N.03
Maggio/Giugno 1997

Pubblicità e stampa,televisione e musica: quale animatore vocazionale con e per i giovani d’oggi?

 

a cura degli animatori dei laboratori del Seminario di Assisi ‘96

su “comunicazione e vocazioni”.

 

Premessa

Il programma del seminario residenziale di Assisi 1996, su “Comunicazione e vocazione”, presentava una novità rispetto allo schema degli anni precedenti. Veniva, infatti, offerta ai partecipanti la possibilità di fare esperienza in quattro laboratori di studio su altrettanti linguaggi giovanili.

Il carattere eminentemente pratico e attivo dei gruppi di riflessione ha portato a “mettere le mani” e “provare a fare” , oltre che pensare, attorno al rapporto comunicazione – vocazione – giovani. Vorremmo esplicitare, per chi non ha vissuto direttamente “sul campo” il seminario, delle convinzioni di fondo che hanno sostenuto l’idea di dedicare alcune ore pomeridiane ai quattro laboratori che approfondivano altrettante aree di interesse e di aggregazione giovanili.

 

– Il processo comunicativo, nella sua natura, richiede e crea uno spazio di partecipazione e di coinvolgimento, di “comune-azione” che apre spiragli di intervento e di dialogo personale e comunitario.

– È necessario, ad un certo punto, operare il passaggio dal livello teorico a quello pratico. Lo spazio dell’attività aiuta ad individuare modelli di azione, a verificare percorsi e itinerari, a smontare la complessità del discorso razionale e a calarsi nella concretezza della realtà.

– La possibilità di scambiare le esperienze e di confrontarsi sulle idee, sulle proposte, sulle difficoltà arricchisce e costruisce un terreno comune; convince del fatto che “siamo tutti alla ricerca dei mezzi, delle strade”, nessuno è arrivato alla meta, ne tantomeno possiede tutte le carte per la soluzione dei problemi e il raggiungimento della verità. È la ricerca che si fa comune e che abilita ad assumere criteri di parzialità nei confronti della realtà e del fenomeno “media” che appare complesso, diversificato, pervasivo, sfuggente e, a volte, anche misterioso.

– Condividere, partecipare, ricercare aiuta a creare in noi, e attorno a noi, una nuova mentalità comunicativa basata sulla circolarità e sullo scambio della vita, sull’ascolto dell’altro e non sul dominio, sulla dimensione dell’essere e non dell’avere.

 

Dalle quattro esperienze è possibile ricavare risultati comuni.

Entusiasmo e interesse. Lo si coglieva nell’aria e si notava “orecchiando” le conversazioni dei partecipanti che, nelle comunità, oltre le ore di laboratorio, continuavano ad approfondire ciò che era stato “provato” e condiviso.

È possibile. Con sorpresa, ci si è resi conto che si può parlare di Dio con i media, e che i media stessi possono essere portatori di un messaggio di Dio e del rapporto dell’uomo con Lui. Egli ancora oggi parla, come un tempo ha parlato attraverso l’asina di Baal, in Israele. I “nuovi pulpiti”, “moderni areopaghi”, come li ha definiti il Papa, sono il lembo del mantello che possono aiutarci a “toccare” il Verbo della Vita.

Nuovo linguaggio. Si deve cambiare. Non possiamo più comunicare alla gente, in particolare ai giovani, la “Buona Notizia” con le categorie logiche e statiche a cui siamo stati abituati e formati. Il movimento, il colore, il ritmo, la sinteticità, che connotano i linguaggi dei media e dei giovani, devo no diventare “pane di casa nostra”.

Ridurre le distanze. Lo scollamento tra gli interventi teorici e la praticità dei laboratori può aver generato confusione, smarrimento. È necessario, allora, lavorare insieme, tenendo costantemente presente gli orizzonti, per dare alla pratica un’anima e per rivestire la teoria dello zoccolo duro della realtà che si considera e a cui si fa riferimento.

 

 

 

PUBBLICITÀ E VOCAZIONE

 

Sulla pubblicità si è ormai detto tutto il bene e il male possibile e, di volta in volta, è stata considerata come necessaria informazione commerciale, insieme di tecniche manipolatorie, strumento di servizio delle aziende e dei consumatori, nuova forma artistica e così via[1]. È fin troppo evidente che scopo della pubblicità è convincere e persuadere; da questo punto di vista lo scopo è neutro fino a quando non si prendono in esame: l’obiettivo della persuasione (cioè il comportamento che si vuole incoraggiare) e i mezzi utilizzati per raggiungerlo.

Non vogliamo fare qui un’analisi approfondita dei meccanismi della pubblicità, ma comprendere che produce un effetto non previsto dai suoi obiettivi: la creazione e la presentazione di un mondo “possibile” che nella realtà non è vero e neppure probabile. Un mondo in cui tutto va bene, in cui le famiglie sono serene, gli anziani sono sempre sorridenti, la natura è un paradiso terrestre incontaminato e il Terzo Mondo uno scenario da favola per le vacanze. Un mondo senza problemi che promette felicità e facilità nel raggiungere ciò che propone.

Da questo miraggio pubblicitario i giovani vengono risucchiati; attirati dallo spettacolo di luci, suoni, canti e colori, da una narrativa frantumata affidata alla presentazione di situazioni ad effetto, in un mondo fantastico e desiderabile. La pubblicità “accompagna” i giovani negli acquisti, ne condiziona la scelta, creando uno stimolo positivo verso il prodotto. I giovani sono così spinti ad acquistare le cose sotto l’etichetta dell’utopia, del sogno, dell’emozione.

Se questi sono alcuni effetti della pubblicità, ha senso inserirla, “usarla” per fare ai giovani proposte di “vita” impegnata, consacrata al servizio di Dio e dei fratelli?È possibile usare alcune tecniche pubblicitarie nell’ambito religioso e più specificamente nella promozione vocazionale? Non c’è forse il rischio di fare diventare il Messaggio uno dei tanti “prodotti” da vendere, svuotandolo dei valori e del suo significato profondo?

Sono questi alcuni degli interrogativi a cui il laboratorio “Vocazione e Pubblicità” (inserito nel seminario di formazione per animatori vocazionali organizzato dal CNV ad Assisi dal 26 al 31 agosto 1996 dal tema “Comunicazione e Vocazione”) ha cercato non tanto di rispondere, ma piuttosto di approfondire per poi lasciare spazio, agli animatori vocazionali, di delineare delle scelte operative. Il laboratorio, per sua natura pragmatico, esperienziale, si è svolto in più momenti.

Innanzitutto è sembrato importante, per introdurre i partecipanti nell’ambito specifico della pubblicità, presentare questa arte della comunicazione, tratteggiandone brevemente le caratteristiche.

Si sono poi analizzati alcuni prodotti audiovisivi: una serie di spot trasmessi da canali televisivi italiani ed esteri che avevano come protagonisti preti o religiosi/e; una videocassetta “collage” realizzata assemblando spezzoni tratti da materiale “vocazionale” di varia provenienza, prodotti da istituti, dagli uffici vocazionali diocesani e da quello nazionale; le locandine prodotte e distribuite dal Centro Nazionale Vocazioni in occasione dell’annuale giornata mondiale di preghiera.

Al termine della visione di ognuna delle videocassette e del materiale iconografico, si è condotta una lettura estetica, mettendo a fuoco la scelta e l’uso delle immagini, del testo, della musica, degli slogans. Con l’aiuto di alcune domande si è poi passati ad una lettura valutativa del materiale analizzato: i preti, i/le religiosi/e presentati dagli spot pubblicitari e dalle videocassette “vocazionali” che vita conducono? Quale “segno” lasciano nei giovani?Che missione propongono? Quali reazioni provocano?

I molti interventi dei partecipanti, mentre da un lato hanno sottolineato la difficoltà di accogliere il binomio “pubblicità-vocazione”, nel timore di essere banali presentando il messaggio vocazionale, dall’altro hanno rilevato l’urgenza di avvicinare l’universo “pubblicità”, comprenderne le tecniche ed applicarle anche ai “nostri prodotti” di animazione vocazionale perché, usando linguaggi e codici conosciuti dai giovani, il messaggio possa essere più incisivo.

Dopo il lavoro in piccoli gruppi che consisteva nell’abbozzare un poster vocazionale applicando alcune tecniche della pubblicità, sono emersi parecchi suggerimenti operativi che possono essere così riassunti:

– nella produzione dei “nostri” sussidi di promozione vocazionale (stampa, posters, documentari, videocassette) è necessario curare maggiormente l’espressione estetica, scegliendo attentamente le immagini, il testo, la musica, i colori;

– pur presentando esperienze vocazionali concretamente vissute e non idealizzate, ma evocative di condizioni normali, concrete, quotidiane, è auspicabile che ci si possa avvalere di alcune tecniche tipiche della pubblicità quali la brevità e l’immediatezza. Senza dimenticare di coinvolgere non solo la sfera razionale dei giovani, ma anche quella emotiva usando la tecnica del “refrain” o dello “slogan”;

– infine, per stimolare una riflessione sui temi vocazionali, è sempre utile riferirsi a figure di sacerdoti o di religiosi/e che i media stessi fanno conoscere, attraverso il resoconto di alcuni fatti di cronaca, interviste, eventi commemorativi. Un’operazione interessante per riconoscere la vocazione consacrata come parte viva della nostra società e, nello stesso tempo, per cancellare dalla cultura odierna le troppe immagini stereotipate. È ormai chiaro che gli animatori vocazionali, se vogliono raggiungere i giovani d’oggi, devono tentare di camminare anche sulla via dei media; senza dimenticare che, questi mezzi, diventano inutili se non aiutano a sviluppare, ad incrementare il dialogo e l’avvicinamento personale.

 

           Maria Luisa Casiraghi

 

 

 

STAMPA PER I GIOVANI  E VOCAZIONE

 

Aggirarsi e sostare dinanzi alle edicole che puntellano gli angoli e gli incroci delle nostre città e dei nostri paesi può rivelarsi un’avventura estremamente interessante. Ci si rivelerebbe un orizzonte colorato quanto diversificato, sconosciuto quanto silenzioso, sommerso quanto stabilmente presente nell’esperienza dei preadolescenti e dei giovani. La conoscenza di questo mondo e l’analisi di alcune testate sono stati i contenuti del laboratorio “stampa per i giovani e vocazione”. Siamo partiti da una constatazione e da un interrogativo.

 

La constatazione. Esiste in Italia questo mercato in continuo fermento. Le testate, settimanali e mensili, nascono, crescono e muoiono con estrema facilità. Il loro proliferare però è indice di un’attenzione sempre costante e crescente da parte delle case editrici per il pianeta giovani e, viceversa, di alto gradimento da parte dei giovani stessi.

L’interrogativo. La vita formato rotocalco proposta dalle riviste, che ci provoca a livello educativo, che cosa suggerisce e insegna agli adulti impegnati nella pastorale? Quale distanza c’è tra la nostra proposta di vita e di fede e i sogni e gli ideali che esse regalano?

 

L’iter del laboratorio

– Il problema

Dopo un diapomontaggio, che presentava le pagine delle riviste per adolescenti, i partecipanti si dividevano in quattro gruppi per poter “direttamente” vedere, leggere e analizzare i giornali. Erano a disposizione copie di tre riviste tra le più diffuse tra le adolescenti: Cioè e TV Stelle, editi dalla Edizioni Cioè di Roma, e Beautiful Magazine, pubblicato dall’Editrice Universo di Milano.

I quattro gruppi avevano a disposizione una mini-traccia di approfondimento di alcuni aspetti delle riviste:

 – l’impaginazione;

– lo spazio dedicato ai big;

– le rubriche dedicate alla sessualità-affettività;

– le pagine della posta e dei problemi del cuore.

La traccia consegnata aveva principalmente lo scopo di aiutare ad avviare una riflessione nel gruppo e ad orientare, in un secondo momento, la messa in comune e la discussione nell’assemblea che concludeva il tempo del laboratorio.

 

– L’analisi

1. Vestire il giornale ovvero l’impaginazione

È interessante guardare l’impaginazione delle riviste in sintonia con le mille, piccole cose che le adolescenti amano.

* Le pagine delle rubriche sono disegnate e colorate:

– ricercare il come;

– mettere in evidenza che cosa sottolinea il segno grafico;

– fare un confronto tra l’abitudine di decorare il diario, l’agenda, gli zaini e questa scelta redazionale. Che cosa si vuole sottolineare? 

– discutere e verificare quali sono le scelte della redazione riguardo ai colori delle pagine: sono casuali o hanno un significato?

* Le rubriche hanno un certo “movimento”

– guardare come è distribuito lo spazio: le foto in rapporto allo spazio sono dominanti o assenti? 

– che cosa viene messo in evidenza e viene privilegiato?

– scoprire a quali mezzi si ricorre per attirare l’attenzione sugli argomenti (colore, riquadri, titoletti, sottolineature…).

 

2. Divi e divine ovvero lo spazio big

Un esame critico dei contenuti. Qualche annotazione:

* Le rubriche e gli articoli sono introdotti da brevi occhielli e sommari:

– verificare quale chiave di lettura danno sia della rubrica che degli articoli;

– ricerca su: verbi, avverbi, aggettivi; il linguaggio usato com’è? (realistico, evasivo, descrittivo, coinvolgente, persuasivo, ridondante…);

– raccogliere i titoli degli articoli di un paio di numeri della stessa testata e analizzare gli argomenti ricorrenti (personaggi, temi, idee, problemi…);

 – confrontarli con i numeri di un’altra testata e vedere le differenze, le ripetizioni, le costanti;

– evidenziare quali aspetti della persona, soprattutto dei big, vengono messi in risalto e interrogarsi su quale immagine di uomo e di donna viene proposta…

* In tutte le testate vi è uno spazio, più o meno ampio, dedicato alle lettrici e ai lettori:

– prendere in considerazione “quale tipo di fantasia e di partecipazione” si promuove per la pubblicazione.

 

3. Questo piccolo, grande amore ovvero sessualità e dintorni

* Le rubriche dedicate agli argomenti affettivo-sessuali:

– esaminare il tono del linguaggio nel rispondere agli interrogativi o nell’esporre il problema;

– individuare la linea delle redazioni circa i rapporti sessuali o le esperienze precoci;

– raccogliere i suggerimenti e i consigli che si danno in merito all’educazione sessuale;

– riflettere attorno alla concezione di persona che ne risulta; 

– l’effetto di proposte così martellanti e ripetitive: favoriscono davvero la libertà? Aiutano sul serio a vivere il rapporto di coppia, di gruppo? Quali problemi può suscitare un’informazione sessuale ricevuta solo attraverso questo tipo di proposta? 

– evidenziare i contorni dell’educatore, in particolare il ruolo dei genitori: assente, presente, emergente, latitante…

 

4. “Cara amica, ti scrivo…” ovvero la posta del cuore

* “Caro amico ti scrivo…”: le pagine riservate alla posta e ai problemi di cuore:

– verificare l’età e il sesso di chi scrive; 

– elencare gli argomenti che compaiono con maggior frequenza: sono reali, tipici dei ragazzi e delle ragazze di quell’età, sono ingranditi, banalizzati, approfonditi…;

– analizzare il linguaggio sia delle domande che delle risposte; 

– annotare le ripetizioni, gli argomenti-rinforzo;

– confrontare i problemi delle rubriche con la vita che i ragazzi vivono quotidianamente e metterne in risalto la ricchezza e la potenzialità…; 

– evidenziare i contorni dell’educatore: assente, presente, emergente, latitante…

 

Il confronto

Dopo l’analisi e la discussione insieme attorno a ciò che si era scoperto, evidenziato e pensato, si passava ad analizzare ciò che, sull’orizzonte stampa, la Chiesa offre come produzione: ‘Se vuoi’ delle Apostoline, ‘Primavera Mondo Giovane’, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ‘Mondo Erre’ dei Salesiani, ‘Il MeRa’, dei Frati Francescani Conventuali.

Il confronto non era per evidenziare ciò che manca a queste produzioni per competere con un mercato grintoso e battagliero, ma per valorizzare e migliorare ciò che già esiste, anche da anni, come offerta ai giovani di oggi.

 

 

Conclusione o introduzione

Il laboratorio ha aperto un primo, piccolo, spiraglio sull’orizzonte della stampa per preadolescenti. Abbiamo solo cominciato a voltare la prima pagina. La suggestione più forte, che ci viene anche dal Convegno di Palermo, è quella di “stare con amore” dentro questa nostra storia, per cui anche accanto a questo mondo sommerso e affascinante per i ragazzi e le ragazze.

Abbiamo condiviso e riflettuto insieme, valutato e discusso su come accompagnare e sostenere il cammino di ricerca e di crescita dei giovani che “oggi”, in questo nostro tempo, ci sono affidati. In qualità di educatori e operatori nella pastorale, ci sentiamo direttamente interpellati dal desiderio di vita, dal bisogno di affetto e di amicizia, dalla richiesta di protagonismo dei giovani.

Le riviste sembrano evidenziarlo, pur nell’ambiguità del tono, del linguaggio e dei contenuti. Cioè, il settimanale più diffuso (ogni settimana vende circa 375 mila copie!), in uno dei primi numeri pubblicati, si presentava come il giornale che “firmava i sogni dei ragazzi e delle ragazze”.

Noi, quali sogni vogliamo, non solo firmare, ma affidare ai giovani?Di quali ideali vogliamo farli partecipi perché la loro vita sia piena e abbondante?Quale progetto di felicità vogliamo affidare loro e a tanti altri, che verranno grazie al loro annuncio?

                Maria Antonia Chinello

 

 

TELEVISIONE “PER GIOVANI” E VOCAZIONE

 

Televisione e vocazione due mondi vicini o lontani, una sfida da raccogliere o da ignorare, un sussidio in più nelle mani degli educatori o un pericolo da evitare… questi ed altri sono stati gli interrogativi che hanno “animato” il laboratorio e dato vita al lavoro di gruppo a cui ha fatto seguito un’interessante discussione. La domanda che ripetutamente è emersa è stata la seguente: da “dove” ripartire per sollecitare i giovani a porsi interrogativi sulla vita, sulla vocazione vista innanzitutto come chiamata a “vivere la vita” nella pienezza dell’amore.

 

L’ITER DEL LABORATORIO

 

I Passo:

La televisione e la sfida educativa

– Visione del “fantasioso short” “Sigmund Freud”[2]

Un “bambino solo” seduto sulla grande e comoda poltrona posta di fronte alla televisione si gonfia e si sgonfia assumendo progressivamente le caratteristiche e le sembianze dei vari personaggi che affollano lo schermo; ritorna ad essere se stesso quando la mamma lo chiama per farsi aiutare.

– Brainstorming

a) individuazione del significato del filmato;

b) il valore della televisione: esplicitazione del significato raccolto in gruppo mediante un’immagine;

c) televisione e vocazione: quale rapporto.

 

II Passo: 

Televisione e giovani: mondo da scoprire

– Televisione e giovani:

a) programmi più visti;

b) periodicità; 

c) genere televisivo;

d) “nazionalità”;

 

– Visione della Situation-Commedy “Primi Baci”

– Smontaggio:

a) sigla;

b) individuazione dei personaggi; problemi affrontati; genere; linguaggio; ambiente; comportamento delle ragazze, dei ragazzi e dei genitori; contenuto; filosofia;

c) scaletta del problema: presentazione e messaggio promozionale (3’30); sigla (1’00); pubblicità (4’20); I NUCLEO: casa – problema che emerge (3’43); II NUCLEO: sala giochi – problema affrontato (3’50); pubblicità (3’50); III NUCLEO: scuola – problema affrontato (2’47); IV NUCLEO: bar – problema affrontato (1’50); V NUCLEO: scuola – problema affrontato (3’27); VI NUCLEO: bar – problema affrontato (2’43); pubblicità (3’15); VII NUCLEO: scuola: problema risolto (2’15).

– Discussione sui personaggi e sugli effetti delle proposte così martellanti;

– Confronto tra i problemi affrontati e la vita dei ragazzi;

– Messa a punto: gli argomenti sono reali ma vengono affrontati con superficialità e banalizzazione.

 

III Passo: 

Il giovane e la pluralità di proposte

– Visione del breve filmato “L’uomo in scatola”[3]

Un giovane è raggiunto da molti messaggi provenienti dall’insegnante, dai mass-media, dalla Chiesa…, ma non riesce ad individuare la specificità di nessuno o perché arrivano indistinti o per sua incapacità; la sua reazione: girare la “chiave” e trovarsi in un’altra situazione della vita. Non affronta nessun momento… si ritrova alla fine del suo percorso: fugge sempre…; il gioco finisce e le “mille proposte” “non significative” si ritrovano in “frantumi”.

 

IV Passo: 

Piccoli frammenti: il messaggio religioso e la proposta vocazionale tradotti nel linguaggio televisivo

– Intervista sul tema “la preghiera” di R. Cantalamessa al cantante Ron;

– Visione dei video-clip: Dio chiama[4] – Je te promèt[5];

– Confronto e discussione: giovani: quale linguaggio e quale visione della vocazione.

Anna Mariani

 

 

 

MUSICA E VOCAZIONE

 

In questi ultimi anni si è assistito ad un’esplosione di applicazioni tecnologiche che hanno lentamente fatto strada nei nostri ambienti, riuscendo a modificare molte abitudini di vita. Nonostante una penetrazione a livello di massa dei media elettronici, non si riesce ancora a vedere una integrazione tra i nuovi strumenti e l’attività catechistica[6]. Uno dei maggiori problemi a questo riguardo è certamente l’attitudine all’uso tampone della tecnologia, cioè l’uso della tecnologia come ultima spiaggia di salvezza.

È esperienza comune il ricordo di catechisti alla ricerca disperata di qualche cosa che potesse rendere “interessante” il loro incontro con i destinatari: il prodotto e il mezzo tecnologico erano e sono visti come formule magiche capaci di trasformare gli argomenti noiosi in temi interessanti. Peggio. Abbiamo un messaggio da dire: prima lo dicevamo solo con parole, ma adesso, visto che nessuno ci ascolta, diciamo le stesse cose di prima sperando che un sottofondo musicale o una sequenza di immagini possano aiutarci. Ma i media non possono essere adoperati come semplici strumenti: sono infatti una nuova via per giungere al cuore dell’uomo. E in questo senso la musica – il tema di cui vogliamo occuparci – non rappresenta certo un’eccezione.

 

I giovani e la musica

Analizzando i dati che ci vengono offerti periodicamente dalle case discografiche, sembra evidente il minor consumo di musica rispetto a qualche anno fa. Ma non è vero. Diminuisce la vendita dei supporti audio (CD, nastri); ma aumenta l’ascolto delle radio, dei canali TV musicali, ecc. Complessivamente la richiesta e la fruizione di musica hanno in realtà subito un vigoroso aumento.

Le numerose ricerche sul tempo libero dei giovani sottolineano tutte un fatto che anche intuitivamente appare rilevante: i nostri giovani ascoltano tanta musica, ascoltano sempre musica. O meglio diventano musica. La differenza, rispetto a qualche anno fa, è palese; la musica non è più soltanto una radio che si ascolta: è piuttosto un’atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato. Noi viviamo in un mondo di suoni, di immagini, di colori, di impulsi e di vibrazioni, come un primitivo era immerso nella foresta, come un pesce nell’acqua.

Se è possibile immaginare un ragazzo che non legge né un libro né un giornale, che vede pochissimi film e non va a teatro, che non è mai entrato in un museo, è invece difficile credere che non conosca l’ultimo successo discografico. Non possiamo perciò dimenticare l’importanza della musica nella cultura contemporanea: rinunciare all’incontro con questa forma di comunicazione significa mettersi al di fuori di un linguaggio privilegiato dei nostri tempi.

Perché allora non tentare di muoverci proprio da questo ambito? Possiamo farlo perché la canzone giovanile non è pura evasione, ma una maniera di riflettere sul senso della vita; e dal lavoro svolto emergeranno stimoli, domande ed esperienze che arricchiranno di interesse il lavoro successivo. Partendo da una canzone troveremo i ragazzi già sintonizzati e sarà più facile per loro stabilire un contatto immediato con il vissuto, con gli interrogativi a cui vogliamo cercare di dare una risposta.

Individueremo perciò alcuni cantautori particolarmente amati dai ragazzi, alcuni personaggi dello spettacolo che stimano: saranno questi i punti di riferimento su cui lavorare, saranno questi i temi che dovranno servire per innestare i valori nella loro vita concreta, per riscoprire come la vocazione cristiana equivalga a potenziare la nostra umanità nella sua pienezza.

Dal momento che siamo entrati nell’età audiovisiva, dal momento che siamo stanchi di razionalismo scientifico e saturi di alta tecnologia, l’incontro reale con la propria vita diventa la via privilegiata per accedere alla fede, perché l’uomo possa essere ferito dalla nostalgia di qualcosa di diverso.

 

Come lavorare con le canzoni

Da quanto abbiamo detto finora è chiaro che la nostra proposta di lavorare con la musica viene rivolta in modo particolare a giovani di 14-16 anni, con l’obiettivo di far riflettere sui valori della vita e scoprire la bellezza della vocazione cristiana. Ci sono vari modi per approfondire il messaggio della canzone[7].

Durante l’ascolto si faccia in modo che ognuno abbia in mano il testo: si lavorerà infatti sulle emozioni indotte dalla musica, ma anche sulle idee affidate alle parole. Quest’ultimo lavoro è il più nuovo per i giovani, dal momento che spesso si fermano alla condivisione delle intuizioni espresse dal cantante, senza un loro approfondimento critico e senza confronti.

 

Uno schema guida 

a) A livello di analisi

– che tipo di canzone è? Un racconto, un dialogo, una denuncia…?

– che tipo di musica è stata scelta? Per trattare quali temi viene usato questo genere musicale?

– ci sono dei personaggi? Chi sono e come si caratterizzano?

b) A livello di sintesi

A questo punto dovrebbe essere possibile definire quale sia il tema o il problema affrontato dall’autore. Per cogliere l’originalità della proposta dell’autore ci si può chiedere:

– quali sono le risposte che di solito vengono date al riguardo (dai giovani, dagli adulti);

– l’autore ne propone una propria? Quale? È condivisibile? A quali risultati porta?

c) A proposito di emozioni

– Come vive questo problema l’autore (rabbia, speranza, rinuncia, indifferenza…)?

– È soltanto un suo vissuto oppure riesce a coinvolgere l’ascoltatore?

 

La realizzazione dello schema guida

I) Tutti insieme. In questo caso il lavoro potrebbe essere scandito in questi momenti:

– tutti hanno il testo; 

– si lascia un tempo di silenzio perché ciascuno lo possa leggere;

– si ascolta la canzone;

– ciascuno risponde per proprio conto; 

– al termine si condividono i risultati.

II) Per gruppi. Un altro modo – più efficace a coinvolgere tutti – può essere quello di dividere il gruppo in sottogruppi, dopo il tempo personale, dedicato alla lettura e all’ascolto. Ogni gruppo segue lo schema indicato e alla fine si condividono i risultati.

III) Con un questionario. Si possono individuare alcuni temi centrali presenti nella canzone: dopo la fase di lettura e di ascolto, si può fornire ai singoli o per gruppi un breve questionario elaborato. Ad esempio nel caso del brano “Non è mai stato subito” (dal CD omonimo di Biagio Antonacci) le domande potrebbero essere le seguenti [in tondo alcuni passaggi importanti della canzone]:

1. La vita è bella e unica, la devi riconoscere, non basta che sia solo respirare, la inventi tutti i giorni… Che cosa significa secondo te “riconoscere la vita, inventare la vita” ?

2. La verità è che nessuno ti regala niente, che devi sempre lavorare duro e stare attento a non uscire dal giro… È vero? Quali sono le cose per cui la gente lotta? Per quali cose vale la pena lottare?

3. Quel che ho voluto l’ho ottenuto, a volte ho pianto un po’… Fai un esempio di qualcosa per ottenere la quale ci si deve sacrificare. Questo tipo di sacrificio è una cosa che si sa fare spontaneamente o lo si deve imparare? Secondo la tua esperienza vale la pena sacrificarsi?

4. Prego e sputo un no, prego e scelgo un sì, prego… dovresti farlo anche tu… Che cosa vuol dire pregare? Che senso ha?

Lavorare in questo modo con i giovani è certamente impegnativo: ci obbliga ad entrare in dialogo con le nuove generazioni, ad imparare che la verità del Vangelo va sempre ricercata insieme con umiltà e soprattutto a riconoscere che la fede non può essere chiusa in definizioni, ma va riconosciuta a partire dal vissuto quotidiano. Perché è proprio là che Dio ha scelto di abitare.

Gian Paolo Masotti

 

 

 

 

 

Note

[1] È possibile allargare ulteriormente l’orizzonte attraverso i seguenti contributi: M. BONATI, Scommessa sui mass media. Un percorso formativo attraverso giornali, radio, cinema, televisione, fumetti, LDC, Leumann 1993. P. BROOKS, La comunicazione della fede nell’età dei media elettronici, LDC, Leumann 1987. G. CALLIGARIS, Pubblicità regresso. Luci ed ombre del messaggio pubblicitario, EMI, Bologna 1990. A.M. TESTA, La parola immaginata, Pratiche Editrice, Parma 1988. A. ZANACCHI, Dolus Bonus. La pubblicità tra servizio e violenza, Koinè Edizioni, Roma 1994.

[2] B. BOZZETTO, Compilation, Vivideo.

[3] B. BOZZETTO, Compilation, Vivideo.

[4] V. MAGNO, Dio chiama…, Sigla di Piera Cori… Se vuoi.

[5] B. BOMPARD, Je te promèt, Foxtrot.

[6] È possibile un ulteriore approfondimento della tematica attraverso i seguenti studi: G. AGAGLIATI, Catechesi e comunicazione, LDC, Leumann 1994. P. BABIN, La catechesi nell’era della comunicazione. LDC, Leumann 1989. M. BARONI – F. NANNI, Crescere con il rock. L’educazione musicale nella società dei Mass-Media. CLUEB, Bologna 1989. I. KÒGLER, L’anelito verso il più. Musica rock, gioventù e religione. SEI, Torino 1995.

[7] Per il secondo paragrafo cfr. utilmente F. LEVER – L. MAURIZIO – Z. TRENTI, il nuovo Cultura e Religione, Dossier – Guida per l’insegnamento, vol. 1, SEI, Torino 1996, pp. 15-16.