N.01
Gennaio/Febbraio 1999

Educare alla fedeltà. Esperienze di comunità per giovani in disagio

“Giovani e disagio” sono due termini di un binomio che ricorre continuamente nella cronaca dei nostri giorni. E quasi sempre è dal disagio dei giovani che si fa derivare il diffondersi dei più gravi problemi di oggi: intolleranza, violenza, droga.

Disagio che nasce da una precaria situazione socio-economica e culturale e che impoverisce i giovani cresciuti in famiglie incapaci di essere luogo di comunicazione e di educazione. Tutto ciò viene poi enfatizzato dalla mancanza di strutture sociali in grado di aiutare le nuove generazioni a riappropriarsi responsabilmente della propria esistenza.

Di fronte alla crescita di tanti problemi, in questi ultimi trent’anni si sono moltiplicate numericamente e qualitativamente strutture comunitarie residenziali come proposte terapeutiche, sociologiche, antropologiche. Tutte con un indirizzo preciso: offrire ai giovani, e non solo a loro, un supporto per una crescita personale e il recupero di una autonomia soggettiva capace di renderli invulnerabili ai costanti richiami delle droghe.

Quindi, Comunità per giovani come proposta di valori e spazi privilegiati per affrontare nella verità problemi soggettivi e interpersonali mediante la forza generata dal gruppo. Un’esperienza forte, tutta incentrata sull’uomo, dove acquistano senso i grandi interrogativi della vita e dove il mutuo aiuto, l’aggregazione e la convivenza sono coniugati con i valori della collaborazione e della solidarietà.

In questo senso le Comunità diventano anche luogo di una profonda esperienza religiosa che si manifesta in un nuovo modo di pensare alla vita e alla sua qualità e alla ricerca delle risposte fondamentali dell’essere. La Comunità diventa quindi una palestra nella quale molti giovani, pur essendo passati attraverso vicende spesso drammatiche, sono aiutati a guardare al futuro con progettualità e nuova speranza.

Molti di loro hanno inaridito da lungo tempo ogni sentimento e pratica religiosa ed ora, attraverso l’esperienza della Comunità, si riscoprono capaci di una nuova resurrezione. Giovanni Paolo II, in uno dei suoi primi incontri con i giovani della Comunità terapeutica San Carlo di Castel Gandolfo, ebbe a dire loro: “Voi giovani che oggi potete dire di avere vinto, diventate per gli altri una testimonianza di speranza, una testimonianza della vittoria possibile”.

Avere vinto e diventare testimoni è il messaggio che nasce da un progetto a dimensione umana dove la sfida del mondo è raccolta e diviene concreta proposta di servizio. E dalle Comunità molti di questi giovani escono non solo rinfrancati nel fisico e liberati dalle catene della droga ma anche restaurati nello spirito. Qualcuno di loro spesso ha scelto di consacrare la propria vita a Dio.

Può sembrare utopia per coloro che nella vita non sanno riscoprire il valore del dono. Ma per chi crede nel progetto evangelico del Cristo sa che a Cana finisce la necessità e comincia il dono, il gratuito: e quel vino diventa segno per tutta l’umanità che è chiamata a sedersi al banchetto di nozze.