Gesù Cristo unico salvatore del mondo pane per la nuova vita
Testo – base del XLVII Congresso Eucaristico Internazionale redatto dal Comitato Locale della Diocesi di Roma a norma dello Statuto del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali.
PREMESSA
Il Giubileo del 2000 è un anno intensamente eucaristico
1. Il Giubileo del 2000, mentre ci introduce nel terzo millennio, ci provoca a contemplare con occhi nuovi il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, in modo da sperimentare, personalmente e comunitariamente, l’incessante grazia rinnovatrice che ne fluisce e camminare in una vita nuova, sospinti dal soffio dello Spirito, verso la Fonte della Vita. Noi crediamo, infatti, che il “Verbo invisibile apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel disegno del Padre e ricondurre a lui l’umanità dispersa”[1].
Il mistero redentore di Cristo, inaugurato nel grembo della Vergine e pienamente manifestato sulla croce, pervade la storia intera e consacra l’umanità di generazione in generazione. In verità la Pasqua di Gesù è un evento storico con efficacia perenne: ogni volta che celebriamo l’Eucaristia attingiamo alla redenzione sgorgata dalla morte e risurrezione del Signore, finché egli venga. Essa, infatti, testimonia che Dio è con noi, è per noi e per tutti: “nel sacramento dell’Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa, continua a offrirsi all’umanità come sorgente di vita divina”[2].
2. Per sottolineare la presenza viva e salvifica di Cristo nella Chiesa e nel mondo, Giovanni Paolo II ha voluto che, in occasione del Grande Giubileo, si tenesse a Roma il Congresso Eucaristico Internazionale[3]. L’Anno Santo implica pertanto una forte presa di coscienza del mistero eucaristico, centro di tutta la vita della Chiesa pellegrina nel tempo. Non sono due avvenimenti disgiunti, poiché l’uno trova pieno significato alla luce dell’altro. L’Eucaristia infatti è memoriale e presenza viva di quel Cristo, lo stesso ieri, oggi e sempre, della cui nascita la Chiesa celebra con gratitudine la memoria bimillenaria.
3. Il Congresso Eucaristico Internazionale rappresenta, per pastori e fedeli, un appello a valorizzare ogni celebrazione eucaristica, specialmente quella dell’assemblea domenicale, memoria settimanale della Pasqua del Signore, affinché quanti vi partecipano conformino la loro vita al grande mistero celebrato. Si impone dunque un’adeguata preparazione specifica a questo avvenimento. A tal fine si offrono alle Chiese locali alcune piste di riflessione che potranno essere sviluppate e approfondite in incontri di preghiera e di catechesi, tenendo presenti anche i vari contesti culturali, sociali e religiosi. Il Congresso Eucaristico Internazionale è occasione propizia per confessare e per celebrare che “nella Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini”[4].
Il tracciato espositivo tocca i seguenti temi: a fondamento del mistero eucaristico c’è il comando di Gesù di fare memoria del suo sacrificio pasquale (I); la presenza del mistero pasquale di Cristo è offerta nei segni del pane e del vino (II); comunicare al convito eucaristico è partecipare della vita di Cristo, ricevendone i frutti e impegnandosi a seguirne l’esempio (III); l’Eucaristia è mistero della fede: suppone la fede e alimenta la vita di fede (IV).
I . “FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME”
Dal cenacolo
alla celebrazione eucaristica
4. La celebrazione dell’Eucaristia è stata voluta da Gesù stesso e consegnata alla Chiesa. La vigilia della Passione, mentre era a tavola con i discepoli, egli volle renderli vitalmente partecipi della sua Pasqua: istituì l’Eucaristia come memoriale della sua morte e risurrezione, e comandò di celebrarla fino al suo ritorno glorioso[5]. È dunque per obbedire al volere di Cristo che celebriamo l’Eucaristia.
Memoria liturgica del sacrificio del Signore
5. La grandezza dell’Eucaristia sta tutta qui: attraverso le parole e i gesti compiuti dal sacerdote che presiede l’assemblea liturgica in nome di Cristo (in persona Christi, secondo la nota espressione), si fa presente e operante la Pasqua del Signore Gesù: “Sacerdote vero ed eterno, egli istituì il rito del sacrificio perenne; al Padre per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria”[6]. Non si ripete il sacrificio della Croce, come non si ripetono gli eventi storici di Gesù, ma questi misteri della vita del Signore si attualizzano nell’azione sacramentale: “In questo sacrificio, o Padre, noi tuoi ministri e il tuo popolo santo celebriamo il memoriale della beata passione, della risurrezione dai morti e della gloriosa ascensione al cielo del Cristo tuo Figlio e nostro Signore; e offriamo alla tua maestà divina, tra i doni che ci hai dato, la vittima pura, santa e immacolata, pane santo della vita eterna e calice dell’eterna salvezza”[7]. La memoria liturgica abbraccia l’intero mistero storico di Cristo Salvatore, Figlio di Dio “nato da donna” (Gal 4,4): “Se il Corpo che noi mangiamo e il Sangue che beviamo è il dono inestimabile del Signore risorto a noi viatori, esso porta ancora in sé, come Pane fragrante, il sapore e il profumo della Vergine Madre”[8]. In verità, fin dal primo istante di vita nel grembo materno, Gesù si è offerto a gloria di Dio e per la vita e la redenzione del mondo (cfr. Eb 10,5-10); il vertice dell’oblazione è l’ora della Croce; il frutto è la Risurrezione; il dono salvifico è la partecipazione degli uomini alla vita divina. Nel rendere presente il passato, il memoriale eucaristico anticipa il pegno della gloria futura. Lo si acclama coralmente nel cuore di ogni Messa: “Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.
Memoria ecclesiale del comando di Cristo
6. L’obbedienza alle parole di Gesù: “Fate questo in memoria di me” è prestata comunitariamente. L’Eucaristia non è un fatto privato e la sua natura ecclesiale non permette che sia pensata e vissuta come atto individuale, anche se coinvolge la singola persona; al contrario, essa è sempre azione della Chiesa, per l’edificazione della Chiesa.
Consapevole che “la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa”, da sempre la comunità cristiana celebra il memoriale della Pasqua di Cristo come fonte e culmine della propria identità e missione. Per questo il raccogliersi insieme, ogni domenica, nel nome del Signore, per essere nutriti alla mensa della Parola e del Pane della vita, è obbedire al volere che Cristo ha manifestato la vigilia della sua Passione[9]. Non ci si può dire cristiani e disattendere il comando di Gesù: “Fate questo in memoria di me”.
Nel celebrare la morte e risurrezione del Signore la Chiesa ritrova, ogni volta, la propria vitalità, riscoprendo la propria vocazione di popolo della Nuova ed Eterna Alleanza, pellegrino per le strade e tra le prove del mondo, verso la comunione con Dio nella Gerusalemme del cielo: là “egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il ‘Dio con loro’. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21, 3-4).
Memoria vissuta dell’esempio di Gesù
7.Facendo memoria della Pasqua di Cristo, la Chiesa è chiamata dallo Spirito a unirsi alla vittima immacolata che presenta al Padre. Il sacrificio di Cristo diviene così anche il sacrificio di chi vi partecipa[10]. Sappiamo infatti che il comando “Fate questo in memoria di me” è strettamente congiunto con il comandamento nuovo, dato ugualmente da Gesù ai discepoli, mentre era a tavola con loro: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13, 14-15).
In verità, non si può fare memoria di Gesù nell’azione liturgica senza fare memoria del suo gesto di amore totale nel vissuto quotidiano. È questo che rende davvero obbedienti i discepoli al loro Maestro e Signore. Mai, infatti, si può pensare che i discepoli di Cristo seguano una strada che non sia quella del Signore morto e risorto. Ne è prova evidente il martirio che accompagna, fino ai nostri giorni, la storia della Chiesa. Le reliquie dei martiri, poste fin dall’antichità sotto l’altare dove si celebra il memoriale della “vittima immolata per la nostra riconciliazione”[11], sono un costante richiamo alla memoria esistenziale del comando di Gesù. Solo la forza dell’Eucaristia ha permesso e permette ancora a innumerevoli uomini e donne di testimoniare con la vita la straordinaria novità della Pasqua del Signore.
II . “PRENDETE E MANGIATE”
Il cibo eucaristico
ci fa entrare in comunione con Cristo
e ci rende un unico corpo ecclesiale
8. I segni sacramentali del sacrificio di Cristo sono il pane e il vino consacrati: partecipare a essi significa entrare in comunione col Signore Gesù, diventando una sola cosa con lui e con quanti si nutrono alla stessa mensa della nuova vita.
Pane di vita nuova
9. Nutrirsi è indispensabile alla vita e mangiare insieme è segno di familiarità. Ora, nell’Eucaristia, il Signore Gesù non solo ci fa suoi commensali, ma dona a noi se stesso in cibo spirituale, perché viviamo in lui: “la nostra partecipazione al corpo e sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati”[12].
“Mangiare il Corpo di Cristo” porta con sé l’audacia dell’amore divino e lo scandalo della sapienza celeste, proprio come l’Incarnazione e la Croce: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui” (Gv 6, 51. 56).
Queste misteriose parole di Gesù divennero piene di senso ai discepoli allorché, seduti a mensa con lui, la vigilia della sua Passione, egli “prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me” (cfr. 1 Cor 11, 23-25).
Sono queste stesse parole che, per bocca del sacerdote e in virtù dello Spirito Santo, il Signore Gesù pronunzia ancora nelle nostre Eucaristie. “Poiché egli ha proclamato e detto del pane: ‘Questo è il mio corpo’, chi oserà ancora dubitare? E poiché egli ha affermato e detto: ‘Questo è il mio sangue’ chi mai dubiterà, affermando che non è il suo sangue? Perciò riceviamoli con tutta certezza come vero corpo e sangue di Cristo. Nel segno del pane ti vien dato il corpo e nel segno del vino ti vien dato il sangue, perché, ricevendo il corpo e il sangue di Cristo, tu diventi concorporeo e consanguineo di Cristo”[13].
Mirabile vocazione questa: nel prendere e mangiare il Pane della vita è veramente cosa buona e giusta rendere grazie!
Un solo pane per formare un solo corpo
10. Inseriti in Cristo, mediante il Battesimo, come tralci dell’unica vite (cfr. Gv 15, 5), ci riconosciamo figli dello stesso Padre attorno alla mensa eucaristica: “Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1 Cor 10, 16-17).
Rispondendo all’invito di Gesù: “Prendete e mangiate”, la Chiesa si edifica nel vincolo dell’unità. È quanto chiediamo al Padre celebrando l’Eucaristia: “per la comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo”[14]. “Il pane è considerato con ragione immagine del corpo di Cristo. Il pane, infatti, risulta di molti grani di frumento. Essi sono ridotti in farina e la farina poi viene impastata con l’acqua e cotta col fuoco. Così anche il corpo mistico di Cristo è unico, ma è formato da tutta la moltitudine del genere umano, portata alla sua condizione perfetta mediante il fuoco dello Spirito Santo”[15].
L’unità del corpo non dice tuttavia uniformità delle membra: l’unico Pane vivifica i diversi ministeri e carismi nell’organismo ecclesiale, aiutando ciascuno a vivere secondo la vocazione ricevuta, conservando l’unità dello Spirito. Così dal Capo tutto il corpo, ben compaginato e connesso, riceve la forza per crescere, edificandosi nella carità (cfr. Ef 4, 1-16).
Una e santa per lo Spirito che la pervade, la Chiesa è tuttavia divisa nei suoi figli, separatisi nel corso della storia a causa del peccato e di incomprensioni reciproche. Accade così che, pur avendo ricevuto lo stesso Battesimo, i cristiani non possono partecipare alla stessa mensa, coscienti che l’unità nella carità ha bisogno dell’unità nella verità.
Appello costante alla piena comunione, la celebrazione eucaristica è, nel contempo, supplica per l’incontro di tutti i battezzati e insieme segno del comune impegno a camminare verso la realizzazione della preghiera di Cristo: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21).
Un pane che rinvigorisce nel cammino
11. Le parole di Gesù: “prendete e mangiate” si raccordano con l’invocazione del cuore umano, bisognoso di saziare le mille forme di fame che segnano il pellegrinaggio terreno: fame di cibo e di beni essenziali per vivere, fame di giustizia e di libertà, fame d’amore e di speranza. Nel pane e nel vino Dio dona all’uomo non solo il cibo che lo alimenta ma anche il sacramento che lo rinnova, perché non gli venga mai a mancare questo sostegno del corpo e dello spirito[16]. La preghiera che rivolgiamo al Padre celeste: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, trova, infatti, risposta piena nella divina Parola e nell’Eucaristia. Anche a noi oggi, come alla gente che domandava a Gesù: “Signore, dacci sempre questo pane”, egli risponde: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete” (Gv 6, 34-35).
Alimentarsi di Cristo al santo altare è riconoscere che “il suo corpo per noi immolato è nostro cibo e ci dà forza”[17], sperimentando la verità della sua promessa: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28). La potenza del pane e del vino consacrati invita, dunque, a ritornare con perseveranza a mangiare e a bere al convito eucaristico, per recuperare la forza di progredire nel cammino verso la comunione definitiva con Dio.
La fede, nutrita dal “pane della vita” e dal “calice della salvezza”, non si stanca di ribadire che Gesù è la vera risposta che pone fine alla nostra ricerca del senso della vita e del suo futuro: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 54. 58). Soprattutto nei momenti in cui la sofferenza pone domande che richiedono una risposta d’amore, ognuno deve avvertire che le parole di Cristo: “Prendete e mangiate” sono dirette proprio a lui. Il pane eucaristico è la forza dei deboli, il sostegno dei malati, il balsamo che risana i feriti, il viatico di chi parte da questo mondo. È il vigore dei fedeli che operano in ambienti e circostanze in cui la loro presenza è l’unica possibilità di annuncio del Vangelo testimoniando Gesù Cristo “via, verità e vita” (Gv 14, 6). Il “mangiare il pane della vita” ha lo scopo di rendere visibile ciò per cui merita davvero vivere.
III . “DATO PER VOI E PER TUTTI”
Pane spezzato e condiviso
per la vita della Chiesa
a servizio missionario del mondo
12. La comunione al pane della vita e al calice della salvezza ravviva la conoscenza che “Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo” (1 Gv 4, 8-10. 14).
Dono che vivifica
13. L’amore vero comporta il dono di sé senza condizioni. Fuori da questo orizzonte diventa possesso, rischia il ricatto, si confonde con l’illusione. L’amore genuino, al contrario, è offerta piena per l’altro, dimenticando se stessi. Così è il sacrificio di Cristo, consumato con libertà e nella gratuità: “Il buon pastore offre la vita per le pecore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita… Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso” (Gv 10, 11. 17-18). Non deve sfuggire, inoltre, che in Gesù il dare la vita tocca un’intensità ancora più grande: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5, 8). Gesù, infatti, ha offerto il proprio sangue non soltanto per quanti corrispondono al suo amore.
In tal modo la carità divina rivela la propria perfezione: donare gratuitamente, beneficando giusti ed empi. L’amore verso il misero – che non può ricambiare il dono – è la misericordia; l’amore per il nemico – dal quale non ci si può attendere nulla di buono – è il perdono. Da questo amore gratuito, manifestatoci da Cristo, sgorga la redenzione, cioè la remissione dei peccati e la riconciliazione dei peccatori: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia, infatti, siete stati salvati” (Ef 2, 4-5).
Dono senza frontiere
14. Gesù afferma di “dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20, 28; cfr. Mt 26, 28); quest’ultimo termine non è restrittivo: oppone l’insieme dell’umanità all’unica persona del Redentore che si consegna per salvarla. La Chiesa, seguendo gli Apostoli, insegna che Cristo è morto per tutti senza eccezioni: “Non vi è, non vi è stato, non vi sarà alcun uomo per il quale Cristo non abbia sofferto”[18].
Affidando agli Apostoli il sacramento del suo dono totale, Cristo si consegna per ogni discendente di Adamo: il legame instaurato mediante l’Incarnazione non ammette esclusione tra uomo e donna, ricco e povero, libero e prigioniero, bianco e nero, giudeo e greco, europeo e asiatico… “Il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini” (Rm 5, 15).
Nel suo ministero, a tutti Gesù rivolse la parola di salvezza; se fece preferenze, fu nei confronti di chi era trascurato ed emarginato. Moltiplicando il pane e i pesci per la folla affamata, non fece differenza di persona: “Tutti mangiarono e si saziarono” (Lc 9, 17). Allo stesso modo, tutti sono invitati all’Eucaristia, Cena del Signore, per comunicare al Pane che affratella i battezzati nella comunità. Nella Nuova ed Eterna Alleanza, sigillata dal suo sangue prezioso, Cristo ha abbattuto ogni muro di separazione per creare, in se stesso, un solo uomo nuovo (cfr. Ef 2, 14-18).
Dono che esige responsabilità
15. Di fronte al Pane della vita spezzato “per noi” non possiamo che dire, con umile fede: “O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato”. Non dobbiamo dimenticare che la notte del grande sacramento è anche la notte del colpevole tradimento di Giuda. Purtroppo è possibile ricevere indegnamente il corpo e il sangue del Signore; accogliere Cristo domanda di lasciare che egli viva in noi, che parli e operi attraverso la nostra voce e le nostre mani, che continui la sua missione oblativa nella nostra esistenza spesa “per gli altri”, senza escludere nessuno. “Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11, 28-29). Perciò chi ha violato in modo grave qualcuno dei comandamenti di Dio, prima di accostarsi alla Comunione eucaristica deve purificarsi dal peccato mediante il sacramento della Penitenza.
Da una parte, infatti, l’Eucaristia è fonte di riconciliazione e impegna i credenti a essere promotori efficaci di perdono. Dall’altra, perché ognuno possa accostarsi degnamente a ricevere il Corpo di Cristo, è necessario che sia riconciliato non solo con Dio, ma anche con i fratelli e la comunità. È il senso – nel rito romano – del segno di pace, scambiato prima della Comunione che tutti stringe in un solo Corpo, animato dai frutti dello Spirito: “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22). Per ricevere con verità il Pane dato “per voi e per tutti”, dobbiamo riconoscere Gesù nei fratelli più poveri, nei piccoli, nei disprezzati. L’Eucaristia esige una risposta di vita rinnovata, aperta all’amore sincero. Ce lo ricorda così san Giovanni Crisostomo: “Tu hai bevuto il Sangue del Signore e non riconosci tuo fratello. Tu disonori questa stessa mensa, non giudicando degno di condividere il tuo cibo colui che è stato ritenuto degno di partecipare a questa mensa. Dio ti ha liberato da tutti i tuoi peccati e ti ha invitato a questo banchetto. E tu, nemmeno per questo, sei divenuto più misericordioso”[19].
Dono per l’impegno missionario
16. Racchiudendo tutto il bene spirituale della Chiesa, l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine dell’evangelizzazione: mentre corona l’itinerario di iniziazione del credente alla vita in Cristo e che si realizza nella Chiesa, spinge i cristiani ad annunciare, in opere e parole, il mistero celebrato nella fede[20]. Il convito eucaristico provoca, infatti, chi vi partecipa all’impegno della missione, perché a tutti sia fatto conoscere il Vangelo della salvezza e l’invito ad attingerne i frutti. La celebrazione del sacrificio eucaristico è l’atto missionario più efficace che rinnova il mondo e la vita degli uomini. Spezzare il Pane della vita coinvolge, personalmente e comunitariamente, nell’aiutare chi non conosce il Vangelo a dischiudersi al dono della fede, e chi se ne è allontanato a riscoprire la gioia della comunione con Cristo Salvatore. Ogni Messa si conclude con il mandato missionario: “andate” per portare a tutti l’annuncio del Signore risorto e la sua “pace”. Dal mistero eucaristico sorgono, si sviluppano e sono sostentati il servizio ai poveri e la testimonianza della carità, la difesa e promozione della vita di ogni persona, la lotta per la giustizia e la costante ricerca della pace.
IV “MISTERO DELLA FEDE”
Dalla fede celebrata
alla fede vissuta
in contemplazione e speranza
17. Il Pane della vita vivifica chi l’accoglie con fede. Lo insegna Gesù ai suoi ascoltatori di Cafarnao e di ogni altro luogo: “Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. Gesù rispose: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato” (Gv 6, 27-29).
La Parola svela il Mistero
18. Senza la Rivelazione rimane incomprensibile l’Eucaristia. Come i discepoli al Cenacolo, come i viandanti di Emmaus (cfr. Lc 24, 13-35), abbiamo bisogno che il Signore spezzi per noi il pane della Parola e susciti l’ardore dell’amore nei nostri cuori, per aderire con fede al suo mistero di morte e risurrezione, reso presente nel sacramento dell’altare. Per questo la Messa è costituita dalla liturgia della Parola e dalla liturgia eucaristica, due parti intimamente connesse e ordinate l’una all’altra[21]: l’ascolto della Parola che il Signore stesso pronuncia per noi nell’assemblea liturgica suscita la risposta di fede che abilita a partecipare al convito della Vita.
La Presenza viva
19. Il nesso tra evento storico e sacramento si trova bene espresso nel canto eucaristico “Ave verum corpus natum de Maria Virgine”, in cui si afferma che Colui che si è incarnato nel grembo verginale di Maria per essere il Dio con noi, lo incontriamo realmente oggi nei segni eucaristici. La presenza di Cristo nell’Eucaristia è presenza “reale” offerta “nel sacramento”, ossia sotto il velo di segni e gesti compiuti per volere di Cristo e nel modo stabilito dalla Chiesa per tradizione apostolica. “Tale presenza si dice ‘reale’ non per esclusione, quasi che le altre non siano ‘reali’, ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente”[22].
La fede apre all’adorazione
20. Conoscere la grandezza dell’Eucaristia custodita giorno e notte nelle nostre chiese è appello ai credenti a ritornare davanti al Mistero anche fuori della Messa, per prolungare quegli atteggiamenti oranti che animano la celebrazione eucaristica. La preghiera silenziosa di ringraziamento e di supplica dilata la fede, aiutando a vivere nella speranza e nella carità. L’esposizione del SS. Sacramento, le ore di adorazione, le processioni eucaristiche, in modo speciale nella solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo, i Congressi Eucaristici concentrano la nostra attenzione su Colui che è il Pane della vita, la vita stessa, ricordano e testimoniano a tutti che non di solo pane vive l’uomo. La dimensione contemplativa che, sull’esempio della Vergine dell’ascolto silenzioso e fecondo, coglie nell’Eucaristia la presenza del Vivente aiuta a trasfigurare le morti che segnano la città terrena, in impegno per la vita e in speranza di risurrezione. “È urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il mondo intero”[23].
Pane di vita eterna, segno della Pasqua dell’universo
21. Agli uomini e alle donne di oggi, desiderosi di vivere un’esistenza non effimera, di sopravvivere al di là delle limitazioni del tempo e dello spazio, Gesù ha promesso la possibilità di essere ormai innestati nella sua stessa vita e di poter aspirare a un’esistenza senza fine: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 54). Sant’Ignazio di Antiochia ricorda che l’Eucaristia è “l’unico pane che è farmaco d’immortalità, antidoto contro la morte, alimento dell’eterna vita in Gesù Cristo”[24]. Nell’Eucaristia è racchiusa e già in atto la beata speranza che alimenta l’attesa e il desiderio della Chiesa e di ogni credente del ritorno del Signore. “Vieni Signore Gesù”. È la Chiesa sposa che dice a Cristo suo sposo “Vieni”. Ed egli si fa presente nel pane e nel vino consacrati e conferma la promessa del suo ritorno glorioso: “Sì, verrò presto” (Ap 22, 20). L’Eucaristia inoltre, mentre attesta il rinnovamento del mondo operato dal Salvatore[25], impegna i credenti a essere responsabili della natura, della terra, dell’aria, affidate alle cure dell’uomo dal Signore dell’universo. Nel credere che il pane e il vino, frutti della terra e del lavoro degli uomini e delle donne, diventano Corpo e Sangue di Cristo, noi intravediamo fin d’ora la trasformazione del creato che, alla fine dei tempi, l’unico Salvatore del mondo riconsegnerà, ormai definitivamente redento, nelle mani del Padre[26].
CON LA CHIESA DI ROMA
In comunione con la Chiesa
del successore dell’apostolo Pietro,
che presiede nella carità
22. Il Congresso Eucaristico Internazionale si svolgerà a Roma, dove gli Apostoli Pietro e Paolo, con numerosi altri martiri, hanno dato a Cristo e alla Chiesa la suprema testimonianza di fede e di amore. Il loro esempio e la forza simbolica dell’aprirsi della “Porta santa” chiamano i credenti a un rinnovato ingresso nel mistero di Cristo e della Chiesa, per affrontare con animo nuovo il cammino nel terzo millennio.
La convocazione del Congresso impegna, pertanto, in primo luogo la Chiesa di Roma, guidata dal successore dell’Apostolo Pietro. Nel rendere grazie al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, essa invoca la benedizione dello Spirito Santo perché possa esprimere fedelmente, anche in questo evento, la missione che con provvidente disegno divino le è stata affidata a beneficio delle Chiese sparse su tutta la terra. Con questo atteggiamento, si dispone ad accogliere i pellegrini che la visiteranno nell’anno giubilare, offrendo loro la ricchezza della sua tradizione e la testimonianza della propria fede. L’antico esempio del giovane san Tarcisio, che preferì “perdere la propria vita” anziché lasciar profanare la Vita che portava sotto le specie del pane eucaristico[27], è luminoso stimolo a impegnarsi, pagando di persona, per favorire l’incontro di tutti con Cristo Salvatore.
La Vergine Maria, che con gesto missionario ha presentato il Salvatore ai pastori di Betlemme e ai Magi venuti da Oriente a Gerusalemme, insegni a ogni comunità cristiana a rendere grazie al Signore che ricolma di beni gli affamati e ad esprimere nella vita il mistero che celebra nella fede.
Note
[1] Messale Romano, Prefazio di Natale II.
[2] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 55.
[3] Cfr. Ibid.
[4] Conc. Ec. Vat. II, Decreto Presbyterorum ordinis, 5.
[5] Cfr. Conc. Ec. Vat. II, Costituzione Sacrosanctum Concilium, 47; Catechismo della Chiesa cattolica, 1337; Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 48.
[6] Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I.
[7] Messale Romano, Preghiera Eucaristica I.
[8] Giovanni Paolo II, Allocuzione all’Angelus Domini (5 giugno 1983).
[9] Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Dies Domini (31 maggio 1998), 31-54.
[10] Cfr. Principi e norme per l’uso del Messale Romano, 55 cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, 1368.
[11] Messale Romano, Preghiera Eucaristica III.
[12] S. Leone Magno, Discorsi, 12, in Liturgia delle Ore, Mercoledì II sett. di Pasqua.
[13] “Catechesi” di Gerusalemme, Catec. 22, mistagogica 4, in Liturgia delle Ore, Sabato dell’ottava di Pasqua.
[14] Messale Romano, Preghiera Eucaristica II.
[15] S. Gaudenzio da Brescia, Trattati, 2, in Liturgia delle Ore, Giovedì II sett. di Pasqua.
[16] Cfr. Messale Romano, Orazione sulle Offerte, dom. XI del tempo ordinario.
[17] Messale Romano, Prefazio della SS. Eucaristia I.
[18] Catechismo della Chiesa cattolica, 605.
[19] S. Giovanni Crisostomo, Homiliae in primam ad Corinthios, 27, 4, in Catechismo della Chiesa cattolica, 1397.
[20] Cfr. Conc. Ec. Vat. II, decreto Presbyterorum ordinis, 5.
[21] Cfr. Conc. Ec. Vat. II, Costituzione Sacrosanctum Concilium, 56.
[22] Paolo VI, Lettera Enciclica Mysterium fidei (3 settembre 1965).
[23] Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae (25 marzo 1995), 100.
[24] S. Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 20, 2 in Catechismo della Chiesa cattolica, 1405.
[25] Cfr. Conc. Ec. Vat. II, Costituzione Gaudium et Spes, 38.
[26] Cfr. 1Cor 15, 24; Conc. Ec. Vat. II, Costituzione Gaudium et Spes, 38-39.
[27] Cfr. Iscrizione damasiana nelle catacombe di Callisto, Damasi epigr., 15.