L’uso del catechismo nell’annuncio di Gesù ai nostri bambini
Il catechismo Lasciate che i bambini vengano a me, pubblicato nel marzo 1992, appartiene al gruppo dei catechismi per l’iniziazione cristiana, ed è destinato ai bambini dall’età compresa tra zero e i sei anni. Già il titolo è indicativo dell’uso di tale testo, e vuol mostrare la caratteristica primaria di evangelizzazione che chi si accosta al libro deve assumere: facilitare il percorso di fede e l’incontro di ogni bambino con Gesù.
“L’iniziazione cristiana è un itinerario guidato, progressivo e coerente, individuale ed ecclesiale, che permette a uno o più discepoli di Cristo, attraverso le tappe sacramentali, di diventare membra del suo corpo. È l’ingresso nella vita cristiana che fa partecipare alla vita della Chiesa, rende capaci di iniziazione e ringiovanisce la Chiesa stessa. Più sinteticamente l’iniziazione cristiana è quel processo grazie al quale si diventa cristiani. Attraverso un cammino articolato nel tempo, scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza dei discepoli del Signore, il credente compie un apprendistato globale della vita cristiana, si impegna a fare una scelta di fede per vivere come figlio di Dio ed è assimilato attraverso il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia al mistero pasquale di Cristo nella Chiesa”[1].
L’iniziazione perciò è un “processo” nel quale il bambino è condotto, dopo aver ricevuto il Battesimo, per approfondire sempre più la conoscenza del Signore in una piena adesione di vita, tramite tappe successive che il progetto catechistico italiano sviluppa nel catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. Tale “processo” inizia subito, nei primissimi tempi di vita del bambino (prima quindi dell’età scolare) proprio perché ogni persona è chiamata alla fede e a far germinare in sé la vita battesimale: “I bambini hanno già la capacità e il bisogno di ricevere il lieto annuncio di Gesù per poter credere e sperare (evangelizzazione), di celebrare con la propria vita la lode di Dio (liturgia), di stabilire relazioni d’amore con Dio e il prossimo (carità) nella stagione della loro esistenza. (…) Essi non sono semplici destinatari di un’istruzione religiosa, ma protagonisti di un incontro”[2]
I destinatari diretti di questo testo perciò sono gli adulti, educatori, genitori, insegnanti, che si occupano del percorso di crescita del bambino guidandolo a cogliere la novità e la ricchezza che la vita gli offre: “Il catechismo dei bambini in un certo senso è un catechismo per gli adulti chiamati a porgere con le parole, con i gesti, con la testimonianza di vita e di amore la parola di Dio ai bambini. Gli adulti sono chiamati anche ad accogliere le sollecitazioni che vengono dai bambini, per una crescita nella fede e nella vita morale e religiosa. Tutti insieme sono chiamati a salvarsi, diventando parte viva della Chiesa”[3].
Tuttavia non deve essere considerato un libro per le sole famiglie ma al contrario, deve coinvolgere l’intera comunità parrocchiale nell’educazione dei bambini alla fede, all’interno di un progetto più ampio di evange-lizzazione e di iniziazione. È molto importante che la comunità si faccia carico delle famiglie nel loro delicato compito educativo, creando in tal modo scambi e legami che proseguiranno poi nel tempo della catechesi parrocchiale per i fanciulli e i ragazzi. L’educazione alla fede deve inserirsi nella pastorale organica dell’intera comunità, cercando di armonizzare pastorale battesimale e pastorale familiare.
“L’impegno pastorale svolto in occasione del battesimo dei bambini deve, quindi, essere inserito in un’attività più ampia, estesa alle famiglie e a tutta la comunità cristiana. (…) L’azione pastorale deve partire da lontano e coinvolgere la preparazione dei giovani al matrimonio e al ruolo che la famiglia ha assunto nella pastorale di una comunità”[4].
Si tratta di crescere insieme nella comunità e di favorire livelli di apertura, di conoscenza e di condivisione tra educatori, genitori, responsabili pastorali. La finalità educativa del catechismo è quella di favorire l’incontro dei bambini con la persona di Gesù, di conoscere la sua vita, il suo insegnamento e, soprattutto, il suo amore. La fede presuppone un’esperienza interiore: gli adulti che si occupano della crescita del bambino hanno il grosso compito di facilitare questa esperienza di incontro esistenziale con Dio, per suscitare un atteggiamento di meraviglia e di gioia, che si apra alla ricerca e alla scoperta dei grandi doni che Egli pone nella nostra vita. È importante sviluppare l’interiorità del bambino, guidandolo all’amicizia e al dialogo costante con Gesù, per poterne cogliere la ricchezza rivelativa in ogni passo del cammino.
Si possono specificare meglio gli obiettivi individuando le conoscenze da acquisire, gli atteggiamenti da interiorizzare e i comportamenti da praticare. Gli adulti devono acquisire conoscenze relative ai diritti del bambino e ai doveri dell’educatore, alla storia della salvezza nelle sue tappe principali, alla lettura della Scrittura nelle fede della Chiesa, all’identificazione dei principi di vita proclamati da Gesù, alla presa di coscienza della propria responsabilità educativa e missionaria nel testimoniare la fede ricevuta nei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
I bambini, che in quest’età non sono ancora capaci di un apprendimento concettuale e sistematico, saranno condotti a conoscere le prime tracce di Dio nel creato e alcuni episodi fondamentali della vita di Gesù, ad identificare gradualmente le persone, i segni, i luoghi e i tempi sacri, a memorizzare i primi elementi della preghiera cristiana. Gli atteggiamenti da sviluppare negli adulti e nei bambini sono quelli di contemplazione, di stupore e di meraviglia verso le opere di Dio che incontriamo nel creato, nelle persone, nelle situazioni e conseguentemente di ascolto attento e accogliente della vita quotidiana.
I comportamenti proposti agli educatori sono di una graduale acquisizione dello stile di vita evangelico modellato su Gesù, e di vivere la propria opera educativa come servizio di amore nella Chiesa. I bambini devono essere aiutati ad esprimere i propri vissuti interiori in parole e gesti di preghiera e in piccole scelte riferite alle prime intuizioni di bene e di male.
In questo progetto di fondamentale importanza è l’accoglienza della vita del bambino così com’è, sviluppando particolare attenzione e sensibilità per i bambini portatori di disabilità: “Il catechismo dei bambini è di tutti i bambini in concreto esistenti (…). Di tutti i bambini, esplicitamente, senza discriminazioni per svantaggi fisici o psichici, afferma la divina provenienza, la dignità e l’immortalità e i diritti inalienabili che ne conseguono. (…) La capacità di conoscere Dio e di aspirare a lui non conosce l’impedimento dell’handicap. L’amore è potente fonte di comunicazione. A contatto con gli adulti, i bambini apprendono per sensazioni ed esperienze, in una comunicazione che avviene al di là delle parole, in una comunicazione d’amore”[5].
Un uso del catechismo quindi che pone come attenzione primaria quella di una visione globale della dimensione della vita nelle sue molteplici sfaccettature: apertura, desiderio, ricerca, scopo, impegno, accoglienza, responsabilità, comunicazione, condivisione. È una sfida per questo nostro mondo dove il soggettivismo e l’efficientismo spesso fanno perdere di vista i valori essenziali. È una sfida e un impegno per vivere in pienezza il dono che Dio, rivelandosi in Gesù Cristo, ci ha fatto: quello dell’AMORE.
Note
[1] UCN, Nota per l’accoglienza e l’utilizzazione del catechismo Lasciate che i bambini vengano a me, n. 3.
[2] Ibid., 1.
[3] Conferenza Episcopale Italiana, Lasciate che i bambini vengano a me, Roma 1992, 12.
[4] UCN, Nota…, 16.
[5] Ibid., 19.