N.05
Settembre/Ottobre 1996

La ricezione da parte delle comunità cristiane delle indicazioni di pastorale vocazionale

Uno degli scopi fondamentali del Seminario era di “fare il punto sugli orientamenti pastorali, presenti nel Piano, che hanno sostenuto, nel decennio, il cammino di pastorale vocazionale della Chiesa italiana”. Fare il punto come? Si poteva prescindere da coloro che di fatto – in questi anni – hanno avuto la responsabilità di mediare tra orientamenti e prassi pastorale? No di certo a meno che non si volesse “fare il punto” in maniera tutt’altro che scientifica e consapevole.

Così il CNV ha preparato una scheda per la raccolta dati destinata ai Direttori dei Centri Regionali Vocazioni. Essi avrebbero presentato la scheda, il metodo di lavoro e le finalità ai Direttori dei CDV della Regione. Ogni CDV d’Italia si sarebbe interrogato attraverso una serie di domande proposte dalla scheda. La loro sintesi sarebbe tornata in Regione e il Direttore del CRV avrebbe finalmente elaborato un’unica riflessione da offrire al relatore per il Seminario. Così è stato. Le Regioni hanno risposto tutte eccettuate Marche, Sardegna e Basilicata.

La scheda per la raccolta dati era polarizzata su cinque punti che, nel testo che segue, hanno finito per costituire gli altrettanti capitoletti della Relazione. Così, per ogni capitoletto, si avranno di fronte le domande e l’analisi delle risposte. Lavoro d’indagine simile è stato curato dai Consacrati dell’Ufficio del CNV. Non essendo stato presentato al Seminario troverà posto in altri numeri della Rivista.

 

 

 

Circa i principi ispiratori

1. “S’impone dunque un comune impegno perché nelle Chiese particolari la pastorale vocazionale coinvolga e promuova tutte le responsabilità in un servizio efficace alla Chiesa” (P.P.V., 1).

Che cosa ha pensato e programmato il CDV in questa direzione? Quali risposte ha ricevuto alle sue proposte? In generale, la Diocesi, che tipo di attenzione riserva alla tematica vocazionale?

 

2. “La Chiesa italiana è consapevole che il persistente stato di crisi delle vocazioni di speciale consacrazione rappresenta uno dei problemi principali dei nostri giorni” (n. 9).

Si avverte il problema? Come si manifesta tale preoccupazione? Come la si vive? Quali strategie e iniziative il CDV ha programmato e realizzato per far crescere nel cuore delle comunità cristiane la giusta, corretta, sentita preoccupazione per le vocazioni?

 

3. “Non mancano segni che mostrano come in questi ultimi anni nella Chiesa italiana stia riprendendo slancio e conviene la proposta delle vocazioni di speciale consacrazione” (n. 25).

Sono visibili in Diocesi tali segni? Quali? Possiamo riconoscerci con quelli elencati nel Piano? Ce ne sono altri?

 

L’immagine che mi sono fatto è di un Piano che è stato assunto dalle diocesi in proporzione a quante gambe ha trovato per camminare. Ha camminato – dove ha camminato – malgrado l’Istituzione e comunque non grazie ad essa. Forse non poteva che essere così… Credo che l’idea di: un nuovo vigoroso impegno di tutti per tutte le vocazioni; una pastorale vocazionale unitaria assunta come risposta ad una legittima e correttamente impostata preoccupazione; una Chiesa particolare, con le sue parrocchie ecc. che autentica la sua pastorale ordinaria con la dimensione vocazionale in essa presente… tutto questo e un bel sogno di noi addetti ai lavori. O, meglio, un obiettivo, ancora largamente da raggiungere.

Mi sembra che sgorghi immediata una prima domanda: la strada che abbiamo fatto percorrere al Piano perché i suoi principi ispiratori diventassero patrimonio della comunità cristiana è stata la migliore?

Possiamo ancora pensare – dopo 10 anni – che la via sia la paziente, lenta graduale penetrazione di una coscienza, stile, attenzione che avviene per il tramite di Centri Diocesani Vocazioni la cui stessa composizione, azione, incisività sono per lo più aleatorie, fragili, spesso ancorate al servizio di un Direttore oberato da mille altre mansioni – quasi sempre e a torto – ritenute più importanti?

Forse sì. Ma allora può essere interessante vedere – dalle esperienze diocesane – quali passi devono fare quelle gambe per poter segnalare – a distanza di 10 anni – motivi di soddisfazione, di ottimismo e di incoraggiamento in ordine alla attenzione, preoccupazione, slancio operativo dell’impegno vocazionale – così come lo ha immaginato il Piano – nel futuro delle nostre diocesi.

Afferma in proposito la Sicilia: “questa capacità di destare attenzione è legata anche all’azione dei Vescovi nella scelta dei Direttori dei CDV”. E sembra da doversi sottolineare quanto afferma l’AbruzzoMolise andando ancora oltre su questa linea: “L’operato del CDV tende ad inserirsi nella pastorale ordinaria e una certa risonanza a livello diocesano non manca, ma è la sensibilità ecclesiale di alcuni parroci il vero segreto dell’accoglimento delle iniziative maggiori”. La stessa Umbria segnala in un passaggio della sua sintesi che “il problema è oggi tenuto presente anche attraverso un impegno più capillare che cerca di raggiungere il più possibile parrocchie, singoli cristiani, varie articolazioni ecclesiali”.

Nell’ampia e documentata analisi della Lombardia si accoglie fin dalle prime battute una chiara affermazione che viene da Brescia e mette in evidenza la stessa realtà quando afferma: “resta che la reazione a questo problema dipende molto dalla sensibilità pastorale delle persone interessate”. Di contro, tutti affermano che attenzione e incisività pastorale perdono di tono quando gli operatori sono latitanti, inerti, scoraggiati. In proposito mi sembrano utili le sottolineature del Piemonte che denuncia con chiarezza come: “Si riscontra – però – ancora troppo poco coraggio da parte dei sacerdoti e degli educatori nel rivolgere ai giovani una proposta vocazionale esplicita e precisa”.

In questa peculiare dimensione della pastorale vocazionale che è la proposta e l’accompagnamento appare più evidente la diretta dipendenza del nostro lavoro dalla nostra capacità di raggiungere, incoraggiare, formare i singoli operatori. Rincara la dose l’Emilia-Romagna attribuendo alla super-attività dei Direttori dei CDV, in altri impegni, l’impossibilità di far bene il lavoro – ritenuto essenziale – di incidere nelle parrocchie e nelle zone pastorali. La stessa “girandola” dei Direttori fa perdere ad essi contatti preziosi e indispensabili. Le conseguenze più vistose mi sembra che possano riassumersi, concretamente, nelle prospettive che sintetizzerei così.

 

– Essenziale il ruolo del vescovo.

Al di là di ogni ovvietà, essendo la pastorale vocazionale essenzialmente animazione che coinvolge la comunità cristiana in tutte le sue componente e con responsabilità diversificate ma sempre personali, il Vescovo non può contare tanto su una struttura quanto su persone concrete. La scelta della persona giusta, al posto giusto, per il tempo e con i mezzi giusti non è un optional. L’aver creduto ad una pastorale vocazionale unitaria, nel cuore della pastorale ordinaria della Diocesi, come risposta seria alla sfida epocale che la Chiesa vive, rispetto alla fioritura delle vocazione, non può restare senza conseguenze per i nostri Vescovi, nelle concrete scelte di persone e di mezzi destinati ad un servizio così delicato e impegnativo e che non può contare su strumenti tradizionali e ben strutturati. È il primo “grido” che giunge forte e chiaro da tutte le diocesi.

 

– Investire sugli animatori.

E per questo sugli operatori. Se la pastorale vocazionale deve continuare a camminare con le gambe dei cuori allora è precipuo un impegno per coinvolgere, animare, formare, sostenere l’impegno di animazione vocazionale di tutti e di ciascuno. Nasce l’immagine di un Centro che fa la scelta capillare della “periferia”, del territorio: dei luoghi dove concretamente le comunità cristiane vivono e fanno vivere la Chiesa. Nasce l’immagine di un Centro che non esprime tanto la preoccupazione delle categorie vocazionali coinvolte nella crisi bensì la preoccupazione della Chiesa per la Chiesa: per la sua stessa vocazione, vita di comunione, per la sua missione. Emerge forte e chiaro dalle relazioni. Mi piace riportare quanto la Lombardia segnala in proposito: “In alcune diocesi è stato avvertito in maniera non drammatica, in altre come un problema che può comportare rassegnazione o preoccupazione. Comunque la questione viene avvertita in maniera diversa dalle categorie vocazionali: atteggiamento realistico (razionalizzante); allarmistico; seriamente interessato e responsabile…”. Ciò deve finire: è la Chiesa che si deve preoccupare come sa preoccuparsi la Chiesa e per una preoccupazione che sia pienamente e correttamente di tutti! A ciascuno resterà, come specifica, la modalità di contribuire alla fioritura vocazionale. Ma come sarà possibile ciò se la Chiesa locale non ha e non investe negli animatori vocazionali parrocchiali, foraniali ecc. e non investe in animatori di animatori? Come sarà possibile ciò se – come dice l’Emilia-Romagna – “il CDV non ha grande forza per incidere nelle parrocchie o zone pastorali”.

 

– Raggiungere i gangli della pianificazione pastorale.

Perché poi è ciò che conta davvero dal punto di vista operativo. Il Triveneto segnala sicuro che: “ci sono segni visibili di crescita nelle diocesi dove la pastorale non è a singhiozzo, ma si crede nei tempi lunghi di formazione accompagnando ragazzi, giovanissimi e giovani (con le famiglie) a passare dalla percezione alla decisione”. Di contro appare chiara la denuncia della Toscana che subito sottolinea: “L’impegno profuso dai singoli CDV non è sempre suffragato da risultati di unitarietà e di innervamento della PV nella pastorale delle Chiese locali. Ci sono delle iniziative ma manca il coinvolgimento dell’intera pastorale. Non c’è, in sintesi, – conclude con forte e lucida osservazione – una pastorale che è tale perché è vocazionale”. Collegandolo ai punti precedenti sottolinea le luci e le ombre di questo aspetto anche l’Umbria quando afferma che “Il riferimento al P.P. V.  appare ancora abbastanza marginale e non adeguatamente penetrato nel tessuto delle comunità cristiane della regione. Il succedersi in questi anni di vari direttori dei CDV, sempre carichi di altre responsabilità, non ha permesso un lavoro costante, metodico, capillare”. La denunciasu questo versante è ampia. Le Marche rilevano che “nei piani pastorali diocesani il tema delle vocazioni di speciale consacrazione è poco presente”. La Calabria non lo manda a dire che nella regione “per la pastorale vocazionale unitaria l’attenzione è irrilevante”. Seppure più ottimista anche la Puglia registra che “non si è ancora giunti alla consapevolezza di ‘vocazionalizzare’ tutta la pastorale, essendo in qualche diocesi dominante la concezione della ‘delega’ e del ‘reclutamento’”. Anche la Sicilia si allinea nel rimarcare che “la difficoltà maggiore sta nella mancata ricezione di una pastorale vocazionale come responsabilità di tutti”. Eppure questo appare davvero essenziale per la natura stessa dell’annuncio vocazionale che non può prescindere in alcun modo dai contesti naturali della evangelizzazione, della riflessione, della educazione alla fede.

Appare chiaro, dalla ricognizione sulla accoglienza del Piano della comunità cristiana, che se il Piano non riesce ad alimentare con la sua presenza, i suoi contenuti, i suoi orientamenti, i luoghi concreti dove si programma la pastorale “della” e “nella” diocesi ogni nostra speranza e impegno resterà marginale.

 

 

 

Circa gli orientamenti pastorali

1. DIOCESI E PARROCCHIE (n. 26)

– Quale rilievo ha dato, in questi anni, il piano pastorale diocesano, con i suoi programmi annuali, convegni diocesani, incontri clero, ecc. alla dimensione e all’azione vocazionale?

– Il Direttore del CDV quali possibilità ha di “incidere” sulle scelte pastorali della Diocesi?

– Come sono state coinvolte le parrocchie? Le foranie? Le zone pastorali, i decanati? Quali esperienze pratiche hanno consentito alla parrocchia – nel suo insieme – di vivere momenti forti e significativi di pastorale vocazionale?

– Come il CDV ha cercato – in questi anni – l’azione pastorale delle parrocchie? Quando e come è stato possibile intervenire? Con quali risultati di accoglienza e di attenzione? Si è dato vita al ministero di fatto dell’animatore vocazionale parrocchiale?

 

2. LA PREGHIERA (n. 27)

– Quali esperienze di preghiera vocazionale in Diocesi sulla base delle indicazioni del Piano sono state promosse e realizzate? Ce ne sono altre? Con quale tenuta e intensità nel tempo?

– Il CDV ha rapporti costanti con i monasteri di vita contemplativa? Con quale risultato?

 

3. LA CATECHESI (n. 28)

– Che cosa si è fatto per i catechisti? Quale rapporto con l’Ufficio Catechistico?

– Le indicazioni del Piano sono state accolte? Quali? Quali difficoltà si sono incontrate?

 

4. LA LITURGIA (n. 29)

– La ricca proposta del Piano quale crescita ha prodotto? Che cosa ha fatto il CDV in questa direzione? Quali rapporti con l’Ufficio Liturgico?

 

5. LA CARITÀ (n. 30)

– Come ci si è mossi concretamente? Quali rapporti con la Caritas?

 

Le luci e le ombre del capitolo precedente vengono più nitidamente rilevate nel primo degli orientamenti presi in considerazione. Alla domanda posta “di petto” sul: rilievo dato, dai Piani diocesani, alla tematica vocazionale e su “quanto conta” il Direttore del CDV si è risposto in maniera articolata e differenziata. Con alcune costanti che vanno tenute presenti.

La Sicilia afferma che il livello diocesano, per molti aspetti è un livello aperto, praticabile e, almeno in parte, attento alla dimensione vocazionale; offre al Direttore la possibilità di “esserci” là dove si decidono scelte e programmi. “Il punto dolente è nel passaggio alle parrocchie, ai vicariati… La presenza quindi dei CDV nelle parrocchie è piuttosto precaria e occasionale”. Il reperimento e la formazione degli animatori, così come ci si è presentata nella prima parte, finisce per divenire urgenza prioritaria. Avendo l’impressione che questa analisi fosse abbastanza comune anche se un po’ troppo “ottimistica” ho percorso tutte le risposte per vedere concretamente dove sono gli snodi deboli o i punti più solidi su cui orientare la nostra attenzione.

L’Abruzzo insiste sulla difficoltà a realizzare tale passaggio. Laddove infatti il CRV ha promosso la costituzione dei centri vocazionali parrocchiali non ha trovato risposta positiva, né si è affermata, malgrado gli sforzi dei CDV la figura dell’animatore vocazionale parrocchiale. Ancora peggiori le notizie che vengono dal Lazio. L’Umbria sottolinea la responsabilità dei parroci troppo poco sensibili. La Liguria si presenta scoraggiata. Da questo punto di vista non è entusiasta neanche la relazione del Triveneto e del Piemonte.

Tuttavia, a partire da quanto ci dice la Lombardia sul ministero “di fatto” dell’animatore vocazionale che “è presente da qualche anno in alcune parrocchie di alcune diocesi lombarde soprattutto per aiutare a mediare le proposte diocesane con quelle parrocchiali… anche se la finalità specifica non è di facile comprensione…” sembra che la prospettiva appaia praticabile ma ad alcune condizione: l’investimento sulla figura dell’animatore vocazionale parrocchiale, inteso come ministero di fatto, è possibile solo se è corredato da una chiarezza sulla teologia, sugli obiettivi e sui contenuti della pastorale vocazionale. Tale chiarezza è invocata e non senza qualche punta polemica, per altro comprensibile se non condivisibile (Milano e Bergamo). Forse questo momento di studio risponde anche a tali sollecitazioni.

Emerge in molte relazioni come debba essere per il momento considerata strada maestra per l’innervamento di un Piano nelle diocesi la mediazione del clero (secolare e religioso) come dei religiosi e delle religiose i quali, collocati in snodi cruciali della pastorale diocesana e parrocchiale possono far crescere le quotazioni della pastorale vocazionale promossa dai CDV. Non c’è Regione che non abbia segnalato – a questo proposito – l’importanza degli incontri mensili del clero come snodo cruciale del servizio del CDV: siano essi tutti improntati al tema oppure occasioni per informazioni, consegna “intelligente” di sussidi ecc.

Ciò consente normalmente di attivare la cinghia di trasmissione diocesi-parrocchia là dove passano proposte che le parrocchie accolgono – tutto sommato – con favore e con interesse. Così i CDV riescono a proporre e a realizzare settimane vocazionali ed anche mesi vocazionali per lo più ricchi di incontri importanti con il popolo di Dio (Lombardia). Nascono équipes vocazionali di zona in stretto raccordo col CDV (Piemonte). Le parrocchie stesse trovano naturale interpellare il CDV in occasione di ordinazioni, professioni, anniversari (Liguria e Campania). Gli stessi animatori vocazionali parrocchiali e zonali vengono sorretti, incoraggiati, e stimolati nel loro servizio (Toscana). Un rapporto costante con il clero apre le porte anche ad altri ministeri è così non mancano incontri tra CDV e parrocchia con vari soggetti: catechisti (Lazio); cresimandi (Abruzzo); famiglie con le catechesi al popolo e le missioni vocazionali parrocchiali (Calabria); ministranti (Sicilia); animatori della liturgia (Campania).

La Giornata Mondiale è considerata da tutti – con toni diversi e con diversa soddisfazione, ma con eguale misura – la vera opportunità da utilizzare al massimo. La scelta del tema, la sussidiazione, la data fissa, per tutto il mondo e per tutte le vocazioni, fanno della Giornata il punto focale del servizio del CDV con probabilità non secondarie di incidere sia in diocesi che nelle parrocchie. La Lombardia, ad es., pur inserendo – come era ovvio – la Giornata nel capitolo dedicato alla preghiera, la distingue nettamente dalle altre occasioni descrivendola come prezioso “contenitore” di preghiera, riflessione, catechesi, e altre iniziative. Attorno a questo momento sembra che si giochi gran parte del senso e ruolo del CDV, dell’animatore di comunità, della pastorale vocazionale unitaria delle Chiese particolari.

Da più parti si segnala l’esperienza del Sinodo diocesano come occasione utilizzata e talvolta preziosa perché la diocesi possa dare il giusto rilievo alla questione vocazionale. E i Direttori dei CDV trovano in questi appuntamenti un’occasione propizia per dire la loro, contribuendo a far sì che le “proposizioni” e i programmi diocesani che dai Sinodi scaturiscono prevedano la priorità dell’impegno vocazionale. Sembra importante studiare meglio questo settore tenendo presente la logica dell’evento sinodale, per “esserci”, nel modo giusto e nelle fasi giuste. Esperienze significative in proposito dalle diocesi di Crema, Lodi, Milano.

Nei settori fondamentali dell’azione pastorale della comunità cristiana (Preghiera, Catechesi, Liturgia, Carità), sembra che il Piano abbia fatto la sua scelta più significativa, se non profetica. Comunque laddove si è riusciti a realizzarne gli orientamenti pastorali lo si è fatto con esiti apprezzabili e buona soddisfazione. Volendo raccogliere alcune indicazioni, particolarmente significative per la nostra ricognizione, e destinate a diventare ossatura degli orientamenti futuri, ci limitiamo ad alcune spigolature dalle quali emerge un quadro sufficientemente chiaro, completo e, ad un tempo, sintetico e rappresentativo.

Riguardo alla preghiera tutti concordano con l’Abruzzo quando dice: “la preghiera appare al presente veramente il mezzo e il percorso più battuto in generale… Sembra essere questo il vero punto-forza della pastorale delle vocazioni e comunque sicuramente l’aspetto prevalente. All’appello del Signore, questa è la vera buona risposta dei CDV della Regione” e condividono volentieri quello che sottolinea la Sicilia: “Una preghiera che ha saputo mantenere e rinnovare quanto c’era di meglio nella tradizione del popolo cristiano per la sollecitudine verso le vocazioni consacrate, ma che secondo le indicazioni del Piano si è saputa arricchire di nuove forme più consone e rispondenti alla pastorale vocazionale” giungendo ai commenti entusiastici della Campania che non teme di dire che “l’aumento in alcune diocesi delle vocazioni viene individuato come un frutto della costante e continua preghiera”. Una descrizione, ricca, dettagliata, e che, praticamente, raccoglie tutto quanto è stato segnalato in proposito dalle regioni la offre la Lombardia che segnala anche il prezioso raccordo con i Monasteri di vita contemplativa.

La catechesi, i catechisti e i responsabili diocesani e parrocchiali sono stati spesso – con risultati diversi – interlocutori privilegiati dei CDV. La Puglia ci dice in proposito che “i CDV hanno mostrato impegno sistematico ad incontrare, nelle varie parrocchie, i catechisti per verificare con loro il cammino di fede dei ragazzi e dei giovani e per inserirsi nei vari gruppi per una catechesi specificamente vocazionale”. E non manca di segnalare che “qualche direttore di CDV collabora con scuole di formazione per catechisti e con gli Uffici catechistici diocesani sviluppando tematiche vocazionali”. La Toscana segnala come “la catechesi è uno degli ambiti privilegiati nelle settimane vocazionali parrocchiali”. La collaborazione tra CDV e UCD giunge in Umbria a produrre risultati definiti apprezzabili tra i quali appaiono indicativi e originali: “un concorso scolastico con il coinvolgimento degli insegnanti di religione… la fiaccolata dei santuari… una mostra vocazionale stabile e itinerante…”. La scarsa conoscenza del P.P.V. da parte dei catechisti è sottolineata dalla Campania che non manca di suggerire un rapporto più stretto in questa direzione fra CNV e UCN.

Dipende forse da una più volte segnalata latitanza degli uffici liturgici la difficile situazione di raccordo tra vocazioni e vita liturgica della comunità cristiana. Volendo sottolineare possibili piste aperte dall’esperienza ci aiuta il Piemonte quando riferisce che “la collaborazione si attua, in genere, in occasione della preparazione del sussidio per il mese vocazionale. Positivo quasi ovunque è il cammino con il gruppo dei ministranti”. Oltre a questo, interessante la piccola e non solitaria aggiunta che viene dall’Emilia-Romagna dove si segnala come “il CDV diffonde una pagellina con intenzioni vocazionali per le Lodi e i Vespri e raccomanda l’intenzione di preghiera vocazionale durante la messa domenicale”. Non mancano naturalmente riferimenti all’anno liturgico, alla liturgia delle ordinazioni e professioni ma sembra un percorso tutto da battere e si nota quasi la meraviglia del non aver realizzato di più. Più completo e articolato appare il quadro in Lombardia dove il percorso dei sacramenti dell’iniziazione cristiana aggiunge un’indicazione preziosa, perché è constatato da più parti che proprio a partire dal “celebrato” la dimensione vocazionale penetra nel “preparato” e nel “vissuto”. Battesimo, Cresima, Eucaristia sono comprensibili altrimenti?

Carità e Caritas, con sorpresa del CRV dell’Emilia-Romagna sono un campo dove i CDV sono quasi assenti. Con meno sorpresa ma con eguale chiarezza la denuncia è diffusa. Se la ricognizione può offrirci qualche dato significativo da portare nel nostro futuro mi sembra che qualche debole indicazione provenga dall’Umbria la quale segnala una diocesi dove “il CDV ha coordinato con la Caritas la proposta di significativi progetti per giovani in ricerca vocazionale, come momenti di verifica della propria vocazione” e un’altra diocesi dove “il CDV parla di campi di volontariato che stanno diventando in diocesi una tradizione”. L’Abruzzo parla di “un’esperienza di servizio agli ultimi, suggerita nel tempo di accompagnamento vocazionale”.

 

 

 

Circa il coinvolgimento delle responsabilità

Che cosa si è programmato? Che cosa si è fatto? Con quali risultati? Quali resistenze o difficoltà?

1. Dei Presbiteri e Diaconi (32 e 33)

2. Dei Consacrati (34 e 35) 

3. Dei Missionari (36) 

4. Delle Famiglie (38)

5. Delle Aggregazioni ecclesiali (39)

6. Dei centri educativi (scuola, oratori, ricreatori) e degli insegnanti di Religione (40).

Si nota facilmente che in questo settore l’impegno dei Direttori e dei loro CDV è stato il più determinato e convinto. Dove è stato possibile – con risultati largamente differenziati in base alla risposta ottenuta – si è cercato di coinvolgere le diverse categorie vocazionali elencate nel Piano con ogni mezzo. Le più comuni iniziative che vengono segnalate sembra che si possano così riassumere.

 

Presbiteri e Diaconi.

Giornate di studio, ritiri, giornate di fraternità sacerdotale in seminario. Singolare e particolarmente interessante l’iniziativa di una diocesi della Campania che programma e realizza una settimana di studio su tematiche vocazionali gradita e partecipata. Anche in Lombardia viene segnalata una diocesi che propone ai presbiteri una “tre giorni” di confronto pastorale su tematiche vocazionali. Qualcosa di più accade in quelle diocesi (un po’ in tutte le regioni italiane) dove viene nominato un presbitero per ogni vicariato o forania o zona pastorale con il compito dell’animazione vocazionale. Ma quante resistenze e difficoltà vengono segnalate! La difficoltà maggiore – ci dice senza mezzi termini la Campania – dipende dal fatto che molti sacerdoti non hanno il coraggio di proporre ad altri la propria vocazione perché hanno poco slancio e entusiasmo nel vivere la propria. Il Lazio attribuisce ad una mancanza di una programmazione organica e al continuo succedersi dei Direttori dei CDV lo scarso e difficile coinvolgimento dei presbiteri. La Toscana sottolinea come la disattenzione dei presbiteri finisca per rendere difficile e talora impossibile l’inserimento della dimensione vocazionale nella pastorale parrocchiale. Abbastanza diffusa appare la constatazione dell’Umbria secondo la quale un certo interesse si starebbe lentamente manifestando senza essere solo direttamente proporzionato alla preoccupazione della diminuzione numerica del clero, come era nel passato.

 

Consacrati.

Le religiose sembrano coinvolte, nel lavoro comune, con serietà, competenza, impegno. Molto meno i religiosi, quasi sempre discreto l’apporto e la collaborazione dei missionari. I Centri Diocesani Vocazioni e in particolare i loro Direttori riescono a dar vita ad un lavoro organico e coordinato laddove si sono stabiliti rapporti personali con i superiori dei vari istituti ed in particolare qualora le rispettive Conferenze abbiano scelto decisamente di lavorare in diocesi con cammini vocazionali unitari.

Le difficoltà derivano per lo più da due fattori: o dalla scarsa attitudine alla collaborazione e al camminare insieme (Puglia) come fenomeno “culturale” e a causa di un certo tipo di “mentalità religiosa” individualista; oppure – molto più comunemente – da una prospettiva operativa resa diversa ed eterogenea dalle attese che determinano l’impegno vocazionale. L’Abruzzo – Molise segnala così come per i religiosi/e prevalgono iniziative di preghiera e di promozione vocazionale proprie, distinte da quelle diocesane. Talvolta anche il solo dialogo con gli organismi di rappresentanza, diocesani e regionali, risulta stentato e difficile. La stessa difficoltà è segnalata dall’Umbria che collega tale fenomeno al più vasto limite di una pastorale ordinaria spesso frammentaria e a compartimenti stagno. Più analitica e accurata la riflessione della Lombardia laddove si fa osservare che i consacrati si lasciano per lo più coinvolgere dagli organismi di categoria e in quei contesti l’attenzione alle vocazioni c’è e come. Ancora troppi sospetti e il desiderio di vedere frutti pastorali immediati rendono difficile il lavoro comune. Abbastanza evanescente, un po’ ovunque, risulta il momento del coinvolgimento degli istituti missionari. Forse è la loro peculiarità che rende “leggero” il contatto.

 

Le Famiglie.

Singolare ma vera l’osservazione della Lombardia che, riferendosi ad una diocesi, sottolinea come le maggiori resistenze (si manifestano nelle famiglie) quando sono coinvolti vocazionalmente i loro figli. Ed è un’osservazione comune a molte diocesi italiane che ci fa comprendere una situazione da non sottovalutare: il coinvolgimento delle famiglie è facile finché non sono “coinvolte” nella propria carne. Allora tutto diventa difficile. E sembra allora che divenga particolarmente importante il lavoro che si deve fare con le famiglie perché riscoprendo gli sposi la propria vocazione, sappiano vedere la propria vita coniugale e familiare a servizio di tutte le vocazioni. In questa prospettiva, suggerisce per esperienza il Triveneto, è di grande aiuto il Direttorio di Pastorale Familiare della CEI. Dal Piemonte giunge una segnalazione concernente l’esperienza di utilizzo delle celebrazioni per l’Anno internazionale della Famiglia con iniziative specifiche. Da tutte le regioni giunge comunque la buona notizia che nella stragrande maggioranza dei CDV è presente una coppia di sposi, è quasi sempre buono – come sottolinea esplicitamente la Campania – il rapporto con l’Ufficio Famiglia e con i corsi per fidanzati come sottolinea l’Abruzzo – Molise.

 

Aggregazioni Ecclesiali e Centri Educativi.

Data la scarsità di notizie, si possono guardare contemporaneamente le risposte concernenti il coinvolgimento delle responsabilità di aggregazioni e centri educativi. Sono poche le diocesi che hanno un’esperienza a riguardo, dice la Campania, tuttavia viene segnalato un buon rapporto con l’Azione Cattolica che altre Regioni sottolineano, come la Toscana che fa riferimento al settore giovani di AC. Quest’ultima ci riferisce anche di esperienze significative tra CDV e scuole cattoliche particolarmente legate alla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni anche con schede opportunamente preparate per le medie superiori. Da segnalare l’iniziativa di un CDV dell’AbruzzoMolise dove da quattro anni viene proposto agli studenti – prima di entrare a scuola – “il quarto d’ora”, ovvero un’iniziativa di preghiera in una parrocchia vicina all’istituto scolastico. Qua e là il tentativo di coinvolgere gli insegnanti di religione con risultati per lo più scadenti (Umbria). La Lombardia segnala inoltre qualche coinvolgimento con la commissione oratori e pastorale giovanile.

 

 

 

Circa l’accompagnamento vocazionale

1. PERSONALE

Quale attenzione si è riservata alla Direzione spirituale? Che cosa si è fatto?

Quale attenzione si ha in diocesi per i giovani/adolescenti? Quali iniziative per la proposta vocazionale? Dalle comunità cristiane provengono al CDV richieste in tal senso?

 

2. DI GRUPPO

Il CDV promuove iniziative in tal senso? Con quale esito? 

 

Personale.

Sembra che il tema dell’accompagnamento, previsto dal Piano dal n. 41 al n. 50, sia il più sentito e al momento il più fecondo in molte diocesi italiane. In particolare – anche per l’impulso dato dal CNV – ci si è dedicati alla direzione spirituale con serietà e grande interesse. La Lombardia ci riferisce di una notevole quantità di incontri sul discernimento e sull’accompagnamento; di seminari sulla direzione spirituale e di convergenze di varie componenti ecclesiali su questa tematica. E la stessa regione sottolinea la crescente domanda di accompagnamento alla quale sempre di più i CDV dovranno saper rispondere. L’Umbria sottolinea come la direzione spirituale stia conoscendo un periodo di confortante ripresa e come ci sia una diocesi dove un prete sia stato dedicato a tempo pieno alla pastorale giovanile e vocazionale col compito di rendersi totalmente disponibile alla direzione spirituale. Interessante l’esperienza del Triveneto di un prezioso coordinamento diocesano della “geografia dell’ascolto” laddove si è diffuso l’elenco dei presbiteri e dei consacrati disponibili per la direzione spirituale e l’orientamento vocazionale. Momenti formativi importanti, in collaborazione con i seminari, sono segnalati anche dal Piemonte. Qualche vescovo ha scritto anche una lettera pastorale – ci riferisce la Campania – sulla direzione spirituale.

 

Di Gruppo

Al di là di una certa confusione tra annuncio, proposta e accompagnamento che fa confondere l’accompagnamento di gruppo con i campi – scuola, che sono invece momenti di annuncio vocazionale, talvolta di proposta, solo raramente parte integrante di un cammino, l’accompagnamento di gruppo trova nelle scuole di preghiera e in incontri mensili, periodici anche più frequenti, i suoi strumenti principali e più diffusi. La Toscana segnala un forte impegno in tal senso da parte dei Francescani e da parte di vari istituti di suore ma senza riferimenti ai CDV. Il Piemonte segnala la presenza di Centri di Ascolto per giovani. Dopo la morte di don Puglisi anche in Sicilia si è costituito un Centro Ascolto Giovani per offrire questo servizio. L’Emilia-Romagna sottolinea il grande impegno delle famiglie religiose in questa direzione e la Liguria racconta del primo giovedì del mese offerto dal e in seminario per gruppi giovanili. L’Abruzzo – Molise sottolinea l’importanza di offrire itinerari formativi al fine di formare i responsabili di pastorale giovanile alla capacità di “avere occhio” per le attitudini vocazionali di adolescenti e giovani. L’importanza degli Esercizi Spirituali come momento di accompagnamento vocazionale di gruppo promossi anche dai CDV è segnalata anche dall’Umbria e dal Triveneto. L’Umbria propone inoltre attraverso il seminario regionale di Assisi un appuntamento mensile per giovani e ragazze in tre centri della Regione, tre giornate separatamente per gruppi di giovani e di ragazze già orientati vocazionalmente. La Lombardia segnala la promozione di cammini di orientamento vocazionale per giovani direttamente da parte di vari CDV nelle rispettive diocesi e in varie zone di alcune diocesi.

 

 

 

Circa la struttura del CDV

È quella ipotizzata nel n. 54 del Piano. Se no perché?

Dove c’è, la struttura del CDV rispetta per lo più le indicazioni del Piano con alcuni ritocchi di adattamento ad esigenze particolari. In molte Diocesi non c’è un vero e proprio Centro. Magari c’è un Direttore e talvolta solo sulla carta che non ha mai costituito una vera struttura operativa. Altre volte il Direttore fa tutto con l’aiuto di un paio di suore o un buon laico. Si riconosce tuttavia l’importanza di una strutturazione completa e in linea con il Piano. Sembra comunque vera l’osservazione dell’Emilia-Romagna che delinea un CDV italiano bisognoso di essere rincuorato. L’incontro che il CNV tiene ogni due anni per i direttori sia più per loro. Il direttore non sia cambiato facilmente ma non sia dimenticato in

quel posto. È altrettanto condivisibile la constatazione del Triveneto e l’auspicio che forse qualche direttore, se pur oberato da tanti altri impegni, potrebbe rendersi disponibile per un miglior coordinamento del CDV e aderendo maggiormente agli appuntamenti del CNV e CRV.