N.02
Marzo/Aprile 1999

Educare i giovani alla conversione

Il “convertito” è un “ri-orientato” verso una visione che può dar significato e senso alla vita. La Vocazione è sempre conversione. Sale una scala di conversioni. Dal male al bene. Dal bene a Cristo. Da Cristo alla sua sequela radicale con una vocazione-missione determinata…

 

Vocazione è conversione

Conversione è rientro in sé dalla dispersione estroversa, distratta o attenta a cose altre o inutili. È riflessione di pensiero e amore nuovi che pongono al centro Dio e la sua causa, il Dio di Gesù Cristo. È incontro di Lui, attento e intimo, amicizia e confidenza. Vocazione è passaggio alle confidenze con le quali comunica i suoi misteri, le sue missioni e chiede la sequela, invita e chiama a dargli una mano, davanti al Padre per la gloria e per il Regno, al servizio di verità e carità per i fratelli della Chiesa e del Mondo. La vocazione viene da e dopo una conversione complessa, irreversibile, progettuale e programmatica. Meglio se vissuta insieme con altri, ben accompagnata dalla formazione.

Quando Dio chiama, spesso cambia il nome e indica una missione. L’uomo Abramo diventa Abrahamo, padre di una moltitudine di nazioni. Sarai diventa Sara, madre di un figlio benedetto. Simone diventa Cefa, Pietro, pietra, roccia. Saulo l’ebreo è Paolo per le genti. Vocazione vuole conversione a novità di percezione, giudizio, amore privilegiato, decisione e impegno. Non è un evento immediato, ma cambia la vita del soggetto verso l’autenticità e la pienezza in relazione a Dio e al prossimo, la propria realizzazione cristiana e umana. Passaggio qualche volta dal male al bene, sempre dal bene al meglio. Dal selvatico all’umano, dall’umano al cristiano, diceva Pio XII, dallo stato comune ad uno speciale diretto ed esclusivo, lasciando e seguendo, per essere mandato e mandata.

I Vangeli usano per la conversione la parola greca metànoia. Dice cambio di mentalità. Gesù con essa chiede un modo nuovo di vedere, amare, scegliere, agire, fare. Chiede un cambio profondo di tutta la persona. Chiede un esodo che è uscita, rottura e distacco, senza ritorno, liberazione da un immaginario per entrare in un altro, il suo. Chiede un dialogo di revisione di tutta la vita con responsabilità e coraggio, per guardarsi dentro, desiderare più e meglio, anche per soffrire finendola con l’errore, le scuse, la mediocrità, fino a ridefinirsi nella nuova e piena verità.

Non è cosa da uomini. O un cambio umano non basta. È dono e azione della grazia di Dio. “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore nuovo, un cuore di carne” (Ez 11,19 e 36,26). È dono e conquista, scambio di doni: “Cercherai il Signore, e lo troverai” (Dt 4,29-30). È nuovo sapere, avere, essere, potere, amare. È profezia del vero, bene, bello, giusto, essenziale. È al Padre, allo Spirito, nello Spirito, a Cristo, al suo Vangelo, nella Chiesa. “Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4,17).

 

C’è conversione e conversione

In senso debole è conversione qualunque cambiamento settoriale e superficiale, fino alla prossima occasione. È l’esperienza di molti, dei più nella vita e nello stesso sacramento della conversione. Non disprezziamola. Anche Gesù le ha dato il giusto valore, con tolleranza per la debolezza umana, ispirando fiducia nella bontà misericordiosa di Dio paziente (2 Pt 3,9 e 15). È piuttosto emozionale: festiva, più immaginata che vissuta, sofferta, goduta. Può essere coercitiva, indotta dall’esterno con violenza o suggestione o ascendente passivo. Ma c’è anche l’esperienza forte dei veri convertiti. Pensiamo a s. Paolo. Alla figura letteraria, ma credibile, dell’Innominato del Manzoni. A belle figure come s. Agostino, s. Ignazio di Loyola, Léon Bloy, G. Papini, B. Pascal, E. Stein e anche S. Weil… e molti altri che hanno fatto un biglietto senza ritorno.

La conversione vera è radicale e totale, definitiva e fedele, crescente e creativa, costante e coerente. È processo che contiene aspetti complessi e ricchi. Mentali: nuova visione oggettiva, percezione, comprensione, nuovo giudizio di tutto. Affettivi: nuova valutazione, sensibilità, novità d’amore privilegiato e centrale. Morali: scelta di nuovi valori che diventano motivi, criteri e modi di comportamento, decisione e operazione. Mistici: afferra al termine di un periodo di tensione, esperienza, emozione, illuminazione, rivelazione.

Non ha niente a che fare con la rottamazione… che solo rimette insieme pezzi vecchi con un ordine nuovo! Non conclude un’amnistia o remissione di colpa, non è solo pacificazione, non è frutto di senso di colpa o vergogna o di dolore dei peccati, di senso del peccato, di paura del peccato, di rifiuto del peccato, di fuga dal male, di consapevolezza del peccato. Più che conversione da… è conversione a… Atto e processo positivo di grande scoperta, magari tardiva, di sconvolgimento operato da una gran luce, da un grande amore scoppiato dentro verso Dio che se lo merita tutto e subito, per sempre, d’impegno di bene, radicale, totale definitivo, senza più eccezioni.

 

La conversione cristiana vera è sempre per una vocazione

Convertiti da, convertiti a… Il convertito si riconosce dalla novità di vita. Lasciandone una sbagliata o modesta, ne trova un’altra fatta di valori alti, umani e cristiani, ne ascolta la voce e la segue coerente e costante. Convertendosi volta le spalle al male, al peccato, ai vizi e alle abitudini cattive e distraenti. Si volge al bene, al meglio, nella luce della verità, con impegni d’amore.

Conversione è sempre chiamata di fede, carità e amore, speranza e vita. Risponde con un cambio di centro. Presta attenzione ai valori più profondi in sé, a ciò che è vero, buono, bello, vivo, anche se arduo, degno di essere pensato, amato, scelto, servito. Verso Cristo nasce un forte impegno di decisione e scelta per Lui, di conformazione a Lui, di sequela di Lui fino alle forme di piena consacrazione per prolungarne le missioni e il servizio.

La conversione chiede che ci si lasci afferrare, trasformare, inverare. Il giovane che si avvia alla conversione che vi persevera, “unifica ogni sua attività nelle libertà e sviluppa per di più a suon di atti creativi, la singolarità della sua vocazione” (E. Mounier, Manifesto a servizio del personalismo). Vocazione-missione definita nell’impegno cristiano laicale, personale, familiare, sociale, ecclesiale, magari fino alla testimonianza e all’azione apostolica d’ambiente. Vocazione-missione definita nell’ulteriore consacrazione alla professione dei consigli evangelici, all’ordinazione sacerdotale.

 

Educare alla fede come itinerario di conversione

Nella morale laica la conversione è solo svolta in direzione di una vita moralmente purificata, evento interiore individuale o pubblico. Nei culti misterici ellenistici è l’identificazione con la divinità cultuale. Per l’AT è un allontanamento dal male e un ritorno al Dio della Legge, quindi è piuttosto legale. Per il NT il vero contesto è l’amore e il centro è la giustificazione per la fede in Gesù. La conversione implica l’auto-comunicazione di Dio in Gesù e nello Spirito, il dono di Dio cui risponde la libertà dell’uomo, con la mediazione della comunità, di guide. Non è solo adattamento, ma frutto di educazione alla fede.

La fede fa vedere nella sua luce la realtà totale: personale e sociale, professionale e culturale, religiosa e cristiana. Nella visione di fede crescono la prospettiva e la tensione a una vita profonda interiore, solidale verso il cosmo e i fratelli, sublime verso le altezze dell’assoluto, dell’eterno, del divino, insomma verso ogni trascendenza. Nasce la conversione a Dio e alle cose di Dio.

La fede apre cammini di conoscenza, valutazione, elezione e sequela. Converte alla conquista luminosa e calda di alcune centralità. Il primato assoluto del Dio rivelato cristiano che è Padre, Figlio e Spirito. La centralità storica e vitale di Gesù Cristo. La mediazione di Maria, della Chiesa. Converte alla chiamata dei fratelli vicini e lontani, facili e difficili. Del mondo che ha bisogno di Vangelo e di fatti di redenzione. Dà senso a scegliere forme di ricchezza povera, di libertà obbediente, di amore intenso di piena oblazione.

 

Riconciliazione e conversione

Vi sono difficoltà e resistenze alla conversione piena per le quali resta mediocre, debole, senza i valori e le efficace dei convertiti. Sono suoi nemici la superficialità del pensiero, la labilità o rigidità dei sentimenti e degli atteggiamenti, la frammentazione dell’io, della vita e della condotta, la pigrizia della volontà, l’indecisione, la dipendenza dei giudizi, il condizionamento bloccante di sé, degli altri… L’Innominato è pronto per la conversione. Don Rodrigo non lo sarà mai, fino al letto di morte. La conversione vuole fluidità e ricomposizione…

Il Sacramento della riconciliazione con Dio suppone o produce la conversione a lui, per lui. Quando Dio perdona, converte. Cambia, ricostruisce, fa risorgere, rinnova. Vanno in crisi le confessioni abitudinarie sulla base dei peccati commessi e da non fare più, senza forti propositi di cambio nel bene, la confessione-conversione in punto di morte, quando incalza il giudizio finale. Bisogna passare a nuove prassi di chi confessa e di chi si confessa.

La successione abituale delle riconciliazioni dovrebbe avere alla base una vera conversione avvenuta e celebrata, o almeno impostata e iniziata, ripromessa. Prosegue come sviluppo successivo che la conferma e integra secondo il programma d’una conversione piena forse subito difficile da impostare, condurre e capire. Oggi le prassi sono difficili, spesso inutili, per colpa di chi confessa e di chi si confessa. È tempo di rinnovamento.

 

Educare a una conversione forte e fedele

Educare alla conversione è promuovere le condizioni migliori del suo accadere.

a) Educare è accompagnare l’intero processo di conversione. Lo rende consapevole, lo fa elaborato nell’interiorità, nel silenzio, nella riflessione, magari nella ricerca e nello studio, molto nella preghiera. Lo costruisce con i suoi fattori conoscitivi, affettivi, operativi. Aiuta a vincere subito ogni difficoltà… Sostiene le inevitabili rinunzie e il peso dei cambi necessari. Lo fa strategico e tattico dentro di sé e di fronte alle difficoltà esterne. Nella conversione vera ognuno si dica. Non posso più fare altrimenti. Prendo posizione qualificata e mi convinco che il mio posto è assegnato, le mie preferenze sono gerarchizzate. La ricaduta è intollerabile, per convinzioni che scopro creandole e creo scoprendole.  Educare la conversione è guidare a “scoprire da se stessi e in se stessi che cosa vuol dire essere intelligenti, ragionevoli, responsabili, amare” (Lonergan).

b) Educare è motivare facendo scoprire significati e valori di vitalità e felicità, di autenticità nella conversione a una causa superiore, cui si diventa fedeli. Fa acquisire, mantiene e impegna a una nuova identità costante e coerente. Ciò che è diverso, conflittuale, tentatore e dissuasore palese o latente, non vince più, anzi motiva e rafforza la fedeltà alla nuova opzione, provocando magari come reazione l’impegno maggiore, non polemico, ma apostolico, verso la chiarificazione e l’offerta più avanzata.

c) Educare è rendere progettuale, crescente, creativa la nuova vita. La vocazione che segue è interpellata e qualificata con le categorie della responsabilità e dell’impegno a lungo termine. L’impegno del convertito non è virtù di un istante, ma si espande e dura nel tempo. Svela semi che devono crescere e dare frutti, sorgenti che devono scorrere e portare vita. Il nuovo essere davanti al Signore, per la Chiesa e per il Mondo, esprime in modo responsabile e attivo la nuova condizione, ormai fedele a una causa.

d) Educare è ottenere una promessa. La conversione deve essere tradotta in una promessa dove uno s’impegna dando la sua parola. La dà nello sdoppiamento di sé di fronte a se stesso, poi nell’impegno solidale in un gruppo, in una comunità di fratelli, davanti a Dio. Fino a una promessa comunitaria esplicita. Promessa espressa anche con rito più o meno solenne, pubblico, pregato, celebrato. Manterrà la promessa “per conservare se stesso nell’identità di colui che oggi dice, ieri ha detto, domani farà”. “Mi sento legato a me stesso perché c’è qualcuno che conta su di me, attende che resti fedele alla mia promessa”. “Tutta un’istituzione si fonda sulla mia fedeltà” (Pensieri di P.Ricoeur).

e) Educare è seguire una lunga storia. Spesso il convertito chiamato parte dal bene tiepido. Esprime adesioni globali di tipo iniziale, imperfetto, poco coerenti, poi adesioni più consapevoli e motivate, forti e salde, coerenti. Dopo frequenti conflitti interiori, magari ricorrenti passa a uno stato di vita cristiana coerente e costante, attraverso processi di maturazione più autentica, umana, religiosa, in Cristo, a livello individuale e comunitario. Conclude con il cambiamento di struttura, totale e profondo, con la confermazione e maturazione radicale, globale, forte. Lungo il cammino recepisce nuove idee, visioni, giudizi, atteggiamenti, amori…che si traducono lentamente o improvvisamente in nuovo sistema di convinzione e amore, in nuovo stile, progetto e metodo di vita, cioè di essere, essere in, essere con, essere per…È decisiva l’esperienza sconvolgente di qualcuno, di qualcosa che provoca illuminazione, visione chiara.

f) Educare è far percorrere molte vie di conversione. Le Vie teologiche della fede diventano antropologiche quando definiscono e rinnovano la coscienza dell’uomo, la sua realtà e dignità, il suo fine nel contesto totale. Via regale sono i doni dello Spirito Santo e i loro frutti, con collaborazione indispensabile di Grazia e Libertà. Forniscono momenti nei quali la personalità vede chiara una nuova figura di sé, intuisce nella conversione lo stato di integrale realizzazione di sé resa concreta e visibile, tradotta in un progetto, cui resterà fedele. Le Vie etiche e morali sviluppano ad alto livello le virtù cardinali di fortezza, giustizia, prudenza e temperanza. Le vie di conversione più comuni sono le grandi esperienze di luce e amore, dolore e gioia, gli incontri di personalità sconvolgenti o fascinose, letture o ritiri.

Le diverse personalità accentuano vie diverse. Una via mentale-intellettuale cambia i modi di percepire e vedere, osservare, capire e valutare, amare, dovere e volere, agire e fare, all’interno di una storia di vita. Una via affettiva cambia l’amore privilegiato dominante, passando dall’amore di sé fino a dimenticare Dio, all’amore di Dio, fino alla donazione di sé. Una via pratica, morale e religiosa, assimila i modelli presentati da figure carismatiche dotate di forte carica suggestiva, autorevole, progettuale e operativa.  È decisiva via di maturazione autentica e consistente dell’identità dell’io, dei suoi universi di appartenenza con amore responsabile, delle partecipazioni attive. Produce la capacità di opzione nuova, diversa, fondamentale, esistenziale che impegna tutta la vita attorno a nuclei ben definiti e ispiratori. Ottiene adesione incondizionata, motivante, ispiratrice, normativa, significativa per la vita totale. Cambia la tensione esistenziale da… a… fino alla definizione nuova dell’io profondo o ideale che si fa reale.

g) Educare senza retorica, con realismo, verso l’utilizzo pieno, fedele e creativo delle risorse e convinzioni interiori e personali, anche contro la cultura dominante. Fa vivere i passaggi d’ogni conversione-vocazione, da iniziale a intensiva, definitiva, permanente. Da tardiva e rimandata, contrastata dentro e fuori, tiepida e incerta, insicura, instabile, parziale, a chiara e forte, radicale e definitiva. Al centro pone l’autocompimento personalistico integrale umano e religioso, rinnovando valori e criteri, progetti e programmi della vita. Liberandone il mistero. Il cammino può essere lungo e graduale, difficile e faticoso, contrastato e conflittuale, con lunga lotta esterna o interiore, o più rapido e facile. Può passare dalla pura gioia di vivere a una nuova partenza dell’esistenza, dalla notte dei sensi all’aurora di un nuovo mattino.

Avviando i giovani a convertirsi a se stessi, al bene, a Dio, a Cristo, agli impegni, si ripeterà la sorpresa di Atti 11,24: “una folla considerevole fu condotta al Signore”.