N.02
Marzo/Aprile 1999

Il sacramento della riconciliazione: luogo di scoperta, di accompagnamento e di fedeltà vocazionale

Il sacramento della riconciliazione, che celebra l’amore di Dio più forte del peccato, costituisce una delle colonne fondamentali dell’edificio educativo e un “luogo” privilegiato di animazione vocazionale.

Tutti concordano nell’annoverare il sacramento della riconciliazione tra le vie privilegiate di annuncio vocazionale e di accompagnamento personale dei giovani. “Non ha futuro una ricerca vocazionale che insieme non diventi anche una forte esperienza penitenziale”[1]. Insieme alla preghiera, alla Parola di Dio, alla lectio divina, all’Eucaristia, alla direzione spirituale, alla regola di vita, all’impegno ascetico, al servizio responsabile, al riferimento mariano, agli esercizi spirituali, il sacramento della riconciliazione è indicato ai giovani come uno dei mezzi privilegiati per percorrere un fecondo cammino di fede nella disponibilità al progetto di Dio sulla propria vita[2]. “Il giovane in ricerca vocazionale, che trova nella direzione spirituale il momento della messa a punto del suo cammino, che scopre dentro di sé gli ostacoli che rallentano la sua decisione a vivere da figlio, ha assoluto bisogno, oltre che di una intensa preghiera, di ravvivare l’amicizia con Gesù, incontrandolo personalmente, a tu per tu, in un periodico, costante confronto con la mediazione ecclesiale, nel sacramento della riconciliazione”[3].

Nell’esperienza concreta poi, il sacramento della riconciliazione si può benissimo prolungare nella direzione spirituale, per rinforzare l’adesione al Signore e per ricevere orientamento e consiglio: “Non senza ottimi frutti il sacramento della penitenza si è fuso di fatto con la direzione spirituale, specialmente negli ultimi tre secoli. Un connubio che oggi è particolarmente efficace nell’adolescenza”[4]. Dobbiamo certamente riconoscere che la direzione spirituale e l’esercizio sacramentale della penitenza sono dati ben distinti secondo la tradizione della Chiesa, ed hanno entrambi delle finalità specifiche proprie[5]. Tuttavia, “il giusto riconoscimento della distinzione deve, però, accompagnarsi alla presa di coscienza della loro attitudine all’unità. Direzione spirituale e confessione frequente si complementano con facilità e reciproco vantaggio”[6]. È cosa abbastanza normale infatti che un penitente voglia stabilire un legame tra il sacramento e il consiglio spirituale: la ricerca del progresso lo conduce alla lotta contro il peccato e per essere aiutato in questo egli ha bisogno di essere conosciuto personalmente, ed è cosa perfettamente legittima che si rivolga alla propria guida spirituale per la purificazione dei peccati. In sintesi possiamo affermare che il cammino ideale di un giovane che intende percorrere un autentico itinerario verso la maturità cristiana, passerà da un confessore occasionale ad un confessore stabile, per giungere alla fine ad una guida spirituale che ordinariamente è lo stesso confessore[7].

I “frutti vocazionali” del sacramento della riconciliazione sono molti. Vi è innanzitutto la celebrazione della fedeltà di Dio nella vita del credente. Il suo amore gratuito e preveniente si manifesta nei tratti della misericordia e del perdono: Dio è fedele al suo patto e alle sue promesse! Ogni risposta vocazionale alla sua chiamata si radica così nella certezza di una fedeltà a tutta prova da parte di colui che chiama, su cui poter contare sempre, in ogni momento della vita. L’amore fedele di Dio sostiene e incoraggia la fedeltà di colui che si sente chiamato, pur nella consapevolezza della propria fragilità e del proprio peccato. È la “confessio fidei”, cioè la proclamazione davanti a Dio della propria debolezza che, consegnata umilmente e fiduciosamente nelle sue mani, si trasforma in celebrazione della sua misericordia trionfante[8]

Vi è poi la “confessio vitae”, con cui si confessa umilmente il proprio peccato a Dio, manifestando con sincerità il proprio bisogno di essere salvati da lui. Anche questo è un atteggiamento fondamentale in prospettiva vocazionale: il riconoscimento umile della propria condizione umana salva infatti dall’arroganza e dalla presunzione di considerarsi protagonisti autosufficienti della propria storia e delle proprie scelte. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”[9]  ci ricorda il Signore Gesù – e non vi ho scelti perché siete i migliori o i più bravi, ma semplicemente perché vi amo gratuitamente![10].

Anche nella “confessio laudis” – con cui è consigliato iniziare il colloquio penitenziale, riconoscendo nella lode e nel ringraziamento i benefici e i doni ricevuti dal Signore – vi è una forte valenza vocazionale. Infatti, soltanto coloro che sono attenti alla presenza benefica del Signore nella propria vita, sanno poi cogliere anche i suoi appelli e le sue interpellanze. La lode e il ringraziamento sono premesse importanti per ascoltare il Signore che passa dentro la propria vita, oltre che per elargire doni e benefici, anche per domandare collaborazione fattiva e impegno generoso.

In conclusione, possiamo riaffermare che davvero sono molteplici i “frutti vocazionali” del sacramento della riconciliazione. I giovani sostenuti dall’amore che comprende e perdona trovano la forza per riconoscere il proprio peccato e la propria debolezza bisognosa di sostegno e di accompagnamento, imparano a resistere alla tentazione dell’autosufficienza, offrono il perdono come ricambio della riconciliazione ricevuta, si educano al rispetto delle persone, si formano una coscienza retta e coerente, si aprono con disponibilità sempre crescente agli appelli di Dio, sono stimolati a giocarsi nel servizio e nella gratuità, si rendono sempre più capaci di decisioni vocazionali coraggiose. Perciò, il regolare ricorso al sacramento della riconciliazione dà efficacia e continuità al processo di ricerca e di maturazione vocazionale.

 

Note

[1] R. MARTINELLI, Concedi al tuo servo un cuore docile … che sappia discernere (1 Re 3, 9). Accompagnamento personale e purificazione del cuore, in D. BOTTINO et al., Direzione spirituale e accompagnamento vocazionale, Ancora, Milano 1996, p. 157.

[2] Si veda ad esempio il testo di O. CANTONI, …e brillerà la tua luce! Strumento di lavoro per i giovani che chiedono la direzione spirituale, Ancora, Milano 1992, particolarmente il capitolo 3 “Cammini di comunione”, pp. 21-36.

[3] O. CANTONI, Introduzione pratica alla direzione spirituale per l’orientamento vocazionale, in O. CANTONI et al., Direzione spirituale, maturità umana e vocazione (a cura del Centro Nazionale Vocazioni), Ancora, Milano 1997, pp. 68-69.

[4] S. SIRBONI, Celebrare la Riconciliazione, in C. M. MARTINI et al., La “difficile” riconciliazione. Il “contesto” del sacramento, Ancora, Milano 1996, p. 159.

[5] “La differenza tra penitenza e consiglio spirituale potrebbe essere stabilita notando che la direzione o il consiglio spirituale, oltre la parte negativa della purificazione, riguarda in particolare la parte positiva del progresso della persona nelle vie spirituali, soprattutto nel campo della preghiera personale e della formazione interiore; il sacramento della penitenza, invece, riguarda in primo luogo la parte negativa della purificazione dei peccati: occorre innanzitutto distaccarsi da questi” (C. A. BERNARD, Teologia spirituale, Paoline, Roma 1983, p. 319.

[6] G. GOZZELINO, Al cospetto di Dio. Elementi di teologia della vita spirituale, LDC, Leumann (Torino) 1989, p. 179

[7] “L’esperienza conferma che l’incontro della direzione spirituale si può concludere con l’assoluzione dei peccati. Questo significa che nella direzione spirituale è avvenuta la confessione. Al contrario la mancanza di direzione spirituale nel sacramento della penitenza – oltre che lasciare deluso il penitente – fa della confessione un incontro formale” (J. STRUS, La direzione spirituale e il sacramento della riconciliazione, in M. COGLIANDRO (a cura di), La direzione spirituale nella Famiglia Salesiana, Atti della X settimana di spiritualità della Famiglia Salesiana, Editrice SDB, Roma 1983, p. 225.

[8] Sulle modalità concrete del colloquio penitenziale, cfr. C. M. MARTINI, L’Evangelizzatore, in San Luca, Ancora, Milano 1991, pp. 76-80.

[9] Gv 15,16.

[10] Nel libro del Deuteronomio, è bene evidenziata questa “teologia dell’elezione”, in cui Dio sceglie con amore gratuito il popolo di Israele: “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli – siete infatti il più piccolo di tutti i popoli – ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri…” (Dt 7,7-8).