N.04
Luglio/Agosto 1999

Il CDV di fronte alle istanze del progetto culturale

 

 

 

Quasi una premessa

Vorrei iniziare riprendendo il proverbio africano citato da Mons. Lambiasi: “La carne dell’elefante è buona, ma se mangiata lentamente è ottima”. In questi giorni, anche a parere di molti di voi, ci è stata offerta tanta ricchezza di riflessione e di proposte operative. Forse troppo! Il rischio potrebbe essere quello di una sorta di indigestione con il conseguente rigetto. Sarebbe pertanto opportuno “ruminare” per poi condividere con i membri dei CDV delle nostre Diocesi quanto ci è stato offerto in questi giorni, utilizzando il prossimo numero della rivista ‘Vocazioni’, che riporterà gli Atti integrali di questo Incontro.  Mio compito non è certamente quello di fare una sintesi delle relazioni ascoltate, quanto piuttosto far emergere alcune linee direttrici, perché si realizzi nella nostra Pastorale Vocazionale (PV) quel “salto di qualità” tanto auspicato nel Documento Nuove Vocazioni per una Nuova Europa (NVNE).

Per meglio comprendere il significato di questo Incontro credo sia importante contestualizzarlo. Esso si pone, infatti, tra l’Assemblea dei Vescovi e il Convegno nazionale del prossimo gennaio. I Vescovi si sono preparati all’Assemblea riflettendo e verificandosi sulla PV prima a livello diocesano e poi a livello regionale. Durante l’Assemblea, dopo la relazione di Mons. Masseroni, si sono ritrovati in gruppo per un confronto fraterno e puntuale sul tema vocazionale. Le esperienze, le riflessioni e le proposte fatte nei gruppi sono state riprese dalla relazione conclusiva presentata da Mons. Castellani. Questa è stata la prima Assemblea dei Vescovi dopo il Concilio che ha avuto come tema: La vocazione al ministero ordinato e alla vita consacrata. È pertanto un’occasione straordinaria da tutti noi tanto attesa e ora da non deporre immediatamente tra le cose passate, in attesa di un Documento finale da inserire negli scaffali delle nostre biblioteche. Per evitare tutto ciò il CNV ha pensato di coinvolgere subito i Direttori dei CDV nella riflessione perché, sostenuti dai loro Vescovi, si adoperino per una PV più corale, più incisiva e più puntuale.

La terza tappa di questo cammino sarà costituito dal Convegno nazionale del prossimo Gennaio che avrà come tema: “Nuove vocazioni per un nuovo Millennio”. Sarà quella un’occasione privilegiata per allargare questo discorso a tutti gli animatori vocazionali che vi parteciperanno. Da tempo il CNV si va interrogando sul perché a fronte di tanti Documenti magisteriali (Piano Pastorale per le Vocazioni in Italia del 1985, la Pastores dabo vobis, e Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, che i Direttori e i membri dei CDV dovrebbero necessariamente conoscere) e le tante proposte offerte, la PV in Italia non sembra decollare del tutto, dando invece l’impressione di arrancare nelle sabbie mobili della stanchezza e del “già visto”.

 

 

 

1. IL CONTRIBUTO SPECIFICO DELLA PASTORALE VOCAZIONALE AL PROGETTO CULTURALE

 

L’attenzione posta in questo Incontro al Progetto Culturale (PC) ci ha offerto la possibilità di soffermarci su quello che don Luca Bonari, il nostro Direttore, ha definito il “peccato originale” che indebolisce e rende poco incisiva la PV in Italia e che impedisce il nascere di una autentica cultura vocazionale. Con forza don Luca ha ribadito che l’obiettivo del nostro lavoro non può essere ridotto al solo far innamorare i giovani della vocazione di speciale consacrazione né tanto meno alla sola preoccupazione dell’incremento numerico delle vocazioni. “L’uomo è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” (GS, 24) e pertanto non può assolutamente essere strumentalizzata per il raggiungimento di altri obiettivi. 

La PV si pone a servizio della persona perché percepisca di essere amato da Dio e senta la gioia di rispondere a questo amore con generosità e totale disponibilità, giungendo anche a donare tutta la propria vita al Signore nel servizio gioioso dei fratelli. L’obiettivo che deve perseguire la PV, ci ha detto don Luca (e poi hanno ribadito don Ghizzoni e Mons. Masseroni nelle loro omelie) sarà quello di “educare i giovani all’amore verginale e a realizzare una vita d’amore come Dio la vuole (verginale appunto!)”

Se la cultura, come ha affermato Giovanni Paolo II nel 1980 all’Unesco, “è ciò per cui l’uomo diventa più uomo”, allora, l’impegno dei CDV di diffondere l’autentica antropologia cristiana sintetizzata nella frase della GS: “Nessuno si realizza se non nel dono sincero di sé” (n. 24), dovrà essere considerato non solo come il nostro specifico contributo al PC, ma anche come una forte sollecitazione perché quest’ultimo abbia un cuore che pulsi e dia un’anima a tutta la pastorale.

Di qui discende l’impegno di accompagnare i giovani al “dono sincero di sé” che deve vedere il CDV impegnato in prima linea nelle nostre diocesi. La dottoressa Paola Pellicanò questa mattina ci ha offerto preziose riflessioni a questo proposito che certamente potranno essere utili nel nostro lavoro. È questo il compito affascinante e impegnativo che ci attende tornando ora nelle nostre diocesi.

 

Dalla rivendicazione di uno spazio proprio all’autorevolezza di una proposta!

Non si tratta, come è stato detto nel dibattito con i relatori in aula, di rivendicare a forza di “unghiate” e a “denti stretti” degli spazi o un nostro territorio dove poter agire indisturbati; bisogna invece vivere, quello che Gandhi, con una felice espressione, definiva “il vangelo della rosa”. Una presenza, quella della rosa, che si fa desiderare, accogliere e ricercare per la fragranza del suo profumo. Abbiamo una ricchezza enorme da condividere con le nostre comunità, ma sciupiamo gran parte del nostro tempo ad elemosinare briciole. Non sarà l’arroganza ad offrirci spazi per la nostra attività, ma solo l’autorevolezza della nostra proposta!

 

Quali sono le provocazioni che vengono ai CDV a partire dal PC?

Il termine “progetto” indica qualcosa di “pensato”; non lascia spazio all’improvvisazione. Come la fede deve essere “pensata”, ci diceva Mons. Lambiasi, così anche la pastorale vocazionale deve essere “pensata”.  Il CDV deve riservarsi dei tempi “per pensare”: su questo non si può fare economia! Il CDV non può inseguire l’emergenza né tanto meno offrire solo iniziative; è necessario che pensi a itinerari educativi, capaci di generare un’autentica cultura vocazionale. Ma è anche indispensabile che solleciti le comunità cristiane a formulare progetti educativi e itinerari che educando i giovani alla fede, li accompagnino anche a fare scelte di vita che “profumino” del “dono di sé”. Solo un “pensiero forte” può sostenere “decisioni forti”, ci è stato detto da Mons. Lambiasi.

 

Il CDV luogo di studio

Per apportare un contributo specifico al PC il CDV deve riscoprire il suo impegno di essere “luogo di studio”, di verifica, di creatività. P. Cencini ci diceva che è necessario passare dal fare pastorale vocazionale a “generare una cultura vocazionale”. È ciò che la nostra Chiesa attende con urgenza dai CDV. Cosa fare, in concreto, perché i CDV diventino “laboratori artigianali” di cultura vocazionale?  Una chance da non trascurare sarebbe quella, a mio parere, di valorizzare maggiormente la rivista ‘Vocazioni’ con i suoi numeri monografici! Perché non ritrovarsi come CDV a leggere e a riflettere insieme sulle diverse tematiche? Questi incontri di studio potrebbero essere delle occasioni preziose non solo per sintonizzarsi sulle proposte e riflessioni proposte attraverso la rivista dal CNV, ma anche perché dal “pensare insieme” possano nascere percorsi e iniziative, capaci di veicolari contenuti condivisi da tutti. Un altro modo per far circolare cultura vocazionale può essere quello di valorizzare la ricchezza umana presente in Diocesi o nelle regioni (teologi, biblisti, pedagogisti…) con una duplice finalità: quella di utilizzare persone competenti nell’approfondimento delle tematiche vocazionali, ma anche di far sì che l’attenzione vocazionale entri nelle Facoltà, Università, Istituti di Scienze religiose, Seminari… lì, cioè, dove si pensa e si matura la cultura cristiana, perché sia anche vocazionale.

 

Il CDV e gli educatori

Oltre che a questi luoghi di cultura “alta”, il CDV deve prestare attenzione anche ai luoghi “feriali” dove la cultura si trasmette quasi per contagio, sostenendo l’impegno educativo delle persone in essi coinvolti: genitori, catechisti, animatori, soprattutto sacerdoti… è indispensabile, come ci ha ricordato Mons. Masseroni, “portare la cultura vocazionale nei solchi periferici della pastorale, lì dove la gente vive”. Una particolare attenzione in questo senso va riservata alla Parrocchia, ai Gruppi, Movimenti e Associazioni. Inoltre il CDV non può mancare di offrire il proprio contributo lì dove si pensano i progetti e i piani pastorali delle diocesi, nei luoghi di partecipazione CPD, CPP e negli incontri degli uffici di curia.

 

Il CDV e i “lontani”

Il termine “pro-getto”, nel suo significato etimologico, sta ad indicare anche un “lanciarsi in avanti”, o come ci diceva p. Cencini “fuori dal tempio”. La PV, perciò, deve avere gli “occhi di gufo”, per squarciare quel velo di superficialità che impedisce di leggere nella sua complessità questa nostra società “così bella e così drammatica”, e anche “piedi di cerva”, così da inerpicarsi su sentieri impervi e percorrere strade non ancora battute nella certezza che il Signore non getta il seme vocazionale in luoghi ristretti o predefiniti, ma, come il seminatore, non si lascia mai vincere in generosità. Il tema vocazionale, ci diceva p. Cencini, più di ogni altro, offre la possibilità di un dialogo con la cultura laica. Dobbiamo perciò impegnarci a riportare il termine “vocazione” nel vocabolario della lingua corrente. Per realizzare ciò è indispensabile “inventare” nuove vie per essere lì dove emergono la domanda di senso e gli interrogativi sulla vita: scuola, ospedali (con i malati, ma anche con i familiari), nei centri di difesa per la vita (come ci suggeriva p. Cencini), nelle situazioni di povertà o di disagio, accanto alle diverse forme di volontariato.

Mons. Masseroni ci ricordava che molte famiglie religiose “raccolgono vocazioni oggi soprattutto nei luoghi di disagio giovanile”. L’annuncio vocazionale deve essere rivolto a tutti e non deve escludere alcun luogo. Il lanciarsi fuori dagli ambienti parrocchiali, ci sollecita a passare da una pastorale di massa ad una “pastorale del volto”, come ci diceva p. Cencini. L’attenzione alla storia concreta di ogni uomo dovrà portare la pastorale ad abbandonare l’anonimato e a diventare sempre più “pastorale della compagnia”, valorizzando la direzione spirituale, il cui insostituibile valore è stato ribadito nella recente Assemblea dei Vescovi. A nessuno sfuggirà l’importante apporto che, a tale proposito, potranno offrire i sacerdoti e i consacrati. E la partecipazione sempre più numerosa e qualificata di sacerdoti e consacrati al Seminario annuale sulla Direzione Spirituale organizzato dal CNV è un segnale positivo della riscoperta di questo ministero così vitale per il cammino vocazionale dei giovani.

 

Il CDV e la preghiera incessante per le vocazioni

Da Mons. Masseroni siamo stati sollecitati a diventare nelle nostre chiese particolari animatori dell’incessante preghiera per le vocazioni, che trova nell’annuale Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni il punto culminante di tutto un cammino di educazione alla preghiera. Ma quale preghiera ci si è domandato nel dibattito in aula? Non una qualsiasi preghiera, ma solo quella capace di porre i giovani in ascolto e di favorire le condizioni per una risposta libera e generosa. Per raggiungere tale obiettivo Mons. Masseroni ci ha suggerito di valorizzare la “Lectio divina” quale forma privilegiata di una preghiera capace di creare una cultura vocazionale.

 

 

 

2. OLTRE LE RELAZIONI

 

Al di là del contenuto così arricchente delle relazioni, come tutti abbiamo avuto modo di constatare e su cui potremmo ritornare quando saranno pubblicate nel prossimo numero di ‘Vocazioni’, credo che bisognerebbe prestare una particolare attenzione anche al “non detto”, ma che si poteva leggere tra le righe e che costituiva quasi l’anima delle stesse relazioni.

 

Prestare attenzione alla storia

Mons. Lambiasi ci ha fatto comprendere che il PC nasce all’interno di un preciso cammino compiuto dalla Chiesa italiana. Potremmo cogliere questo “input”, impegnandoci a far sì che anche le attività dei CDV si inseriscano nella storia concreta della Chiesa particolare. La esperienza di Reggio Calabria presentata da don Santo e quella di Brescia presentata da don Giovanni in questo Incontro non possono assolutamente essere “clonate”. Dalla presentazione di queste esperienze possiamo cogliere l’idea, il metodo, gli strumenti…, ma poi è necessario “incarnare” il tutto nel vissuto delle nostre Chiese. In una parola le iniziative devono poter portare tutte il marchio DOC (di origine controllata).

 

La donna nella PV

La presenza di Sr. Plautilla nella dinamica dell’Incontro non aveva come scopo il far ascoltare un timbro diverso di voce per spezzare la monotonia, ma aiutarci a cogliere una ricchezza: quella della vita consacrata e della donna in particolare. È indispensabile nella vita del CDV e in quella delle nostre Chiese che la donna non sia solo COLP (=collaboratrice pastorale), ridotta, cioè, a semplice manovalanza, ma stimata, apprezzata e valorizzata per quel “genio femminile” che costituisce la sua peculiare ricchezza. La presenza di una consacrata nei gruppi di ricerca vocazionale e nei cammini di accompagnamento, come è auspicato dal Documento NVNE e ribadito in questo Incontro, può risultare estremamente preziosa e consentirebbe di eliminare quel “filtro maschile”, di cui ci ha parlato Sr. Plautilla, che a volte rischia di rallentare il cammino vocazionale delle ragazze.

 

Una PV “in dialogo”

Da Sr. Plautilla, oltre al contenuto della sua relazione, mi pare importante cogliere il metodo da lei usato nel preparare quanto ci doveva comunicare. Si è posta in ascolto delle giovani e in dialogo con le coppie. Di qui deriva un atteggiamento nuovo nel fare PV: non la presunzione di chi ha delle risposte “preconfezionate”, “precotte” e “surgelate” che si possono offrire ai giovani dopo averle un po’ “riscaldate”. Più che risposte dovremmo essere capaci di far emergere “le domande di senso” che sono nell’animo di tanti giovani che rischiano il più delle volte di essere inascoltate.

 

I giovani una realtà da amare

Non ci si può quindi avvicinare al mondo giovanile come ad un territorio da conquistare, ma sempre e solo come una realtà da comprendere e da amare. E la si comprenderà sempre meglio solo nella misura in cui la si amerà sempre di più. “Ubi amor, ibi oculus”, affermava S. Bernardo; e S. Giovanni Bosco era solito dire che “l’educazione è questione di cuore”. Il CDV deve impegnarsi a diffondere all’interno della Chiesa particolare quello sguardo amorevole con cui lo stesso Signore ha guardato e amato i giovani.

 

L’arte e la PV

Sr. Plautilla ci ha presentato la “sintesi” della sua relazione, leggendo insieme con noi l’immagine del bassorilievo dell’Antelami conservato nel Duomo di Parma. Anche nelle nostre chiese c’è una ricchezza di arte e di fede che per nostra superficialità e ignavia rischia di rimanere muta. Perché non valorizzare questo patrimonio per un annuncio vocazionale capace di raggiungere anche i lontani? Si avverte oggi un grande interesse, un desiderio di comprensione, anche da parte del mondo laico, che potrebbe costituire un’ottima opportunità vocazionale. Inoltre, perché non educare a saper leggere in modo critico i films? Perché non cogliere i messaggi che la musica dei giovani veicola? Perché non valorizzare i giornali diocesani e i “fogli” parrocchiali per far conoscere esperienze valide, come fa l’Osservatore Romano che da tempo sta presentando vocazioni sacerdotali, consacrate e laicali “riuscite”?

 

Una PV “corale”

Tutto questo richiede competenze, energie e tempo. Non può dipendere tutto dal direttore del CDV o dai soli membri del CDV, reclama, invece, il coinvolgimento di altre persone della comunità e questo coinvolgimento tanto necessario aiuterà la PV ad essere “sinfonica”, realizzando quella “coralità” auspicata dal Documento NVNE e in questi giorni ribadita con forza. 

 

La PV e i testimoni

Mons. Masseroni, tra l’altro, ci ha spronato a valorizzare i testimoni del passato, ma anche del presente. È necessario offrire ai giovani non solo una vita che annuncia dei valori, ma soprattutto dei valori veicolati dalla testimonianza della vita. Una testimonianza che non può non essere accompagnata dalla sua colonna sonora: l’inno alla gioia. Infatti, solo una testimonianza gioiosa può risultare credibile e perciò coinvolgente. Una gioia che sul volto è segno e riflesso della santità, che rende l’animatore vocazionale contagioso.

 

Il CDV e il decalogo operativo 

Non posso terminare senza rilanciare quelle piste operative (il decalogo) che p. Cencini ci ha offerto a conclusione della sua relazione. Esorto quindi ogni CDV ha rileggerlo con attenzione e, lavorando di fantasia, a tradurlo nelle Chiese particolari.

 

Conclusione

Per concludere vorrei dire con forza che il servizio dei CDV non può essere vissuto se non con una grande fiducia e speranza. “La prima risposta che la Chiesa dà al problema delle vocazioni è una grande fiducia nell’azione dello Spirito Santo”, afferma il Papa all’inizio della Pastores dabo vobis. Permettetemi, allora, di porre nel vostro cuore come viatico per il lavoro che ci attende un versetto del libro di Giosuè: “Non ti ho comandato di essere forte e coraggioso; sii forte e coraggioso e sappi che io sono con te dovunque tu vada” (1, 9). Il nostro servizio nella Pastorale vocazionale non può non essere animato da questa certezza incrollabile: il Signore è al nostro fianco sempre e con l’azione del Suo Santo Spirito ci precede, ci accompagna e porta a compimento l’opera iniziata.

Afferma un proverbio cinese “quando le ombre si allungano, vuol dire che il sole sta tramontando”. Quell’oscurità che a volte sembra avvolgere come una cappa di pessimismo la PV è forse solo un riflesso del Sole che sta tramontando dentro di noi e allora… “Alzati e rivestiti di luce; ecco viene per te la tua luce” (Is). Antoine di Saint Exupéry scriveva: “Se vuoi che la gente ti aiuti a costruire una barca, non limitarti a dare loro il materiale e gli attrezzi necessari, ma parla loro del mare aperto e fa nascere nei loro cuori la nostalgia di navigare solo così costruiranno con gioia la barca”.  Che i nostri CDV abbiano il coraggio sulla Parola del Signore di “prendere il largo” e di contagiare tutta la comunità cristiana nell’affascinante e impegnativa avventura di prestare la propria voce perché la Sua Parola sia percepita e accolta dai nostri giovani.

Buon viaggio!