N.05
Settembre/Ottobre 1999

Per un salto di qualità nella pastorale vocazionale

 

 

Concludiamo la pubblicazione di quanto emerso all’Assemblea CEI del Maggio u.s., con la relazione finale di S. E. Mons. Italo Castellani. Ricca, articolata, propositiva. Orientamento prezioso per tutti gli animatori vocazionali.

 

 

PREMESSE

 

– La speranza genera un salto di qualità

Il tema della pastorale vocazionale al centro della riflessione di questa Assemblea, in continuità e complementarietà con l’Assemblea di Collevalenza, ha risposto ad un’attesa avvertita non solo dai Vescovi, ma da tutta la Chiesa italiana. La riflessione di questi giorni è stata accompagnata dalla condivisione di esperienze positive di pastorale vocazionale già in atto. Tutto questo ha rinvigorito un atteggiamento di fiducia e di speranza nei confronti del futuro delle vocazioni di speciale consacrazione nelle nostre Chiese. Questa comunicazione di esperienze è stata l’occasione per rilevare la presenza di percorsi fecondi, grazie ai quali “l’auspicato salto di qualità” della pastorale vocazionale è già iniziato e può diffondersi in tutte le Diocesi.

 

– La pastorale o è tutta vocazionale o non è pastorale

Nei lavori dell’Assemblea è maturata la convinzione che, se obiettivo della pastorale è condurre ogni uomo a Cristo perché Lo conosca, Lo segua e condivida con Lui la passione per il Regno, allora ogni cammino di educazione alla fede non può che essere esplicitamente vocazionale. Da più parti è stato rilevato che questa consapevolezza, da tutti noi condivisa, deve poter emergere con più forza e chiarezza nei cammini quotidiani delle nostre Chiese particolari e delle nostre Parrocchie.

 

– L’obiettivo specifico della pastorale delle vocazioni di speciale consacrazione è l’educazione al “dono sincero di sé”, nell’amore verginale

Il contributo specifico della pastorale vocazionale è quello di favorire nella comunità cristiana una nuova “cultura vocazionale” (Giovanni Paolo II), cioè l’annuncio che ogni vita nasce dall’amore gratuito di Dio e si realizza nella risposta personale a Lui nel “dono sincero di sé” (GS, 24). Solo il diffondersi di questa “cultura” della vita come esperienza “responsoriale” rende possibile il fiorire di quei germi di vocazioni all’amore verginale che il Signore “a piene mani continua a seminare nel campo della Chiesa” per l’avvento del Regno.

 

 

I PERCORSI FECONDI DELLA PASTORALE VOCAZIONALE

NELLA COMUNITÀ CRISTIANA

 

Prospettive pastorali ed esperienze vocazionali

 

1. Una comunità cristiana tutta vocazionale

Prospettive pastorali

“Si riconosce la piena titolarità vocazionale della comunità parrocchiale” (NVNE, 29): è la convinzione emergente dai vari interventi dei gruppi di studio. La Parrocchia è una “comunità vocazionale”: non può esistere una “comunità cristiana a-vocazionale”. Per sua natura e storia la Parrocchia è il luogo concreto dove l’incontro con Cristo comporta per il credente, che si nutre dell’unico pane della Parola e dell’Eucaristia, la maturazione, il discernimento di un progetto personale alla Sua sequela. L’“eccomi” del credente, il “sì” vocazionale non è infatti di un momento, ma passa attraverso le scelte quotidiane di fede. Tali scelte, come passi di un cammino, il credente le vive proprio nella comunità cristiana, nella sua specificità di comunità parrocchiale. La Parrocchia è una “comunità ministeriale”: comunità cristiana adulta nella fede, tutta ministeriale nel servizio. Il fare spazio nella comunità parrocchiale a tutti i ministeri laicali significa offrire ad ogni persona la possibilità di “trafficare” i propri doni di natura e di grazia, quindi di aprirsi ad una vita come dono. 

La Parrocchia è, infine, una “comunità missionaria”: il luogo dove il credente, mosso solo ed esclusivamente dalla passione per il Regno, matura la consapevolezza che ogni vocazione cristiana è esclusivamente per il servizio del Regno, alla sequela e sull’esempio del Maestro, il primo “chiamato e inviato”. Nella vita della comunità parrocchiale l’attenzione va naturalmente agli itinerari quotidiani e ordinari in cui è coinvolta: l’itinerario catechistico, liturgico, caritativo, sono la fondamentale proposta educativa alla fede e alla vocazione di ogni battezzato. Da parte sua l’anno liturgico costituisce la scuola permanente di fede della comunità parrocchiale: ne scandisce la vita quotidiana, apre i battezzati alla grazia, accompagna la maturazione vocazionale dei credenti.

Nella Parrocchia si esprimono poi gruppi, movimenti e associazioni ecclesiali: essi sono spazi in cui si educa all’incontro con Cristo e “preziosi luoghi pedagogici della pastorale vocazionale” (NVNE, 28/c); senza dimenticare che non poche vocazioni giovanili vengono espresse da tali esperienze. Al fine di una chiara e feconda azione pastorale attenta alla vocazione della persona e alla comunione nella Chiesa, giova la testimonianza di comunione tra queste aggregazioni ecclesiali e la Chiesa particolare e in essa la Parrocchia, luogo naturale di incontro, di verifica e sintesi dei diversi itinerari di fede.

 

Esperienze vocazionali

Vengono proposte, in modo sintetico, alcune iniziative significative che si prefiggono di far crescere la Parrocchia verso l’obiettivo di “comunità cristiana vocazionale”. Queste esperienze, come tante altre richiamate nei gruppi di studio, sono state in questi anni già rilevate nella storia viva delle nostre Chiese e riportate anche nella rivista Vocazioni del Centro Nazionale Vocazioni.

 

– Scuola della Parola (“Lectio divina”)

Ha una sua originalità. Come noto, mette al centro un testo della Parola di Dio, propone un itinerario vocazionale su testi specifici della Scrittura, e consta dei quattro classici momenti che designano una sorta di percorso della Parola (lectio, meditatio, oratio, actio) in prospettiva vocazionale. La “Lectio divina” – che in molte Parrocchie o Diocesi ha molti punti in comune con la cosiddetta “scuola di preghiera” – è quindi un luogo ecclesiale privilegiato “ove il credente, fatto discepolo, può gustare ‘la buona parola di Dio’ e rispondere all’invito di una vita di speciale sequela evangelica…” (Giovanni Paolo II).

 

– Settimana vocazionale parrocchiale 

Essa tende a coinvolgere la comunità cristiana e si propone come tempo forte vocazionale nell’itinerario di fede ordinario che caratterizza la vita della Parrocchia. Con uno specifico programma e con una ben definita metodologia di preparazione, che coinvolge il Consiglio Pastorale Parrocchiale, essa mira a evangelizzare la vocazione e le vocazioni come “tempo forte” di preghiera, di catechesi, di testimonianza vocazionale.

 

Il volontariato caritativo ed educativo

È un servizio che nella comunità parrocchiale si esprime in molteplici forme di promozione umana: dal servizio ai sofferenti e agli anziani fino all’impegno educativo in oratorio. Ciò favorisce il discernimento e conduce ad una scelta di vita consacrata soprattutto nella misura in cui è evangelicamente motivato, coltiva nella preghiera il senso dell’Assoluto, verifica la capacità di dedizione e di fedeltà nella ferialità, ed è aperto ad un eventuale impegno definitivo al servizio del Regno.

 

– Itinerari di preparazione dei cresimandi e cresimati

La celebrazione del sacramento della Confermazione – che ordinariamente nelle nostre comunità avviene nel periodo della preadolescenza – in molte Chiese particolari viene proposto come un vero e proprio itinerario vocazionale. A tal fine l’azione catechistica mira a suscitare (anche per la testimonianza del catechista) la capacità di riconosce e testimoniare il dono dello Spirito nella comunità cristiana, in particolare tra i coetanei e in famiglia. Gli itinerari per i cresimati, verso la “professione di fede” dei diciottenni o giovani in maggiore età, stanno assumendo in talune Chiese una più precisa connotazione vocazionale. 

 

– Il gruppo dei ministranti

Il servizio all’altare che si apre spesso anche ad altre dimensioni di servizio nella comunità cristiana, è già in sé un itinerario vocazionale nella misura in cui si completa con l’educazione alla preghiera liturgica, all’ascolto della Parola, alla vita sacramentale. Senza dimenticare che questa esperienza risponde ad una positiva esigenza di protagonismo dell’età preadolescenziale.

 

– L’animatore vocazionale parrocchiale

Sta configurandosi all’interno della comunità parrocchiale un nuovo ministero: quello di un laico (o consacrato), membro del Consiglio Pastorale Parrocchiale, con il mandato dell’animazione vocazionale. Tale servizio è caratterizzato anzitutto da una chiara coerenza di vita e testimonianza di fedeltà alla propria vocazione, e comporta un’attenzione costante a tutte le iniziative pastorali parrocchiali ove far emergere la dimensione vocazionale.

 

 

2. Una comunità “concorde nella preghiera” per le vocazioni

Prospettive pastorali

“È la logica orante che la comunità aveva imparato da Gesù quando, di fronte alle folle stanche e sfinite come gregge senza pastore aveva detto: Pregate…” (NVNE, 27/9). Di fatto la preghiera è la prima opzione pastorale di Gesù ed oggi l’esperienza più diffusa nelle comunità cristiane. Questo movimento di preghiera – che coinvolge sempre più la comunità cristiana nelle diverse categorie di persone (ammalati, giovani, consacrati…) e nelle diverse espressioni comunitarie (gruppi, movimenti…) – è presentato dai vari interventi come “cardine della pastorale vocazionale” (PDV, 38; NVNE, 33/a). La vita dell’uomo, come vocazione, infatti scorre tutta tra grazia e libertà. La preghiera è la “via” che può agire su tutti e due i versanti della vocazione che sono appunto la grazia (Dio che chiama) e la libertà (l’uomo che risponde). Scopo della preghiera per le vocazioni così intesa è di motivare ed educare nella comunità cristiana ad una “cultura della vocazione”: pregare infatti significa aprirsi ad una visione biblica dell’esistenza, dare spazio all’intervento di Dio e al dialogo con Lui. In definitiva la preghiera fa nascere soprattutto nei giovani una disponibilità a impostare e progettare la vita secondo Dio e non secondo parametri puramente soggettivi. Le nostre comunità ecclesiali, in questi anni, hanno avvertito non soltanto l’importanza di pregare “per” la vocazione dei giovani, ma di pregare “con” i giovani, come tante esperienze e proposte di preghiera documentano.

 

Esperienze vocazionali

– Il “monastero invisibile”

Esso è formato da persone che si impegnano con una formale adesione personale (tramite un’apposita scheda consegnata al responsabile diocesano, spesso nella persona del direttore del CDV che propone l’iniziativa stessa), con orari diversificati, ma coordinati, a mantenere costante la preghiera giorno e notte per le vocazioni. 

 

– Il primo o il terzo giovedì del mese

In molte comunità cristiane sta diventando prassi abituale il ritrovarsi in preghiera per le vocazioni il primo o il terzo giovedì del mese. La motivazione della scelta di questo giorno sembra essere connessa con l’istituzione dell’Eucaristia, mettendola al centro della stessa preghiera nella convinzione che essa è sorgente di ogni vocazione cristiana.   

 

– La celebrazione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Quasi ovunque, purtroppo non in tutte le comunità, viene celebrata la GMPV. Essa è “un tempo di riflessione approfondita sul tema della vocazione e di fervida preghiera per tutte le vocazioni di speciale servizio al popolo di Dio” (Paolo VI). Finalità della Giornata sono la catechesi, la preghiera, la testimonianza vocazionale. La specifica sussidiazione di “itinerari di preghiera” per la comunità cristiana, preparata annualmente sul tema della Giornata dal CNV o elaborata direttamente dai CDV, sostiene la “grande preghiera” per tutte le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata.

 

 

3. Una comunità di testimoni

Prospettive pastorali

“Ogni testimonianza diventa dono attivo: il dono ricevuto diventa dono donato” (NVNE, 27/d). È il segreto del cristianesimo: è la chiave di volta, dopo la preghiera, nella pastorale delle vocazioni. Tra i giovani del nostro tempo – come è emerso dai gruppi di studio – non c’è più il fascino dello “status” o per il “ruolo” dei presbiteri e dei consacrati: essi seguono e scelgono ciò che è significativo per la vita, per la loro esistenza personale. I giovani oggi più che mai cercano, ed hanno un “sesto senso” nel trovare e riconoscere “profeti” e “testimoni”, come punto di riferimento per la vita e le scelte vocazionali. In questa ottica essi vogliono percepire nei consacrati la “bellezza” della sequela: non è loro sufficiente a motivarli la testimonianza del loro impegno. In modo particolare i giovani sono colpiti dai martiri della fede e della carità, che hanno caratterizzato il nostro tempo, sino a diventare segni premonitori di una desiderata primavera della Chiesa.

Per quanto riguarda i “luoghi-segno” della vocazionalità della vita, assumono un grande valore pedagogico nelle nostre Chiese particolari soprattutto alcune comunità: le comunità monastiche, espressioni del volto orante della Chiesa; le comunità religiose apostoliche e le fraternità degli Istituti secolari, testimonianze profetiche da rendere sempre più intelligibili; la comunità del Seminario diocesano, cuore della Chiesa particolare, segno vocazionale giovanile forte e promessa per il futuro. Ragioni ecclesiologiche e pastorali giustificano una particolare attenzione di tutti i membri del Popolo di Dio al Seminario diocesano come comunità educativa dei futuri presbiteri.

 

Esperienze vocazionali

– La formazione permanente dei presbiteri

In molte Diocesi si ritiene importante la cura dei presbiteri, in particolare dei giovani, finalizzata a rendere più comunionale e più gioioso il ministero. A questo scopo sono previsti incontri tra i sacerdoti e il Vescovo; questa iniziativa fa parte del cammino di formazione permanente dei presbiteri.

 

– Celebrazione delle Ordinazioni, Giubilei sacerdotali e della Professione dei consacrati

In quasi tutte le Diocesi vengono celebrate le “giornate di fraternità sacerdotali” nel ricordo degli anniversari delle ordinazioni. Per lo più questo avviene in Seminario con la presenza del Vescovo e della comunità seminaristica. La celebrazione delle Ordinazioni, della Professione dei consacrati e dei Giubilei sacerdotali avviene già in molte comunità parrocchiali: ciò diviene un’occasione per annunciare la vocazione al ministero ordinato e il carisma della vita consacrata, in un clima di preghiera e di gioiosa comunione.

 

– La “casa vocazionale”

Alcune Diocesi, in memoria e per la valorizzazione di figure di sacerdoti o consacrati significative sul piano della testimonianza vocazionale, in alcuni casi coronata dal martirio, hanno loro dedicato case di accoglienza per giovani in ricerca vocazionale.

 

– Comunità monastiche

Come accade nelle Chiese di oriente, molte comunità monastiche delle nostre Chiese particolari sono aperte all’accoglienza di giovani per lunghi periodi di condivisione nel silenzio, nella preghiera e nel servizio. Tali esperienze sono fortemente coinvolgenti e chiaramente stimolanti per la ricerca vocazionale.

 

 

4. Una comunità cristiana educativa

Prospettive pastorali

La sfida della “proposta pedagogica e di un cammino educativo” (NVNE, 30) come impegno irrinunciabile della comunità cristiana al fine di favorire una “coscienza vocazionale della vita” nonché l’annuncio esplicito delle vocazioni consacrate, è stato il filo conduttore portante degli specifici momenti di lavoro dell’Assemblea. In particolare si è messo a fuoco questo punto fermo: una comunità educa se valorizza la “mediazione educativa” dei suoi diversi soggetti nativamente educatori vocazionali.

– Fermo restando che ogni persona nella comunità ecclesiale ha il suo specifico apporto da offrire in ordine alla mediazione educativa vocazionale, i contributi offerti chiedono in particolare:

alla famiglia cristiana che garantisca, nella quotidianità, il clima di fede e la testimonianza di amore aperto agli altri, generoso e oblativo. Solo se educati a credere e ad amare, i figli sono messi nella condizione di usare correttamente la libertà e di aprirsi, guardare e pensare la vita come dono di Dio; 

ai catechisti e agli educatori alla fede (animatori di gruppi, movimenti, associazioni) che testimonino e offrano una proposta globale del messaggio cristiano, ivi compreso l’annuncio delle vocazioni specifiche;

ai presbiteri, ai consacrati/e, e in particolare a quelli che operano nella comunità parrocchiale, la disponibilità e capacità di leggere i ‘segni oggettivi’ di una possibile chiamata nei ragazzi, negli adolescenti e giovani che vivono un cammino di fede, nonché una sapiente proposta pedagogica coerente e convinta e per questo convincente, suscitando la domanda vocazionale che abita nel cuore di ogni giovane. Questo in concreto significa che il presbitero e i consacrati che hanno a cuore il vero bene del giovane devono saper seminare “il più piccolo di tutti i semi”, accompagnarne la maturazione, educarne la crescita, formarlo secondo i sentimenti e gli atteggiamenti del Signore, sino alla decisione di seguire il Maestro.  Una siffatta ministerialità nella comunità cristiana sottintende ed esige nei presbiteri e nei consacrati una grande cura per la propria vita spirituale, perché diventi testimonianza parlante.

 

– Non bisogna mai dimenticare che l’itinerario catechistico, liturgico caritativo e ministeriale nella comunità cristiana è la fondamentale ed essenziale proposta educativa alla fede e alla vocazione d’ogni battezzato. È opportuno inoltre stabilire un “ponte” tra la pastorale familiare e la pastorale vocazionale, per una reciprocità feconda. È stato da tutti ritenuto indispensabile richiamare con maggior forza il compito dei genitori: sono loro che generano i figli ed è nella famiglia, prima agenzia educativa, che vengono posti i germi della vocazione. Fermo restando che la vocazione è sempre un dono di Dio e una grazia, la famiglia è il primo luogo naturale da sostenere affinché diventi se stessa, e in essa i giovani possano trovare l’ambiente adatto per una sana educazione umana, affettiva e psicologica, e per un’apertura generosa alla vita e alla donazione. Una particolare attenzione va prestata alla pastorale giovanile non soltanto attraverso esperienze episodiche straordinarie, bensì attraverso cammini progressivi di formazione che alla fine non possono non diventare esplicitamente vocazionali. Alcune tematiche, infatti, hanno un particolare rapporto con un concreto progetto di vita e pertanto non vanno eluse: tali sono una corretta educazione all’amore, ad una visione positiva della corporeità e della sessualità, la formazione al servizio e all’impegno verso gli altri.

 

– La pastorale delle vocazioni ha maturato poi in questi anni postconciliari degli itinerari vocazionali specifici. Tali itinerari sono proposti a ragazzi e giovani che sono pervenuti ad una personale e seria riflessione sulla eventuale chiamata ad una vocazione di speciale consacrazione e, a giudizio della guida spirituale, presentano “segni vocazionali” che necessitano di uno specifico discernimento.

 

– Forma privilegiata di discernimento e accompagnamento vocazionale è il servizio della direzione spirituale. Essa, quale accompagnamento spirituale personalizzato, richiede da parte dei sacerdoti e dei consacrati anzitutto disponibilità all’ascolto, una notevole capacità di dialogo sui problemi inerenti alle scelte di vita, nonché la capacità di suscitare e dare risposta agli interrogativi fondamentali. La direzione spirituale, come presenza di una persona adulta nella fede, offre questo servizio: libera la persona, in particolare i giovani, dai rischi del soggettivismo; aiuta a calare in concreto intuizioni o aspirazioni ideali; propone contenuti motivanti; apre il cuore e la vita ai ‘segni’ attraverso cui Dio parla; previene ed educa a gestire i momenti ineludibili di crisi; si offre come verifica del cammino di crescita globale di una persona.

Un siffatto accompagnamento vocazionale chiede che si tenga presente la tipicità della vocazione al ministero presbiterale e diaconale o alla vita consacrata.

 

– In una comunità a servizio di tutte le vocazioni, con la proposta di itinerari vocazionali specifici, si colloca il servizio del Centro Diocesano Vocazioni, come organismo e strumento a servizio della pastorale vocazionale delle Parrocchie. Il CDV è un luogo di testimonianza di tutte le vocazioni in quanto le rappresenta tutte (dagli sposi ai consacrati); ove si crea comunione e si coordinano le iniziative di pastorale vocazionale esistenti nella Chiesa particolare; ove si formano gli animatori vocazionali; ove si promuove una pastorale vocazionale diffusa tra il Popolo di Dio, anche attraverso la partecipazione all’elaborazione del progetto pastorale diocesano, soprattutto in collaborazione con la pastorale giovanile. Per raggiungere tutte queste finalità sono decisive la figura del direttore come uomo di comunione e la presenza del Vescovo, primo responsabile di ogni vocazione nella sua Chiesa. Questo servizio, oltre che come specifico ufficio della Curia diocesana, in alcune Chiese particolari va ultimamente esprimendosi come “centro di spiritualità” o come “comunità vocazionale”, quali punti di riferimento per i giovani e le ragazze in ricerca vocazionale.

 

 

Esperienze vocazionali

– Gruppi vocazionali per giovani e ragazze (es. gruppo “Diaspora”, “Samuel”, “Se vuoi”…)

Sono esperienze variegate nel metodo, contenuti e finalità a seconda del cammino delle Chiese particolari. Tra le diverse esperienze emerse nei gruppi e raccontate in questi anni anche dalla rivista Vocazioni, se ne offre ora un modello che le rappresenta un po’ tutte. Ordinariamente il cammino del gruppo è condotto per un anno, con un incontro mensile di una giornata intera, per giovani e ragazze che vogliono chiarire a se stessi se sono chiamati ad una vita di speciale consacrazione.  Si inizia con la presentazione del giovane da parte della guida spirituale. Si conclude con una sorta di “lettera di impegno” con cui l’interessato chiarisce a se stesso e al Vescovo quale impegno – spirituale e di servizio – intende assumere l’anno successivo. Il cammino annuale è seguito da un équipe composta da sacerdoti, religiosi, laici. Il metodo prevede il confronto con la Parola di Dio, la preghiera e il dialogo con i membri dell’équipe.   In sintesi, le finalità che si perseguono sono: far comprendere l’importanza di una personale “regola di vita” e sollecitare una precisa scelta di impegno concreto, così da vincere la tentazione di rinviare ogni decisione.

 

– Gruppi vocazionali per ragazzi e le loro famiglie

Questa proposta viene fatta ai ragazzi che frequentano la scuola media inferiore e manifestano “segni di vocazione”. In questo caso viene invitata l’intera famiglia per alcune domeniche durante l’anno, per riflettere insieme sul significato di una vocazione a questa età della vita e per decidere come meglio favorire la maturazione del ragazzo. Il metodo prevede l’incontro di preghiera, la convivenza tra le famiglie, i dialoghi pedagogici con gli educatori. 

 

– Gli esercizi spirituali vocazionali

Viene proposta l’esperienza di silenzio, preghiera e confronto con la Parola di Dio in continuità con l’esempio di Gesù, il quale “salì sul monte a pregare, chiamò presso di sé quelli che volle ed essi si avvicinarono a lui. Egli ne stabilì dodici affinché stessero con lui” (Mc 3,13). Sono qualificanti il luogo, la finalità e il rapporto esclusivo. Questa esperienza che si fa con i giovani “pensosi” vocazionalmente, si concretizza in proposte di giornate dense di riflessione, di preghiera comune e personale e di confronto con la guida spirituale. 

 

– Week-end (o stage) vocazionale

Questa iniziativa è rivolta ai ragazzi, giovanissimi o giovani che vivono un ordinario cammino di fede, convocati mensilmente per un fine settimana. Gli elementi qualificanti degli incontri sono: la preghiera personale e comunitaria, brevi meditazioni, il deserto orante, la celebrazione del sacramento della riconciliazione, un confronto comunitario con il sacerdote o con l’équipe animatrice dell’incontro, la testimonianza vocazionale di seminaristi, novizi/e, sacerdoti… momenti di festa. Al centro dell’incontro c’è l’Eucaristia, con l’eventuale adorazione notturna. 

 

– Campo vocazionale

In non poche Diocesi anche il tempo dell’estate è propizio per l’offerta di incontri stimolanti la ricerca vocazionale. Si tratta di un tempo vocazionale forte con momenti di preghiera, di condivisione, di incontri con testimoni feriali di vocazioni, e di esperienza fraterna… Riguardo ai contenuti si prediligono le figure vocazionali proposte dalla Sacra Scrittura, passando attraverso le esperienze dei sacramenti e del servizio. Viene assicurato durante il campo vocazionale la presenza stabile di una o più guide spirituali, anche al fine di iniziare alla direzione spirituale.

 

– Comunità di accoglienza vocazionale

Si tratta di una comunità di orientamento e di discernimento vocazionale offerta dalla Diocesi in vista del Seminario maggiore, con la presenza stabile di sacerdoti a ciò preparati, che propongono una “regola di vita” scandita da momenti precisi: preghiera comunitaria, celebrazione eucaristica, vita fraterna, meditazione, studio personale, revisione di vita, direzione spirituale. Comunità simili sono offerte anche dagli Istituti di vita consacrata maschili e femminili, che si propongono di attuare l’invito di Gesù: “Vieni e vedi”. Esse offrono la possibilità ai giovani e alle giovani di fare esperienza concreta di vita consacrata secondo uno specifico carisma, in vista di un eventuale ingresso in postulandati e noviziati.

 

– Scuola pratica di direzione spirituale

A livello diocesano o interdiocesano esistono scuole o corsi finalizzati a formare “guide spirituali” sul modello del Seminario proposto, ormai da quattordici anni dal CNV. In linea di massima l’esperienza comporta la proposta di incontri che hanno due tempi diversi di svolgimento: lezioni e gruppi di riflessione. Di solito i responsabili sono educatori, maestri di spiritualità, teologi ed esperti di scienze umane. 

 

 

 

CONCLUSIONE

Le prospettive pastorali e le esperienze vocazionali feconde, appena presentate, hanno la possibilità di incidere e di garantire l’auspicato “salto di qualità” solo se usciranno “dall’ambito ristretto degli addetti ai lavori”, per entrare “nel vivo della comunità cristiana parrocchiale, là dove la gente vive e dove i giovani in particolare sono coinvolti in un’esperienza di fede” (NVNE, 29). In sintesi, si potrebbero individuare tre caratteristiche, inseparabili, che possono rendere l’azione pastorale della comunità parrocchiale feconda di vocazioni di speciale consacrazione:

 

– la popolarità

Tutti i membri del Popolo di Dio (ragazzi, giovani, adulti, anziani, ammalati…) possono essere aiutatati a riscoprire e vivere la loro responsabilità per tutte le vocazioni coinvolgendoli nella incessante preghiera che dalla comunità si innalza a Dio, perché “mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 38);

 

– la coralità

La Chiesa, madre e mediatrice di vocazioni, esprime questo ministero attraverso la mediazione educativa dei genitori, dei catechisti e degli altri educatori alla fede, dei consacrati, dei presbiteri e soprattutto dei parroci, i quali renderanno fecondo il loro specifico servizio solo con un’azione corale, che rispetti e promuova il progetto di Dio sui giovani al di là delle proprie attese;

 

– la continuità

Tutte le età e le tappe della vita sono tempi in cui il cristiano percepisce con perenne novità l’appello di Dio. Esse richiedono la presenza di una comunità cristiana che accompagni il chiamato con i suoi itinerari liturgici e sacramentali, di ascolto della Parola e di testimonianza della carità, affinché risponda con fedeltà nella vita quotidiana alla sua specifica vocazione. La ricchezza di riflessioni, esperienze e proposte emerse in questi giorni ci incoraggia a ritornare nelle nostre Chiese particolari con un rinnovato impegno nella promozione di tutte le vocazioni e con la certezza che lo Spirito Santo non mancherà di sostenerlo e renderlo fecondo.