N.05
Settembre/Ottobre 1997

Centro Diocesano Vocazioni e Ufficio Pastorale Familiare: quale collaborazione?

Ossia il “sogno di mezza estate”. Anche perché fu in una tiepida sera di metà giugno scorso che, pieni di sollecitudine e di indomita speranza, si ritrovarono a discutere il tema sei laici e un prete.

Le forze presenti all’incontro erano così costituite: Rosy e Silvano, felicemente sposati (4 figli, membri del CDV; Rosy impegnata part-time anche presso il Consultorio Familiare); Mauro, felicemente sposato (3 figli, insegnante IRC, membro dell’équipe dell’Ufficio Catechistico Diocesano, diacono permanente); José e Mario, felicemente sposati (3 figli; José lavora a tempo pieno presso il Consultorio Familiare ed è responsabile dell’UPF); Irene, 15 mesi, felicemente in braccio a sua madre (Rosy) e imperiosamente affamata delle ciliege che turgide e invitanti facevano bella mostra di sé al centro tavola (Irene ha attivamente partecipato, alla riflessione e alla elaborazione ricordando continuamente ai convenuti che le idee sono una cosa e le possibilità di realizzazione… qualcosa d’altro! ); don Fermo, responsabile del CDV e di qualche altra cosa. Sono emerse due distinte aree di problema, che si intersecano. Per evitare ai lettori la noia le stendiamo a mo’ di dialogo.

 

 

In dialogo

José: Il termine vocazione è inflazionato! Lo si usa continuamente. Il fatto-problema è che la realtà-vocazione è poco vissuta. Noi, in Pastorale Familiare mentre su tutta una serie di problemi riusciamo non solo a fare bei discorsi ma anche a dare indicazioni coerenti e collaudate, sul versante vocazione siamo poco attrezzati: dato che non sappiamo parlarne a fondo, di fatto non ne parliamo quasi!

Silvano: C’è tutto un ripensamento da effettuare, perché ancora oggi sembra che la parola vocazione sia pertinente quando viene applicata alla scelta celibataria e alle vocazioni di speciale consacrazione; mentre sembra avere valenza solo “poetica” quando è applicata al matrimonio.

Mauro: Il problema grosso è che il matrimonio non viene considerato come una ministerialità. Non si pensa e non si forma a considerare che nella piccola chiesa domestica noi sposi siamo non solo ministri del nostro matrimonio ma “ministri” di questi e quest’altri fatti ecclesiali che riguardano la vita di famiglia, l’educazione, i rapporti con le altre coppie ecc. Bisogna riandare più profondamente al battesimo e al sacramento del matrimonio, capirne fino in fondo tutta la ministerialità. Allora il discorso sulla vocazione verrebbe fuori molto più naturalmente.

Rosy: (impegnata a foraggiare Irene di ciliege prudentemente disossate) Usiamo tante belle parole ma la sensibilità media dei nostri giovani e dei genitori nostri coetanei circa i contenuti religiosi e di fede, a che livello è? Mi vengono i sudori freddi a pensare di fare un discorso marcato e preciso sul tema vocazione dentro ai corsi per fidanzati o nei gruppi di genitori!

Mario: Non è solo questo! Noi abbiamo figli che vanno dai 15 mesi ai 18 anni. Finché si tratta di dare ai figli una generale formazione cristiana… tutto va bene: abbiamo idee abbastanza chiare almeno su ciò che sarebbe importante trasmettere. Sul come riuscirci è un altro paio di maniche. Ma alla domanda “come accompagnare i figli nella scelta vocazionale?” siamo… in braghe di tela! Il problema allora – dentro il problema di essere coerenti al nostro battesimo e alla nostra vocazione come coniugati – è squisitamente pedagogico/educativo. Basta l’esempio in famiglia, oppure ci sono delle operazioni da fare, dei discorsi da intavolare, dei suggerimenti da dare perché i nostri figli si pongano la questione “vocazione” e siano capaci di porre in atto tutte le azioni necessarie per capire a cosa sono chiamati?

Ivano: tutto questo può essere frutto solo di un continuo ripensamento di quello che è il nostro battesimo e del battesimo che abbiamo chiesto per i nostri figli. Occorre una catechesi in tal senso sia ai nubendi che ai coniugati. Una catechesi permanente.

José: Diciamolo sottovoce, ma occorrerebbe una “catechesi permanente” anche ai nostri preti! Si nomina la vocazione ma così poco e in termini così vaghi! E quanta poca disponibilità c’è per l’accompagnamento e il discernimento spirituale della maggior parte dei nostri preti!

Rosy: (che nel frattempo – per evitare ad Irene una indigestione – ha occultato il vassoio di ciliege dietro un muretto di bottiglie, bicchieri, scodelle ecc.) Sulla formazione forte e mirata sono d’accordo! Ma è dura! Quanto emerge dalla prassi – e mi – riferisco alla mia esperienza di persona impegnata fin da ragazzina in AC e in parrocchia – è una formazione spot! Altro che formazione permanente!

 

Mauro: È così. Ma mettiamo sul pulito che su una questione come questa, se si comincia subito avremo risultati fra 10, 15 anni!

Rosy: Va bene! Accettiamo pure i tempi lunghi. Ma sul tema della vocazione, i genitori della nostra età – i genitori dei ragazzi coetanei ai nostri figli – quanto ci stanno?

Don Fermo: dobbiamo ricavare idee, non alzare il muro del pianto! I problemi ci sono; ma il nostro problema è come affrontarli, che cosa fare per innescare sui problemi processi nuovi che spostino in avanti e in alto la situazione.

Abbiamo visto che da una parte c’è da promuovere la formazione a vivere la propria vocazione (prima area); dall’altra promuovere la capacità di accompagnare i giovani (figli ecc.) alla scoperta e alla scelta della propria vocazione (seconda area). Quali operazioni intendiamo mettere in atto perché il tema vocazione diventi usuale; venga adeguatamente trattato; si moltiplichino gli “operatori” che sappiano fare tutto ciò?

La discussione – molto pacata, familiare, facilitata da una bottiglia di Tocai del Collio fresco opportunamente immessa nel contesto da Silvano – continua e si arriva a delle micro-conclusioni che così riassumiamo.

 

 

In cammino

– È da pensare ed intervenire sul problema in termini di sistema; non saranno vincenti le singole operazioni ed iniziative, ma la lettura d’insieme e il coordinamento degli sforzi che si riuscirà a realizzare. La formula magica: “Disegnano il sistema; individuiamo gli utenti; attrezziamo le stazioni di servizio; prepariamo gli operatori”. Se abbiamo chiaro il quadro, saranno non dispersivi gli interventi (dice Mario: “Il primo pezzo d’autostrada in Italia fu la Venezia-Padova! È ancora là; continua ad essere autostrada. Fu fin dall’inizio un pezzo giusto, perché si inseriva bene nel sistema complessivo”).

– I destinatari del “servizio di animazione vocazionale” – visto dal versante UPF – sono soprattutto fidanzati e genitori.

– Gli operatori del servizio – in riferimento a fidanzati e genitori – sono soprattutto i formatori dei corsi di preparazione al matrimonio e gli animatori della catechesi in preparazione al battesimo, alla prima comunione; alla cresima (parroci, catechisti, animatori dei centri di ascolto ecc.).

 

 

Prospettive

Operazioni all’esterno

Il CDV e l’UPF possono mettere in atto una serie di operazioni comuni quali:

– promuovere a livello diocesano la formazione di animatori vocazionali (“adulti nella fede che sappiano accompagnare altri nel cammino di fede”);

– preparare una batteria di sussidi da mettere in mano agli operatori sopra nominati in modo che possano affrontare il tema “vocazione” in maniera dignitosa (e, a proposito dei sussidi, occorre sottolineare che vanno seguiti, cioè presentati, spiegati, commentati a coloro che li useranno e che occorre muoversi da subito in modo che non siano solo cartacei ma multimediali; quindi non solo testi scritti ma anche diapositive; cartelloni, schede audiovisive ecc. Anche i testi scritti non devono essere solo scalette dimostrative, ma poesie, racconti, storie ecc.);

– individuare e mettere a disposizione degli operatori “esperienze” (ovviamente legate a persone previamente contattate e resesi disponibili) che possano illustrare il tema vocazione partendo dal vissuto;

– promuovere – attivando tutte le collaborazioni possibili – degli “avvenimenti/esperienze forti” che, a livello diocesano, propongano in modo efficace il tema “vocazione”(Mauro: “Basta una esperienza all’anno; ma che sia significativa anche dal punto di vista del numero: per i giovani è importante ritrovarsi in molti”);

– un’attenzione particolare va riservata agli insegnanti IRC. Il 100% dei ragazzi comunque, passa attraverso la scuola ed ancora un’alta percentuale si avvale dell’IRC; l’IRC è di fatto una “stazione di servizio” tra le più importanti, che va attrezzata in tutte le maniere.

 

 

Operazioni all’interno

Il CDV e l’UPF possono coltivare meglio un rapporto prezioso attraverso:

– una riunione estiva all’anno per fare il punto e stabilire le linee comuni (quali sussidi, quali operazioni/iniziative da fare assieme, censimento delle disponibilità, verifica del lavoro fatto ecc.);

– due o tre incontri “tematici” nel corso dell’anno, in modo da affrontare un nodo alla volta (per es.: “vocazione” nei corsi di preparazione al matrimonio; contenuti, sussidi, linguaggi ecc.); sullo stesso arrivare a produrre – in termini di linee operative e di sussidi – qualcosa di significativo (CDV e UPF come “laboratorio” permanente);

– circa il metodo: lavorare in termini tali da capitalizzare, per sé e per altri, le esperienze (per es. i sussidi – che come si è detto vanno presentati, ecc. – nondimeno devono avere una loro autonomia comunicativa, devono essere facilmente compresi e di facile utilizzo).

Esaurita – data l’ora ormai tarda – la capacità elaborativa e consumato fino all’ultima goccia il contenuto della famosa bottiglia, ci si dà appuntamento – come previsto tra le “operazioni dell’interno” – per una mattina di lavoro sul programma 97/98 nel bel mezzo del caldo agosto. Chi la dura, la vince!