N.05
Settembre/Ottobre 1999

I Centri Diocesani Vocazioni e il grande Giubileo del 2000: prospettive per una programmazione

Il grande Giubileo del 2000 chiama il Centro Diocesano Vocazioni (CDV) ad accogliere la sfida che la pastorale ordinaria pone: lavorare in modo stabile e coerente, perché tutti possano cogliere e accogliere la “pro-vocazione” che Dio-Padre fa a ciascuno mentre sta arrivando il terzo millennio.

 

Un’occasione preziosa

Quella dell’anno giubilare è un’occasione da non perdere per il CDV! Infatti, celebrare duemila anni dell’incarnazione del Figlio di Dio, che redime l’uomo chiamandolo a partecipare attivamente alla costruzione del Regno, è celebrare la vocazione dell’uomo ad essere nel creato immagine e somiglianza di Dio, il quale “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati nell’amore, predestinandoci ad essere figli adottivi per opera di Gesù Cristo”  (Ef 1,4-5). Ciò significa che ogni battezzato deve essere aiutato a scoprire la chiamata di Dio: non si tratta di educare le persone a fare qualcosa, bensì a dare un orientamento radicale alla propria esistenza ed a compiere scelte che decidono per sempre del proprio futuro[1].

 

Dentro un cammino comune

Tutte le nostre Chiese locali stanno vivendo la preparazione al grande Giubileo con riflessioni e programmi degni dell’evento che ci accingiamo a vivere; un evento che non interessa soltanto chi vive all’interno della comunità cristiana cattolica ma interpella veramente tutti.

La Chiesa non è Chiesa “comunità per tutti”, se non è attenta alle necessità di tutti, plurilivellare, propositiva, missionaria: capace di sviluppare un progetto culturale che proponga significativamente Gesù di Nazareth, il Cristo, come vero progetto dell’uomo. Annunciare il Vangelo della Vocazione in questo grande Giubileo significa annunciare che il Signore della vita si sta pre-occupando della vita di ciascuno, in un rapporto personale che pro-voca a mettersi in cammino per vivere la personale vocazione alla santità nell’amore, ognuno nel suo specifico.

 

Con un contributo specifico

Il CDV può qualificare il programma giubilare diocesano rispondendo alla sua missione di pro-vocazione: nella catechesi, nella liturgia e nella carità. Il Giubileo offre l’occasione del pellegrinaggio che, proprio perché mette in movimento, favorisce l’invito alla sequela[2]: in Diocesi si possono individuare alcuni itinerari di pellegrinaggio che aiutino il cammino più specificatamente vocazionale; tali proposte possono prevedere il cammino con “marce” diverse. Tali itinerari diocesani possono essere visti come tappe che culminano con il pellegrinaggio a Roma.

“Il pellegrinaggio è capace di orientare l’uomo verso una mèta che supera le coordinate spazio-temporali quotidiane ed offre momenti di consapevolezza e di maturazione religiosa. Nella pratica del pellegrinaggio confluiscono infatti azioni celebrative e processi formativi, scelte personali, e prospettive comunitarie, momenti penitenziali ed esperienze gioiose di salvezza, coinvolgimento interiore e senso di appartenenza, che gratificano i partecipanti sospingendoli ad una elevazione di sé intensa e duratura”[3].

In questa prospettiva questa antica esperienza può diventare l’occasione opportuna e inopportuna per l’invito ad una sequela più specifica che segni definitivamente la vita. Il Grande Giubileo del 2000, oltre al pellegrinaggio, propone anche il Vangelo della Gioia, del Giubilo per un evento che ha segnato la storia dell’umanità.

Il CDV può, e deve, essere pro-vocante, anche verso coloro che già vivono la loro risposta vocazionale nel sacramento dell’ordine e nell’esperienza della consacrazione. Il CDV può creare occasioni di testimonianza, magari in occasione della festa della Comunità, in cui chi si è impegnato nell’incarnare la possibilità di vivere i consigli evangelici possa manifestare, anche se a volte nella sofferenza, di essere felice nel realizzare il progetto di Dio. Il CDV, nella preghiera e nell’accoglienza dello Spirito Santo, deve trovare la forza e il coraggio di annunciare a tutti che la nostra prima vocazione è quella alla santità nell’amore, che si concretizza in una proposta di vita concreta.

Sarà proprio su questa vocazione alla santità nell’amore che saremo giudicati alla fine dei millenni. Il CDV avrà svolto la sua missione giubilare se sarà stato capace di attenzione verso ogni età che la persona umana è chiamata a vivere: Dio è padre di tutti e su ciascuno ha un progetto d’amore da proporre. “La celebrazione giubilare attualizza ed insieme anticipa la mèta ed il cammino della vita del Cristiano e della Chiesa in Dio Uno e Trino”[4].

Giovanni Paolo II nell’annunciare il grande Giubileo invita tutti a conversione[5]; anche il CDV è chiamato a compiere una sua conversione: rifocalizzando il suo obiettivo. Nelle celebrazioni giubilari possiamo e dobbiamo superare lo scoglio di pensare che l’obiettivo della Pastorale Vocazionale, per il presbiterato e la vita consacrata, sia quello di far innamorare un giovane o una giovane del sacerdozio ministeriale o della vita consacrata, confortandoci, o meglio sconfortandoci, guardando i numeri di ingressi nei seminari o nei postulandati.

All’uomo europeo, che si affaccia al terzo millennio con un modello antropologico prevalentemente privo della dimensione vocazionale[6], il CDV è chiamato a riempire il cuore, perché si possa riscoprire l’unica fondamentale vocazione dell’uomo: l’Amore! Vocazione che può incarnarsi o nella via matrimoniale o in quella verginale; vie che comunque rendono presente l’Amore di Dio nel tempo degli uomini.

 

 

 

 

Note

[1] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Messaggio al Congresso Europeo, 29.04.1997.

[2] Cfr. Vocazioni, n. 4/97.

[3] CEI, Il Pellegrinaggio, n. 5.

[4] GIOVANNI PAOLO II, Tertio millennio adveniente, n. 55.

[5] TMA part. IV.

[6] Cfr. Nuove Vocazioni per una nuova Europa, n. 11c.