I luoghi della riconciliazione
In questo terzo anno della fase preparatoria del Giubileo del 2000, il Collegamento Nazionale dei Santuari (CNS), che ha al Santuario del Divino Amore la sua segreteria, accogliendo l’esortazione della Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II, ha approfondito “il senso del cammino verso il Padre, che dovrà spingere tutti ad intraprendere, nell’adesione a Cristo Redentore dell’uomo, un cammino di autentica conversione, che comprende sia un aspetto negativo di liberazione dal peccato, sia un aspetto positivo di scelta del bene, espresso dai valori etici contenuti nella legge naturale, confermata e approfondita dal Vangelo. È questo il contesto adatto per la riscoperta e la intensa celebrazione del sacramento della Penitenza nel suo significato più profondo”.
È infatti il sacramento attraverso il quale la potenza del perdono di Dio, entrato nella storia attraverso la morte e la risurrezione di Cristo, avvolge il peccatore e lo restituisce allo splendore della vita di figlio di Dio. Il 27 marzo 1992, il Papa in un discorso rivolto alla Penitenzieria Apostolica, disse: “Se da un lato il sacramento agisce per virtù di Cristo, dall’altro in esso influisce anche, in notevole misura, la personale santità del sacerdote, la sua sapienza coltivata nello studio, la sua sensibilità psicologica, la sua accogliente umanità: egli, infatti, incoraggia a perseverare nella grazia restituita e alimenta la fiducia nella possibilità della salvezza, stimola all’umile gratitudine verso il Signore e aiuta a costruire l’equilibrio della coscienza e la sanità del giudizio”.
Per rinnovare in tutti noi lo stupore che il discepolo deve sempre provare davanti all’inaudito e sconfinato amore di Dio svelato da Gesù, mi sembra utile rivisitare brevemente le parabole del perdono. Tutte le relazioni hanno presentato, ciascuna secondo il proprio specifico, il pellegrinaggio dell’umanità redenta verso la casa del Padre: a livello biblico-teologico, il peccato e la misericordia; quindi la prospettiva sacramentale della riconciliazione vista dal confessore e dal penitente; una mariologica su: Maria, Madre di misericordia; sul valore e significato attuale dell’indulgenza e infine alcune testimonianze sui luoghi del perdono.
Oggi è forte il bisogno di parlare di sé, di essere ascoltati, di tirar fuori ciò che dà disagio o pesa. Costretti dalla complessità delle situazioni a vivere in maniera frammentata, cambiando continuamente valutazioni e atteggiamenti, si avverte pressante la necessità di dire chi veramente siamo. Questo vale specialmente per il sacramento della riconciliazione celebrato nei santuari. È evidente i pellegrini sono diversi, in quanto a maturità della fede, stili di vita, sensibilità. “Credo però che oggi per tanti, il pellegrinaggio significa ricerca di chi può veramente ascoltarci: Dio, la Vergine Maria, un santo o una santa, ma anche un fratello al quale aprirci senza molte paure. Il progetto pastorale di un santuario deve essere tale da far recepire che è luogo privilegiato di riconciliazione. Si tratta di un dialogo sacramentale, che si sviluppi come apertura e ascolto del Cristo, che nello Spirito riconcilia con il Padre”.
Questo ministero sacerdotale è senza dubbio il più difficile e delicato, il più faticoso ed esigente, ma anche uno dei più belli e consolanti. “Di fronte alla coscienza del fedele, che a lui si apre con un misto di trepidazione e di fiducia, il confessore è chiamato a un alto compito che è servizio alla penitenza e alla riconciliazione umana: conoscere di quel fedele le debolezze e cadute, valutarne il desiderio di ripresa e gli sforzi per ottenerla, discernere l’azione dello Spirito santificatore nel suo cuore, comunicargli un perdono che solo Dio può concedere…”.
La complessità di questo servizio richiede un costante impegno di formazione, per evitare prassi troppo diverse tra loro che finirebbero per incidere negativamente sui fedeli che forse con fatica si accostano a questo sacramento. Vorrei concludere questo mio breve intervento raccontando tre episodi accaduti alle suore al Santuario del Divino Amore.
Un giovane ricercato dalla polizia per omicidio, sale sull’autobus 702 e, senza rendersene conto, scende al Divino Amore e diventa pellegrino tra i pellegrini che salgono il sacro colle per incontrare la Vergine SS.ma. Giunto al Santuario, incontra una suora, la ferma, le chiede notizie varie, quasi per sviare l’ansia che turba il suo cuore, ma quella presenza gli ricorda la mamma, morta anni prima. Poi entra in Santuario, si sta concludendo la celebrazione eucaristica, ascolta un canto che gli fa ricordare l’infanzia, ha nostalgia dell’innocenza di una volta e capisce che deve ritornare a Roma, costituirsi alla Polizia e accettare il carcere per il male commesso. Da Rebibbia scrive una lettera per raccontarci la sua esperienza al Santuario.
Le suore incaricate dell’accoglienza sanno che la Madonna vuole raggiungere il cuore dei suoi figli e cercano di cogliere sempre ciò che può aiutare la crescita spirituale dei fedeli. Un pomeriggio dello scorso anno, una signora chiede un cero grande, grande, perché deve ringraziare la Madonna per una grazia ricevuta a beneficio della figlia. La suora la ascolta con attenzione nel racconto della guarigione della figlia gravemente ammalata, poi cerca di aiutarla a scoprire quale può essere il dono più bello da offrire alla Vergine Maria. Forse una partecipazione più viva e attenta alla S. Messa domenicale, o la recita comunitaria del rosario in famiglia, o… una buona confessione e la comunione per ringraziamento. Questa signora non si accostava più alla confessione da 37 anni, era difficile per lei offrire questo dono alla Vergine Maria, erano passati molti anni. La suora la incoraggia, l’aiuta a prepararsi al sacramento e… dopo un po’ la rivede raggiante di gioia. Aveva ritrovato la serenità, si era sentita accolta dal Padre misericordioso. Era uscita di casa per comprare un cero, per “sdebitarsi” con la Madonna, ora tornava a casa con la gioia per la grazia ritrovata.
Un pomeriggio di alcuni anni fa un giovane, Marco, desidera lasciare al Santuario la siringa che usa per drogarsi. La suora che riceve questo “dono singolare”, cerca di far capire a Marco che non è sufficiente lasciare la siringa, è necessario entrare in una comunità terapeutica, sforzarsi di accettare una regola di vita a volte esigente. In questo cammino di recupero non sarà solo, la Vergine Maria gli sarà accanto e gli darà la forza necessaria per superare il rischio di tornare indietro, quando gli verrà richiesto un impegno maggiore. Dopo tre anni Marco torna al Santuario, vuole incontrare quella suora, raccontarle che ha vissuto in quegli anni nella comunità, nei momenti più difficili ha ricordato quelle parole che gli hanno dato tanto coraggio per andare avanti, ora è tornato a casa. Desidera essere ascoltato dalla suora, perché poi insieme possano ringraziare la Vergine Maria, la piena di grazia.