N.01
Gennaio/Febbraio 1998

La gioia nasce dall’incontro tra identità di sé e vocazione: è il cuore che trabocca

Per ogni persona raggiungere la gioia costituisce un obiettivo centrale della vita. Vi si investono le migliori energie a più riprese e nei vari modi possibili. Questo è vero ad ogni età, ma lo è ancor più durante l’adolescenza e la giovinezza, tempo in cui la mobilitazione di sé, esteriore ed interiore, è maggiore.

 

 

L’aspirazione alla gioia come la molla più forte della vita

La gioia rappresenta ciò per cui ci si sente fatti, ciò cui tutto il proprio essere aspira, consapevolmente o meno. Vi si vede la sorgente e il frutto di ciò che dà senso all’esistenza personale e comunitaria, che la rende vivibile entro le varie prove e contraddittorietà, la meta agognata di tanti sforzi, come il ritorno a casa dopo un lungo, duro esilio. La si può chiamare con vari nomi, più o meno adeguati, come la felicità, il sogno della vita, il piacere in senso pieno, il bene sommo, un dono dello Spirito Santo, ecc.

Raggiungere questa gioia lo chiede tutta la persona lungo tutto l’arco della vita. Dapprima la gioia viene ravvisata come presente in date persone significative, in dati oggetti intensamente simbolizzanti e prediletti. Successivamente la si ravvisa come qualcosa che ha a che fare con l’intimo di sé, non importabile da fuori. La si scopre come una realtà chiamata a fiorire e a fruttificare da dentro della persona, arricchita e facilitata da vari apporti esterni. La si differenzia tra ciò che è gioia vera, duratura e ciò che è previo o altro, come gratificazione di dati bisogni fine a se stanti, il piacere intenso e immediato, la soddisfazione della sensibilità immediata.

 

 

Raggiungere la gioia come un problema

Tuttavia raggiungere la gioia non è facile, non va da sé. Tanto lo si desidera quanto spesso è arduo. Difficoltà di varia natura si frappongono.

 

Difficoltà da fuori della persona

Spesso si indica nella mentalità comune come gioia ciò che è solo appariscenza, che è altra cosa, spesso surrogati contrabbandati. A volte si dubita che la gioia sia possibile, che sia a portata della persona. Perciò si incoraggia ad accontentarsi di ben meno, si invita a vivere alla giornata secondo un piccolo cabotaggio securizzante, messo al riparo dai rischi. Altre volte la si vorrebbe, ma non si è disposti di pagarne il prezzo in impegno. Allora si sogna, ma ciò è inconcludente.

 

Difficoltà da dentro della persona

Ma è da qui, dall’intimo di sé che proviene la difficoltà maggiore. Le ferite affettive subite, i ripetuti tentativi puntualmente frustrati, una certa stanchezza interiore agiscono da dissuasori… orientano su mete minori, su un accontentarsi che è ripiegamento più o meno giustificato, a volte immobilismo interiore ed esteriore.

 

Ricerca della gioia e ricerca vocazionale

Eppure un’inquietudine, un’insoddisfazione diffusa, una fame e sete insaziabili, spesso mascherate, ripropongono il problema. Lo si può eludere per un po’, più o meno a lungo, ma poi puntualmente esso si ripropone come le stagioni nel loro ciclo annuale.

 

La ricerca della gioia costituisce quel filo conduttore rosso significativo che dà senso e gusto alla vita, pur in mezzo alle discontinuità e alle contraddizioni del vivere.

Ora la ricerca vocazionale ha a che fare in modo diretto o indiretto con la ricerca della gioia. Infatti ricerca della propria vera gioia e ricerca vocazionale camminano di pari passo nella stessa direzione. L’una implica l’altra e la presuppone fino all’incontro decisivo con Gesù Cristo, Signore della vita e della propria gioia: “Tu sei la mia gioia”. Allora per lui si è disposti a vendere tutto per acquistare il campo dove si è intuito stare il proprio tesoro. Ma in che cosa consiste la vera gioia? Di che cosa è fatta? Quali vie vi portano? Quali sono gli atteggiamenti che la favoriscono, come tappe intermedie, così da essere capaci di maturare e giungere verso il dono sincero di sé? Gli aspetti implicati sono molteplici e vari. Ci limitiamo ad alcune sottolineature.

 

 

La sorgente della gioia nella persona

L’aiuto alle persone rivela come la gioia nasce dall’incontro profondo tra l’identità di sé, come realtà unica e irripetibile, positiva anche se limitata, e la vocazione come chiamata ad esplicitare socialmente ciò che si è in profondità secondo il disegno di vita di Dio sulla persona e sulla comunità. Si presenta come l’eco armoniosa, seppur temporanea, di questo incontro che si fa attuazione di sé esercizio, come risonanza festosa dell’“Eccomi” come risposta libera alla chiamata di Dio, come realizzazione di sé e del progetto di Dio sulla propria vita.

Allora si vive la gioia in uno o più tra i vari modi possibili, ad es. come un traboccamento di un bene che riempie il cuore, come un’irradiazione di una luce accesa da dentro, di un calore benefico che ravviva, come una convocazione ad una festa senza fine, come un gorgoglio di una sorgente alimentata da una vena inesauribile, come la pace che rasserena e apre orizzonti nuovi, come una mobilitazione rispettosa delle migliori energie per un reinvestimento di sé fiducioso e fruttifero per rispondere a coloro o a Colui che chiama.

Spesso queste modalità intermedie di espressione della gioia lasciano il posto allo sfondo, alla radice profonda della gioia, un grande valore o il fondamento e la sorgente di ogni valore, Dio creatore, Gesù salvatore, lo Spirito Santo inviatore. Allora la gioia diventa un dialogo e uno scambio che si vorrebbe permanente, duraturo, per sempre, in un tempo sospeso, in un luogo dilatato. Non è facile però questa esperienza afferrante e tanto desiderata. Tutto ciò che costituisce il falso sé, opposto o diverso dal vero sé, vi si oppone e depista. Così pure tutto ciò che rende pesante la scoperta e l’assunzione della propria vocazione, le paure, il peso delle resistenze consce ed inconsce, le pseudo ragioni autogiustificanti. Per attivare questa sorgente è necessario percorrere un cammino, coltivare alcune disposizioni di fondo in prima persona.

 

 

Gli atteggiamenti come un retroterra indispensabile alla gioia

Perché si possa maturare e camminare verso il dono vero di sé, base della gioia da dentro, è necessario un lavoro di collaborazione con il datore dei doni che costituiscono la persona. Occorre promuovere l’acquisizione di alcune disposizioni di fondo che favoriscono questo processo di maturazione. Le principali disposizioni sono le seguenti, tra loro in stretta interazione.

 

L’interiorità e la riflessione

È come un decidere di coltivare il proprio campo, anziché disperdere le energie e il progetto, di costruire dentro di sé una casa abitabile anziché vagabondare, di accendere un focolare presso cui stare e invitare ospiti a stare, anziché ridursi ad essere freddi e vuoti, autoesiliati ed autoestranei. Capita allora spesso di scoprirsi abitati da una presenza misteriosa e benefica, l’Ospite interiore che da sempre attende per un banchetto di festa.

Osserva Frére Roger che “In ogni uomo si trova una parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare, neppure l’amore più forte tra due esseri. Chi non acconsente a questo luogo di solitudine conosce la rivolta contro gli uomini, contro Dio stesso. E tuttavia tu non sei mai solo. Lasciati sondare fino al centro di te stesso, e vedrai che ogni uomo è stato creato per essere abitato. Laggiù, nella profondità dell’essere, là dove nessun uomo assomiglia agli altri, il Cristo attende. Là capita l’inatteso” (Vivere l’insperato, pp. 113-114).

 

L’accettazione e la stima di sé

La stima di sé è come l’aria da respirare per vivere. Non si può farne ameno, pena il lasciarsi morire. Ciascuno se ne procura di buona o di meno buona o di illusoria, creduta come reale. L’esito vitale è ben diverso a seconda del tipo di autostima, come la casa fondata sulla roccia o sulla sabbia. C’è una strada che porta indefettibilmente alla sana autostima, quella realistica e fiduciosa, la strada dell’accettazione di sé e della vita. Questa strada così fruttifera passa per la resa al reale effettuale e per l’assunzione della responsabilità della propria vita, una responsabilità umile e tenace.

 

Il bisogno e l’accoglienza del valore dell’altro

Questa disposizione matura lentamente, segnata dal processo di crescita personale. All’inizio l’apertura all’altro nasce prevalentemente dal bisogno da parte dell’interessato, si apre poi a poco a poco ad una reciprocità tramite l’amicizia, la collaborazione e la competizione, per poi far posto all’accoglienza gratuita dell’altro, nutrito dalla percezione del suo valore intrinseco. Per concretizzare quest’accoglienza occorre far leva sul gusto di donarsi e spezzare il cerchio egocentrico.

 

Il senso della trascendenza

Questo senso consiste nel non fermarsi al biologico, all’immediato, al fattuale, al sensibile, all’appariscente, al logico razionale, ma nella capacità di captare una dimensione in profondità entro ciò che si sperimenta. Attraverso l’intuizione affettiva la persona può giungere a cogliere qualcosa del mistero presente in ogni persona, e del Mistero che sta a fondamento di ogni realtà, di Dio creatore e salvatore. Questo senso della trascendenza, oltre che innato, è educabile tramite l’educazione al bello, al buono, al vero, in particolare tramite la lettura e accostamento simbolico alle varie realtà.

 

Il richiamo ad una salvezza assoluta

Per ogni persona l’esperienza della miseria morale e spirituale, personale e collettiva, e della impossibilità a farcela in modo veramente risolutivo con i mezzi solo umani, è quotidiana. La malattia, la morte, il peccato, le rotture delle relazioni, le frustrazioni stanno a dire quotidianamente un’insufficienza radicale. O ci si apre ad un Salvatore vero, comprovato, o si frana inesorabilmente nel nulla. Questa salvezza è già stata attuata in se stessa ed è a portata di mano, anzi del cuore di ogni persona, purché essa vi si apra da dentro con verità e umiltà. È allora che fiorisce la gioia di vivere, che la speranza ha un avvenire garantito, che l’amore diviene possibile entro persone amanti e amabili perché amate per prime dal Signore della vita. È allora che il dono di sé, talvolta fino alla croce, vissuto per vocazione, fa germogliare la gioia piena come un vaso traboccante.