A margine del congresso e dell’assemblea mondiale degli Istituti Secolari
Ho partecipato al Congresso e all’Assemblea mondiale degli Istituti Secolari, che si sono celebrati a Roma, presso la “Domus Mariae”, dal 26 al 31 Agosto scorso. Il Congresso ha registrato una notevole presenza di partecipanti: 426, provenienti da 46 Paesi, rappresentanti 150 Istituti e appartenenti a sette gruppi linguistici. Ho respirato una “calorosa” aria mondiale, grazie alla temperatura particolarmente afosa di quelle giornate romane, ma grazie, soprattutto, all’intenso ritmo dei lavori assembleari e di gruppo, durante i quali sono via via emersi la fatica e l’impegno di una comune ricerca per l’attualizzazione di un carisma originale e ancora tanto giovane, come il nostro.
Il confronto è stato serrato, vivace, leale e propositivo. Ho gradito il tema: La formazione dei membri degli IS: accogliere le iniziative di Dio e rivestirsi degli stessi sentimenti di Cristo Gesù, per rispondere con discernimento alle sfide culturali del terzo millennio, proposto dal Consiglio esecutivo.Una commissione ha curato ed offerto a tutti gli IS, in preparazione al Congresso, un ottimo strumento di lavoro, attraverso l’identificazione e la presentazione, adeguatamente approfondita, delle sfide derivanti da fenomeni, come la mondializzazione dell’economia e i diritti della persona.
Ho ritenuto interessante e valido il metodo di lavoro utilizzato nei gruppi, con l’obiettivo di contribuire a formare e a rafforzare in ciascuno dei partecipanti un’adeguata capacità di discernimento di fronte alle sfide del nostro mondo, in modo da saper “vedere-giudicare-agire”, secondo i parametri propri di chi ha fatto una chiara scelta di campo, alla sequela di Cristo, povero, casto ed obbediente, rimanendo per vocazione nel mondo e a servizio del mondo. Ho auspicato un migliore raccordo tra la tematica di fondo, la formazione, e l’approccio ai problemi nei lavori di gruppo ed in quelli assembleari, in modo da offrire a tutti gli Istituti partecipanti una possibilità di crescita unitaria e specifica nella conoscenza e nell’adesione esistenziale alla comune vocazione. Auspico allo stesso scopo, un coordinamento più efficace tra la Conferenza mondiale e le Conferenze nazionali e continentali.
Abbiamo raccolto una sfida: il coraggio dell’identità
Ho percepito il Congresso e l’Assemblea, in particolare, come un vero “laboratorio sperimentale”, dove gli Istituti Secolari di tutto il mondo, nel rispetto delle proprie origini e della propria storia, possono accogliersi, condividere ansie e speranze, confrontarsi con le provocazioni suscitate dallo Spirito Santo e dalla Storia, riappropriandosi continuamente del loro patrimonio genetico, per acquisire una maggiore consapevolezza della propria identità ed il coraggio di viverla nella pienezza della sua valenza profetica.
Ho colto in me e attorno a me un forte desiderio di autenticità, espresso nei modi più svariati: dallo scambio informale al confronto nel gruppo, dagli interventi assembleari alle relazioni della tavola rotonda, dalle omelie delle celebrazioni liturgiche all’insegnamento autorevole ed ufficiale del Magistero ecclesiale. Risuonano ancora dentro di me alcune parole-chiave che hanno costituito un continuo invito a sollevare lo sguardo e a fissarlo sul Padre della misericordia, il Donatore dei doni che abbiamo ricevuto tra i quali il più grande è quello della nostra vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a Lui obbligati (Testamento di Santa Chiara).
Conosci bene la tua vocazione, mi esorta l’Apostolo Paolo ed io raccolgo la sfida, richiamando alla mia attenzione alcune affermazione, che hanno avuto una risonanza particolare nel mio cuore, durante i lavori congressuali ad assembleari, perché mi invitano a nutrire grande stima per la mia vocazione. La vocazione alla consacrazione secolare, vissuta nel mondo e a partire dal mondo, questa perla preziosa della nostra vita, ha due poli: l’amore a Dio e l’amore al mondo, che si unificano nella sequela di Cristo, povero, casto ed ubbidiente, il quale ha accettato di offrire la sua vita fino alla morte di croce, proprio per questo mondo amato dal Padre; così c’introduceva ai lavori il Presidente del Consiglio esecutivo uscente, il dott.E. Tresalti.
È una forma di vita consacrata, suscitata dallo spirito del Padre e del Figlio e riconosciuta dalla Chiesa come Sua, ha esordito il Prefetto della Congregazione, il Cardinal Somalo, il quale auspicava per gli IS una stagione di rinnovata vitalità, di un cammino di conversione e di un rinnovamento interiore, frutto di una formazione tale da far acquisire, a quanti ricevono ed accolgono questa particolare chiamata del Signore, una nuova sapienza nel valutare la vita, ogni realtà ed esperienza; per essere e diventare sempre più e sempre meglio quel pizzico di sale, destinato a sciogliersi, a morire per potere insaporire il frammento di mondo nel quale sono seminati.
Un forte invito, il Suo, ad accogliere docilmente il primo e fondamentale formatore, lo Spirito Santo, a credere e a ricordare che ogni vera formazione consiste nell’assimilazione continua e profonda dei sentimenti di Cristo, l’Unico che può donare il coraggio di una fedeltà creativa alla propria identità.
Non possiamo accettare che il futuro sia già terminato
È stato spesso ribadito il concetto che, nonostante la Chiesa abbia riconosciuto la vocazione alla Consacrazione secolare nel 1947, ancora oggi molti non sanno né che gli Istituti secolari esistano, né che cosa siano. In realtà, questa particolare forma di vita consacrata è ancora oggi una novità, e, forse, come ogni novità suscita scetticismo e curiosità, ma è una novità voluta da Dio; è un dono di Dio alla Chiesa per il mondo, da far conoscere ed apprezzare, a partire dagli stessi ambienti ed organismi ecclesiali, dove spesso questa speciale forma di vita consacrata è poco o male conosciuta, o addirittura ignorata. Forse anche per colpa nostra.
Con queste ed altre simili espressioni, ci ha fortemente provocato Mons. J. Dorronsoro, Sottosegretario della Congregazione, in un suo intervento, confidenziale ed appassionato, durante il quale ci ha fraternamente esortato a rendere più forte e più sicura la nostra fede, a rendere ragione della nostra speranza, a riprendere il nostro cammino con il coraggio di coloro che hanno fatto di Cristo Gesù risorto, il motore della loro esistenza, e non la ruota di scorta.
Accettare la povertà della non visibilità efficientistica della nostra vocazione, apprezzarla ed accoglierla in tutta la sua forza e novità carismatica, alimentare il desiderio di farla conoscere, è un impegno che può scaturire soltanto da un cuore profondamente innamorato, reso capace dallo Spirito di nutrire un’autentica passione per Dio e per il mondo, la sintesi mirabile alla quale siamo stati ancora una volta richiamati dall’attuale Pontefice, durante l’udienza a Castelgandolfo. Voi siete per vocazione e per missione al punto d’incrocio tra l’iniziativa di Dio e l’attesa della creazione: l’iniziativa di Dio, che portate al mondo attraverso l’amore e l’intima unione con Cristo; l’attesa della creazione, che condividete nella condizione ordinaria e secolare dei vostri simili. Per questo, come consacrati secolari, dovete vivere con consapevolezza operosa la realtà del vostro tempo, perché la sequela di Cristo, che dà significato alla vostra vita, vi impegna seriamente nei confronti di quel mondo che siete chiamati a trasformare secondo il progetto di Dio (Giovanni Paolo II, 28 Agosto 2000).
Oso sognare e nutro la speranza che il deserto fiorisca
L’Assemblea mondiale degli Istituti Secolari si è conclusa il 31 Agosto con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta da S. E. Mons. F. X. Van Thuan, Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, ma è stata fortemente segnata da una avvenimento quanto mai rapido e sconcertante. Mentre nell’aula si avanzavano interessati proposte per la sede e il tema del prossimo Congresso, qualcuno irrompeva nella segreteria e portava via una notevole somma di denaro, pronto per essere consegnato alla direzione della casa. La notizia ci ha colto di sorpresa ed ha determinato una serie di reazioni per fronteggiare la situazione, in modo da contenere il più possibile le inevitabili conseguenze economiche. “Questo è quel mondo?” Sì, mi sono detta, rispondendo alla domanda di leopardiana memoria; questo è il mondo che Cristo ama e vuole salvare e nel quale noi, consacrati secolari, dobbiamo essere portatori di luce e di speranza, senza lasciarci ingannare da ingenui ottimismi, come ci ha ricordato ancora il Papa.
Per questo ho bisogno di nutrire la speranza, tra tutte le virtù, sicuramente la più difficile, e senza dubbio la più gradita a Dio (Charles Peguy). Per questo ho bisogno di permettere allo Spirito di Dio di rinnovare continuamente il mio cuore e di renderlo sempre più umano, capace di ascoltare, di percepire, cioè il gemito del mondo che anela alla vita, come si evince dal seguente aneddoto africano.
Un beduino era solito stendersi a terra ed appoggiare il suo orecchio sulla sabbia del deserto. Che fai? gli chiede un amico. Risponde: Ascolto il deserto che piange, perché vorrebbe essere un giardino.