza e stima di tutte le vocazioni: cose tutte queste che difficilmente si possono trovare in chi è all’inizio del suo cammino nel sacerdozio.
Inoltre, particolare non del tutto trascurabile, va tenuto presente che la pastorale giovanile in Italia solo ora sta muovendo i primi passi e perciò va chiarendo sempre più a se stessa, non senza una certa fatica, quali debbano essere i suoi compiti, le sue mete e i suoi metodi. Naturalmente, non per il solo fatto di essere impegnati in Seminario tutti i sacerdoti sono idonei ad assumere la responsabilità del CDV. È indispensabile individuare un sacerdote che si distingua per la fedeltà alla sua vocazione, per la capacità di saper lavorare in comunione con gli altri e sia stimato dagli altri sacerdoti della diocesi. Fermandoci a solo queste tre condizioni, tutti comprendono come il cerchio della scelta si restringa sempre di più. Tuttavia non penso sia impossibile trovare in una diocesi sacerdoti che abbiano queste qualità!
Tra collaborazione e differenziazioni
Individuata la persona idonea non tutto è risolto, ma certamente si sono poste le premesse per una fattiva collaborazione tra Seminario e CDV, rispettosa delle reciproche differenze. Il Seminario ha non solo il diritto, ma anche il dovere di annunciare e accompagnare le vocazioni al sacerdozio con tutte quelle iniziative che ritiene più opportune.
Per gli adolescenti il “Preseminario”, nome che racchiude in sé una ricca gamma di iniziative diverse da diocesi a diocesi; per i giovani l’Anno zero, esperienza, oggi più che mai necessaria, propedeutica all’ingresso dei giovani in Seminario Maggiore.
Incontri nelle parrocchie con i Ministranti, con gli adolescenti e con i giovani per aiutarli a scoprire il valore della vocazione al sacerdozio. Ma il CDV ha il compito di ricordare al Seminario (e non solo ad esso), che le vocazioni particolari non fioriranno se prima tutti gli operatori vocazionali presenti in diocesi non uniscono le loro forze per “preparare il terreno”, perché il seme della vocazione possa attecchire. Non è un compito facile. L’“istinto della sopravvivenza” spinge tutti a preoccuparsi più delle “proprie vocazioni” piuttosto che di lavorare per “formare una mentalità vocazionale” nella diocesi e per creare le giuste condizioni perché la vocazione possa essere accolta dai giovani e dalle giovani.
Chi però si sentirebbe di criticare il contadino che prima di seminare, lavora duramente per dissodare il terreno, per ararlo, per concimarlo? Il Seminario è chiamato a collaborare con il CDV in questo lavoro “gratuito” e, solo ad uno sguardo superficiale, “poco produttivo”. Avviene così sempre e dappertutto? Credo di no! Perché?
La ripresa delle vocazioni sacerdotali che si registra in molte diocesi, se da una parte è un chiaro segno di come stia crescendo sempre più l’impegno a favore delle vocazioni al sacerdozio, nasconde in sé anche qualche insidia: la tentazione da parte del Seminario, sull’onda lunga dei risultati positivi che registra la sua animazione vocazionale, di chiudersi in se stesso, di isolarsi o peggio, di pensare che possa fare a meno di collaborare con la pastorale vocazionale unitaria.
Credo che questo non sia un pericolo tanto ipotetico! La difficoltà a decollare che incontra la pastorale vocazionale unitaria in molte diocesi e di conseguenza il CDV, che di questa è il primo artefice, non dipende forse dal fatto che ognuno pensa ancora solo alle proprie vocazioni, disinteressandosi del fiorire delle altre? Se è vero che oggi si può registrare un aumento del numero delle vocazioni maschili, soprattutto di quelle al sacerdozio, non si può però ancora affermare che la pastorale vocazionale nelle diocesi vada a gonfie vele. Basterebbe leggere un po’ il “diario di bordo” dei CDV per constatare, non dico il loro naufragio, ma un certo loro disorientamento e la grande fatica che fanno per “navigare contro corrente”. Il Seminario, per il suo “naturale” legame con la diocesi, è chiamato ad essere tra gli “alleati” più fidati e tra i collaboratori fecondi del CDV nel promuovere la pastorale vocazionale unitaria. Lì dove si è capaci di dar vita a questa collaborazione tra Seminario e CDV si vede aprirsi un orizzonte insperato per la pastorale vocazionale. Ipotizzo solo qualche campo in cui il CDV può chiedere la fattiva collaborazione del Seminario.
Il Seminario, in comunione con il CDV, si offre come “laboratorio” per itinerari educativi.
Il Seminario può presentarsi alla diocesi come “laboratorio” di itinerari di educazione dei giovani alla fede, ricchi della dimensione vocazionale. Tutti gli educatori avvertono la fatica di progettare e realizzare itinerari vocazionali che siano fedeli alle esigenze e alle condizioni dei giovani che sono loro affidati. A volte impiegano gran parte del loro tempo disponibile per cercare di capire qualcosa di ciò che è scritto sui libri o riviste “specializzate” di pastorale giovanile: e quando finalmente dopo ore di studio a loro sembra di aver afferrato quello che con un linguaggio estremamente complicato (o meglio da “esperto”?) l’autore ha voluto dire si accorgono che i loro giovani non assomigliano affatto all’identikit che è stato loro presentato. E allora? Non resta che rimboccarsi le maniche e cercare di far lavorare la testa.
Ma quanti sono gli educatori dei giovani delle nostre comunità che hanno capacità, tempo e desiderio di far questo tipo di lavoro? Non si limitano il più delle volte “ad intrattenere” i giovani sui problemi “più scottanti” della nostra società? Con quale risultato? I giovani ne restano “scottati” e abbandonano il gruppo per ritrovarsi “sul muretto”.
I Seminari hanno adolescenti e giovani della diocesi e per loro gli educatori pensano e realizzano itinerari alla fede che siano attenti al progetto di Dio su ciascuno di loro. Perché allora, non mettere in circolazione lo sforzo che quotidianamente l’Equipe del Seminario compie nell’educazione dei giovani alla fede? Perché non fare diventare il Seminario luogo di incontro, di studio e di verifica di itinerari vocazionali che siano quanto più possibile rispondenti alle caratteristiche dei giovani in quel territorio? In questo modo i gruppi giovanili potrebbero utilizzare itinerari “provati sul campo” e il Seminario si aprirebbe sempre più al dialogo con la realtà giovanile della diocesi. È solo un sogno?
Il Seminario, in comunione con il CDV, offre “esperienze vocazionali”.
Ogni educatore sa bene che se gli itinerari educano i giovani a riscoprire i valori essenziali nel cammino di fede, sono poi indispensabili delle esperienze mirate che aiutino i giovani a far sì che i valori scoperti e apprezzati diventino atteggiamenti di vita. Non basta, per fare un esempio, parlare della necessità della preghiera, è indispensabile aiutare i giovani a saper pregare. Ecco che il Seminario può in questa direzione collaborare con il CDV non solo nel proporre agli educatori degli itinerari vocazionali, ma anche nell’offrire ai giovani della diocesi delle “esperienze vocazionali”. In alcune diocesi già si lavora in questo senso e con profitto!
Si tratta di offrire ai giovani occasioni per riscoprire la gioia di mettersi dinanzi all’Eucaristia in adorazione. Contemplando quel “corpo donato” e quel “sangue versato” e risentendo nel proprio animo le parole del Signore “fate questo in memoria di me” il giovane sarà condotto a chiedersi fino a che punto è capace di seguire il suo Maestro sulla strada del “dono sincero di sé”.
Si potranno invitare i giovani, o sistematicamente o in alcuni periodi dell’anno liturgico, a ritrovarsi in Seminario per mettersi “in ascolto della Parola”. In questo modo vivranno l’esperienza dei grandi chiamati che si sono sentiti sconvolgere l’esistenza da una Parola indirizzata loro dal Signore e come i grandi chiamati potranno gustare la gioia di rispondere al Signore: “Eccomi, manda me”. Ai giovani della diocesi il Seminario potrà offrire la possibilità di fermarsi per qualche giorno in ritiro spirituale o per gli esercizi spirituali. Penso, in modo particolare, ai cresimandi o ai diciottenni. Sono queste le occasioni privilegiate in cui si è chiamati “a mettere in ordine la propria vita”, a dare un senso al proprio vivere, a riscoprire l’impegno di incarnare nella vita la fede che si professa.
Il Seminario, in comunione con il CDV, si presenta come luogo di “discernimento vocazionale”.
Gli educatori sanno che gli itinerari e le esperienze anche le più belle se sono indispensabili non esauriscono tuttavia l’opera educativa: è necessario accompagnare personalmente i giovani. Quanti sono, però, i giovani che sono lasciati a se stessi, perché i sacerdoti impegnati nelle parrocchie non hanno più il tempo per poterli ascoltare; e quando si fermano un po’ ad ascoltarli non hanno più quella pazienza e serenità per saper leggere la storia che Dio sta costruendo nella loro vita. Cosa fare? Rassegnarsi?
Perché non valorizzare l’esperienza e la disponibilità di tempo dei sacerdoti del Seminario per presentare ai giovani il Seminario come “luogo di discernimento vocazionale”? Perché non offrire soprattutto ai sacerdoti giovani (ma non solo a loro!) la possibilità di incontrarsi con i padri spirituali del Seminario per un confronto e un dialogo sulla direzione spirituale che non può essere né trascurata né tanto meno improvvisata.
Conclusione
Siamo caduti nell’errore, denunciato all’inizio, di identificare il CDV con il Seminario? Non era certamente questo il nostro intento! Ci siamo invece sforzati di immaginare in che modo il CDV, garantendo l’attenzione a tutte le vocazioni, possa valorizzare il Seminario, con il suo enorme potenziale umano e la grande ricchezza educativa, a favore della pastorale vocazionale della diocesi. Ma anche il Seminario ne trarrà giovamento perché se il sacerdote, ad immagine del Vescovo, “non ha l’insieme dei carismi, ma il carisma dell’insieme”, allora i seminaristi con questo tipo di apertura del Seminario alla pastorale vocazionale, apprenderanno “dal vivo” , a conoscere, stimare e valorizzare tutte le vocazioni. E se i futuri sacerdoti di una diocesi sono aiutati a crescere in questo modo, si potrà essere certi che non si è lavorato invano non solo per una pastorale vocazionale unitaria, ma anche perché la dimensione vocazionale entri vitalmente nella pastorale ordinaria delle nostre comunità.