N.04
Luglio/Agosto 1998

Chiamati ad amare: tema, variazioni, modulazioni

Dio è Amore – (1 Gv 4,16), è eterna comunione tra le diverse Persone. Creati a sua immagine e somiglianza, l’uomo e la donna si realizzano nella misura in cui accolgono l’amore trinitario e lo incarnano in una vita di comunione. Il Catechismo dei Giovani/2 al cap. 8 propone questa catechesi ai giovani nel momento in cui sono chiamati ad operare la loro scelta fondamentale di vita, perché si radichi sulla roccia dell’amore di Dio e ne divenga una radiosa testimonianza. La stessa catechesi illumina anche con la forza e l’efficacia della sua meravigliosa verità, quanti sono chiamati ad aiutare i giovani nel loro discernimento vocazionale, offrendo alcune indicazioni utili.

 

 

La vocazione alla comunione con Dio

Prima di tutto, se Dio ha creato l’uomo per partecipare alla stessa comunione che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sarà fondamentale orientare i giovani alla scoperta che in realtà “la ragione più alta per l’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio” (GS 19). Partendo anche da esperienze diverse, ciascuno di loro può far sua la confessione di Agostino d’Ippona: “Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te” (Le Confessioni 1,1). L’innato desiderio di felicità, che tanto significato riveste nell’esperienza giovanile, in realtà è desiderio di Dio: “Gioire in te, di te, per te… Felicità è godimento della verità, e ciò significa gioire di te che sei la verità, o Dio, mia luce, salvezza del mio volto, Dio mio” (Le Confessioni X,23).

Dio è il primo interlocutore dell’uomo, è la sua pienezza, la perfezione della natura umana resa possibile nel momento in cui l’uomo apre la sua libertà all’alleanza con Lui in Cristo Gesù. Con la sapienza dei semplici San Francesco d’Assisi ne traeva la logica conseguenza ed esortava: “Amiamo con tutto il cuore e con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, con tutto l’affetto, con tutti i sentimenti più profondi, con tutto il desiderio e la volontà il Signore Dio …. Nient’altro dunque si desideri, nient’altro si voglia, nient’altro ci piaccia e ci soddisfi” (Regola non bollata, XXIII, Fonti francescane 69-70).

 

 

Formazione alla preghiera

Chiaramente anche la vita di “relazione” con Dio va alimentata perché la comunione si rinsaldi e divenga collaborazione e questa può essere una seconda linea d’orientamento. L’esperienza di fede deve continuamente trovare nuova profondità nella conoscenza del Signore per mezzo dell’ascolto, del dialogo, della lode e dell’adorazione. La formazione alla preghiera si basa principalmente sul metodo della “lectio divina”, come ascolto del Verbo, che rivela l’unione del Padre nella storia della salvezza, fino alla massima manifestazione nell’Incarnazione e nel Sacrificio pasquale. La “lectio” deve condurre al dialogo, a spalancare i propri spazi di libertà a Cristo e al suo Vangelo culminando nella lode e nell’adorazione. L’esperienza della lode e dell’adorazione preparano alla celebrazione della Liturgia della Chiesa e ne divengono un prolungamento, evitando di far considerare le Celebrazioni eucaristiche e sacramentali come fatti episodici e quasi staccati dalla vita.

Da parte dei movimenti giovanili abbiamo una riscoperta della preghiera, che spesso privilegia, a seconda degli ambiti, o l’una o l’altra forma. Anche il rosario, come meditazione dei misteri di Cristo in unione a Maria, viene rivalutato e giustamente apprezzato. In seno alle comunità ecclesiali giovanili occorrerebbe dare una formazione alla preghiera che partendo dall’ottica della relazione di comunione con Dio, ne proponga le varie forme come dimensioni necessarie per la sua attuazione.

Ogni altra vocazione all’amore non può che radicarsi in questa vocazione fondamentale e nascere dall’esperienza viva nel Signore. Non è sufficiente presentare l’amore di Dio come principio esemplare dell’amore umano anzi occorre che la comunione con il Dio Trino e Uno divenga esperienza quotidiana e sorgente che alimenta costantemente le relazioni con il prossimo. È in quanto si è resi partecipi della carità divina che se ne può diventare pura trasparenza. L’amore di Dio che si rivela va accolto, meditato, contemplato dalla mente e dal cuore per poter venire espresso come amore divino: “Amatevi come io vi ho amati”. La formazione alla preghiera non è da riservare a coloro che hanno propensione per la vita di consacrazione ma va rivolta a tutti. Nel cammino vocazionale talvolta i giovani possono essere tentati di prendere le distanze dalla preghiera pensando di essere così più liberi, meno “influenzati” nell’eventualità di una vocazione al matrimonio. Occorre allora far comprendere che la preghiera non è un’esperienza semplicemente psicologica ma un vero incontro con Colui che svela a ciascuno la sua chiamata all’amore.

 

 

La preghiera, fonte di discernimento

La vocazione all’amore di ogni uomo e donna non può partire che dall’esperienza dell’Amore di Dio. La “parola” della divina chiamata può passare attraverso una parola umana, una testimonianza o un evento della vita, o una circostanza di preghiera, e così raggiungere la storia personale, rivelando il Volto amoroso di Colui che chiama. È allora il momento di fissare lo sguardo nello specchio dell’amore divino dove il giovane potrà conoscere quali riflessi dovrà riprodurne, optando così per una specifica vocazione e conformandosi allo stile della divina carità. Avvolto dall’esperienza dell’amore gratuito con cui Dio lo raggiunge si sentirà spinto a donarsi ad un’altra persona con la larghezza, senza misura, con cui Dio lo ama oppure a donarsi senza riserve al servizio del Signore, consacrandosi interamente a ripresentare la forma di vita che egli, con la sua Santissima Madre, scelse di incarnare sulla terra, o a partecipare della missione del buon Pastore nei riguardi dell’intera comunità ecclesiale. Contemplando l’ineffabile bellezza della fedeltà dell’amore di Dio verso il suo popolo e nella propria storia personale, si sentirà mosso a riprodurla nell’alleanza coniugale o nella consacrazione a Dio. Accogliendo nella propria vita l’amore di Dio, fonte inesauribile della vita, comprenderà di essere chiamato a comunicarla e a promuoverla a partire dalla fecondità nuziale o nell’unione alla missione e al sacrificio di Cristo. Osservando la carità divina che sempre si diffonde riversandosi su tutti, sarà indotto a far risplendere l’universalità dell’amore, che come il sole s’irraggia indistintamente su ogni uomo.

Non bisogna dimenticare comunque che la “parola” della chiamata raggiunge una persona “scelta prima della creazione del mondo per essere santa e immacolata al suo cospetto nella carità” (cfr Ef 1,4) e per la quale Dio ha operato, preparandola con infinito amore, alla risposta. In un certo senso possiamo affermare che la chiamata è già insita nella storia d’amore che Dio ha intessuto con la persona ancor prima della presa di coscienza in un momento particolare della vita. L’angelo del Signore che annuncia a Maria la sua chiamata ad essere madre dell’Amore incarnato le ricorda, con il suo saluto, quanto Dio ha già operato nella sua vita, facendo di lei la “piena di grazia”. Il giovane che discerne l’opera di Dio nella sua vita non solo è meglio disposto a comprendere la sua vocazione ma in un certo senso, la trova iscritta nella sua storia personale, sentendosi così pensato e amato da quel Dio d’amore che non solo crea, ma accompagna i suoi figli fino alla piena realizzazione del suo progetto d’amore.

 

 

Chiamati ad amare

La preghiera motiva continuamente la scelta dell’amore, la anima, la sostiene perché trovi il suo logico compimento nella donazione e nel servizio. L’esercizio dell’amore deve essere continuamente promosso per formare “l’uomo nuovo”, capace di scelte coerenti con la chiamata all’amore.

Se la ragione più alta per l’uomo è la sua comunione con Dio, la sua gioia si compie quando l’amore diviene la scelta fondamentale della vita ma anche la scelta del quotidiano, diviene forma di vita. Nel “vi è più gioia nel dare che nel ricevere” è compreso tuttavia il passaggio pasquale attraverso la croce quotidiana. L’amore trinitario infatti si riversa sull’umanità attraverso la croce. La proposta della vocazione all’amore non può essere disgiunta perciò da quella della croce, come scelta di amare ogni giorno e in modo nuovo “come Lui ci ha amato”. In realtà è solo questo amore di Dio, tanto grande e tanto diverso da manifestarsi pienamente nella croce, che appaga il cuore umano, che ci interpella e ci chiama.