La fede nella prospettiva vocazionale
Il suggerimento delle letture
Le letture odierne (sabato della 6a settimana del tempo ordinario) suggeriscono per la nostra riflessione il tema della fede, da collegare con la questione della pastorale vocazionale, alla quale è dedicato il presente simposio. La prima lettura dalla lettera agli Ebrei (Eb 11,1-7) costata perspicacemente: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono”, nonché loda Abele, Enoch e Noè, che erano graditi a Dio proprio a causa della loro fede. Essi credettero alla benevolenza di Dio, anche se questa non era evidente ai loro occhi. Il brano che abbiamo sentito dice che “senza la fede è impossibile essere graditi a Dio”.
Il Vangelo (Mc 9,2-13), invece, parla della trasfigurazione di Gesù. Gesù ha dimostrato – davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni – la sua divinità, volendo rafforzare la loro fede per i giorni bui della sua passione e morte sulla croce. Infatti, come risulta anche dal brano odierno, gli apostoli non capivano ciò che doveva succedere. Avrebbero avuto bisogno di una grande luce e forza per non venir meno nella loro fede. Più tardi, durante l’ultima cena, Gesù stesso – avendo davanti agli occhi la propria passione e la debolezza degli apostoli – dirà a Pietro: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato di vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32), evidentemente: conferma nella fede.
Tutto il vostro lavoro di responsabili vocazionali non ha alcun senso se non alla luce della fede, e la sua efficacia dipende dalla vostra fede e dalla vostra capacità di seminare e di rafforzare la fede. Le vocazioni non crescono e non si sviluppano se non sul terreno della fede. La questione è grave e fondamentale. Infatti, oggi si parla tanto della crisi della fede in seno alla Chiesa. Sono stato impressionato durante l’ultimo Sinodo dei Vescovi per l’Europa che tanti hanno notato, preoccupati, una tale crisi nella realtà dell’Europa contemporanea.
La fede è come una notte
La fede è come una notte, una notte buia, disseminata di stelle. Infatti, San Giovanni della Croce – questo grande mistico della cristianità – parlava proprio della notte oscura della fede nella vita spirituale. Ma non è vero che durante la notte si vede di meno, al contrario durante la notte si vede molto di più! Durante il giorno, sì, vediamo più chiaramente, più precisamente (possiamo perfino toccare, misurare le cose), ma vediamo poco, vediamo soltanto ciò che ci circonda; il nostro campo visivo è molto limitato. Durante la notte, è vero, vediamo meno chiaramente, meno precisamente, però vediamo più pienamente, vediamo molto più lontano, vediamo le stelle lontane da noi migliaia di anni-luce, vediamo la nostra piccola vita nel contesto dell’immenso universo, nel contesto della totalità della creazione.
Sono sempre stato affascinato dalla notte stellata. Negli anni dei miei studi liceali, spesso uscivo la sera tardi con un professore ed alcuni amici per guardare le stelle. Ci siamo comprati le piante del cielo, regolabili per ogni giorno, per poter individuare le diverse costellazioni stellari. Guardando le stelle mi sentivo grande, allora mi sembrava di vedere veramente, di vedere la verità circa la mia esistenza, di vedere cioè che la mia vita non è limitata a questa cittadina, a questa nazione, o alla terra, ma è inserita in un enorme, affascinante, stupendo, incantevole e immenso universo.
La fede è come la notte disseminata di stelle. Vediamo nella fede meno chiaramente, meno precisamente (ci sono tanti misteri, tante cose che non siamo capaci di comprendere), però vediamo molto più lontano, molto più pienamente, vediamo la nostra piccola vita nella prospettiva dell’eternità, della totalità della nostra esistenza.
Avendo davanti agli occhi questa grande prospettiva dell’eternità, della totalità della nostra esistenza, qualcosa necessariamente cambia nella nostra vita: il nostro giudizio diventa più maturo, più pieno, e direi anche più realistico, in quanto prendiamo in considerazione non soltanto le piccole circostanze della nostra vita, ma la totalità della nostra esistenza; cambia in noi la scala di valori, la graduazione dei valori: molte cose alle quali la gente è tanto attaccata (ad es. la ricchezza, il potere, il prestigio) perdono il loro valore alla luce dell’eternità; invece altre, apparentemente piccole (come il perdono, la preghiera, il sacrificio, un atto di carità, ecc.), assumono grande importanza, perché queste determineranno la nostra vita nella prospettiva eterna. Gesù costantemente introduceva i discepoli a questa nuova scala o logica dei valori, ad es. dicendo: “colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,26-28; cfr. Mc 10,43-45; Lc 22,26-27). Oppure: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà” (Gv 12, 25). Diventiamo più liberi, perché non ci lasciamo condizionare dalle piccolezze della vita terrena; così la fede diventa anche una fonte di forza, rendendoci capaci di rinunziare a molte cose della vita terrena, conoscendo il loro valore molto relativo; di affrontare con serenità, con tranquillità, le sofferenze, gli ostacoli e perfino la morte, rendendoci conto che la nostra vita è indistruttibile; di intraprendere sforzi per guadagnare i valori eterni, perenni, indistruttibili, quelli cioè che non si perdono, che “né tignola né ruggine consumano e ladri non scassinano e non rubano” (Mt 6,19-20; Lc 12,33), non soffermandoci soltanto sui valori che prima o poi si dissipano.
Fede debole, fede matura
La fede – se qualcuno veramente la possiede e la vive – è una grande cosa, è un grande tesoro, essa è in se stessa una forza di vita spirituale, proprio per il fatto che apre davanti a noi questa immensa prospettiva della vita, la totalità della vita; e di conseguenza ci trasforma, cioè necessariamente cambia il nostro modo di vedere le cose, di giudicare, di agire.
Se noi siamo tanto deboli nella nostra vita spirituale, tanto poco trasformati dalla fede, tanto poco disposti a seguire Cristo in modo radicale, è anche perché nel nostro modo di vedere le cose, di giudicare, ci limitiamo solo a questa vita terrena, e perdiamo di vista la dimensione della globalità della nostra vita, prospettataci dalla fede.
Ho l’impressione che noi cristiani spesso ci comportiamo come pagani che esteriormente appoggiano la fede, che si pronunziano in favore della fede, perfino la difendono, ma non hanno il coraggio di gettarsi nella corrente della fede, di pensare e di agire secondo le categorie della fede. Ma la vera avventura della fede comincia proprio là, quando ci buttiamo nella corrente della fede, quando cominciamo a pensare ed agire coraggiosamente secondo la logica della fede.
Conclusione
Ho ritenuto opportuno proporvi queste considerazioni che mi sembrano fondamentali per il vostro impegno. Infatti, l’efficacia del vostro operato – ripeto – dipende dalla vostra fede e dalla vostra capacità di seminare e di rafforzare la fede. Le vocazioni non crescono e non si sviluppano se non sul terreno della fede. Si tratta del presupposto necessario per poter seguire con piena convinzione e realizzare fruttuosamente la vita consacrata.
Carissimi! Con l’assiduo ascolto della Parola di Dio, con lo studio, con la preghiera, con la partecipazione ai sacramenti, con la vita veramente evangelica, cercate di rafforzare ed approfondire in primo luogo la vostra fede, per raggiungere la fede matura, ossia per avere il coraggio di pensare, di giudicare e di agire sempre secondo le categorie della fede. Allora questa fede sarà per voi non soltanto una fonte di luce, di forza e di vera gioia, ma anche un mezzo per risvegliare ed accompagnare le vocazioni. Infatti, come scrive San Giovanni Apostolo, “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5, 4).