N.01
Gennaio/Febbraio 1997

Ricerca vocazionale e solidarietà

“Il giorno dopo Giovanni era di nuovo lì con due dei suoi discepoli… I due discepoli si misero a seguire Gesù. Gesù si voltò e vide che lo seguivano. Allora disse: Che cosa volete? Essi gli dissero:  Rabbi, dove abiti? Gesù rispose: Venite e vedrete” (Gv 1,35-39).

 

È chiaro che i due discepoli in questione sono in ricerca; è per questo infatti che Gesù rivolgendosi proprio a loro dice: “Che cosa volete ?”. Anche la risposta di Gesù: “Venite e vedrete” sta a indicare una condizione indispensabile alla sequela e alla formazione al discepolato: Gesù propone se stesso, nella sua vita e nelle sue scelte, come colui che insegna un modo di vivere. Per diventare discepoli di Gesù è indispensabile una comunione di vita con lui.

Ogni pastorale vocazionale è finalizzata a far incontrare il giovane con Gesù, con il suo mistero di incarnazione-missione, morte e risurrezione. È evidente che una pastorale giovanile non può non essere una pastorale vocazionale. I giovani sono dei chiamati: “Gesù lo guardò con grande simpatia e gli disse: ti manca soltanto una cosa: va’ a vendere tutto quello che possiedi e i soldi che ricevi dalli ai poveri. Allora avrai un tesoro in cielo. Poi vieni e seguimi!” (Mc 10,21). Gesù guarda a quel giovane con simpatia e speranza; e nel medesimo tempo gli propone ideali molto alti: il servizio totale ai poveri.

Siamo nel decennio del programma pastorale affidatoci dai nostri vescovi con “Evangelizzazione e testimonianza della Carità”. Questi Orientamenti pastorali per gli anni ‘90 al n. 46 recitano: “Il Vangelo della carità permette di sottolineare… che è indispensabile proporre nell’educazione dei giovani alla fede la sua costitutiva risonanza vocazionale… L’educazione alla gratuità e al servizio è il terreno comune su cui possono fiorire tutte le molteplici vocazioni ecclesiali”.

Il Vangelo della carità ci offre un nutrito itinerario vocazionale; contestualizza la chiamata e la risposta nell’ambito suo proprio che è la carità come “risposta all’amore con l’amore”: per questo i giovani sono invitati ad avere l’ardire di “puntare in alto”, e per questo vanno educati alla generosità e al coraggio senza timori; ed infine viene indicata la gratuità ed il servizio come valori, come il percorso adatto in cui formarsi per crescere e maturare nella propria vocazione. Il Vangelo della carità fa intravedere al giovane la realizzazione della propria vita attraverso il dono di sé, e la testimonianza della carità diviene orientamento vitale e palestra di crescita e di formazione. È ancora il documento “Evangelizzazione e testimonianza della Carità” che per educare i giovani al Vangelo della carità raccomanda di “puntare su proposte essenziali e forti, coinvolgenti, che non chiudano i giovani in prospettive di compromesso e nei loro mondi esclusivi, ma li aprano alla più vasta comunità della chiesa, della società e della mondialità” (n. 45). Propone inoltre anche il metodo per evangelizzare tutta l’esperienza giovanile, a maggior ragione, perciò, l’impegno più responsabile di accompagnamento per un cammino vocazionale con una proposta evangelica “attenta alle molte esigenze formative oggi diffuse, come quelle della fraternità, solidarietà e autenticità, offrendo concreti sbocchi di impegno mediante esperienze di comunione e di servizio” (ivi). Penso si possa riflettere sul significato del dono della propria vita o di parte di essa nel volontariato come servizio alla persona nelle più svariate situazioni di bisogno. Un servizio che non parta da presupposti gratificanti, ma, come Gesù, dal dono, di sé e della propria vita.

Per questo la risposta più vera e concreta al come realizzare la fede non ce la propone con norme dettagliate o con ricette ad effetto sicuro; presenta invece come punto di riferimento e quadro di verifica la persona di Gesù [1]. Se questa deve essere la proposta del volontariato cristiano, questo vale tanto di più per chi è chiamato alla sequela di Cristo attraverso una chiamata speciale alla sequela.

Parallelamente al modello di un volontariato cristiano che, radicando le proprie scelte sulle motivazioni evangeliche del servizio all’uomo e agli ultimi, diventa profonda esperienza di fede con Cristo, il suo messaggio e la sua storia, proprio questa potrebbe essere una proposta forte per un cammino vocazionale. Come Gesù che ha dato se stesso, così si capisce il significato del dono della vita agli altri – il dono non può essere ripagato perciò: vale la pena cercare e servire i più poveri, gli ultimi e gli emarginati, con un amore universale di condivisione comune e totale per tutti, privilegiando i più deboli e gli ultimi, amore che deve estendersi anche ai paesi in via di sviluppo e deve abbracciare la dimensione della mondialità, della fraternità e della pace.

Qui si trova la spiegazione delle innumerevoli vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata provenienti da esperienze concrete di solidarietà tra gli obiettori di coscienza in servizio civile, o in associazioni e movimenti di volontariato a servizio dei poveri. Sono circa trentamila i giovani che hanno fatto la scelta dell’obiezione di coscienza e del servizio civile con la Caritas. Si tratta di un anno di servizio agli altri nei campi più svariati: ai tossicodipendenti e malati di AIDS, a immigrati, carcerati e dimessi dal carcere, ai senza dimora, anziani, handicappati, minori.

Normalmente il periodo del servizio è preceduto e accompagnato da un intenso programma di formazione. Più di cinquecento giovani, dopo il servizio civile, hanno scelto il sacerdozio o la vita religiosa; per moltissimi di loro il servizio ai poveri è stato determinante per la scelta della professione e dell’impegno sociale e politico: dalla famiglia alla scuola, dall’impegno sociale a quello politico nelle amministrazioni locali, nei mass-media e nelle istituzioni, comunque per un ideale di servizio alle persone.

Per cinque anni ho accompagnato i seminaristi degli ultimi anni di Teologia, sempre una ventina, durante l’avvento, la quaresima e altre occasioni, ad incontrare settimanalmente i detenuti, nel carcere di Poggioreale. Nelle. verifiche finali era di tutti la riflessione: “Dopo questa esperienza vedo diversamente la mia vocazione e il futuro impegno sacerdotale”. Quelli già sacerdoti hanno confermato nell’impegno pastorale questa esperienza. Valida è anche l’esperienza di quei giovani che per periodi determinati di qualche mese si recano in Paesi in via di sviluppo, non per turismo, ma fermandosi in qualche missione povera per lavoro. Occorre che queste esperienze siano preparate, seguite e verificate con persone esperte perché abbiano buoni risultati.

 

 

 

 

 

 

 

Note

[1] A. MASTANTUONO, Volontariato e profezia, EDB, Bologna.