N.06
Novembre/Dicembre 2005

Lavoro e festa – mondo del lavoro e vocazione

 

 

Che cosa annunciare ai giovani sul tema: “lavoro e festa – mondo del lavoro e vocazione”? 

 

Pensiamo sia utile fare una “composizione di luogo” per capire su che cosa vogliamo riflettere assieme. 

I problemi di oggi, 2005, sono già molto diversi da quelli del 1995, sia quelli del lavoro nella società “globalizzata”… sia nella Chiesa “mondializzata” quello della vocazioni alla Vita Consacrata.  È utile precisare inoltre che interrogandoci su queste realtà, lavoro e scelte di vita, l’orizzonte è quello della fede cristiana. 

Noi adulti, e “forse” ancor di più come consacrati, non siamo nella situazione migliore per cogliere i cambiamenti avvenuti, siamo giustamente ancorati alle nostre “certezze” di fede e anche alla loro strutturazione nei nostri “stili di vita”. 

Oggi si parla di “società liquida” dove nessuna istituzione, sistemazione è duratura… (i telefonini, i computer diventano vecchi a mesate…). Ma è proprio in questa realtà che si realizza la storia della salvezza oggi e dove siamo chiamati/e a vivere la nostra vocazione di “guide”, accompagnatori di giovani nella vita. La vita è mistero, non è produzione controllabile, per restare nella tematica lavoro,… e i problemi che il vivere oggi presenta sono ben diversi da quelli di dieci anni fa. 

“Se non comprendiamo nulla del mondo, non possiamo operare in modo efficace per influire nel suo divenire. Ma comprendere non significa prevedere. Significa scorgere potenzialità, identificare vincoli, porre obiettivi. Porsi nella prospettiva della previsione del futuro costituisce addirittura un serio ostacolo ad una effettiva comprensione. È così perché il futuro non è predeterminato. La linea mobile che lo separa da passato procede in modo che è allo stesso tempo imprevedibile e suscettibile di essere influenzato da noi. Perciò l’imparare non finisce mai e non deve mai finire…”. 

Dobbiamo vivere in ricerca e in attesa… fra un po’ siamo in avvento… Una fede che illumini il senso del vivere per arrivare ad ipotizzare un senso alla consacrazione.

 

 

 

Il foglio sul Convegno ecclesiale di Verona

Presenta un ambito, il secondo, dove si afferma che il lavoro sta cambiando fisionomia, e pone nuovi problemi. Per la riflessione e il confronto si chiede: Come aiutare a formulare un giudizio aggiornato sulle questioni del lavoro e dell’economia alla luce della dottrina sociale della Chiesa? 

È utile prima di aiutare a formulare giudizi, interrogarsi. 

– Quali sono le nostre opinioni e la conoscenza di questi problemi, che percezione abbiamo dei cambiamenti… quali ci sembrano i più significativi, i più “duri da affrontare?… 

– Se sono, come affermato, nella direzione di forme più rispettose della dignità della persona oppure… se questa è sì una possibilità per alcuni, ma non per tutti, e spesso i problemi del lavoro e del non lavoro sono amplificati, complicati dalle molte opportunità… 

– Se conosciamo, sosteniamo forme alternative di produzione, quali i problemi che nascono e pongono. 

Per la dimensione della festa si afferma “che deve ritornare ai suoi aspetti di tempo dedicato a Dio…”, non essere tempo vuoto riempito dagli stordimenti. Anche su questo ci pare necessario considerare a grandi linee cos’è la festa per la gente di oggi. Per i giovani in particolare (non bastano i richiami e le affermazioni autorevoli, ribadire il comandamento…). 

– Come i giovani percepiscono il valore della festa. 

– Quali nuovi problemi incontriamo nel rapporto con i giovani riguardo i tempi, le disponibilità… 

– Un tempo si diceva (Marx) che la religione è l’oppio dei popoli… oggi l’oppio sembra diventato la nuova religione soprattutto nel mondo giovanile. Come affrontiamo, tocchiamo queste realtà. 

 

Serve sia il REALISMO di chi VEDE come di fatto la nostra generazione si sia allontanata dalla pratica “tradizionale” per cui “tornare”… è una pia illusione, e la FEDE di chi CREDE possibile evangelizzare sia il lavoro, sia la festa ma necessariamente in maniera diversa da come si faceva per noi. 

I contenuti non mancano: a partire dalla Parola, dall’AT al Vangelo, alle lettere apostoliche. Il lavoro è la vocazione primaria dell’uomo: in Genesi il lavoro non è “condanna”, ma missione… che poi diventa anche fatica a causa del peccato, ma l’uomo è custode del mondo e lavora. 

Gesù ha scelto d’essere identificato per il figlio del carpentiere… Lui stesso ha lavorato. E nel suo insegnamento sono tanti i riferimenti e le parabole a partire dalla realtà lavorativa. Ha chiamato i discepoli (dimensione vocazionale) proprio mentre erano al lavoro, nelle occupazioni quotidiane… “Chi non lavora non mangi”, e “con il lavoro ho sempre provveduto a me”… dice Paolo. Nel Concilio poi la GS è un monumento all’attività umana per arrivare a tutta la dottrina sociale. Essere collaboratori nel piano di Dio, sue creature chiamate ad esplicare, a trafficare i talenti. 

Il lavoro oggi è riconosciuto come necessità, nessuno si sente esonerato… o declassato perché deve lavorare: è superata la mentalità dei lavori “servili”… Anzi troviamo sensibilità nuove verso il creato e molto al di fuori della religione… Purtroppo il lavoro rischia di essere identificato con l’interesse economico, e, nella nostra società, di diventare un MOLOC a cui tutto è sacrificato,… il tempo e il denaro sono gli idoli del nostro tempo che ci condizionano: non abbiamo tempo per Dio, per noi stessi, per gli affetti… 

Santificare le feste è comandamento del Decalogo: il Sabato da osservare era, ed è talmente radicato nel popolo ebraico che tuttora… è importante …Gesù dichiara che IL SABATO È PER L’UOMO… 

Oltre al riposo dell’uomo nella festa, nell’astenersi dal lavoro, dalla produzione, l’uomo riconosce la signoria di Dio, non solo perché adempie ad un comando, ma perché riscontra i suoi limiti, il potere della produzione è limitato, tutto viene da Dio: la salute e l’intelligenza per coltivare, la “stagione favorevole” non è nelle sue mani (…basta uno Tsunami, un terremoto, l’uragano…) alla fine Gesù ha detto esplicitamente a chi diventato ricco si sentiva a posto: “Stolto stanotte ti verrà chiesta la vita”. 

 

 

 

…Abbiamo fatto alcune considerazioni: “il lavoro nobilita l’uomo, ma è faticoso” e perciò… si scappa… nonostante questo ci siamo sentite gratificate perché lo scambio è stato libero, aperto, supportato dall’esperienza personale… e necessariamente critico verso questa distrazione al nostro tema.

L’abbiamo letta come forma di difesa di persone adulte che non sono nella condizione migliore per cogliere i cambiamenti già avvenuti e quelli in atto, perché ancorati alle nostre certezze di fede, e ciò va molto bene, molto meno quando si strutturano in “stili di vita”. 

L’analisi e la condivisione di esperienze ci hanno fatto dire: Non è vero che le condizioni di lavoro sono migliorate per tutti; ci sono possibilità, ma per alcuni, mentre per altri c’è una precarietà crescente che scatena competitività, che stravolge i valori cristiani e che non consente ai giovani di guardare positivamente al futuro, condizionando progetti come la formazione di una famiglia… e questa è scelta vocazionale, come pure i disagi degli adolescenti e dei bambini spesso sono originati dalle situazioni meno serene del lavoro dei genitori… 

Per molti oggi il lavoro è spesso umiliante e cercare lavoro ancora di più perché richiede a volte di calpestare valori, convinzioni, dignità… mentre per il cristiano lavorare è collaborare con l’opera di Dio, autorealizzazione personale, contributo all’edificazione di una società “umana”. 

Di fronte a questa situazione problematica si è percepita una certa “incapacità” da parte di alcuni consacrati di capire, di comprendere quello che la gente vive in profondità… pur con le debite eccezioni…

La società che è subentrata alle supplenze meritorie degli Istituti sta cercando di intervenire anche attraverso la legislazione nazionale o regionale per promuovere nuove forme di imprenditoria giovanile, facilitare il lavoro femminile, sportelli antiusura. Occorre scendere in campo! 

Qualcuno l’ha fatto creando cooperative di cultura e utilità sociale, si diffonde attenzione a forme etiche di investimento e di risparmio/aiuto. 

Partendo dal senso cristiano del lavoro si comprende il senso della festa, intesa come dice il documento “per ritornare ai suoi aspetti di tempo dedicato al rapporto con Dio, con la famiglia e con la comunità circostante, non tempo VUOTO, riempito con l’evasione, il disimpegno e lo stordimento”, ma come occasione per comprendere in maniera nuova la bellezza del riposare, di stare in famiglia, di spartire nella preghiera in comunità la fatica vissuta e la speranza di fare meglio, di affidare il frutto delle nostre mani alla benedizione della Provvidenza. 

Il lavoro festivo è in un certo senso sempre esistito, ma nella nostra società consumistica si sono moltiplicate le professionalità che richiedono lavoro festivo e questo pone nuovi interrogativi agli operatori di pastorale, problemi alle famiglie dei lavoratori, distrazione a quelli che vanno nei “nuovi templi del consumo”. 

Se non comprendiamo nulla del mondo, non possiamo operare in modo efficace per influire nel suo  divenire. Ma comprendere non significa prevedere. Significa scorgere potenzialità, identificare vincoli, porre obiettivi. Porsi nella prospettiva della previsione del futuro costituisce addirittura un serio ostacolo ad una effettiva comprensione. È così perché il futuro non è predeterminato, la linea mobile che lo separa dal passato procede in modo che è allo stesso tempo imprevedibile e suscettibile di essere influenzato da noi. Perciò l’imparare non finisce mai e non deve mai finire” (…tratto da un articolo di T. Padoa-Schioppa sul Corriere della Sera).