N.04
Luglio/Agosto 1998

Una chiamata per tutti nella varietà delle vocazioni

Il Catechismo dei Giovani/2, Venite e vedrete[1], oltre a essere l’ultimo catechismo prodotto dai Vescovi Italiani, rappresenta anche il secondo momento – senza soluzione di continuità con il primo – del Catechismo per i giovani (il primo volume, Io ho scelto voi, è stato pubblicato nel 1993).

Sin da una prima lettura dello strumento catechistico, appare chiara, e non potrebbe essere altrimenti, la preoccupazione “vocazionale” del Catechismo stesso: si veda nella Presentazione del Cardinale Presidente della CEI, l’affermazione per cui “Venite e vedrete in stretta continuità con la prospettiva vocazionale del primo volume Io ho scelto voi, vuole guidare i giovani a maturare un convinto cammino di discepolato di Cristo, al fine di aiutarli a compiere le loro scelte alla luce di quel progetto di vita che è il Vangelo”.

Il Card. Ruini ci fornisce anche la prospettiva secondo cui l’impostazione vocazionale del Catechismo in oggetto deve essere letta: la prima vocazione di cui parla il CdG/2 non è infatti dettagliata in modo specifico in relazione alla scelta di uno stato di vita, ma riguarda la vita cristiana in quanto tale. Seguiremo brevemente, in questo articolo, una possibile traccia di lettura del CdG/2 a partire dalla chiamata “per tutti” (cap. 5), a cui abbiamo brevemente accennato sopra, fino a delineare il modo in cui Venite e vedrete si rapporta alle vocazioni particolari (cap. 8), per arrivare, infine, alla interessante scoperta della comprensione che il Catechismo ha del lavoro e della professione come vere e proprie vocazioni (cap. 9).

 

 

Una chiamata per tutti nella varietà delle vocazioni

Il titolo di definizione marginale, riportato sopra, riguarda una breve sezione del quinto capitolo[2], e delinea bene il messaggio che il testo vuole veicolare. Il contesto in cui si tratta ora di vocazione, è – significativamente – quello ecclesiale. Siamo all’interno di un capitolo “di raccordo”[3] che introduce all’ultima delle tre fasce in cui è suddiviso Venite e vedrete[4], quella del “Dimorare”: dimorare nella Chiesa, appunto, è ciò che accade al giovane dopo che questi ha deciso di lasciarsi plasmare dalla novità del Vangelo e di Gesù Cristo.

La prima vocazione, allora, è quella che sfocia nel Battesimo (“Tutti possono rivolgersi a Dio come Padre”[5]) e che fa essere parte viva (si ricorre alla metafora paolina del corpo e delle membra) della Chiesa, corpo di Cristo. Tale vocazione può essere compresa secondo la categoria della Lumen gentium 40, come cioè “vocazione alla santità”, che accomuna i credenti in Cristo. Appare quindi particolarmente degno di nota che il primo esplicito richiamo alla vocazione, nel CdG/2, riguardi la “pienezza della vita cristiana”, e che il Catechismo ne tratti, a nostro avviso, proprio secondo il paradigma logico della Lumen gentium. Il CdG/2, come Lumen gentium 40, oltre allo stesso presupposto ecclesiologico (con una coincidenza non casuale, mentre il n. 40 della LG si chiude accennando alla “storia della Chiesa”, è proprio da questa frase che il CdG/2 parte), narra dell’opera dello Spirito Santo, del Battesimo (il CdG/2 indirettamente, enunciandone gli effetti), dei “doni” distribuiti ai fedeli (da Cristo, per la LG, dallo Spirito Santo, per il CdG/2): non è difficile scorgere analogie e corrispondenze che qualificano in senso teologico il nostro paragrafo di Venite e vedrete.

Ciò che acquista però particolare rilievo per il tema in esame, è che dopo questa lunga premessa, il CdG/2 arriva puntualmente a descrivere come la universale vocazione alla vita cristiana sfoci in una scelta pratica, incarnata: “Ciascuno deve cercare e riconoscere, giorno dopo giorno, la propria vocazione”[6]. Ed ecco l’apertura, nello stesso paragrafo, dalla vocazione, alle vocazioni: “Per molti significa seguire Gesù nella condizione del matrimonio; per altri vuol dire consacrarsi totalmente a lui per un servizio originale al regno di Dio. Molte e diverse sono, dunque, le vocazioni”[7]. Arriviamo così all’analisi del tema vocazionale nel cap. 8.

 

 

Chiamati ad amare

La prospettiva scelta dal CdG/2 per parlare delle “molte e diverse vocazioni” è veramente unificante. Se ci si potrebbe aspettare una trattazione separata, di temi distinti, a riguardo delle “due strade” già presentate nel cap. 5, l’originalità di Venite e vedrete risiede invece nel tentativo di leggere gli stati di vita del cristiano sotto un unico comune denominatore: l’amore. Questo approccio rende ragione delle aspettative dei fruitori del CdG/2, e incontra perfettamente le attese personali dei giovani: “L’esperienza dell’amore (…) occupa un posto singolare non solo nell’età giovanile ma anche nel piano di Dio realizzato nella storia dell’umanità”[8]. Se il punto di partenza è quindi un dato antropologico, che – abbiamo detto – avvicina la trattazione all’esperienza propria del mondo giovanile, non viene sottovalutata però la valenza teologica degli assunti. L’esperienza dell’amore è quella che, sì, “riempie di significato e di calore” le giornate dei giovani[9], ma è tale perché risponde alla Parola di Dio originaria di Genesi: “Non è bene che l’uomo sia solo”[10]. Ecco allora che le due strade vocazionali (al matrimonio o alla consacrazione per il regno di Dio) sono, per il CdG/2, come l’esito naturale di una ricerca: “la ricerca di qualcuno a cui dedicare il proprio tempo, la propria vita”[11]. Sarebbe come dire, la ricerca dell’amore vero.

 

 

L’amore non ha una sola realizzazione

L’impostazione delle tematiche vocazionali nel CdG/2 non è affatto isolata nell’ambito dell’esperienza catechistica italiana. Si possono infatti ravvisare analogie con il Catechismo degli Adulti, La verità vi farà liberi, testo fondamentale di riferimento del cammino di fede del cristiano italiano. Allo stesso modo del CdG/2, il CdA tratta dei “due modi diversi di vivere l’alleanza”[12]; il contesto è quello di “Sessualità, matrimonio e verginità” (cap. 27), e anche qui la vocazione “specifica” appare come il risultato di una precedente vocazione “generale” all’amore: “La rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore: il matrimonio e la verginità”[13].

Un dato allora indiscutibile è il seguente: la scelta di Venite e vedrete trova conforto nel testo di riferimento del Catechismo degli Adulti, e tale scelta appare attuale e opportuna. Le singole vocazioni specifiche sono poste in stretto rapporto tra loro, perché unificate dalla loro unica fonte (l’amore di Dio), e unificate, ancora, dal loro unico fine, l’amore per un’altra persona (Dio, oppure una persona che diventi “sacramento” di Dio e del suo amore[14]). Idea, questa, certamente di grande presa per i giovani, che altrimenti potrebbero interpretare la scelta di consacrazione come astensione dalla propria capacità di amare e di relazionarsi con altri, per dirla con il CdG/2, come un modo “di sottrarsi all’amore che chiede sempre di farsi concreto e personale”[15].

Un dubbio potrebbe a questo punto insinuarsi. Non si rischia, con una tale presentazione delle tematiche vocazionali, di omologare le scelte di vita sul piano del loro “valore”? A questa possibilità risponde il CdG/2, argomentando con la tradizionale dottrina della Chiesa, che tra le vocazioni “è singolare e privilegia la vocazione a professare le virtù evangeliche e le beatitudini nella forma radicale della povertà, della verginità e dell’obbedienza”[16]. Gli attributi utilizzati dal nostro testo per definire la vocazione alla vita religiosa non danno adito a fraintendimenti, sono mutuati dalla Perfectae caritatis, e saranno amplificati nel cap. 8 di Venite e vedrete per denotare, questa volta, la castità, che “libera in maniera speciale il cuore dell’uomo, così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini”[17].

L’originale impostazione del CdG/2 nei confronti delle vocazioni specifiche, è ancora di più valorizzata dalla scelta di sviluppare le due tematiche del matrimonio e della vita consacrata secondo lo stesso “schema”. Ci pare infatti di ravvisare, nello sviluppo del cap. 8, una particolare attenzione affinché emergano le caratteristiche “comuni” alle due scelte fondamentali di vita. Ecco quindi che, mentre nei paragrafi sul matrimonio si tratta di “gratuità” e di “fedeltà”, un paragrafo sulla vita consacrata si intitola proprio “Nella gratuità e nella fedeltà”[18]; mentre a riguardo del matrimonio si parla di “fecondità”, altrettanto, per la vita consacrata, si parla di “fecondità e accoglienza”[19], e così via… Di nuovo, ripetiamo, il denominatore comune dello “schema” usato dall’autore del CdG/2 per delineare le due vocazioni, è quello dell’amore: “Creati per amare”, recita un paragrafo sul matrimonio, e, specularmente, per la vita consacrata, si dice “Come lui ha amato noi” e “In cammino verso l’amore vero”.

 

 

La vocazione alla professione

L’ultima volta in cui il tema della vocazione ricorre nel CdG/2, nel cap. 9, rappresenta una vera intuizione felice. Il giovane, a cui è indirizzato il Catechismo, si trova nel momento delicato delle scelte fondamentali per la propria vita. Tra queste non è affatto secondaria quella della professione, che è parte integrante del progetto di vita che il giovane sta elaborando: è la comprensione della “professione come vocazione”[20].

Il richiamo forte è a una progettualità come servizio, dove il giovane viene considerato come capace di evitare la scelta della professione “unicamente, o quasi, in base alle possibilità di guadagno”[21]. È in questo contesto che viene ad essere valorizzato tutto il tempo che il giovane trascorre, quello dell’impegno scolastico (visto come “preparazione” ad un futuro professionale vero e proprio) e quello del tempo libero (visto nelle sue possibilità di attività di volontariato): è un modo per fare unità nella propria vita, e per leggere i segni della presenza di Dio. Recita molto bene Venite e vedrete, affermando: “Alla luce della fede, nelle possibilità positive che gli vengono offerte dalla professione e dal lavoro, come anche nelle inevitabili tentazioni connesse alla scelta e all’esercizio di una professione, il credente riconosce una chiamata personale di Dio”[22].

In conclusione, i temi della vocazione e delle vocazioni sono affrontati dal Catechismo dei Giovani/2, Venite e vedrete, con attenzione pastorale alla situazione dei giovani, e con una grande competenza teologica che sfocia nella trattazione equilibrata, ricca di spunti catechistici, e senza cedimenti di tono.

 

 

 

 

Note

[1] CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il Catechismo dei giovani/2. Venite e vedrete, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1997.

[2] CdG/2, p. 4.

[3] Pp. 221-222.

[4] RUTA G., Il Catechismo dei Giovani/2: “Venite e vedrete”, in “Catechesi”, 5 (1997), p. 46. 

[5] Anche se non riscontrabile nell’indice, la Presentazione avverte che la proposta del catechismo è articolata in tre fasi (parti): Cercare, Incontrare, Dimorare (Cfr. CdG/2, p. 4).

[6] CdG/2, p. 221.

[7] CdG/2, p. 222.

[8] Ibid.

[9] RUTA G., cit., p. 47. 

[10] CdG/2, p. 327.

[11] Ibid. 

[12] Ibid.

[13] CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Catechismo degli Adulti. La verità vi farà liberi, Libreria Editrice Vaticana, Roma 1995, p. 512.

[14] CdA, 1079.

[15] CdG/2, p. 327.

[16] CdG/2, p. 345. 

[17] CdG/2, p. 222.

[18] CdG/2, p. 344 (citazione dalla Perfectae caritatis 12). Allo stesso modo procede il CdA, quando carica di significato la vocazione di speciale consacrazione usando termini come “più da vicino”, “più liberamente”, “specialmente”, “maggior pienezza”, ecc.: cfr. nn. 542-548; 557).

[19] CdG/2, p. 344.

[20] CdG/2, p. 345. 

[21] CdG/2, p. 372. 

[22] Ibid.