La comunità cristiana e l’università, oggi, in Italia
Nota della Commissione Episcopale della CEI per l’educazione cattolica, la cultura, la scuola e l’università (29 Aprile 2000)
Da tempo la Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la cultura, la scuola e l’università andava maturando l’opportunità di proporre una riflessione riguardante la comunità cristiana e il mondo universitario. La scelta di pubblicare ora questo documento è dovuta a diverse ragioni che i Vescovi hanno tentato di interpretare:
– accogliere le sollecitazioni più volte espresse nel mondo universitario ad avere un segnale di attenzione da parte dei Pastori sulla realtà universitaria;
– esprimere una considerazione sui cambiamenti in atto nell’università e sulle prospettive della pastorale universitaria;
– rilanciare gli orientamenti emersi dal Convegno Ecclesiale di Palermo (1995) e l’ispirazione cristiana nei diversi ambienti di vita, sviluppando il progetto culturale orientato in senso cristiano;
– dare il dovuto risalto all’intenso magistero del Santo Padre che, nel Suo servizio apostolico, si è più volte indirizzato al mondo accademico;
– preparare il terreno per celebrare il Giubileo Mondiale dei docenti universitari e trasformarlo in evento provvidenziale, per intensificare nelle nostre chiese la pastorale universitaria.
Il testo, nella sua sobrietà, tende a sostenere un dialogo sincero e costruttivo tra i cristiani e l’università nel momento cruciale dei cambiamenti in corso, con particolare attenzione ai docenti e agli studenti.
Per quanto riguarda specificamente la presenza dei cristiani in Università e la pastorale della Chiesa – la pastorale giovanile e la pastorale universitaria, in particolare – queste pagine rilevano questioni ed esperienze che si trascinano e si sviluppano da tempo, le propongono alla riflessione della comunità cristiana, e fiduciosamente le presentano all’attenzione del mondo universitario. Conoscersi, confrontarsi e guardare avanti insieme, ciascuno facendo al meglio la sua parte, è infatti quella prospettiva della corresponsabilità che dà fondata ragione di speranza alle nuove generazioni, alla Chiesa e al Paese.
I PARTE
CHIESA E UNIVERSITÀ:
UNA COMUNE RESPONSABILITÀ PER L’UOMO
Un legame reciproco
1- La formazione della persona – in particolare delle giovani generazioni – e la coltivazione del sapere sono da sempre in primo piano nella sollecitudine pastorale della Chiesa, poiché costituiscono dimensione essenziale dell’annuncio del Vangelo di Cristo, sorgente inesauribile di vita (cfr. Col 1,8-12; Ef 1,8).
Per questo, convinta che la fede in Gesù è generatrice di cultura e, al tempo stesso, reca in sé «l’esigenza di estendersi a tutti gli ambiti dell’umano ed ai vari settori della conoscenza, per manifestarvi quella luce intellettiva che illumina le singole realtà e le diverse situazioni nelle quali è in questione l’uomo»[1] , la Chiesa – legata all’università sin dalle sue origini – guarda ad essa anche oggi con speciale attenzione. Ne è conferma significativa la particolare sollecitudine che il Santo Padre riserva a tale istituzione, come pure il moltiplicarsi dei pronunciamenti delle Congregazioni Pontificie e di numerosi Episcopati.
Il mondo dell’università costituisce oggi per la Chiesa motivo di particolare interesse, perché il messaggio cristiano penetri nei diversi contesti culturali, nei linguaggi della comunicazione e perché non vengano formulate «risposte che non incontrano più le domande che oggi si pone l’uomo nella sua consapevole salita lungo la scala della verità»[2] . Si tratta di un’esigenza intrinseca all’evangelizzazione: «La fede, infatti, che la Chiesa annuncia, è una “fides quaerens intellectum”: una fede che esige di penetrare nell’intelligenza dell’uomo, di essere pensata dall’intelligenza dell’uomo. Non giustapponendosi a quanto l’intelligenza può conoscere con la sua luce naturale, ma permeando dal di dentro questa stessa conoscenza»[3] . La fede cristiana «esige di essere pensata e come sposata dall’intelligenza dell’uomo, di questo uomo storico concreto»[4] , di incarnarsi e diventare cultura.
L’università, a sua volta, può ricevere molto dalla Chiesa. Non meno di altre istituzioni, essa avverte il travaglio dell’ora presente[5]. Le profonde trasformazioni del contesto socioculturale pongono istanze critiche, che investono questa secolare istituzione non solo a livello organizzativo e gestionale, ma anche nel suo stesso significato profondo, quale luogo privilegiato di ricerca, elaborazione e trasmissione del sapere, nelle diverse dimensioni che compiutamente la costituiscono: antropologica, etica, professionale, sociale, economica… In questo quadro emerge la fecondità di un riferimento culturale alto: «Il nucleo generatore di ogni autentica cultura è costituito dal suo approccio al mistero di Dio… È a partire da qui che si deve costruire una nuova cultura»[6].
Il dialogo che la Chiesa, in questo particolare momento, intende promuovere con l’università contribuirà a dare alla comunità cristiana «maggiore sensibilità verso le esigenze culturali dell’uomo contemporaneo, ad aggiornare il suo linguaggio e le sue categorie culturali, ad approfondire la conoscenza stessa del suo messaggio e potrà spingere l’università a scrutare più profondamente il mistero dell’uomo, riscoprendo le radici cristiane e umanistiche dalle quali si è sviluppata la cultura europea e italiana»[7].
2- Convinti che «l’università e, in maniera più vasta, la cultura universitaria costituiscono una realtà d’importanza decisiva»[8], riteniamo quindi doveroso, nella nostra responsabilità di Pastori, solleciti del bene della persona e attenti alle questioni vitali del Paese, accompagnare l’istituzione universitaria in questa delicata fase di transizione, perché sappia affrontare le sfide del momento presente senza smarrire la ricca tradizione educativa e culturale, umana e sociale di cui è portatrice.
L’università rappresenta se non l’ultimo, certo un segmento decisivo del percorso formativo di un giovane. Pertanto le nostre riflessioni, che muovono dalla passione per la verità e per l’uomo, si pongono al servizio di questa cura educativa integrale, e di qui scaturisce la ragione di questo nostro documento.
Ci rivolgiamo dunque in primo luogo ai cristiani che, a diverso titolo, operano nell’università – docenti, studenti e personale amministrativo – così come a tutti gli uomini di buona volontà che quotidianamente vivono e lavorano per l’università.
Ci rivolgiamo, inoltre, a tutta la comunità cristiana, auspicando che cresca in essa una più adeguata e sollecita attenzione alla realtà universitaria. Ancora troppo esigue sono le risorse di personale e di mezzi destinati dalla comunità cristiana a questo ambito[9]; mentre occorre maturare la consapevolezza che anche l’università costituisce un ambiente di forte ed urgente impegno pastorale, oltre che un fronte determinante per l’attuazione del progetto culturale.
La Chiesa in Italia ha un nutrito patrimonio di storia con la quale essa mostra di avere consuetudine con l’università: ha propiziato la nascita delle più antiche università e, nell’ultimo secolo, ha visto realizzarsi nella fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’aspirazione cinquantennale del mondo cattolico italiano ad avere una propria istituzione accademica. Il confronto della comunità cristiana con l’attuale università, divenuta un fenomeno più complesso e di massa, trova nel documento Alcuni problemi dell’università e della cultura in Italia, una chiara volontà di dialogo, e, nella costituzione dell’Ufficio per la pastorale universitaria, la nostra accresciuta sollecitudine per il mondo universitari[10] . Le numerose iniziative promosse, nel corso degli ultimi anni, si pongono sulla linea tracciata dal Convegno ecclesiale di Palermo del novembre 1995 e, soprattutto, dal Progetto culturale orientato in senso cristiano.
Tale progetto, aperto e dialogico, esige e promuove il costruttivo confronto con quanti hanno a cuore il significato dell’esperienza umana e l’edificazione della comunità civile. Chiesa e mondo universitario trovano, dunque, nel progetto culturale, un’importante occasione di confronto e di collaborazione.
Un dialogo costruttivo e fecondo
3- L’università italiana è oggi interessata da una fase di ampie trasformazioni che, per quanto ancora non del tutto definite nel loro profilo e nella concreta applicazione, la toccano in maniera decisiva. Esse sollecitano un ripensamento dei compiti dell’università e, di conseguenza, dell’articolazione degli ambiti disciplinari, dei percorsi didattici, dei rapporti con le altre istituzioni e con la vita della città.
Esigenze e attese diverse emergono dai differenti orizzonti culturali e dai molteplici ambiti della società civile. Ne scaturiscono sfide innovative di grande portata, capaci di aprire singolari prospettive di rinnovamento per l’università e la vita che in essa si svolge, ma si profilano anche rischi di scelte poco equilibrate, piegate a favorire alcuni interessi a scapito di altri.
Senza voler entrare in ambiti di competenza specifica, è nostro desiderio di Pastori proporre a tutti gli uomini che amano l’università e hanno a cuore le sue sorti una lettura sapienziale dei risvolti più problematici, unita ad alcuni criteri di orientamento che ci sembrano indispensabili perché, in questa travagliata fase di trasformazione, l’università possa rinnovare – e non smarrire – la sua originaria vocazione ad essere comunità di studio e di ricerca, e i cattolici che operano in essa possano assumere una più dinamica e fattiva responsabilità.
Una transizione difficile
4- Il nostro tempo, segnato da una marcata e rapida transizione culturale, è caratterizzato dalla compresenza e convivenza di orizzonti di pensiero estremamente differenziati. Esso sembra dominato, da un lato, da una prospettiva tecnicistica, che propone modelli di sviluppo e di lavoro orientati all’ottica dell’avere, del produrre e dell’accumulare. Questi modelli si fondano su una razionalità che si esprime nella forma della “ragione strumentale” e che tende a limitare i territori della scienza al calcolo ottimale dei mezzi, senza porre a tema la determinazione critica dei fini, nella loro valenza antropologica ed etica. Ne risulta uno sviluppo scientifico veramente straordinario ma, al tempo stesso, esposto alla tentazione di «ridurre l’orizzonte umano al livello di ciò che è misurabile con le coordinate scientifiche, obliterando le dimensioni dell’etico, del bello, dell’affettivo e dello spirituale»[11].
Dall’altro lato, si diffonde un’atmosfera di marcata sfiducia nella capacità della ragione umana di raggiungere solide certezze in ordine al vero e al bene; e, quindi, sfiducia nella possibilità di dare riferimento, significato e orientamento all’esistenza. Non è tuttavia scomparsa, anche se appare minoritaria negli areopaghi dell’ultima modernità, la razionalità che si interroga sui fini, sui valori, sulla qualità e, quindi, sul senso della vita umana, convinta che il significato ultimo della scienza e dello sviluppo vada oltre la scienza stessa.
L’ampia possibilità che oggi l’uomo ha di gestire risorse e tecnologie, pur apprezzabile, non è da sé sola sufficiente a illuminare adeguatamente i problemi dell’esistenza. Incapace di dare solidità alla personalità in formazione, essa mortifica l’università che si riduce alla sua sola prospettiva: «Non si può negare, infatti, che questo periodo di rapidi e complessi cambiamenti esponga soprattutto le giovani generazioni, a cui appartiene e da cui dipende il futuro, alla sensazione di essere prive di autentici punti di riferimento. L’esigenza di un fondamento su cui costruire l’esistenza personale e sociale si fa sentire in maniera pressante soprattutto quando si è costretti a constatare la frammentarietà di proposte che elevano l’effimero al rango di valore, illudendo sulla possibilità di raggiungere il vero senso dell’esistenza»[12].
Servizio dell’uomo come persona e ricerca della verità sono i cardini che nessuna riforma può e deve ignorare. Attorno ad essi ruotano armonicamente le diverse elaborazioni del sapere, trovano significato, capacità di integrazione psicologica, spinta innovativa, efficacia storico-sociale. Solo ponendosi in una prospettiva autenticamente umanistica e in una coraggiosa apertura metafisica, l’università potrà sfuggire al rischio della vanificazione tecnocratica. All’uomo contemporaneo, tentato di rinunciare alla conoscenza della verità, il Papa ricorda con una forte espressione che «verità e scienza non sono conquiste gratuite, ma il risultato di una resa all’oggettività e di un’esplorazione di tutti gli aspetti della natura e dell’uomo»[13]. Ciò non limita gli spazi della ricerca; al contrario li dilata massimamente, perché «la verità scientifica è come ogni altra verità debitrice soltanto a se stessa e alla suprema Verità che è Dio, creatore dell’uomo e di tutte le cose»[14]. Il rapporto Chiesa-università si arricchisce ulteriormente quando si apre alla fecondità, alla creatività del messaggio evangelico, capace di generare cultura.
5- Alla luce di queste considerazioni, ci sembra doveroso ricordare che la logica dell’efficienza, cui spesso ci si richiama come a principio-guida nella riorganizzazione del sistema universitario, pur apprezzabile e anche necessaria per certi versi, non può costituire il riferimento principale né, tantomeno, esclusivo della riforma.
Al primo posto devono rimanere l’istanza educativa e la risposta alla domanda di formazione, che pongono al centro la persona umana ed ordinano al suo servizio ogni altra attivazione di ricerca e di didattica. Occorre altresì riaffermare la rilevanza sociale dell’università. L’incertezza istituzionale in merito alle funzioni che coinvolgono il rapporto tra ricerca, società e mondo produttivo non giova all’università. Grazie all’autonomia, che la riforma intende promuovere, l’università deve potersi rinnovare come luogo privilegiato di elaborazione di un sapere critico, di una ricerca libera da condizionamenti politici ed economici, ma chiara nel suo orientamento antropologico e decisa nella funzione sociale che essa è chiamata ad esercitare. All’interno di un quadro giuridico capace di garantire il controllo e la partecipazione più diretta e responsabile dei soggetti coinvolti, si potrà dare spazio ad una progettualità che renda possibile, con più trasparenti procedure di decisione e di valutazione, l’orientamento delle risorse e la costruzione di intese con altri soggetti.
L’università per un nuovo umanesimo
6- Una vasta parte della cultura contemporanea appare segnata ancora da un’accentuata separazione tra la visione della fede, da un lato, e la visione filosofica e scientifica della realtà, dall’altro[15]. La prospettiva che è sottesa alla società tecnologica e informatica si basa spesso sul mancato rapporto tra realtà e finalità, tra scienza e valori etici. Vanno emergendo, tuttavia, segnali culturali interessanti e – a nostro avviso – anticipatori di una rinnovata tensione all’unità del sapere, superando dissezioni che non hanno valida fondazione epistemologica e si risolvono in una grave penalizzazione della formazione integrale della persona sotto il profilo scientifico, professionale e umano. Assai incoraggiante si mostra, in questa prospettiva, l’accresciuta consapevolezza del legame tra ambito scientifico e ambito etico, dove si evidenzia l’esigenza di una razionalità più comprensiva, capace di significati e non solo di procedure: si avverte, ormai, il rischio di una società perfettamente razionale quanto a tecniche e procedimenti, ma del tutto priva di riferimenti quanto al senso dell’esistenza. Peraltro, è proprio la crescente complessità a porre l’esigenza di un’attenta riflessione sui fini e sui criteri di scelta. Esigenza che non deve essere vanificata dalla deriva nichilista di una razionalità debole e rassegnata[16].
Viene sempre più avvertita e condivisa l’esigenza di un progetto culturale e formativo di alto profilo, a servizio dell’uomo, di tutto l’uomo, aperto al vero, al bello, al bene e ai loro riflessi sui piani della professione, dell’operatività, del contesto sociale e ambientale. Così si concentra e, ad un tempo, si dilata lo spazio per l’impegno formativo che l’università per sua natura è chiamata a svolgere. È questo il valido punto di inserimento della responsabilità etica e formativa a proposito delle grandi opzioni che presiedono alle nostre scelte entro una società del calcolo e della previsione, entro una società complessa.
L’antico ideale della universitas è chiamato a nuova vitalità, assumendo la forma di questa razionalità più comprensiva che, mentre riconosce l’importanza di un modello di conoscenza che mira ad essere sempre più rigoroso ed esatto perché verificabile, avverte anche quanto nella realtà non può essere ridotto mediante misura e formalizzazione. La declinazione strumentale riduce e mortifica la ragione, e blocca sul nascere ogni possibilità educativa. Valorizzare l’intelligenza che si interroga sui fini, sul senso della realtà, che riconosce come propria e irrinunciabile esigenza l’andare oltre il mondo fenomenico sensibile, che si apre ad una verità che la supera e, nello stesso tempo, la illumina e la chiarisce, tutto questo esalta il compito educativo e promuove un autentico progresso scientifico.
Non si tratta tanto di aggiungere, in modo estrinseco, una componente religiosa alla conoscenza dell’uomo prodotta dalle diverse scienze; si tratta, piuttosto, di collocare tale conoscenza in una prospettiva corretta. L’uomo, proprio perché si situa alla frontiera del soggettivo e dell’oggettivo, è al tempo stesso colui che può essere oggetto di scienza, ma anche colui che fa scienza, che è sempre “altrove” rispetto ad un’investigazione puramente scientifica. Quando si dimentica questo, si smarrisce la possibilità di un’adeguata comprensione del lavoro scientifico, si disperde l’unità del sapere, si apre la strada alla manipolazione strumentale.
Senza riferimenti di fondo riconosciuti, infatti, anche le possibili convergenze su alcuni valori settoriali rischiano di rimanere puramente dichiarative e retoriche. Si fa chiara e pressante l’esigenza di ricostruire un patrimonio condiviso di valori e comportamenti, di dinamismi e obiettivi, in cui l’universalità originaria dell’humanum si concretizzi in una relazione coerente e critica con le coordinate proprie del tempo e della mentalità diffusa. In questo l’università ha un compito storico da svolgere, che ne qualifica il ruolo istituzionale e ne specifica la funzione socioculturale.
7- Per i cristiani che vivono nell’università quanto detto comporta una decisiva assunzione di responsabilità: tentare l’impresa – certamente non facile, ma ineludibile per fedeltà al Vangelo e per fedeltà alla storia – di contribuire a delineare una nuova enciclopedia dei saperi in cui la potenzialità e la plasmabilità dell’orientamento cristiano possa esprimere la sua forza in ordine alla promozione di un umanesimo integrale.
La fede cristiana propone una visione unitaria del mondo e della vita. In essa, riprende vigore la capacità – peculiare del mondo universitario – di innestare le problematiche cruciali del proprio tempo nella riflessione e nel confronto culturale, e si mostra come il Vangelo sia capace di illuminare e orientare. Assume quindi particolare forza e urgenza l’impegno di annunciare Cristo, verità dell’uomo; non solo come doveroso ossequio alla verità oggettiva, ma come servizio di prima e urgente necessità all’uomo del nostro tempo.
Con la sua specifica dimensione umanistica, la fede cristiana offre prospettive di ispirazione e di confronto critico a tutti coloro che lavorano nella e per l’università, al fine di formare uomini capaci di contribuire positivamente alla vita civile e sociale. La fede cristiana, infatti, dà senso a tutta l’esistenza e la rende degna dell’uomo: «La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane»[17].
È una sorgente di rinnovamento autentico e profondo, in cui l’università ritrova se stessa: «Si ritorna così idealmente alle radici dell’università, nata per conoscere e scoprire progressivamente la verità. Tutti gli uomini per natura desiderano sapere si legge all’inizio della Metafisica di Aristotele. In questa sete di conoscenza, in questo protendersi verso la verità, la Chiesa si sente profondamente solidale con l’università… il fine che ha mosso e muove la Chiesa è solo quello di offrire il Vangelo a tutti, e quindi anche all’università. Nel Vangelo si fonda una concezione del mondo e dell’uomo che non cessa di sprigionare valenze culturali, umanistiche ed etiche da cui dipende tutta la visione della vita e della storia»[18].
Quando la libertà della ricerca abbandona la via della ricerca della verità, essa si ritorce inesorabilmente contro l’uomo. La visione cristiana dell’uomo non può essere abbandonata alla insignificanza culturale. È necessario individuare e sviluppare i segni della rilevanza della fede cristiana negli ambiti del sapere e mostrare come la parola del Vangelo si faccia luce di orientamento e di verità dentro la stessa responsabilità scientifica. In questo nuovo areopago, che è l’università, la Chiesa vuole essere presente, soprattutto in questa fase di decisive trasformazioni, per discernere gli elementi positivi e individuare i vettori di uno sviluppo costruttivo. Questo significa mettere a fuoco il tema del rapporto tra la visione cristiana della realtà e le diverse forme – teoriche e pratiche – che caratterizzano la ricerca e la cultura dell’uomo.
Si inscrive in questo orizzonte la componente teologica del sapere. Sono numerose in Italia le istituzioni accademiche che, a diversi livelli, coltivano il sapere teologico. È consolante constatare come in più luoghi si vadano sviluppando attenzioni e relazioni di grande portata affinché, nel rispetto della specificità delle diverse istituzioni, esse concorrano efficacemente e con significative interazioni e convergenze alla formazione degli universitari, alla umanizzazione della ricerca, alla significazione del sapere, alla sua offerta per il bene autentico e integrale dell’uomo e per la crescita vera della società.
Anche la celebrazione del Giubileo dei docenti universitari, che si articolerà in numerosi convegni scientifici, sarà occasione per mostrare la fecondità del dialogo tra Chiesa e università nella prospettiva di un nuovo umanesimo.
II PARTE
PROTAGONISTI NEL MUTAMENTO
Docenti e studenti
8- La ricerca, l’insegnamento e lo studio sono le forme proprie della testimonianza cristiana in università. I docenti svolgono una funzione determinante e delicatissima, che esige di essere riconosciuta, valorizzata e forse anche riscoperta. Nel contesto delle riforme che incideranno sul futuro dell’università e, quindi, sul futuro dei giovani, molto dipenderà dai docenti. Attività educativa innervata dalla ricerca e dalla comunicazione del vero, la docenza universitaria presenta una spiccata configurazione vocazionale, caratterizzata dalla dimensione di disponibilità e di dedicazione personale.
Come tale, l’esercizio della docenza universitaria, qualunque sia il grado accademico o la disciplina di insegnamento, risulta assolutamente irriducibile al ruolo o al mestiere: è prima di tutto scoperta e testimonianza della verità e del mistero dell’Essere. «La ricerca della verità, anche quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell’uomo, non termina mai; rinvia sempre verso qualcosa che è al di sopra dell’immediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono l’accesso al Mistero»[19].
Questa dimensione vocazionale esige quel profondo senso di responsabilità, che si esprime nella eccellenza professionale e relazionale. È questo, prima e più di ogni altra dotazione, a rendere grande un’università. È pertanto auspicabile che siano trovate vie di efficaci incentivi volti a valorizzare lo sforzo di quanti praticano con senso del dovere e dedizione tale insostituibile funzione.
Nella trasformazione in atto, varie ragioni pongono in oggettiva difficoltà il rapporto tra ricerca e insegnamento. Ci sembra opportuno che l’università rinsaldi, innovandolo in forme originali, il rapporto – difficile ma essenziale – tra l’attività di ricerca e la didattica, che ha caratterizzato tipicamente l’istituzione universitaria nella sua storia. È necessario individuare le condizioni che favoriscano il ricupero di questo circolo virtuoso tra l’attività di ricerca e la didattica, ricollocandolo creativamente nel quadro delle esigenze poste dalla nuova domanda formativa e dai nuovi modelli di istruzione superiore. Si tratta, in ogni caso, di un equilibrio che in primo luogo ogni docente deve custodire e nutrire come fattore qualificante la propria fisionomia intellettuale e come tratto vocazionale della docenza.
Il docente universitario non attende solo alla ricerca e all’insegnamento: è un educatore. Il compito educativo, distinto da quello dell’insegnamento, è ad esso complementare ed essenzialmente congiunto: l’uno non sta efficacemente senza l’altro. Non è possibile comunicare un contenuto di realtà senza preoccuparsi, in qualche modo, del destino dei discenti; senza, cioè, desiderare di comunicare loro anche un metodo, di introdurli e accompagnarli in un percorso di conoscenza critica, di motivazioni profonde e di convincimento personale. Tale desiderio è ciò che fa di un insegnante un educatore. Tuttavia l’esercizio di tale attività esige tempo, energie e strumenti. L’università è nata proprio con questa dinamica; la sua struttura e articolazione si sono costituite secondo le logiche di una comunità di uomini che vivevano insieme per condividere con il maestro non solo la scienza ed i suoi contenuti, ma anche un cammino di crescita umana.
L’università ha bisogno di veri maestri. Il docente cristiano, per il dono della grazia che ha ricevuto, sente il dovere di rendere testimonianza a Gesù Cristo che, nella sua persona, nel suo insegnamento, nei suoi gesti e nel suo mistero, incarna la verità di Dio; è uno che trasmette un sapere nella consapevolezza che questo nasce dalla vita per approdare alla vita e che, perciò, si arricchisce di sempre nuovi interrogativi. Il docente universitario, testimone dei valori evangelici, si alimenta alle fonti della spiritualità, esprime la sua ispirazione cristiana e sa infondere nell’ambiente universitario quel supplemento d’anima che tutto pervade e tutto rinnova.
9- Se ai docenti è richiesto un forte e costante impegno educativo, aperto all’ascolto e alla guida dei giovani, agli studenti è sollecitato l’impegno «per una formazione integrale della propria personalità e l’interesse per maturare in sé una sintesi personale tra cultura e fede. Il periodo formativo che trascorrono nell’università sarà tanto più fecondo quanto più sapranno entrare in collaborazione e dialogo con i propri docenti»[20].
L’università non può non sentirsi impegnata a favorire la scoperta e l’approfondimento di una motivazione personale al sapere. Compito certamente arduo, anche perché alla frammentazione del sapere – che rende più difficile l’individuazione di riferimenti e valori – corrisponde una situazione di diffusa dispersione psicologica dei giovani, che rende certamente più problematica la maturazione dell’identità della persona. Da ciò deriva scarsa capacità di decisione e di rischio, rarefazione dei riferimenti ideali o ideologici, maggiore solitudine e minore disponibilità al coinvolgimento, ricerca di sicurezze immediate, scarsa capacità di certezze di vita. Ciò rende difficile considerare l’esperienza universitaria come luogo e opportunità di maturazione globale della propria personalità; la riduce, tristemente, al superamento degli esami per l’acquisizione di un titolo legale di studio.
L’università, d’altra parte, è chiamata a rimettere al centro della propria attività lo studente, il singolo studente nella sua concretezza; a scrollarsi di dosso la declinazione disimpegnata di una cultura falsamente neutrale per riportare al centro il problema del significato fondamentale dell’esistenza. Per questo essa è sollecitata anche a creare un ambiente dove possano alimentarsi e crescere la passione per la verità, il gusto per la vita, l’impegno per il bene.
In questo ricupero di una motivazione personale da parte dello studente giocano un ruolo decisivo le famiglie; è auspicabile un loro maggiore coinvolgimento da parte dell’università, proprio perché la famiglia è spesso il primo luogo dove si valorizza o si smarrisce il desiderio e la capacità di crescere e di imparare. In fondo, la stessa scelta del percorso di studio è un passaggio importante nel quale fare emergere i criteri e le ragioni di fondo capaci di determinare l’impegno e la motivazione personale.
Potremmo dire che il vero rinnovamento dell’università passa attraverso la ricostruzione di una comunità di uomini in ricerca, capace di offrire agli studenti le risorse umane e strumentali per una valorizzazione personale. Nel contesto della riforma universitaria e dell’attuazione dell’autonomia dei singoli atenei occorre valorizzare la presenza degli studenti, ben più di quanto sia stato fatto finora, favorendo il loro concreto contributo nella gestione degli spazi didattici e delle iniziative culturali, e la partecipazione alle attività di ricerca. È anche questa la via per ricuperare il gusto di una “partecipazione”, che prima ancora di essere “partecipazione alle decisioni”, sia “partecipazione alla costruzione del processo formativo”.
Cogliamo anche un crescente apprezzamento dei nostri studenti verso progetti di mobilità promossi dall’Unione Europea e da altre forme di collaborazione e di cooperazione universitaria. È prospettiva da incoraggiare, senza smarrire la specificità della propria eredità culturale, perché la globalizzazione non decada in un’appiattita omogeneizzazione culturale.
Resta aperta l’esigenza di garantire il diritto allo studio non solo come possibilità di iscrizione all’università, ma anche come insieme delle opportunità grazie alle quali ognuno possa realizzare la formazione a cui aspira, senza impedimenti di carattere economico, ambientale, familiare.
La consapevolezza della vocazione personale verso prospettive professionali e forme di impegno sociale, che richiedono una formazione culturale superiore, sembra tuttora condizionata fortemente dalla capacità economica della famiglia d’origine e dall’accesso a relazioni sociali e ad informazioni significative.
La comunità cristiana per l’università
10- Il positivo cammino ecclesiale degli ultimi anni non nasconde alcuni nodi critici: l’esperienza universitaria e gli universitari non trovano sempre adeguata attenzione nelle nostre comunità cristiane[21]. L’apertura al mondo della cultura e dell’università appare spesso assente dalla pastorale ordinaria e ancora troppo debole nella sua interazione con la pastorale giovanile.
È necessario maturare nella coscienza ecclesiale la convinzione sempre più solida che soggetto adeguato della pastorale universitaria è l’intera comunità ecclesiale, nella sua organica struttura e nelle sue diverse articolazioni. La capacità del Vangelo di ispirare e animare la cultura non procede per automatismi, ma richiede il lavoro paziente e tenace nella pastorale ordinaria: per questo «è auspicabile che le comunità cristiane, preti, religiosi e fedeli riservino maggiore attenzione agli studenti e agli insegnanti, nonché all’apostolato esercitato dalle cappellanie universitarie»[22].
Inserita armonicamente nel quadro di una pastorale organica capace di coniugare la cura delle comunità territoriali con quella delle realtà di categoria e di ambiente, la pastorale universitaria, «concretizza la missione della Chiesa nell’università e fa parte integrante della sua attività e della sua struttura»[23]. L’università, formata da docenti, ricercatori, studenti e da personale qualificato tecnico-amministrativo, è ambiente di azione pastorale ordinaria e specifica. Essa è rispettosa del carattere proprio dell’istituzione universitaria e si svolge nella convinzione che la fede cristiana non solo non invada terreni “profani”, ma sia di grande aiuto al raggiungimento delle finalità autentiche dell’università.
In tale prospettiva, la nostra sollecitudine pastorale non può non orientarsi a promuovere e sostenere i vari soggetti della vita universitaria e a consolidare i luoghi e i mezzi attraverso i quali si sviluppano concretamente le iniziative formative, culturali e liturgiche quali espressioni del servizio svolto per la comunità universitaria.
È a ciascun protagonista della vita universitaria, partecipe ancor più oggi delle profonde trasformazioni in atto, che è affidata una grave e personale responsabilità; essa richiede, anzitutto al credente, lucida consapevolezza delle circostanze e del momento presente, oltre ad una personale testimonianza, capace di tradursi in un coerente stile di vita.
11- La finalità principale della cappella universitaria è il primato del servizio missionario e della irradiazione del Vangelo. Essa assume la «fisionomia appropriata di centro pastorale: compito, questo, che comporta una più stretta e attiva collaborazione tra le componenti culturali della comunità universitaria e le diverse esperienze dei gruppi ecclesiali presenti nell’università»[24].
La cappella universitaria – come ha detto di recente il Santo Padre – «è il luogo dello spirito, dove sostano in preghiera e trovano alimento ed orientamento i credenti in Cristo, che vivono con modalità diverse l’esperienza dello studio accademico; è palestra di virtù cristiane dove cresce e si sviluppa con coerenza la vita battesimale; è casa accogliente ed aperta per tutti coloro che, ascoltando il Maestro interiore, si fanno cercatori di verità e servono l’uomo nella dedizione diuturna ad un sapere non pago di orizzonti angusti e pragmatici. Nel contesto della modernità declinante, essa non può non essere centro vivo propulsivo di animazione cristiana della cultura, nel dialogo rispettoso e franco, nella proposta chiara e motivata (cfr. Pt 3,15), nella testimonianza che interroga e convince»[25]. Per tali ragioni è richiesta un’attenta sollecitudine a promuovere presso ogni università la cappella universitaria, con uno o più sacerdoti esperti nella conoscenza della vita universitaria, per favorire la comunicazione con il variegato mondo accademico, con le personalità della cultura e, soprattutto, con gli studenti.
12- Il cammino pastorale della Chiesa italiana registra, con profitto e efficacia, una presenza aggregativa significativa. Nella storia del rapporto tra la comunità cristiana e l’università, le esperienze più rilevanti di dialogo sono sempre state caratterizzate dalla vivacità di gruppi e associazioni cattoliche. Anche oggi una pastorale universitaria che non possa avvalersi dell’esperienza associativa rischia di rimanere “rete fragile” e provvisoria. Al contrario, là dove esistono tali opportunità, si registrano effetti positivi sul versante della formazione dei docenti, degli studenti e del personale amministrativo e su quello della partecipazione creativa alla vita universitaria.
Le diverse forme di aggregazione concorrono a educare e sostenere la presenza cristiana in università e a far maturare la capacità missionaria e il coraggio di testimoniare nell’ambiente in cui si vive. La pastorale universitaria promuove e valorizza le associazioni, i movimenti e i gruppi di fedeli che sono presenti e operanti negli ambienti universitari, secondo le loro diverse espressioni e modalità di servizio, e li aiuta a far crescere in loro la disponibilità a consolidare rapporti di comunione e di collaborazione»[26].
Il Forum delle Associazioni studentesche universitarie, costituito di recente, è un “tavolo di lavoro” che si rivela particolarmente utile per la reciproca collaborazione tra le associazioni e i movimenti e la pastorale universitaria. Si tratta di un’esperienza molto feconda che ha già dato frutti positivi e che auspichiamo si possa diffondere quale strumento di comunione per una più efficace testimonianza nell’università.
13- Le centinaia di collegi universitari di ispirazione cristiana presenti sul territorio nazionale testimoniano l’attenzione della Chiesa verso i giovani studenti universitari e il loro futuro impegno professionale. I collegi promuovono l’ospitalità e l’accompagnamento educativo e spirituale degli studenti e si propongono come ambienti di maturazione umana e cristiana, di formazione culturale e civile.
Occorre che tali istituzioni vengano meglio valorizzate e possano interagire con le altre espressioni della pastorale, in particolare con la pastorale giovanile, puntando a rinnovare la propria immagine e il proprio servizio ecclesiale e sociale, per la preparazione di professionisti e studiosi che sappiano animare gli ambiti delle attività umane con la forza trasformatrice del Vangelo.
14- Le molteplici forme di accoglienza, che nei secoli le nostre Chiese hanno sperimentato, sono chiamate oggi ad aprirsi alle domande legate alla presenza degli studenti esteri in Italia. La loro accoglienza è compito sia della comunità civile che della comunità ecclesiale. Sono da segnalare significative e recenti esperienze effettuate nelle nostre comunità e le iniziative che l’Ufficio nazionale della CEI per l’università e la Fondazione “Migrantes” hanno promosso allo scopo di sensibilizzare le comunità ecclesiali affinché intervengano per affrontare opportunamente queste emergenze. Nonostante l’impegno già in atto, molto resta ancora da fare per realizzare anche in questo ambito lo stile evangelico della solidarietà nel farsi accoglienza dell’altro.
Entrando nel nuovo millennio
15- Al termine di questa Lettera esprimiamo ancora una volta la nostra viva gratitudine ai numerosi docenti cattolici, agli studenti, al personale impegnato nell’ambito tecnico-amministrativo, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi e a tutti i generosi operatori della pastorale universitaria che nelle circostanze del momento presente, segnato dalle forti spinte di cambiamento, hanno saputo rendere vivo e dinamico il rapporto tra la Chiesa e l’università in Italia.
Questa persistente vitalità della tradizione cristiana, che ha consentito di influire sull’evolversi della situazione culturale del nostro Paese e sul mutare dei rapporti tra la Chiesa e la cultura, ci incoraggia a proiettare lo sguardo in avanti e ad affrontare i problemi nuovi e complessi che emergono oggi[27].
Ci spronano ad assumere un rinnovato impegno di testimonianza cristiana le parole di Giovanni Paolo II: «L’ingresso nel nuovo millennio incoraggia la comunità cristiana ad allargare il proprio sguardo di fede su orizzonti nuovi nell’annuncio del Regno di Dio. È doveroso, in questa speciale circostanza, ritornare con rinsaldata fedeltà all’insegnamento del Concilio Vaticano II, che ha gettato nuova luce sull’impegno missionario della Chiesa dinanzi alle odierne esigenze dell’evangelizzazione. Nel Concilio la Chiesa ha preso più viva coscienza del proprio mistero e del compito apostolico affidatole dal suo Signore. Questa consapevolezza impegna la comunità dei credenti a vivere nel mondo sapendo di dover essere “il fermento e quasi l’anima della società umana, destinata a rinnovarsi in Cristo e a trasformarsi in famiglia di Dio” (GS, n. 40)»[28]. Il Grande Giubileo dell’anno 2000 ci sollecita a guardare e vivere con fiducia il tempo presente, pronti a cogliere in esso i segni e le occasioni provvidenziali attraverso le quali potrà manifestarsi la ricchezza della fede cristiana negli ambiti del sapere.
Invitiamo, in particolare, gli studenti a prepararsi alla Giornata Mondiale della Gioventù e a vivere intensamente gli incontri specifici che verranno proposti in quella occasione per i giovani universitari. Un appuntamento d’eccezione è costituito, indubbiamente, dal Giubileo mondiale dei docenti universitari che sarà preceduto dalla celebrazione dei congressi scientifici, articolati intorno al tema generale «L’università per un nuovo umanesimo». Molte sedi universitarie si sono già attivate per l’organizzazione dei congressi e per accogliere i docenti. Anche le diocesi coinvolte e l’intera comunità cristiana sono invitate a pregare e ad offrire il loro concreto aiuto affinché questi avvenimenti mostrino come la parola del Vangelo sostiene e corrobora la stessa responsabilità della investigazione scientifica.
Siamo convinti che questi eventi susciteranno l’interesse della comunità cristiana e del mondo della cultura. La pastorale universitaria, peraltro, ne potrà ricevere nuovo impulso e potrà offrire alle persone impegnate nella ricerca e nell’insegnamento un concreto contributo nella luce della Rivelazione.
Con la sua alta valenza umanistica, la fede cristiana costituisce un fattore di richiamo e una presenza efficace a servizio di tutti coloro che dedicano all’università le loro energie e i loro pensieri al fine di formare personalità robuste di professionisti, ricercatori, uomini di cultura, protagonisti della vita civile e sociale. Perché la fede cristiana costituisce illuminazione feconda dell’esistenza in ogni suo ambito, essa, infatti, «tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, e perciò guida l’intelligenza verso soluzioni pienamente umane»[29].
A Maria Santissima, madre della Verità, venuta ad abitare nel cuore degli uomini e della storia, affidiamo le prospettive del cammino che ci attende e la responsabilità che ognuno, nel ruolo che occupa, dovrà assumersi per attuare la nuova evangelizzazione nel campo dell’università e della cultura.
Note
[1] GIOVANNI PAOLO II, Messaggio a Mons. Angelo Scola Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense in occasione dell’apertura del nuovo anno accademico (7 novembre 1996), n. 3, in Insegnamenti XIX, 2 (1996), 656.
[2] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai docenti delle università dell’Emilia-Romagna (18 aprile 1982), n. 2, in Insegnamenti V, 1 (1982), 1226.
[3] GIOVANNI PAOLO II , Discorso ai partecipanti all’incontro di lavoro sul tema della pastorale universitaria (8 marzo 1982), n. 2, in Insegnamenti V, 1 (1982), 773.
[4] GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai docenti delle università dell’Emilia-Romagna (18 aprile 1982), n. 2, in Insegnamenti V, 1 (1982), 1226.
[5] Cfr. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA – PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI – PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA, Presenza della Chiesa nell’università e nella cultura universitaria, 22 maggio 1994 n. 6: «L’università, che per vocazione è chiamata a svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo della cultura, si vede esposta a due rischi antagonisti: o subire passivamente le influenze culturali dominanti, oppure diventare marginale rispetto ad esse».
[6] GIOVANNI PAOLO II , Discorso al Convegno ecclesiale di Palermo, n. 4.
[7] Ibidem, n. 4.
[8] CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA – PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI – PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA, Presenza della Chiesa nell’università e nella cultura universitaria (22 maggio 1994), Nota preliminare in EV 14, 1349.
[9] Cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA, Per una pastorale della cultura (23 maggio 1999), n. 29.
[10] Nel 1993 viene istituita la Consulta Ecclesiale per l’università, organismo nazionale di raccordo delle molteplici espressioni della pastorale universitaria. Nello stesso periodo prendono forma i periodici “incontri nazionali” per i docenti universitari, riguardanti temi cruciali, quale il rapporto tra Vangelo, cultura e responsabilità scientifica ed accademica del docente. Avviate negli anni Ottanta, tali iniziative si sono ulteriormente sviluppate ed estese anche in diverse regioni e in importanti città universitarie. Nel 1996 ha luogo il primo Convegno nazionale dei collegi e delle residenze universitarie di ispirazione cristiana, preceduto da una specifica rilevazione sociologica che censiva in Italia oltre quattrocento collegi, presenti in tutte le città universitarie, e seguito dalla elaborazione delle linee per i progetti educativi dei collegi di ispirazione cristiana e la qualificazione del personale direttivo. Recentemente si è costituito il Forum delle associazioni degli studenti universitari con l’obiettivo di promuovere la presenza organizzata degli studenti cattolici negli atenei italiani. Particolare rilievo ha avuto il primo Convegno nazionale per studenti universitari, realizzato in preparazione al Giubileo.
[11] CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Alcuni problemi dell’università e della cultura in Italia (15 aprile 1990), n. 5.
[12] GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, n. 6.
[13] GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Università Cattolica d’America (7 ottobre 1979), n. 4, in Insegnamenti II, 2 (1979), 688.
[14] GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze (10 novembre 1979), n. 2 in Insegnamenti II, 2 (1979), 1115-1116.
[15] Cfr. Ibidem, n. 45.
[16] Cfr. Ibidem, n. 90.
[17] GS 11.
[18] GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Forum dei Rettori delle università europee (19 aprile 1991).
[19] GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, n. 106.
[20] CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Alcuni problemi dell’università e della cultura in Italia (15 aprile 1990), n. 7.
[21] Cfr. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA, Per una pastorale della cultura (23 maggio 1999), 29.
[22] CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA – PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI – PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA, Presenza della Chiesa nell’università e nella cultura universitaria (22 maggio 1994), III.1.4, in EV 14, 1392.
[23] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Ex corde Ecclesiae (15 agosto 1990), n. 38, in EV 12, 452.
[24] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso durante la visita pastorale all’università degli Studi di Roma «Tor Vergata» (29 aprile 1999), n. 3, in L’Osservatore Romano (30 aprile 1999), p. 7.
[25] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Convegno Europeo dei Cappellani delle università (2 maggio 1998) in L’Osservatore Romano (2-3 maggio 1998), p. 5.
[26] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. 44, in EV 11, 1799-1804.
[27] Cfr. CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Lettera Alcuni problemi
dell’università e della cultura in Italia (15 aprile 1990), n. 3.
[28] GIOVANNI PAOLO II, Bolla Incarnationis Mysterium (29 novembre 1998), n. 2.
[29]GS, n. 11.