N.03
Maggio/Giugno 2003

La comunità cristiana e la responsabilità educativa nella vocazione all’amore e alla castità

La vocazione all’amore e alla castità. La comunità cristiana. La responsabilità educativa. Tre temi o soggetti che avrebbero un senso anche a se stanti e formerebbero altrettanti e importanti argomenti di riflessione ma i quali, in questa mia relazione sono destinati ad interagire e a fondersi arricchendosi e limitandosi in qualche modo a vicenda. Elementi che per noi, chiamati a svolgere il servizio della guida spirituale, hanno una grande importanza per molti aspetti. Almeno due li vorrei considerare decisivi: è, innanzi tutto, una ricchezza sulla quale dobbiamo poter contare e quindi probabilmente nel nostro futuro c’è sempre di più la necessità di farci operatori diligenti per la creazione o costruzione di tale ricchezza; ed è – in seconda battuta – il terreno di verifica della bontà del nostro servizio.

Direbbe in proposito il Documento Base per il rinnovamento della catechesi che prima dei catechismi vengono i catechisti e prima ancora la comunità cristiana. Tradotto per noi: prima del dialogo vengono le persone con le loro storie e prima ancora una comunità cristiana nella quale vivono e crescono il loro incontro con Cristo, causa e meta di ogni direzione spirituale. Questa premessa mi induce a pensare il mio intervento articolato in due momenti tanto distinti quanto complementari. In un primo momento tenterò una lettura analitica dei termini in gioco facendomi aiutare per una loro visione sincronica da due preziosi documenti singolarmente rivolti alla prima e fondamentale forma di comunità cristiana, la famiglia: uno della Chiesa italiana, il Direttorio di pastorale familiare del 1993, l’altro è del Papa, ovvero la splendida lettera da lui scritta nell’anno successivo alle famiglie del mondo in occasione dell’anno internazionale della famiglia.

La seconda parte del mio intervento tenterà una lettura sintetica e progettuale per far emergere alcune linee pastorali comunque necessarie e dalle quali anche noi non possiamo prescindere.

 

 

LETTURA ANALITICA DEI SOGGETTI INTERAGENTI

 

Vocazione all’amore e alla castità

Nella splendida lettera del Papa alle famiglie del mondo, troviamo alcuni passaggi, all’interno dell’originale n. 9 intitolato La genealogia della persona, che meritano di essere riletti insieme. Afferma il Papa con sano realismo:

I coniugi desiderano i figli per sé, ed in essi vedono il coronamento del loro reciproco amore, li desiderano per la famiglia quale preziosissimo dono. È desiderio in certa misura comprensibile. Tuttavia nell’amore coniugale e in quello paterno e materno deve inscriversi la verità sull’uomo che è stata espressa in maniera sintetica e precisa dal Concilio con l’affermazione che Dio “vuole l’uomo per se stesso”. Occorre perciò che al volere di Dio si armonizzi quello dei genitori: in tal senso essi devono volere la nuova creatura umana come la vuole il creatore: “per se stessa”.

Ciò consente al Papa di affermare che:

Così dunque, tanto nel concepimento quanto nella nascita di un nuovo uomo, i genitori si trovano davanti ad un “grande mistero”. Anche il nuovo essere umano, non diversamente dai genitori, è chiamato all’esistenza come persona, è chiamato alla vita nella verità e nell’amore. Tale chiamata non si apre soltanto a ciò che è nel tempo, ma in Dio si apre all’eternità.

Da ciò una prima conclusione:

Dio consegna l’uomo a se stesso, affidandolo contemporaneamente alla famiglia e alla società come loro compito. I genitori davanti ad un nuovo essere umano hanno o dovrebbero avere la piena consapevolezza del fatto che Dio vuole l’uomo per se stesso… Per la sua stessa genealogia, la persona creata ad immagine e somiglianza di Dio proprio partecipando alla vita di Lui esiste per se stessa e si realizza. Il contenuto di tale realizzazione è la pienezza della vita in Dio, quella di cui parla Cristo che proprio per introdurci in essa ci ha redenti.

C’è, come si vede, un riconoscimento importante da premettere a tutto il progetto pastorale della Chiesa e che investe profondamente la tematica della sessualità proprio perché componente squisitamente umana. Quale riconoscimento? Da Lui vieni, a Lui sei destinato, alla sera della vita sull’amore sarai giudicato- secondo la ben nota espressione di S. Giovanni della Croce – e quindi questo tuo cammino nella vita è in qualche modo un ritorno a casa. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca il Direttorio di pastorale familiare quando al n. 23 ci ricorda che la vita umana altro non è che vocazione all’amore. Stimolante questo passaggio:

Poiché l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio che è amore, nell’umanità dell’uomo e della donna è inscritta la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è pertanto la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. Ne deriva che l’essere umano ci appare come l’unica realtà creata che si realizza in pienezza nel dono sincero di sé e che la sua vita ha senso solo nell’amore.

Ma il Direttorio ve ben oltre e ci offre ai nn. 26 e 27 una splendida lettura della sessualità e della castità all’interno di questa vocazione all’amore, che merita di essere brevemente riletta insieme:

26) La nativa e fondamentale vocazione dell’uomo all’amore coinvolge la persona nella sua interezza, secondo la sua realtà di spirito incarnato: ogni uomo e ogni donna è, quindi, chiamato a vivere l’amore come totalità unificata di spirito e di corpo, di cui la sessualità è parte integrante. Essa, che è una ricchezza di tutta la persona, oltre a determinare l’identità personale di ciascuno, rivela come ogni donna e ogni uomo, nella loro diversità e complementarietà, siano fatti per la comunione e la donazione. La sessualità, infatti, dice come la persona umana sia intrinsecamente caratterizzata dall’apertura all’altro e solo nel rapporto e nella comunione con l’altro trovi la verità di se stessa. Così, la sessualità… richiede, per sua stessa natura, di essere orientata, elevata, integrata e vissuta nel dinamismo di donazione disinteressata, tipico dell’amore…

27) Nell’ambito di una paziente ed autentica formazione al senso della vita e dell’amore, una lucida coscienza della dimensione storica della vicenda umana, accompagnata dalla serena consapevolezza della bellezza e insieme della fragilità e ambivalenza della sessualità propria e altrui e unita alla chiara percezione dei diversi diffusi tentativi di impoverire e svilire la sessualità umana, mette in luce senza ombra di dubbio il bisogno di ricuperare e di riproporre il valore della castità. La virtù della castità, che ultimamente affonda le sua radici in motivazioni di ordine propriamente teologico e cristologico, non comporta affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana; significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dell’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione. Come tale essa può e deve essere vista come la virtù che promuove in pienezza la sessualità della persona e la difende da ogni impoverimento e falsificazione.

Permettetemi di fare a questo punto una piccola puntualizzazione che sgorga dal mio cuore e dalla mia esperienza ormai trentennale di parroco. Ho come l’impressione che questo tema della vocazione all’amore e alla castità sia sempre di più destinato a diventare il nuovo ponte da utilizzare per comunicare il Vangelo della vocazione – a tutti e specialmente alle nuove generazioni – in un mondo che cambia. È un passaggio obbligato a partire dal quale si aprono orizzonti sconfinati per il servizio alla gioia di tutti i nostri fratelli che ha preso il nome di nuova evangelizzazione. Più avanti cercherò di spiegare perché, ma intanto mettiamo da parte questa affermazione che appare di grandissima importanza per il momento che stiamo vivendo come Chiesa italiana.

 

La comunità cristiana

Ed io sono qui, come grembo materno destinato ad accoglierti, nutrirti e generarti per permetterti di realizzare la vocazione all’amore secondo il cuore di Dio nella via unica e irrepetibile che Egli ha pensato per te. Mi sembra molto bello come Nuove vocazioni per una nuova Europa introduce nella nostra riflessione la prospettiva di una comunità nella mia vita. Ascoltiamo alcuni brevi passaggi dal n. 19 del documento:

Nella Chiesa, comunità di doni per l’unica missione, si realizza quel passaggio dalla condizione in cui si trova il credente inserito in Cristo attraverso il Battesimo, alla sua vocazione “particolare” come risposta al dono specifico dello Spirito. In tale comunità ogni vocazione è “particolare” e si specifica in un progetto di vita; non esistono vocazioni generiche… Ciò richiede che la vita di ciascuno venga progettata a partire da Dio che ne è la sorgente unica e tutto provvede per il bene del tutto; esige che la vita venga riscoperta come veramente significativa solo se aperta alla sequela di Gesù. Ma è anche importante che vi sia una comunità ecclesiale che aiuti di fatto ogni chiamato a scoprire la propria vocazione. Il clima di fede, di preghiera, di comunione nell’amore, di maturità spirituale, di coraggio dell’annuncio, d’intensità della vita sacramentale fa della comunità credente un terreno adatto non solo allo sbocciare di vocazioni particolari, ma alla creazione d’una cultura vocazionale e d’una disponibilità nei singoli a recepire la loro personale chiamata. Quando un giovane percepisce la chiamata e decide nel suo cuore il santo viaggio per realizzarla, lì, normalmente, c’è una comunità che ha creato le premesse per questa disponibilità obbedienziale. Come dire: la fedeltà vocazionale d’una comunità credente è la prima e fondamentale condizione per il fiorire della vocazione nei singoli credenti, specie nei più giovani.

Nel 1990, in occasione del 5° Seminario sulla Direzione Spirituale, don Angelo Comastri, allora parroco di Porto Santo Stefano, venne ad Assisi e tenne una splendida relazione conclusiva, di natura appunto pastorale, avente come titolo “Le costanti emergenti dalla vita della comunità cristiana nella direzione spirituale alle giovani generazioni, ragazzi e ragazze, oggi”. Diceva don Angelo tra l’altro con grande realismo e lucidità:

Innanzitutto il giovane ha bisogno di una comunità, di una comunità vera. Fin dall’adolescenza egli avverte una forte spinta ad uscire dall’ambito della famiglia che non gli basta più per aprirsi a nuovi ambiti d’incontro. Nasce in lui il bisogno dell’amicizia, il bisogno del gruppo, il bisogno della comunità. La comunità è sicuramente il luogo in cui il giovane può ritrovare se stesso e la gioia di relazioni autentiche. Del resto Gesù ha detto: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). Allora il nostro impegno oggi sta nel rifondare le nostre comunità cristiane aprendole ad una nuova evangelizzazione interna per condurre i nostri cristiani all’esperienza di una vera conversione del cuore. “Abbiamo tanti battezzati, ma pochi cristiani”, osservava alcuni anni fa con sofferenza il card. Suenens. I cristiani nascono quando comincia un cammino di conversione del cuore e della vita; e quando comincia un cammino di conversione allora nasce la comunità cristiana. Ed è nell’ambito di una vera comunità cristiana che il gruppo giovanile trova il suo spazio, il confronto, l’aiuto, la direzione di crescita: senza l’inserimento in una comunità più grande, il gruppo giovanile rischia di finire al momento del passaggio nella vita adulta. Tornando alla comunità cristiana, è doveroso che il giovane sappia che essa non è la casa dei santi, ma è la casa dei peccatori in continua conversione. Per questo la comunità è anche un luogo terribile, perché è il luogo della rivelazione dei nostri limiti e dei nostri egoismi. Infatti quando comincio a vivere con altre persone, scopro la mia povertà e la mia debolezza, la mia incapacità di intendermi con alcuni, i miei blocchi, le mie gelosie, i miei odi e le mie voglie di distruggere. Se accetto la verità della mia situazione e accetto contemporaneamente la verità della situazione degli altri, allora inizia un cammino di liberazione: una liberazione che, nella comunità cristiana, non è una tecnica ma è l’incontro con Cristo. La comunità allora mi porta a scoprire il ruolo del sacerdote come uomo di Cristo, come servo di un Amore che vuol farsi presente attraverso l’uomo, nonostante i suoi limiti e le sue indegnità: questa fedeltà incondizionata di Dio all’uomo è un fatto che commuove profondamente il giovane. Il sacerdote diventa così guida spirituale dei giovani facendo vibrare il loro cuore con l’annuncio della novità di Dio che Cristo ci ha rivelato: Dio non è un potere onnipotente, ma Dio è amore onnipotente, Dio non è un sovrano che fa quel che vuole, ma Dio, proprio perché è Amore, è simile a un servo che dona se stesso.

Questa è la buona notizia che dobbiamo annunciare al giovane: la buona notizia che si identifica con una persona: Gesù Cristo, Dio accanto a te, Dio che si dona per te, Dio che ti invita a vivere donando. Questo annuncio deve essere l’anima delle nostre comunità, deve essere il punto verso cui tende tutto il nostro apostolato. Purtroppo non sempre è così.

 

La responsabilità educativa

Non sembra poi così tanto difficile – ad ogni età ed in ogni condizione – sperimentare, comprendere e vedere che la vocazione all’amore è congeniale all’uomo. Ciascuno ha sperimentato mille volte che nell’amore c’è bellezza, bontà e gioia: l’amore come lo intende il cuore di Dio: oblativo, generoso, costante. E si può immaginare che un modo di concepire la vita così vero e così nascosto possa improvvisarsi? Possa prendere una qualche prospettiva di concretezza esistenziale senza un progetto ed un tenace impegno educativo da parte di coloro che sono chiamati – per natura o per grazia – ad essere generatori di tali condizioni vocazionali?

Ci ricorda ancora assai giustamente il Direttorio di pastorale familiare:

26)In questa prospettiva, la risposta alla vocazione all’amore iscritta nel cuore di ogni uomo esige un costante impegno educativo. Tale impegno è finalizzato a promuovere la maturità globale della persona la quale, accettando il valore della sessualità e integrandolo nell’insieme di tutti i valori del suo essere, è condotta a sviluppare sempre più la sua potenzialità oblativa così da aprirsi all’amore per l’altro fino al dono totale di sé. 

28) In questa prospettiva ogni azione educativa possiede una sua intrinseca dimensione vocazionale: è aiuto offerto ad ognuno perché possa riconoscere e seguire la sua vocazione fondamentale all’amore nel matrimonio o nella verginità, compimento della consacrazione battesimale, e vivere così la sua missione nella Chiesa e nel mondo.

31) Saldamente innestata in questa globale educazione all’amore come dono di sé e quale sua specifica e intrascendibile esigenza e specificazione, soprattutto per gli adolescenti e per i giovani, è necessario e urgente mettere in atto una positiva e prudente educazione sessuale. Tale esigenza s’impone oggi in modo sempre più evidente e indilazionabile, di fronte ai tanti modi riduttivi di intendere la sessualità, per riaffermare e vivere il suo nativo orientamento all’amore e al dono interpersonale.

34) Per i motivi sopra accennati, è assolutamente indispensabile che l’educazione sessuale sia accompagnata e animata dall’educazione alla castità. Si tratta di un’urgenza non sempre avvertita da tutti, specialmente se si crede, come emerge dalla morale corrente, che nell’ambito della sessualità possa bastare solo un certo controllo sui propri sensi e sulle proprie pulsioni istintive. È invece da riaffermarsi come profondamente errato l’atteggiamento di chi crede che in questo campo siano possibili una maturazione spontanea e un superamento automatico delle difficoltà, degli errori, delle tendenze egoistiche e deresponsabilizzanti.

Soprattutto, senza remore inammissibili, è necessario che, sia nella direzione spirituale come nella predicazione e nella catechesi, la virtù della castità venga proposta con chiarezza e serenità; che si creino ambienti educativi ricchi di proposte e di contenuti umanamente significativi; che si pongano le condizioni sociali, affettive e spirituali perché la proposta della castità possa essere accettata e che, infine, si offra una gioiosa testimonianza di castità da parte delle persone consacrate, dei genitori, degli educatori anche se giovani. Né si deve tralasciare di ricorrere alla preghiera, nella consapevolezza che la virtù della castità, prima che impegno personale, è dono di Dio da invocare con umiltà e fiducia.

Tre temi o soggetti destinati ad interagire e a fondersi arricchendosi e limitandosi in qualche modo a vicenda – dicevamo all’inizio – e potremmo tentare una prima conclusione. La comunità cristiana vive la dimensione domestica della famiglia e la dimensione locale della parrocchia. Sono questi i primi contesti dove siamo tutti chiamati a vivere la nostra vocazione a servizio della vocazione di tutti: è la vita che genera vita. È l’amore che genera amore. Nel modo con cui una coppia di sposi accetta la sfida di vivere l’amore secondo il cuore di Dio i figli troveranno il volto dell’amore che rimanda alla paternità divina.

Nel modo con cui, in una comunità di consacrati, ciascuno cresce nella capacità di considerare l’altro come uno strumento prezioso in proporzione a quanto domanda amore, si inscrive il messaggio vocazionale dell’amore destinato ad affascinare chi sente di essere chiamato alla via verginale dell’amore. Nel modo con cui un prete – fatto carne dell’Eucaristia che celebra – vive luminosamente la via dell’amore nel celibato e – allo stesso tempo – in mezzo alla comunità di cui è pastore, c’è probabilmente il segreto del risveglio vocazionale nel cuore di chi al sacerdozio ministeriale è chiamato da Dio per il bene dei fratelli.

Insomma di amore si tratta. Di nient’altro. E la pastorale vocazionale all’interno della quale si incastona il servizio di tutti noi come guide spirituali altro non è che la grande sfida che la Chiesa si trova davanti per raccontare a tutti – e non a pochi intimi – la buona notizia che quell’amore che tanto ci affascina è possibile, a certe condizioni, anche viverlo.

 

 

LINEE PASTORALI EMERGENTI

Ma è sempre così? È questa la comunità sulla quale possiamo contare? Vorrei offrirvi uno spunto piuttosto amaro ma reale e concreto del Card. Martini. L’arcivescovo di Milano era solito far arrivare in tutte le famiglie della diocesi per il tramite dei parroci una lettera in occasione della benedizione delle case fatta nel periodo natalizio. Nel 1990 una delle più belle, dal titolo “Il futuro dei nostri figli – pensieri ad alta voce per dieci sere d’inverno”. In una di queste sere Martini affronta il tema del dodicesimo compleanno di un figlio o di una figlia con queste considerazioni: 

Il giorno del compleanno, invece, potrebbe essere l’occasione per accorgersi che un figlio sta davvero diventando uomo e una figlia sta diventando donna: e forse quando gli amici se ne sono andati ed è finito lo scambio degli auguri e dei ringraziamenti, proprio la sera del giorno in cui si compiono i dodici anni può essere il momento per cercare un dialogo più serio e gettare uno sguardo sul futuro: e pregare un poco insieme, perché venga il Regno di Dio e sia fatta la volontà del Padre. Gesù a dodici anni provocò la meditazione di sua madre restando nel tempio e dichiarando la sua obbedienza a Dio; il programma della sua vita era già deciso in quella sconcertante parola: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). E molti dei preti che si spendono a servizio della Chiesa di Milano ricordano che a dodici anni erano già in cammino… Mi pare di indovinare tra i genitori che sentono di questi discorsi una meraviglia vicina all’incredulità… Molti genitori si prendono cura che i figli comincino presto a imparare l’inglese, perché potrà loro servire quando saranno grandi; ed è bene studiare anche pianoforte, muovere passi di danza e andare agli allenamenti della squadra di calcio: alcuni coltivano il sogno inconfessato e improbabile di avere in casa un campione. Invece gli inviti ad un ascolto più attento della Parola, ad una più seria riflessione sul tema vocazionale incontrano spesso indifferenza. Sembra insomma che ci sia più fiducia nell’allenatore della squadra di calcio che verso la tradizionale premura della Chiesa milanese per i giovanissimi. Non è raro che il frutto di tante attenzioni per dotare i giovani di tutti i mezzi utili ad affrontare la vita sia la delusione. Persone a cui è stata data la possibilità di fare tutto vegetano inoperose e non sanno perché dovrebbero fare qualcosa. Il mondo di domani continuerà ad essere abitato e la Chiesa ci sarà ancora in mezzo a noi se oggi impariamo a fare alle giovani generazioni proposte che rispecchiano le esigenze del Vangelo e se i ragazzi e le ragazze cominciano presto a coltivare il desiderio di diventare grandi, perché hanno molte ragioni per sperare di non essere inutili: il Signore che li ha chiamati alla vita conta su di loro.

Quale comunità cristiana allora- per riprendere il titolo della nostra riflessione – perché possa essere onorata nei percorsi ordinari della pastorale la responsabilità educativa nella vocazione all’amore e alla castità?

 

Verso un nuovo, vigoroso e convinto annuncio

Mi faccio ancora aiutare dal Direttorio di pastorale familiare che su questo tema ha proposte concrete anche se forse piuttosto scontate e non del tutto esaustive. Ascoltiamolo insieme in alcuni passaggi ripresi dai nn. 29 e 30.

29) In ogni progetto di catechesi ordinaria e sistematica, i valori e le esigenze della vita, dell’amore, della sessualità, della castità, del matrimonio e della famiglia, come anche della verginità, devono essere messi in luce adeguatamente sia ogni volta che questi temi vengono incontrati nei Catechismi della Conferenza Episcopale Italiana, sia tramite l’eventuale programmazione di appositi incontri o cicli di catechesi su aspetti più specifici dell’uno o dell’altro di questi stessi temi soprattutto per alcune fasce di età e con attenzione alle diverse situazioni degli interlocutori.

30) In particolare, senza mai dimenticare che la catechesi non può essere ridotta alla sola trasmissione di una dottrina, ma deve essere attenta alla maturazione complessiva della persona, alla formazione di un’autentica mentalità di fede e a proporre e favorire una significativa esperienza di vita, occorre che:

– già durante la catechesi per i sacramenti dell’iniziazione cristiana, i bambini e i ragazzi siano aperti gradualmente al grande mistero dell’amore, sia loro proposto e spiegato il valore cristiano dell’amore e della famiglia e siano aiutati a viverlo nella loro esperienza quotidiana;

– la catechesi agli adolescenti abbia più che mai ad affrontare i problemi riguardanti il significato della vita e dell’amore e a risvegliare il senso vocazionale dell’esistenza cristiana così che ciascuno sia illuminato e sostenuto nel vivere la propria esistenza battesimale, nel riconoscere la propria vocazione alla vita matrimoniale o alla verginità consacrata e nel rispondervi con generosa disponibilità;

– come parte integrante di un più complessivo e preciso progetto di pastorale giovanile, la catechesi ai giovani non tralasci di presentare la dottrina della Chiesa sul matrimonio, illuminando con la parola di Dio la realtà umana dell’amore, il suo inserimento nella storia della salvezza, l’elevazione del matrimonio alla dignità di sacramento e il suo servizio alla Chiesa e alla società. Tale catechesi sappia introdurre, interpretare e sostenere adeguatamente il cammino di crescita dei giovani nell’amore oblativo: per quanti fossero chiamati al matrimonio, la catechesi si premurerà di accompagnare e illuminare l’esperienza del fidanzamento; per gli altri, aiuterà a discernere e a seguire la vocazione alla verginità consacrata;

– anche la catechesi degli adulti sappia riprendere e riproporre gli aspetti fondamentali del disegno di Dio e della dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia; non si stanchi mai di aiutare a ritrovare il senso più profondo della vocazione che si sta vivendo; continui a illustrare l’autentico significato dell’amore, le sue caratteristiche e le sue conseguenze.

 

Detto questo mi sembra di poter offrire alcuni spunti di riflessione che prendo direttamente dalla mia esperienza pastorale e che ci prospettano spazi nuovi e importanti per realizzare quel ponte cui accennavo all’inizio. Mi vorrei limitare ad alcuni momenti caratteristici della vita della parrocchia. Non è difficile leggere in queste finestre aperte su una comunissima comunità cristiana il senso vero di un rinnovamento pastorale che mette al centro la persona e che reclama il contributo e la partecipazione di tutti.

Un funerale. Una coppia di fidanzati. Un gruppo di adolescenti. I bambini della prima comunione. La preparazione di un battesimo. Momenti nei quali molte responsabilità educative sono coinvolte in ordine all’educazione all’amore secondo il cuore di Dio. Certamente il parroco, i catechisti, il ministero coniugale, l’animatore del gruppo giovanile, la comunità consacrata.

In Paradiso ti accompagnino gli angeli…

La chiesa si riempie in qualsiasi giorno della settimana e in qualsiasi ora del giorno. Silenzio e un po’ di disagio. L’assemblea che si è formata non si sente quasi mai a casa sua. Ma tutti sentono l’importanza del momento e del luogo. Ciò che accade in tutti e che tutti accomuna è il modo con cui si desidera ricordare il caro estinto. La sua generosità, la sua umiltà, la sua disponibilità, la sua tenacia di fronte alle difficoltà della vita… È la vittoria dell’amore. Avevi bisogno di lui e lui c’era… Si desidera ricordare le cose belle ed esse coincidono sempre e soltanto con i gesti che la persona ha saputo compiere – anche con grande sacrificio – per fare della sua vita un dono. Come è bello e semplice innestare in questo momento importante il Vangelo della vocazione all’amore secondo il cuore di Dio! Perché non accogliere il messaggio che ci viene dal defunto e farne un progetto di vita per cui, quando saremo qui, al suo posto, qualcuno possa dire di noi: “Avevi bisogno di lui e lui c’era…”. Da alcuni anni questi sono i momenti che meglio ci consentono di essere presenti a servire la conversione della nostra gente in ordine ad una vocazione all’amore che appare vera, immediata, possibile.

Io prendo te come mia sposa…

Dopo la cresima se ne sono andati. Qualche domenica e poi purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi non si sono più visti. Noi diciamo che li abbiamo perduti. In realtà sono loro che hanno perduto noi. Hanno dovuto affrontare la fase più delicata della loro vita lontano da noi e dalla ricchezza immensa di cui noi siamo portatori. Ed eccoli. Timidamente ti dicono che hanno deciso di sposarsi e che magari lei aspetta un bambino. Non sempre è così grazie a Dio. Ma ciò che vale per questa coppia vale per tutti. Anche per quelli che fanno i regolari corsi prematrimoniali. Perché siete venuti da me? Ve lo dico io. C’è stato un momento in cui lei è apparsa per te come la donna che poteva essere pensata nel tuo futuro, mamma dei tuoi figli… Questa storia di amore l’hai cominciata a pensare nel tuo domani. Ma il domani non ci appartiene. Come mettere questo amore al riparo di noi due? Siete qui per questo. Perché questo amore vi ha conquistato. Bene. So io come fare. Tra poco, quando uscirete di chiesa, sposati nel Signore, non sarete più proprietari di questo vostro amore ma servi! Oggi viene battezzata con il vostro matrimonio una nuova creatura: la coppia. Ed essa diventa più importante di voi due. Ciascuno di voi sa che realizzerà se stesso al massimo delle sue possibilità servendo questo amore e servendolo secondo il cuore di Dio. E questa sera, quando finalmente sarete soli, pronti per fare l’amore, sapete bene che se avete imparato a vivere l’amore come dono sincero di voi stessi inizia la luna di miele. Altrimenti, se non saprete trovare in voi stessi la capacità di ragionare secondo il cuore di Dio, altro che luna di miele… Sono davvero tante le sere della vita in cui siamo giudicati sull’amore ed anche dall’amore… Manca poco che si mettano a piangere dalla gioia…

Signore tu mi scruti e mi conosci…

Ma come è buffa la vita… La natura di aveva dotato di tutti i meccanismi di difesa possibili e immaginabili quando un bel giorno ti ha lasciato solo. All’improvviso ti sei consegnato armi e bagagli a quella ragazza che – senza neanche saperlo – ti ha tolto il sonno, ti ha tolto l’appetito… Ti sei innamorato. L’adolescenza ha portato con sé questa cosa strana, inattesa, dalla quale non si sa come difendersi, come affrontarla. Che mi sta succedendo? La mamma ti ha già detto che sembri diventato scemo, a scuola non capiscono perché sei così distratto… Eppure è cosa che capita più frequentemente di quanto tu pensi e più o meno capita a tutti… Te lo dico io che cosa ti sta accadendo: la vita stessa ti rivela che non siamo fatti per difenderci dagli altri ma che con la presenza dell’altro nella nostra vita dobbiamo fare i conti… e come! Ora la domanda è: come vivere tutto questo per essere sicuro di viverlo al massimo delle mie possibilità. E se questo altro non fosse che un appello che attraverso la tua stessa natura ti rivolge il Creatore del mondo che è Amore? E se fosse necessario rivolgerci a chi ci conosce e ci ama più di quanto noi conosciamo ed amiamo noi stessi? Vogliamo andare a vedere che cosa succede se sappiamo dire: “Parla Signore che il tuo servo ti ascolta…”.

Chi mangia di me vivrà per me…

Li ho voluti il giovedì santo attorno a me ed ho lavato i loro piedini. Certamente sarebbe meglio che fossero adulti. Ma proprio ai miei bambini avevo da dire qualcosa d’importante. L’incontro con Gesù diventa sorgente di pensieri, sentimenti, decisioni, comportamenti profondamente nuovi rispetto a quelli che vengono spontanei ad un bambino. È difficile per loro piegare se stessi alle ragioni del dono di sé. Sono tutti lì a dire ad essi che valgono per quanto consumano, che difficilmente riusciranno a capire che valgono per quanto donano, anzi per quanto si donano. Eppure lo sentono: quanta gioia quando riescono a gustare i frutti di un gesto di amore, di perdono, di tolleranza… Credo che ci si debba convertire di più alla grandezza e all’efficacia dell’incontro con Gesù e dell’itinerario sacramentale. Non credo che siano davvero importanti le cose che noi diciamo ai nostri bambini quanto le cose che sa costruire Gesù dentro di loro quando riusciamo a creare le condizioni per un autentico incontro. In questo caso è davvero decisivo il volto dell’amore e della gioia che sappiamo trasmettere noi educatori. D’altra parte l’itinerario vocazionale – come abbiamo detto tante volte – è assai familiare ai bambini: “Se nessuno ti chiama nessuno ti ama…”. Anche il Signore ti chiama perché ti ama. E questa chiamata ti tira fuori dall’anonimato. Ti dona sicurezza e vigore.

Vi affido un suo figlio… che vi cambia la vita

Vengono a chiedere il battesimo. Un gesto semplice, dettato da tanti motivi. Raramente dal vero motivo che conta. Allora bisogna ricordarglielo noi. Se vedo uno splendido cavallo spero che i suoi figli gli assomiglino… Se vedo un bel cane quanto vorrei un suo cucciolo… Eppure voi neanche lontanamente vi sognate di pensare: speriamo che nostro figlio divenga bello, bravo, forte e intelligente come noi. No. Voi immaginate che vostro figlio possa realizzare quello che voi non avete realizzato e che comunque divenga più bello e più buono di voi… Chi vi autorizza a immaginarlo in un futuro che sia suo e che questo futuro sia migliore del vostro? Ve lo dico io. La certezza che vostro figlio ha una sua vocazione. Anzi la certezza che vostro figlio non è vostro… Sì, vi è stato affidato un Suo figlio perché possa crescere nel nido del vostro amore ed impari ad incontrare, attraverso il vostro modo di amarvi, la storia d’amore alla quale il Padre lo chiama. Avete cambiato – se non proprio la loro vita – almeno la loro prospettiva. Si creano le premesse per una nuova riflessione sulla spiritualità coniugale e sulla vita di famiglia come santuario domestico della Chiesa.

 

Vado verso la conclusione offrendo un ultimo accenno a tali responsabilità educative così come il Direttorio di pastorale familiare continua ad offrircele. Non vi stupisca questa mia insistenza sul Direttorio. Abbiamo avuto, dieci anni fa, la fortuna di poter collaborare alla sua stesura e molte cose che troviamo in esso sono patrimonio di tanti anni di lavoro della pastorale vocazionale. Questa è la ragione per cui da esso attingo con sicurezza a piene mani. Vediamo tali responsabilità che vanno oltre la parrocchia e che coinvolgono altri modi di essere comunità cristiana. 

32) …Tale educazione spetta innanzitutto alla famiglia, è diritto e dovere fondamentale dei genitori e deve sempre attuarsi sotto la loro guida sollecita. I genitori e le famiglie, per altro, dovranno essere aiutati ad assumere e a svolgere questa loro nativa responsabilità anche attraverso opportune iniziative di formazione permanente, che la comunità cristiana dovrà prendersi cura di promuovere e di attivare;

– la comunità cristiana può e deve offrire il suo contributo riproponendo integralmente e aiutando a vivere responsabilmente il significato e il valore umano e cristiano della sessualità attraverso un’esplicita e articolata catechesi, l’accompagnamento e la guida spirituale delle singole persone, la testimonianza libera e gioiosa in particolare degli adulti, l’offerta di autentici ambienti e strumenti educativi, la collaborazione con le altre realtà educative a iniziare dalla famiglia, suscitando e sostenendo vocazioni all’impegno educativo al suo interno e nella società civile; 

– la scuola assolve il suo ruolo, nel rispetto della legge della sussidiarietà, quando assiste e completa l’opera dei genitori. Pertanto, nel definire contenuti, metodi e tempi del suo intervento, deve coinvolgere direttamente le singole famiglie, rispettarne gli orientamenti etici, pedagogici e religiosi e la piena libertà degli alunni di partecipare o no alle specifiche iniziative “extracurricolari” da essa promosse;

– particolari responsabilità spettano alla scuola cattolica. Essa è chiamata ad affrontare con vivo senso di responsabilità e con la valorizzazione di tutte le sue competenze i problemi che sempre più precocemente si pongono gli adolescenti, perché questi siano aiutati a risolverli alla luce della fede e dell’etica cristiana;

– i consultori familiari di ispirazione cristiana, con tutti quelli sorti e operanti per l’iniziativa di cristiani, hanno titolo e competenza per offrire ai genitori, ai diversi educatori, ai giovani stessi, qualificati contributi di educazione al senso della corporeità e ai valori della sessualità. Chiediamo, perciò, che i consultori mettano in atto tutto quanto è necessario perché questo loro servizio sia seriamente assicurato, che il loro apporto venga richiesto e apprezzato nei vari ambienti educativi delle nostre comunità cristiane e che i genitori cristiani e gli stessi giovani studenti suggeriscano e chiedano eventuali loro interventi nelle scuole.

Mi si consenta di concludere con un accorato appello del Santo Padre a noi sacerdoti. Lo riprendiamo dalla lettera scritta ai sacerdoti in calce alla più famosa prima lettera apostolica ai giovani in occasione dell’anno internazionale della gioventù del 1985:

… Il giovane ebbe facile accesso a Gesù. Per lui il Maestro di Nazareth era qualcuno a cui poteva rivolgersi con fiducia: qualcuno a cui poteva affidare i suoi interrogativi essenziali, qualcuno da cui poteva attendere una risposta vera… Ognuno di noi deve distinguersi per un’accessibilità simile a quella di Cristo: occorre che i giovani non trovino difficoltà nell’avvicinare il sacerdote, avvertendo in lui la medesima apertura, benevolenza e disponibilità nei confronti dei problemi che li assillano.

Ovviamente non vale solo per i sacerdoti, ché in questo contesto, alla fine il modello educativo che tutti dobbiamo saper e voler imitare resta Gesù.