N.02
Marzo/Aprile 1997

Progetti, cammini ed esperienze significative nei CRV d’Italia

 

a cura dei Direttori e dei CRV della Liguria e della Toscana  

 

 

LIGURIA

Negli ultimi anni

Da alcuni anni nella nostra regione, la Liguria, è in atto una profonda opera di riflessione in merito al rapporto tra la pastorale giovanile e quella vocazionale. Quest’ultima è andata sviluppandosi come una presenza di animazione vocazionale, operata soprattutto attraverso l’iniziativa personale e diretta degli animatori vocazionali. Per loro, ogni anno, per una quindicina di anni, si è organizzato un Convegno su tematiche specifiche, indirizzato agli animatori in genere. Negli ultimi anni la riflessione sulla natura ed i metodi della animazione vocazionale ci ha portato a non considerarla disgiunta dalla pastorale giovanile ordinaria ma ad inserirla in essa. Già nel Convegno regionale del 1992 infatti, la relazione di don Domenico Sigalini – dal titolo: “L’operatore di discernimento e di crescita nella Comunità cristiana” – porta come sottotitolo: “La persona adulta vero educatore nella Pastorale giovanile e vocazionale”.

Una terza nota introduttiva è che in questi anni è andato sempre più affinandosi il confronto ed il servizio del CRV, questi ha vissuto i suoi momenti più importanti nei Convegni del 10-11 ottobre 1992 sopra citato; si è tenuto presso l’Opera “Madonnina del Grappa” in Sestri levante (GE), e quello del 16-17 ottobre 1993, dal titolo “La preghiera alla sorgente della vocazione”, tenuto presso il Centro “Mater Dei – Opera Don Orione”, in Tortona (AL), con relazioni di Enzo Bianchi, Priore di Bose (BI). Il riconosciuto inscindibile rapporto fra animazione vocazionale e pastorale giovanile ha portato ad individuare la necessità di un seminario specifico per giungere al traguardo di conclusioni operative.

 

Il seminario dell’ottobre ‘96

Il seminario per animatori vocazionali e giovanili, tenutosi presso la “Oasi della Pace” di Albisola superiore (SV), il 19 ottobre 1996, dal titolo: “Maestro, che cosa devo fare per avere la vita?”, è stato preceduto da una indagine sul rapporto esistente in regione fra gli operatori della pastorale giovanile e di quella vocazionale.

Il breve questionario proposto era così formulato:

1 – in Diocesi, pastorale giovanile e pastorale vocazionale lavorano insieme?

2 – quali i punti di incontro? 

3 – quali le difficoltà?

4 – quali gli aspetti positivi?

Il questionario ha rilevato che la collaborazione tra le due pastorali è ancora agli inizi. Alcune Diocesi (ad es. Chiavari e Savona), per rendere più facile l’espressione della dimensione vocazionale nella pastorale giovanile, hanno affidato alla stessa persona la responsabilità della presidenza della Consulta di pastorale giovanile e quella di Direttore o Vice-Direttore del CDV.

Tuttavia restano grandi le difficoltà che s’incontrano in questa esperienza di collaborazione pastorale; esse consistono anzitutto nella mentalità diffusa e difficile da scardinare secondo cui la pastorale vocazionale è roba per addetti ai lavori o per chi sia già orientato verso la speciale consacrazione. Inoltre fa problema il fatto che, soprattutto i sacerdoti, considerino la proposta vocazionale una realtà da “trattare con i guanti”, cioè, quasi mai!. La fatica del camminare uniti si manifesta come disponibilità a “fare delle cose” in comune, piuttosto che insieme, cioè unitariamente.

Risultano tuttavia alcuni elementi positivi: è sempre più diffuso, nonostante i limiti denunciati sopra, il desiderio degli operatori pastorali di lavorare insieme; esso è segno del fatto che sta crescendo l’esigenza di una pastorale davvero organica ed unitaria. Inoltre si fa sempre più diffusa la convinzione della necessità di far passare la crescita umana e spirituale del giovane attraverso la ricerca e la scoperta della sua vocazione, cioè del senso pieno della vita e del posto che egli è chiamato da Dio ad occupare nella Chiesa e nel mondo.

Il seminario di studio ha avuto il suo centro nella relazione di Mons. Italo Castellani, Direttore del Centro Nazionale Vocazioni, il quale, dopo aver brevemente presentato il cammino delle due pastorali dagli anni ‘60 ad oggi, ha magistralmente delineato la specificità, la complementarietà e la reciprocità della pastorale vocazionale e di quella giovanile. Egli ha concluso con due affermazioni di fondo: 

“La pastorale giovanile si dovrebbe interessare di tutta la realtà giovanile ed offrire a tutti i giovani degli itinerari di educazione alla fede, affinché dalla situazione di partenza…, ogni giovane faccia un cammino di crescita umana e cristiana fino a scoprire la propria personale vocazione, qualunque essa sia. Ecco perché la pastorale giovanile ‘è costitutivamente vocazionale’. Anzi un’autentica pastorale giovanile ha come frutto maturo lo sbocco vocazionale di ogni giovane!La pastorale vocazionale si innesta nella pastorale giovanile e, in continuità con essa, accompagna e cura l’animazione vocazionale più specifica delle vocazioni di speciale consacrazione, alla vita sacerdotale e alla vita consacrata. In alcuni momenti il campo d’azione specifico è abbastanza chiaro e definito. In altri momenti la complementarità e la reciprocità tra i due è maggiormente richiesta. Sinteticamente direi: la pastorale giovanile è ‘vocazionale’ in senso ampio; la pastorale vocazionale è appunto vocazionale in senso specifico”.

Le conclusioni del seminario sono state affidate a Mons. Mario Rollando, rettore del seminario vescovile di Chiavari; esse propongono una verifica radicale della pastorale giovanile affinché possa divenire davvero vocazionale. Mons. Rollando annota alcuni orientamenti educativi che nascono dall’urgenza di rifondare la figura del discepolo tanto in chi è operatore pastorale quanto nel discepolo che si vuol servire: un discepolo affascinato dal Volto autentico di Gesù Cristo ed insieme appassionato per l’uomo di oggi con le sue stigmate e con le sue speranze. Tale immagine di discepolo deve determinarci, come operatori di pastorale giovanile e vocazionale, a passare, ma con forza, con energia con illuminazione, da alcuni orientamenti educativi ad altri più coerenti e finalizzati. Vogliamo qui sintetizzarli così: dal senso religioso, alla Fede autentica (la centralità della Parola di Dio per una crescita esperienziale dell’amicizia di Dio e con Dio. Il “Tu” di Gesù Cristo deve diventare il “tu” della mia vita); da percorsi semplicemente morali a percorsi tipicamente biblici (una dinamica che dalla domanda prioritaria: “Che cosa il Signore fa per me?” comporti una conoscenza crescente del mistero di Dio, conoscenza che si esplicita in una vita di fede secondo un percorso originale); dalla devozione all’adorazione (è necessario riappropriarci dei valori intrinseci della liturgia, partecipata ed “ascoltata” – in senso biblico -, dove il linguaggio evangelico dei segni sottolineal’importanza del silenzio abitato da Dio, della preghiera totalmente gratuita e laudativa); la dimensione dello “impossibile” nel discepolato evangelico (Mc 10,25-27), cioè il compito di educare a comprendere che, prendendo a prestito dal Vangelo un’immagine stimolante, è il Signore che, da cammelli ci rende filiformi, sì che possiamo passare “attraverso la cruna dell’ago” la dimensione dell’assoluto, come proposta la più degna,la più alta, la più nobile per l’uomo; quella che gli consente di fare appello alle urgenze più profonde del suo io per promuoverlo globalmente in tutte le sua facoltà; la lettura sapienziale della storia (il giovane deve essere educato a conoscere i fatti, a documentarsi profondamente su di essi, ma a saperne cogliere il significato profondo, al punto di arrivare a rendersi conto che Dio sa scrivere diritto sulle righe storte della storia); l’educazione alla gratuità (educare il giovane ad essere discepolo del Vangelo significa anche saper tradurre la gratuità in gesti feriali, visibili negli ambiti concreti della sua vita); l’ecclesialità: dall’andare in chiesa all’essere Chiesa; forti della propria intimità con il Cristo Gesù, riconosciuto Figlio di Dio, il Salvatore degli uomini, proporre una comunità tutta ministeriale, dove pastori, religiosi e laici, fedeli al proprio ministero; costruiscono insieme il Corpo di Cristo: una Chiesa della responsabilità e della missione; l’educazione alla mondialità (dare ali e occhi d’aquila all’esperienza ecclesiale del discepolo così che, secondo le esigenze del suo Battesimo, dilati il proprio cuore ad accogliere le istanze del mondo intero; la convivialità delle differenze (il giovane cristiano è chiamato a vivere in prima persona la profezia dell’unità tra le persone; una unità che non è uniformità ma che nasce proprio dall’accogliere le differenze per elaborarle in un progetto comune).

In concreto, quali ci paiono, a questo punto, i primi passi da compiere? Partendo dall’osservazione puntuale di mons. Rollando: “se la pastorale vocazionale non è una pastorale tra le altre ma prospettiva unificante di tutta la pastorale, è legittimo chiederci se molto della nostra attività nella comunità cristiana, non risultando vocazionale, può essere ritenuto veramente pastorale o se invece non manca di una nota essenziale”, i primi passi da compiere ci paiono: approfondire la riflessione sulla figura del discepolo di Cristo, anche per contribuire a rendere veramente pastorale l’azione della Comunità cristiana, particolarmente nei confronti dei giovani; rendere sempre più concreti ed operativi gli orientamenti educativi individuati nelle conclusioni del seminario perché la pastorale giovanile divenga sempre più vocazionale; porre particolare attenzione alla Direzione spirituale, cominciando con il riproporla come valore; denunciando una carenza di scelte conseguenti concrete, soprattutto nella preparazione dei Direttori – sacerdoti, religiosi o laici – e nel predisporre le condizioni perché possano svolgere al meglio il loro servizio.

Con la speranza che le indicazioni intraviste siano davvero frutto di un discernimento autentico, ci apprestiamo ad affrontare il cammino che ci sta d’innanzi con l’umiltà e la determinazione di chi sa di essere un piccolo strumento nelle mani di un grande Signore.

 

 

TOSCANA

Il cammino del nostro CRV è un po’ modulato sulla geografia di questa terra: saliscendi su colline, terreno fertile per l’olio di oliva e il vino classico. Si viaggia nell’ammirazione di paesaggi a dir poco stupendi e immortalati da poeti e prosatori, in un’alternanza di casolari e ville sparse nella campagna e città ricche di storia e di arte. Camminiamo, a livello regionale, nello stupore di quanto Dio suscita nelle nostre chiese: i piccoli e grandi segni della sua fedeltà e della sua potenza.

Camminiamo, spesso, anche a velocità sostenuta, ma non mancano i rallentamenti dovuti soprattutto al fatto che la pastorale vocazionale non incide ancora nella pastorale ordinaria; è fatta di iniziative, di interventi, ma manca quella convinzione a livello ecclesiale che tutta la pastorale deve essere vocazionale. È uno slogan più volte ripetuto, ma che stenta ad entrare nel tessuto della comunità, presbiteri compresi.

C’è ancora una mentalità di “delega” : ci sono gli addetti ai lavori e a questo ci penseranno loro. Inoltre anche i Centri Diocesani Vocazioni – al completo con il loro responsabile – non hanno sempre voce là dove “si pensano e si progettano itinerari pastorali”. C’è la voglia, il desiderio di “sfondare”, ma forse ci manca il coraggio e l’incisività. Senza privilegiare nessuno, ma di iniziative significative se ne fanno nelle varie chiese locali e istituti religiosi: scuole di preghiera e della Parola; week-end di spiritualità a sfondo vocazionale; esercizi spirituali,… settimane vocazionali; ritiri presso seminari diocesani o case di accoglienza di istituti religiosi: alcune di queste iniziative hanno trovato eco anche su questa rivista.

I nostri Vescovi in una lettera pastorale alle chiese locali: “Pastorale vocazionale: profezia e speranza della Chiesa” ci hanno sollecitato a questo coinvolgerci per vocazionalizzare la pastorale, ma… la loro calorosa esortazione non ha trovato una risposta – almeno fino ad oggi – entusiasta. A questo lento cammino si accompagnano felici accelerazioni che spesso, però, hanno il tempo di una iniziativa.

Dopo il lungo periodo in cui Don Franco Manetti ha ricoperto l’incarico di responsabile (a Lui va il nostro fraterno e riconoscente pensiero per l’incisività e la costanza con cui ha condotto il CRV ed anche l’augurio che nella terra del Rio Branco possa raccogliere abbondanti frutti con il suo apostolato), seguendo alcune indicazioni che ci ha lasciato e accogliendo l’invito dei nostri vescovi, il CRV sta prediligendo il “qualificare la propria azione nel senso della comunione ecclesiale, con la consapevolezza che è più importante creare il senso di Chiesa attraverso le varie iniziative, che promuovere le iniziative stesse” (P.P.V., 54-b). 

Quali passi stiamo facendo.

Il passo iniziale, con il quale siamo partiti, è stato quello di allargare il cosiddetto “ufficio” (P.P.V., 54-b) a tutti i direttori diocesani, i rappresentanti degli animatori vocazionali degli istituti maschili e femminili presenti in regione, ad alcuni membri di istituti secolari. Questa assemblea presieduta da Mons. Gualtiero Bassetti, attuale delegato della CET per la pastorale vocazionale, si riunisce almeno due volte all’anno. Accanto a questa c’è “l’esecutivo” (gruppo composto da tutti i rappresentanti delle realtà ecclesiali) che coordina e promuove le varie attività.

Un secondo passo è stato fatto nella prima assemblea (8.11.95) alla quale hanno partecipato in modo attivo il Presidente regionale CISM e USMI sul tema: la Pastorale Vocazionale Unitaria: il CDV, luogo di comunione. Riprendendo il P.P.V. e il documento “Sviluppi della pastorale delle vocazioni nelle chiese particolari”, il nuovo Responsabile regionale ha sottolineato l’urgenza di formare “centri unitari per l’animazione vocazionale” (P.P.V., 51) esortando caldamente ad uscire – diocesi e comunità religiose – dal proprio guscio per operare sul piano Chiesa a 360°.

Proprio per dare subito un’accelerata a questo indirizzo, a marzo, in collaborazione con il Coordinamento regionale di pastorale giovanile, si è organizzato un convegno su “L’educazione dei giovani alla fede: la risonanza vocazionale”. Alla relazione di Mons. Vincenzo Savio, vescovo ausiliare di Livorno e Direttore del CDV, sono seguiti 7 stands nei quali si sono sviluppati alcuni ambiti che interessano la pastorae giovanile e la pastorale vocazionale.

Un ulteriore passo è stato fatto il 19 aprile u.s. durante la seconda assemblea nella quale gli animatori degli stands portarono le conclusioni emerse nel convegno e attraverso lavori di gruppo furono presi alcuni orientamenti poi consegnati agli incaricati diocesani della pastorale giovanile e agli animatori vocazionali degli istituti religiosi e istituti secolari. Per sostenere il cammino unitario si sono proposte cinque iniziative a livello regionale per l’estate.

Una di queste “Seminario sulla direzione spirituale a servizio dell’orientamento accompagnamento vocazionale”, giunta già alla quarta edizione, ha visto un discreto numero di partecipanti (circa 60 persone). Sul solco della tradizione, con attenzione al magistero dei nostri Vescovi e alle realtà ecclesiali, continueremo il nostro cammino altalenante, ma con la speranza e la gioia nel cuore, convinti che l’importante è seminare… qualcuno raccoglierà, forse quegli stessi operai che noi invochiamo e che il Padrone della messe invierà di certo.